E’ configurabile l’esimente della legittima difesa solo qualora l’autore del fatto versi in una situazione di pericolo attuale per la propria incolumità fisica

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 19 luglio 2018, n. 33837.

La massima estrapolata

E’ configurabile l’esimente della legittima difesa solo qualora l’autore del fatto versi in una situazione di pericolo attuale per la propria incolumità fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la sua reazione all’offesa mediante aggressione

Sentenza 19 luglio 2018, n. 33837

Data udienza 16 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – rel. Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa il 14/04/2016 dalla Corte di appello di Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa PICARDI Antonietta, la quale ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di (OMISSIS) ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe, in forza della quale e’ stata confermata la condanna del suo assistito per un reato di lesioni personali pluriaggravate, ed e’ stata inoltre accolta – in parziale riforma della decisione di primo grado – la richiesta della parte civile (OMISSIS) di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale disposta in suo favore, a titolo di risarcimento del danno. Quest’ultima richiesta era stata avanzata in ragione dell’inerzia dell’imputato, il quale non aveva provveduto ad effettuare ancora alcun pagamento, del tempo trascorso dai fatti, della gravita’ delle lesioni e dei vari tentativi dell’odierno ricorrente (secondo quanto rappresentato dall’accusa privata) di sottrarsi all’obbligazione.
La difesa lamenta, a quest’ultimo riguardo, l’inosservanza ed erronea applicazione degli articoli 443 e 576 c.p.p.: nel ricorso viene precisato che non risulta documentato in atti alcun tentativo dell’imputato di sottrarsi ai propri doveri, ed appare comunque evidenziata la carenza di legittimazione della parte civile, che con il proprio gravame avrebbe travalicato i limiti espressamente previsti dall’articolo 576 del codice di rito, impugnando un capo della sentenza non riguardante ne’ l’azione ne’ gli interessi civili. A parere del ricorrente, peraltro, l’accoglimento della richiesta de qua avrebbe comportato una reformatio in peius della sentenza di primo grado.
Con ulteriore motivo di doglianza, il difensore di (OMISSIS) deduce violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata, con riguardo all’omesso riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa.
Secondo la ricostruzione del ricorrente, egli si era trovato in auto con la compagna (gia’ coniuge della persona offesa) e il figlio di lei; ad un certo punto, aveva notato che la parte civile li stava seguendo a bordo di un’altra vettura, gesticolando nella loro direzione. Successivamente, (OMISSIS) si sarebbe affiancato con quell’auto alla loro, per poi scendere e colpire l’imputato al viso con qualcosa. Assumeva infine di aver estratto il cacciavite per difendersi dall’aggressione: la presunta vittima, infatti, era di corporatura molto piu’ robusta di lui, e gia’ in passato aveva usato minacce nei suoi confronti.
L’atto di impugnazione si sofferma sulla sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della legittima difesa: l’ingiustizia dell’aggressione, in quanto non causata da comportamenti dell’imputato; l’attualita’ del pericolo, vista l’ostilita’ pregressa e l’atteggiamento persecutorio della persona offesa nei confronti del ricorrente e della sua compagna; la proporzione tra offesa e difesa, considerata la maggiore stazza dell’avversario.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ in parte fondato.
2. Le censure della difesa dell’imputato non possono condividersi in ordine all’invocata causa di giustificazione ex articolo 52 c.p., stante la chiara dinamica dei fatti esposta in entrambe le pronunce di merito.
La ricostruzione offerta da (OMISSIS) e’ che egli si era recato in auto presso l’abitazione della donna per prelevare il figlio, ma prima ancora di scendere dalla vettura era stato raggiunto dall’imputato: una volta abbassato il finestrino per chiedergli cosa volesse, l’odierno ricorrente l’aveva colpito in volto con un oggetto appuntito, e ne era derivata – dopo che la persona offesa, accortasi del sangue, era scesa dall’auto – una zuffa tra i due. La Corte territoriale, come gia’ il Tribunale, aveva tenuto conto delle dichiarazioni di tutti i soggetti coinvolti, giungendo a ritenere aderente al vero che quella colluttazione avesse in realta’ preceduto l’aggressione con un cacciavite: proprio l’attuale compagna dell’imputato, in particolare, aveva riferito di un primo scontro consumatosi fuori dalle vetture e di una successiva condotta di (OMISSIS) che, impugnato il cacciavite, aveva preso a colpire ripetutamente il rivale, nel frattempo tornato a bordo dell’auto.
Ergo, pur tenendo conto della pregressa condotta della persona offesa, financo persecutoria in danno della ex moglie, nonche’ della conflittualita’ di rapporti fra i protagonisti della vicenda, la legittima difesa era da escludere: da un lato, l’aggredito non aveva utilizzato e non disponeva di alcuno strumento atto a offendere (si’ da non potersi ravvisare alcuna proporzionalita’ della presunta reazione rispetto ad un attuale o potenziale comportamento violento della controparte); dall’altro, in punto di inevitabilita’ del pericolo per la propria incolumita’, l’imputato era comunque sceso dalla propria auto, accettando lo scontro quando avrebbe potuto agevolmente allontanarsi, per poi giungere a colpire la parte civile nel momento in cui la prima fase del diverbio si era gia’ conclusa.
La giurisprudenza di legittimita’, con un consolidato orientamento interpretativo, afferma a riguardo che “e’ configurabile l’esimente della legittima difesa solo qualora l’autore del fatto versi in una situazione di pericolo attuale per la propria incolumita’ fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la sua reazione all’offesa mediante aggressione” (Cass., Sez. 1, n. 51262 del 13/06/2017, Cali’, Rv 272080). Ne’ il (OMISSIS), gia’ con riguardo alla prima fase della contesa, avrebbe potuto far valere motivi di “onore” sottesi alla scelta di fronteggiare l’ex marito della sua attuale compagna, atteso che “in tema di legittima difesa, la reazione e’ necessaria quando e’ inevitabile vale a dire non sostituibile da un’altra meno dannosa, ugualmente idonea ad assicurare la tutela dell’aggredito. Ne consegue che l’allontanamento di costui, se non fa correre alcun pericolo anche a terzi, deve essere la soluzione obbligata, in quanto la reazione e’ pur sempre un atto violento al quale si deve ricorrere come extrema, davvero inevitabile, ratio per salvare un proprio bene, e non per sacrificare l’onore” (Cass., Sez. IV, n. 9256 del 25/05/1993, Barraca, Rv 195857).
3. E’ invece fondato il primo motivo di ricorso.
Dopo una pluralita’ di pronunce che avevano escluso la possibilita’ per la parte civile di impugnare la decisione del giudice di non subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno (v. Cass., Sez. 6, n. 43188 del 22/09/2004, Riti), la legittimazione de qua era stata invece riconosciuta con un arresto del 2013 (Cass., Sez. 2, n. 22342 del 15/02/2013, Cafagna), dove si era sottolineata l’incidenza delle modifiche introdotte dalla legge n. 689/1981 al testo originario dell’articolo 165 c.p.; in particolare, si era fatto osservare che l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, espressamente prevista a far data dalla novella anzidetta, costituisse una ipotesi di subordinazione del beneficio ulteriore rispetto a quelle (gia’ contemplate dalla norma, e considerate strettamente riparatorie del danno civilistico) dell’adempimento dell’obbligo di restituzione o di risarcimento e della pubblicazione della sentenza.
Tuttavia, le piu’ recenti decisioni sono tornate a sposare l’orientamento precedente, giungendo ad affermare che “la parte civile non e’ legittimata a proporre impugnazione ex articolo 576 c.p.p., avverso il capo della sentenza di condanna che non abbia subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, in quanto tale statuizione non riguarda l’azione civile e gli interessi civili, ma gli obblighi imposti al condannato circa l’eliminazione delle conseguenze dannose del reato” (Cass., Sez. 6, n. 38558 dell’08/09/2015, C., Rv 264610). Cio’ in quanto deve ritenersi che tutte le disposizioni contenute nell’articolo 165 c.p., concernenti il potere del giudice di subordinare la concessione del beneficio alla eliminazione di ogni forma di conseguenza dannosa o pericolosa del reato, non riguardino il danno civilistico patrimonialmente inteso, bensi’ il danno criminale, cioe’ quelle conseguenze, diverse dal pregiudizio economicamente apprezzabile e risarcibile, che strettamente ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata).
4. Si impongono, pertanto, le determinazioni di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al punto in cui subordina la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, statuizione che elimina.
Rigetta nel resto il ricorso.

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