L’accertamento della legittima difesa putativa

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 17 maggio 2018, n. 21905.

La massima estrapolata:

L’accertamento della legittima difesa putativa, cosi’ come di quella reale, deve essere effettuato con giudizio ex ante – e non gia’ ex post – delle circostanze di fatto, cronologicamente rapportato al momento della reazione e dimensionato nel contesto delle specifiche e peculiari circostanze concrete al fine di apprezzare solo in quel momento – e non a posteriori – l’esistenza dei canoni della proporzione e della necessita’ di difesa, costitutivi, ex articolo 52 c.p., dell’esimente della legittima di fesa.

Sentenza 17 maggio 2018, n. 21905

Data udienza 21 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. MORELLI Frances – rel. Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) – parte civile;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/11/2016 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. FRANCESCA MORELLI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. LIGNOLA FERDINANDO che conclude per l’inammissibilita’.
Udito il difensore avv. (OMISSIS);
Il difensore presente si associa al PG e richiama brevemente il contenuto della memoria gia’ in atti.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Milano ha riformato la sentenza del Tribunale di Como del 9.2.16, che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in quanto colpevole di lesioni in danno di (OMISSIS), assolvendo l’imputato perche’ il fatto non costituisce reato, ricorrendo la causa di giustificazione della legittima difesa putativa.
2. Propone ricorso il difensore e procuratore speciale della parte civile deducendo, con il primo motivo, vizi motivazionali laddove la Corte ha ritenuto sussistente la scriminante putativa sebbene non vi fosse alcun pericolo attuale, per l’imputato, ne’ vi fossero circostanze tali da giustificarne la percezione, posto che la vittima era persona con un evidente deficit motorio e non vi erano altre condizioni di rischio alle quali l’imputato intendeva sottrarsi con la sua sproporzionata reazione.
2.1. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’articolo 52 c.p. in quanto la Corte d’Appello non avrebbe tenuto nella dovuta considerazione il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la causa di giustificazione della legittima difesa non e’ applicabile a chi agisca nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando volontariamente la situazione di pericolo determinata dal proprio comportamento.
3. La difesa dell’imputato ha depositato una memoria in cui ripercorre la vicenda ed esprime adesione ai principi su cui la Corte d’Appello ha fondato la decisione assolutoria.
4. I fatti attengono ad un diverbio fra automobilisti; secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito (OMISSIS) aveva dapprima tamponato l’auto di (OMISSIS), era sceso insultandolo e poi gli aveva sferrato un pugno in un occhio, sicche’ costui aveva reagito spingendolo e facendolo cadere.
In conseguenza della caduta (OMISSIS) aveva riportato una frattura che ne aveva aggravato le complessive condizioni di salute, trattandosi di persona gia’ affetta da invalidita’.
4.1. La Corte d’Appello ha correttamente applicato i principi elaborati dalla giurisprudenza, secondo cui l’accertamento della legittima difesa putativa, cosi’ come di quella reale, deve essere effettuato con giudizio ex ante – e non gia’ ex post – delle circostanze di fatto, cronologicamente rapportato al momento della reazione e dimensionato nel contesto delle specifiche e peculiari circostanze concrete al fine di apprezzare solo in quel momento – e non a posteriori – l’esistenza dei canoni della proporzione e della necessita’ di difesa, costitutivi, ex articolo 52 c.p., dell’esimente della legittima di fesa (Sez. 5, n. 3507 del 04/11/2009 dep. 27/01/2010 Rv. 245843 e giurisprudenza costante).
4.2. La situazione percepita dall’imputato – prima il tamponamento, poi gli insulti e infine il pugno – e’ stata ritenuta tale da indurlo legittimamente a ritenere che l’avversario intendesse proseguire le azioni violente nei suoi confronti, di qui la necessita’ di allontanarlo con una spinta.
In tale prospettiva non assumono rilevanza le considerazioni circa la gravita’ delle lesioni inflitte a (OMISSIS) come conseguenza della spinta, in quanto anche il giudizio sulla proporzione fra offesa e difesa deve essere effettuato con valutazione ex ante e la Corte d’appello correttamente ha ritenuto che una spinta, anche energica, non trasmodi in un eccesso di violenza rispetto alla necessita’ di allontanare da se’ l’aggressore.
Per altro verso non puo’ valere ad escludere la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’esimente la circostanza che (OMISSIS) fosse affetto da poliomielite, trattandosi di una menomazione fisica che poteva non essere percepita dall’imputato, che non aveva mai visto prima (OMISSIS) ed era stato da costui aggredito con una veemenza tale da poter indurre in un legittimo errore nella percezione dello stato fisico.
4.3. A fronte di tale corretta applicazione dei presupposti in diritto, il ricorso mira a rivedere la ricostruzione del fatto, affermando che l’atteggiamento aggressivo fu tenuto inizialmente dall’imputato, il quale scese dalla propria auto, tamponata da quella del (OMISSIS), urlando; che gli insulti eventualmente pronunciati in italiano dal (OMISSIS) non potevano essere compresi dall’imputato, che parlava solo tedesco; che la parte offesa colpi’ l’imputato in modo leggero e non con un pugno; che il deficit motorio del (OMISSIS) era evidente.
Esula, tuttavia, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, rimessa al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali. Alla Corte di Cassazione e’ preclusa la rilettura di altri elementi di fatto rispetto a quelli posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti medesimi ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale o capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito.
In questi termini, il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4.4. Lo e’, conseguentemente, anche il secondo motivo di ricorso, posto che la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito non consente di ritenere che l’imputato abbia agito nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando volontariamente una situazione di pericolo causata dalla propria condotta.
5. Alla declaratoria di inammissibilita’ segue, per legge (articolo 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’, trattandosi di causa di inammissibilita’ determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 Rv. 237957) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 2.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.

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