La polizia giudiziaria non è tenuta a fare valutazioni sulla sussistenza della particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131bis del Cp, al momento dell’arresto in flagranza

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 20 giugno 2018, n. 28522.

La massima estrapolata:

La polizia giudiziaria non è tenuta a fare valutazioni sulla sussistenza della particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131bis del Cp, al momento dell’arresto in flagranza. La causa di non punibilità, infatti, non rientra tra quelle che impediscono l’arresto.

Sentenza 20 giugno 2018, n. 28522

Data udienza 15 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – rel. Consigliere

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 30/10/2017 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Reynaud Gianni Filippo;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Casella Giuseppina, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con ordinanza del 30 ottobre 2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa, ritenendolo obbligatorio, ha convalidato l’arresto di (OMISSIS), effettuato nella flagranza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, per aver il medesimo detenuto – nel bagno della propria abitazione – un bilancino di precisione nonche’ gr. 11 di cocaina e gr. 142 di cannabis, sostanze ritenute destinate alla cessione a terzi in considerazione del peso lordo. Il G.i.p. ha altresi’ applicato al predetto la misura cautelare degli arresti domiciliari.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.1. Con un primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 275 c.p.p., comma 2 bis, per non aver il giudice tenuto conto del fatto che con la sentenza potrebbe essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
2.2. Con un secondo motivo si deduce l’inosservanza dell’articolo 131 bis c.p. e articolo 385c.p.p. sul rilievo che il fatto sarebbe di particolare tenuita’ e, trattandosi di soggetto incensurato e ricorrendo le altre condizioni previste dalla prima delle richiamate disposizioni, sussisterebbe una causa di non punibilita’ impeditiva dell’arresto.
2.3. Con un terzo motivo si lamenta l’illegittimita’ dell’arresto per l’insussistenza della flagranza del reato essendo la droga stata acquistata per uso personale.
3. Il ricorso, reputa il Collegio, e’ inammissibile, essendo tutti i motivi manifestamente infondati.
4. Quanto al primo motivo, osserva innanzitutto il Collegio come lo stesso non sia conferente rispetto al tipo di impugnazione che il ricorrente ha dichiarato di voler proporre avverso l’ordinanza de qua, espressamente limitata al profilo relativo alla convalida dell’arresto. L’articolo 275 c.p.p., comma 2-bis, di fatti, disciplina soltanto l’aspetto dell’applicazione della misura cautelare custodiale e non gia’ quello della convalida dell’arresto.
In ogni caso, deve osservarsi che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato (articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c) esime il giudice dal dovere di motivare sulla prognosi relativa alla concessione della sospensione condizionale della pena (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, Giordano e aa., Rv. 248866; Sez. 6, n. 50132 del 21/11/2013, Pilli, Rv. 258501). L’ordinanza impugnata – che, all’esito della convalida dell’arresto, ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari ritenendo sussistente un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato – non e’ dunque censurabile.
5. Del pari consolidato e’ il principio secondo cui, in sede di convalida dell’arresto, il giudice, oltre a verificare l’osservanza dei termini previsti dall’articolo 386 c.p.p., comma 3 e articolo 390 c.p.p., comma 1, deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia valutare la legittimita’ dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilita’ di uno dei reati richiamati dagli articoli 380 e 381 c.p.p., in una chiave di lettura che non deve riguardare ne’ la gravita’ indiziaria e le esigenze cautelari (valutazione questa riservata all’applicabilita’ delle misure cautelari coercitive), ne’ l’apprezzamento sulla responsabilita’ (riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito) (Sez. 6, n. 8341 del 12/02/2015, Ahmad, Rv. 262502; Sez. 6, n. 48471 del 28/11/2013, Scalici, Rv. 258230). Il giudice della convalida dell’arresto in flagranza, peraltro, deve operare con giudizio ex ante, avendo riguardo alla situazione in cui la polizia giudiziaria ha provveduto, senza tener conto degli elementi non conosciuti o non conoscibili della stessa, che siano successivamente emersi (Sez. 6, n. 18196 del 13/04/2016, Barnaba, Rv. 266930).
5.1. E’ quindi evidente, in primo luogo, che il giudizio sulla eventuale sussistenza della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p. – che presuppone un approfondito vaglio sulla sussistenza dei relativi presupposti ed un giudizio di merito riservato all’autorita’ giudiziaria – e’ del tutto incompatibile con la sommaria valutazione che la polizia giudiziaria deve compiere al momento della decisione sull’arresto in flagranza e non rientra pertanto tra le cause di non punibilita’ ictu oculi ravvisabili in relazione alla mere “circostanze del fatto” alle quali soltanto si riferisce l’articolo 385 c.p.p..
5.2. Quanto, poi, al dedotto uso personale della sostanza, e’ ben vero che la valutazione del giudice sulla legittimita’ dell’arresto, pur non potendo estendersi all’accertamento dell’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, deve tuttavia essere intesa alla verifica della sussistenza delle condizioni legittimanti la privazione della liberta’ personale, condizioni tra le quali deve ritenersi inclusa la configurabilita’ (non solo astratta) del reato per cui si e’ proceduto all’arresto e la sua attribuibilita’ alla persona arrestata, con la conseguenza che la detenzione di sostanza stupefacente non legittima l’arresto in flagranza quando non emergono (non gia’ gravi indizi, bensi’) elementi sintomatici della destinazione della sostanza all’uso di terzi (Sez. 6, n. 45883 del 20/10/2009, De Rosa, Rv. 245444). Nel caso di specie, tuttavia, tali elementi sintomatici erano certamente esistenti, avendo il giudice dato conto della detenzione di un bilancino di precisione e considerato il peso lordo delle sostanze.
L’ordinanza non e’ dunque censurabile, posto che in sede di ricorso per cassazione contro il provvedimento di convalida dell’arresto possono dedursi esclusivamente vizi di illegittimita’, con riferimento, in particolare, al titolo del reato, all’esistenza o meno della flagranza e all’osservanza dei termini, rimanendo escluse le questioni relative ai vizi di motivazione che attengono, in punto di fatto, al giudizio di merito inerente l’affermazione della responsabilita’ penale (Sez. 6, n. 21771 del 18/05/2016, Saluci, Rv. 267071).
6. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., oltre all’onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.

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