Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 17 maggio 2018, n. 21908.
La massima estrapolata:
Non c’è dolo specifico se l’annotazione della fattura fittizia non è finalizzata a una specifica evasione ma ad annullare gli effetti contabili della precedente annotazione delle fatture, anche queste fittizie emesse dalla società dichiarata fallita.
Sentenza 17 maggio 2018, n. 21908
Data udienza 21 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente
Dott. ZAZA Carlo – rel. Consigliere
Dott. MORELLI Francesca – Consigliere
Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere
Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/05/2016 della CORTE APPELLO di GENOVA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria depositata dal ricorrente;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Lignola Ferdinando, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti del (OMISSIS) senza rinvio limitatamente al reato di appropriazione indebita, per essere lo stesso estinto per prescrizione, e con rinvio per la rideterminazione della pena, per l’inammissibilita’ nel resto del ricorso del (OMISSIS) e per l’inammissibilita’ del ricorso del (OMISSIS);
udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono avverso la sentenza del 4 maggio 2016 con la quale la Corte di appello di Genova, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Savona del 24 settembre 2014, confermava l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) per il reato di indicazione di elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni dei redditi relative all’anno 2008, commesso quale direttore amministrativo e amministratore di fatto della (OMISSIS) s.r.l. fino al 31 dicembre 2009, e, in accoglimento dell’appello del pubblico ministero, riteneva il (OMISSIS) responsabile anche del reato di appropriazione indebita commesso in danno della Scavater fino all’aprile del 2009; confermava altresi’ l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso in concorso con (OMISSIS), amministratore della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita il (OMISSIS); e dichiarava non doversi procedere nei confronti del (OMISSIS) per altri fatti di indicazione di elementi passivi fittizi e appropriazione indebita in quanto estinti per prescrizione, rideterminando la pena inflitta all’imputato.
La responsabilita’ del (OMISSIS) era in particolare ritenuta per l’esposizione, nelle dichiarazioni di cui sopra, di elementi passivi relativi ad una fattura emessa per operazioni inesistenti dalla (OMISSIS) s.r.l., e per l’appropriazione della somma di Euro 61.000 dalla restituzione di denaro simulatamente corrisposto in pagamento delle fatture fittizie dal gennaio all’aprile del 2009.
La responsabilita’ del (OMISSIS) era invece ritenuta per aver ricevuto due escavatori distratti dalla (OMISSIS).
2. Il ricorrente (OMISSIS) propone quattro motivi con il ricorso e un quinto con la memoria depositata.
2.1. Con il primo motivo deduce abnormita’ della sentenza impugnata per la mancanza, nel dispositivo, della declaratoria di responsabilita’ per il reato di appropriazione indebita.
2.2. Con il secondo motivo deduce vizio motivazionale sulla ritenuta responsabilita’ per il reato di appropriazione indebita in base alla mera valutazione di inattendibilita’ delle dichiarazioni dell’imputato in ordine all’impiego del denaro per il pagamento in nero di dipendenti della societa’ e, pertanto, nell’omessa indicazione di prove positive della sussistenza del reato a fronte di una comunque plausibile versione difensiva, e nella mancata confutazione delle argomentazioni svolte in tal senso nella sentenza assolutoria di primo grado.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale sulla pronuncia della decisione di condanna per il reato di appropriazione indebita in mancanza della riassunzione nel giudizio di appello della deposizione della teste (OMISSIS), che in primo grado aveva confermato la corresponsione di pagamenti in nero ai dipendenti nel periodo di commissione del reato.
2.4. Con il quarto motivo deduce vizio motivazionale sull’affermazione di responsabilita’ per il reato tributario, lamentando illogicita’ della decisione nella ritenuta sussistenza del dolo specifico di evasione, insussistente nel momento in cui la fattura fittizia emessa dalla (OMISSIS) era annotata solo per annullare gli effetti impositivi di una fattura – emessa nel 2008 nei confronti della (OMISSIS) per compensare il credito di quest’ultima per le fatture fittizie emesse nei confronti della (OMISSIS) nel 2006 – formalmente relativa a compensi in realta’ non percepiti, per i quali pertanto nessuna imposta era dovuta.
2.5. Con il quinto motivo deduce l’intervenuta prescrizione dei reati.
3. Il ricorrente (OMISSIS) propone tre motivi.
3.1. Con il primo motivo deduce vizio motivazionale sulla sussistenza della condotta distrattiva, lamentando che la tesi difensiva, per la quale gli escavatori erano ceduti al (OMISSIS) dal (OMISSIS), amministratore della (OMISSIS), in pagamento del debito derivante da un mutuo erogato dal (OMISSIS) in favore della stessa (OMISSIS), veniva disattesa, affermando che il mutuo era stato concesso al (OMISSIS) personalmente e non alla societa’, in base ad un’erronea lettura delle dichiarazioni del (OMISSIS) per la quale lo stesso avrebbe impiegato il denaro per il pagamento di debiti della diversa societa’ (OMISSIS), laddove in realta’ il (OMISSIS) aveva riferito di aver utilizzato la somma anche per pagare debiti della (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.r.l..
3.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge sulla ritenuta irrilevanza del rapporto causale fra la condotta e il dissesto.
3.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato in contrasto con le dichiarazioni del (OMISSIS), per le quali la (OMISSIS) stava pagando i debiti ed aveva estinto l’esposizione bancaria, che escludevano la ricorrenza di segni esteriori che inducessero nell’imputato, estraneo alla gestione della fallita, la consapevolezza dell’insolvenza di quest’ultima e del pregiudizio per i creditori della stessa nella cessione dei macchinari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Sul ricorso proposto dal (OMISSIS), va preliminarmente osservato che per tutti i reati allo stesso contestati il termine prescrizionale e’ decorso al 30 ottobre 2016.
Cio’ posto, i motivi dedotti non possono essere ritenuti inammissibili; e tanto concerne sia le censure riguardanti il reato di appropriazione indebita che quelle proposte sul reato tributario, non essendo pertanto accoglibile la richiesta del Procuratore generale di dichiarare unicamente l’estinzione del primo reato e ritenere inammissibile il ricorso nel resto, in conformita’ ai principi di autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione evidenziati dalla giurisprudenza di legittimita’ (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268966; Sez. 3, n. 20899 del 25/01/2017, Bruno, Rv. 270130).
In particolare, sulla mancanza nel dispositivo di un’espressa declaratoria di responsabilita’ per il reato di appropriazione indebita, il ricorrente coglie un dato di fatto indubbiamente esistente e pone un questione in effetti dibattuta nella giurisprudenza di legittimita’ in ordine alla derivazione da tale circostanza di una nullita’, per l’incompletezza del dispositivo in uno dei suoi elementi essenziali Sez. 3, n. 11047 del 13/12/2016, dep, 2017, Bonaiuto, Rv. 269172; Sez. 2, n. 20958 del 15/05/2012, Musumeci, Rv. 252837), ovvero alla possibilita’ di colmare la lacuna del dispositivo ove dalla motivazione della sentenza emerga inequivocabilmente in contenuto decisionale sul punto (Sez. 4, n. 26172 del 19/05/2016, Ferlito, Rv. 267153; Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016, Ariano, Rv. 267082; Sez. 6, n. 1397 del 15/09/2015, dep. 2016, Loielo, Rv. 266495; Sez. F, n. 35516 del 19/08/2013, Liuni, Rv. 257203); non essendo pertanto la censura manifestamente infondata, in quanto superabile solo ove si ritenga applicabile al caso in esame il secondo degli orientamenti indicati, in considerazione della presenza nel dispositivo di un accenno al numero del capo di imputazione relativo al reato di appropriazione indebita ai fini della rideterminazione della pena. E, quanto all’affermazione di responsabilita’ per il reato in esame, e’ senz’altro sussistente la problematica segnalata dal ricorrente in ordine alla mancata valutazione delle dichiarazioni della teste (OMISSIS), ritenute nella sentenza di primo grado confermative della versione difensiva sulla destinazione delle somme al pagamento di compensi in nero ai dipendenti erano state, rispetto ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimita’ con riguardo alla necessita’ che la sentenza di condanna pronunciata in appello in riforma di una decisione assolutoria di primo grado sia sorretta da una motivazione che si sovrapponga a quella della sentenza riformata, confutandone specificamente e logicamente gli argomenti rilevanti (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679; Sez. 3, n. 6880 del 26/10/2016, D.L., Rv. 269523; Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Fu, Rv. 261327; Sez. 6, n. 1253 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 258005; Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, Rastegar, Rv. 254638), e che, ove tale sentenza di condanna sia fondata su una diversa valutazione dell’attendibilita’ di una prova dichiarativa, la stessa sia riassunta nel giudizio di appello (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 26748701).
Anche a proposito del reato tributario, il ricorso pone censure non manifestamente infondate sulla sussistenza del dolo specifico del reato, ritenuta nella sentenza impugnata in una forma solo indiretta, per essere stata l’annotazione della fattura fittizia, emessa dalla (OMISSIS), finalizzata non a realizzare una specifica evasione, ma ad annullare gli effetti contabili della precedente annotazione delle fatture, anch’esse fittizie, emesse dalla (OMISSIS).
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio nei confronti del (OMISSIS) per essere i reati estinti per prescrizione.
3. I motivi dedotti dal ricorrente (OMISSIS) sono invece inammissibili.
3.1. Sulla sussistenza della condotta distrattiva, il ricorrente si limita a denunciare il travisamento delle dichiarazioni dell’amministratore della fallita (OMISSIS), (OMISSIS), riportate nella sentenza impugnata come ammissive della destinazione della somma mutuata dal (OMISSIS) al pagamento di debiti della (OMISSIS), e quindi della cessione al (OMISSIS) di macchinari della (OMISSIS) in pagamento di un mutuo erogato non a quest’ultima societa’, ma alla persona del (OMISSIS); affermando che il (OMISSIS) avrebbe in realta’ riferito che la somma ricevuta dal (OMISSIS) veniva impiegata anche per il pagamento di debiti della (OMISSIS) verso la (OMISSIS) s.r.l.. Tale censura e’ in primo luogo generica, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita’, in quanto si sottrae all’onere di integrale allegazione degli atti il cui contenuto si assume essere stato travisato (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 1, n. 53600 del 24/11/2016, Sanfilippo, Rv. 271635; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053). La circostanza dedotta risulterebbe infatti dalla trascrizione integrale della deposizione del (OMISSIS), che non e’ allegata al ricorso, mentre agli atti nella disponibilita’ della Corte vi e’ solo il verbale riassuntivo di tale deposizione, dalla quale la circostanza stessa non emerge; mentre nella sentenza impugnata era riprodotto il passo delle dichiarazioni del (OMISSIS) in cui lo stesso affermava che la somma mutuatagli dal (OMISSIS) veniva immessa nella (OMISSIS), la quale costituiva all’epoca la sua principale attivita’ imprenditoriale. La circostanza di cui sopra, in secondo luogo, sarebbe comunque manifestamente priva di decisivita’, ove si consideri che il (OMISSIS) avrebbe riferito, secondo quanto sostenuto dal ricorrente, che solo parte della somma era stata destinata al pagamento del debito della (OMISSIS) verso la (OMISSIS); rimanendo la parte residua impiegata in attivita’ estranee alla gestione della fallita, e derivandone pertanto la conferma del carattere distrattivo della cessione dei macchinari in quanto corrispettivo, almeno in parte, di somme non versate nella (OMISSIS).
3.2. Sulla ritenuta irrilevanza del rapporto causale fra la condotta e il dissesto, la censura del ricorrente, sostenuta in base ad un ormai da tempo isolato e superato arresto giurisprudenziale (Sez. 5, n. 47502 del 24/09/2012, Corvetta, Rv. 253493), e’ manifestamente infondata a fronte del consolidato indirizzo, recepito anche dalle Sezioni Unite della Corte Suprema, per il quale l’esistenza di un nesso causale fra la condotta e il dissesto non costituisce elemento necessario per la configurabilita’ del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, essendo sufficiente che il soggetto agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa destinandone le risorse ad impieghi estranei all’attivita’ della stessa (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804; Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014, Simone, Rv. 261683; Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, Tanzi, Rv. 261942; Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, Riva, Rv. 260690; Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, Ghirardelli, Rv. 262741).
3.3. Sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, il ricorso e’ manifestamente infondato ove lamenta l’insussistenza di segni esteriori che inducessero nel (OMISSIS) la consapevolezza dell’insolvenza della (OMISSIS), elemento non necessario secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita’, per i quali il dolo del concorso nel reato di bancarotta fraudolenta dell’extraneus, quale era il (OMISSIS), si risolve nella coscienza di concorrere nella sottrazione dei beni alla funzione di garanzia delle ragioni dei creditori per scopi diversi da quelli inerenti all’attivita’ di impresa, e non comprende pertanto la consapevolezza del dell’insolvenza e del dissesto della fallita (Sez. 5, n. 54291 del 17/05/2017, Bratomi, Rv. 271837; Sez. 5, n. 1706 del 12/11/2013, dep. 2014, Papalia, Rv. 258950; Sez. 5, n. 16579 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879). Le censure del ricorrente sono per il resto generiche, quanto all’asserita insussistenza di segnali di distrattivita’ dell’operazione, in quanto non si confrontano con i rilievi della sentenza impugnata sui rapporti fra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), da tempo conoscenti e in precedenza comproprietari di altre societa’, sulle dichiarazioni del (OMISSIS), per le quali il (OMISSIS) era informato delle difficili condizioni economiche della (OMISSIS), e sulla significativita’ in tal senso della circostanza della datio in solutum dei macchinari.
Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso del (OMISSIS) segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che, valutata l’entita’ della vicenda processuale, appare equo determinare in Euro 2000.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) per essere i reati estinti per prescrizione.
Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) e condanna tale ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
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