Non è riconoscibile la circostanza della partecipazione di minima importanza a colui che, nel corso di una rapina, abbia ricoperto il ruolo di palo

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 13 giugno 2018, n. 27139.

Le massime estrapolate:

Non è riconoscibile la circostanza della partecipazione di minima importanza a colui che, nel corso di una rapina, abbia ricoperto il ruolo di palo e, successivamente, si sia posto alla guida della vettura utilizzata dai rapinatori per la fuga;
L’opera del cosiddetto palo, non ha importanza minima nella esecuzione del reato, poiche’ tale funzione facilita’ la realizzazione dell’attivita’ criminosa e rafforza l’efficienza dell’opera dei correi, garantendo l’impunita’ di costoro, con la conseguente inapplicabilita’ della circostanza attenuante di cui all’articolo 114 c.p.
L’individuazione fotografica effettuata nel corso delle indagini preliminari, confermata dal testimone che nel corso dell’esame dibattimentale abbia dichiarato di avere compiuto la ricognizione informale e reiterato il riconoscimento positivo, seppure in assenza delle cautele e delle garanzie delle ricognizioni, costituisce, in base al principio di non tassativita’ dei mezzi di prova, un accertamento di fatto liberamente apprezzabile dal giudice, la cui affidabilita’ dipende dall’attendibilita’ del teste e della deposizione da questi resa

Sentenza 13 giugno 2018, n. 27139

Data udienza 27 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto – rel. Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/06/2016 della CORTE APPELLO di ANCONA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI PASQUALE, che ha concluso per l’inammissibilita’.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Ancona con sentenza del 27/6/2016, ha confermato, nella parte relativa all’imputato (OMISSIS), la sentenza del Tribunale di Macerata del 17/11/2014, appellata dall’imputato, che l’aveva ritenuto responsabile del reato di tentato furto in abitazione in concorso di cui agli articoli 110, 56 e 624 bis c.p., con recidiva reiterata specifica, e l’aveva condannato alla pena di anni 1, mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed Euro 500,00 di multa.
2. Ha proposto ricorso l’avv. (OMISSIS), difensore di fiducia dell’imputato, svolgendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il ricorrente lamenta mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, e violazione del principio del ragionevole dubbio con riferimento alla certezza della prova della sussistenza del reato di tentato furto.
La Corte territoriale aveva totalmente confuso le condotte dei correi, sbagliando l’individuazione soggettiva dei ruoli dei due compartecipi, confondendo le figure dell’autore materiale del tentativo di furto e dell’autore della condotta atipica concursuale (il cosiddetto “palo”). Nel capo di imputazione la figura del palo era attribuita al (OMISSIS) e l’azione materiale al (OMISSIS), mentre nella sentenza impugnata, alla pagina 2, righe 15-16, i ruoli erano stati invertiti.
Di conseguenza non era stato valutato correttamente l’apporto causale dei compartecipi e non era stata opportunamente graduata la pena, mitigandola opportunamente per l’autore dell’apporto meno rilevante.
Vi era inoltre contraddittorieta’ processuale, perche’ la persona offesa, (OMISSIS), aveva riconosciuto il (OMISSIS) in colui che aspettava il complice fuori dell’abitazione, vicino all’auto e che poi si metteva alla guida, come confermato anche dal (OMISSIS).
2.2. Con il secondo motivo proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il ricorrente lamenta mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, in riferimento al rigetto dei motivi di appello in punto valenza probatoria del riconoscimento fotografico e delle dichiarazioni delle persone offese.
Il ricorrente sostiene che anche la prova atipica del riconoscimento fotografico deve pur sempre rispettare i parametri tipizzati del riconoscimento ex articoli 213 e 214 c.p.p.. La fotografia del (OMISSIS), unico barbuto, era stata sottoposta alla persona offesa insieme ad altre sedici fotografie di persone glabre, in tal modo influenzando significativamente il riconoscimento operato dalla persona offesa.
2.3. Inoltre, secondo il ricorrente, il fatto era di particolare tenuita’ e comunque dovevano essere riconosciute all’imputato le attenuanti generiche, quantomeno equivalenti rispetto alla recidiva reiterata contestata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio logico della motivazione e violazione del principio del ragionevole dubbio con riferimento alla certezza della prova della sussistenza del reato di tentato furto, poiche’ la Corte territoriale aveva confuso le condotte e i ruoli dei correi, confondendo le figure dell’autore materiale del tentativo di furto e dell’autore della condotta atipica concursuale (il cosiddetto “palo”).
1.1. Nel capo di imputazione la figura del palo era attribuita al (OMISSIS) e l’azione materiale al (OMISSIS).
La persona offesa, (OMISSIS), principale teste a carico, aveva riconosciuto il (OMISSIS) in colui che aspettava il complice fuori dell’abitazione, vicino all’auto e che poi si era messo alla guida.
Quando i due imputati erano stati intercettati e fermati, non molto tempo dopo la segnalazione da parte della sig.ra (OMISSIS), opportunamente corredata dell’indicazione del numero di targa, alla guida del veicolo venne trovato (OMISSIS) e non (OMISSIS), tanto che nei confronti del primo venne contestato il reato di cui al Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 116.
La sentenza di primo grado alla pagina 5, secondo capoverso, capovolge i ruoli dei due, rispetto al narrato della persona offesa, attribuendo al (OMISSIS) l’introduzione nella proprieta’ e al (OMISSIS) il supporto come autista e palo, implicitamente basandosi sulla situazione dei posti nell’abitacolo del veicolo al momento dell’intercettazione, comunque dopo aver ritenuto ininfluente la diversa distribuzione dei ruoli descritta dalla (OMISSIS).
1.2. La sentenza di appello tace sul punto, salvo incidentalmente osservare a pagina 3 che la piccola contraddizione circa la persona che si era posta alla guida dell’auto appariva inessenziale; tuttavia il (OMISSIS) non aveva introdotto alcuna censura con il suo appello relativamente al presunto errore ricostruttivo, denunciato solo in sede di legittimita’, e quindi tardivamente.
1.3. In ogni caso il ricorrente non dimostra la rilevanza del presunto errore ricostruttivo.
Che le cose siano andate come sostiene la sig.ra (OMISSIS) (ossia che (OMISSIS) facesse il “palo” e che si fosse posto alla guida dell’autovettura per darsi alla fuga, e che quindi i due complici si fossero scambiati il posto nel breve tempo prima dell’arresto); che la teste (OMISSIS), pur avendo riconosciuto il (OMISSIS) nel “palo”, si sia sbagliata, non avvedendosi che a mettersi alla guida non era stato lui, ma l’altro complice, autore del tentativo materiale; che infine l’errore della teste abbia portato alla inversione completa dei ruoli fra “palo” autista e autore del tentativo materiale, il risultato non cambia, coinvolgendo entrambi i compartecipi, in modo pieno e completo, nella responsabilita’ del delitto tentato.
Non vi e’ alcuna ragione per attenuare, come, del tutto genericamente, suggerisce il ricorrente, la responsabilita’ del complice non autore dell’azione tipica, incaricatosi del presidio esterno e della guida del veicolo per l’accesso in sito e per la fuga e comunque del sostegno morale, in una situazione operativa in cui l’esiguo numero dei complici non consentiva di variegarne il grado di apporto causale e tantomeno di ritenere l’apporto dell’autore della condotta non tipica come di modesto rilievo.
Questa Corte ha affermato ripetutamente che non sia riconoscibile la circostanza della partecipazione di minima importanza a colui che, nel corso di una rapina, abbia ricoperto il ruolo di palo e, successivamente, si sia posto alla guida della vettura utilizzata dai rapinatori per la fuga (Sez. 2, n. 46588 del 29/11/2011, Eraky El Sayed e altro, Rv. 251223); e’ stato anche ritenuto che l’opera del cosiddetto palo, non abbia importanza minima nella esecuzione del reato, poiche’ tale funzione facilita’ la realizzazione dell’attivita’ criminosa e rafforza l’efficienza dell’opera dei correi, garantendo l’impunita’ di costoro, con la conseguente inapplicabilita’ della circostanza attenuante di cui all’articolo 114 c.p., (Sez. 2, n. 9491 del 07/06/1989 – dep. 1990, Pedori, Rv. 184773; Sez. 6, n. 3053 del 27/10/1981 – dep. 1982, Stipo, Rv. 152864; Sez. 1, n. 15190 del 10/07/1978, Campise, Rv. 140485).
2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, in riferimento al rigetto dei motivi di appello in punto valenza probatoria del riconoscimento fotografico e delle dichiarazioni delle persone offese, perche’ anche la prova atipica del riconoscimento fotografico avrebbe dovuto pur sempre rispettare i parametri tipizzati del riconoscimento ex articoli 213 e 214 c.p.p..
La fotografia del (OMISSIS) era stata sottoposta alla persona offesa insieme ad altre sedici fotografie di persone glabre, mentre il solo (OMISSIS) era barbuto, in tal modo influenzando significativamente il riconoscimento operato.
2.1. Il motivo non coglie il segno, perche’ la sentenza impugnata non si e’ basata sul riconoscimento fotografico in se’, ma sulla credibilita’ della deposizione resa dalla persona offesa, che, avendo esaminato la fotografia, si e’ detta certa della sua identificazione e che e’ stata considerata pienamente attendibile e totalmente disinteressata all’esito del processo, in cui non si era neppure costituita parte civile.
Cio’ e’ del tutto conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale l’individuazione fotografica effettuata nel corso delle indagini preliminari, confermata dal testimone che nel corso dell’esame dibattimentale abbia dichiarato di avere compiuto la ricognizione informale e reiterato il riconoscimento positivo, seppure in assenza delle cautele e delle garanzie delle ricognizioni, costituisce, in base al principio di non tassativita’ dei mezzi di prova, un accertamento di fatto liberamente apprezzabile dal giudice, la cui affidabilita’ dipende dall’attendibilita’ del teste e della deposizione da questi resa (Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, Prina e altri, Rv. 271041; Sez. 2, n. 28391 del 27/04/2017, Cena e altro, Rv. 270181; Sez. 5, n. 6456 del 01/10/2015 – dep. 2016, Verde, Rv. 266023; Sez. 6, n. 12501 del 27/01/2015, Di Stefano, Rv. 262908).
L’individuazione fotografica di un soggetto effettuata dalla polizia giudiziaria costituisce una prova atipica la cui affidabilita’ deriva dalla credibilita’ della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione. Pertanto, le modalita’ dell’individuazione – concretatesi nella scelta delle immagini fotografiche effettuata dalla polizia giudiziaria – non riguardano la legalita’ della prova, dato l’enorme margine di opinabilita’ che accompagna ogni selezione, ma si riflettono sul suo valore, che richiede l’apprezzamento, in sede di scrutinio di legittimita’, della congruenza del percorso argomentativo utilizzato dal giudice di merito a fondamento dell’affidabilita’ del riconoscimento e, quindi, del giudizio di colpevolezza (Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015 – dep. 2016, Coccia, Rv. 267562).
2.3. Il ricorrente ignora poi completamente gli altri elementi di prova posti dalla decisione impugnata a supporto della deposizione attendibile della persona offesa, ossia la fuga degli imputati al momento della loro intercettazione da parte dei Carabinieri, la corrispondenza del numero di targa del veicolo a quello segnalato dalla (OMISSIS) e la (non giustificata) presenza nel veicolo di guanti di lattice, strumenti notoriamente usati dai criminali per non lasciare impronte nell’appartamento derubato.
3. Il ricorrente sostiene infine – del tutto genericamente – che il reato era di particolare tenuita’, senza considerare l’abitualita’ del reato ex articolo 131 bis c.p., sicuramente ravvisabile, stante la recidiva reiterata specifica, contestata ed accertata, e la sottoposizione come persona pericolosa alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
Il ricorrente sostiene inoltre, con notazione finale di assoluta ed emblematica genericita’, che gli dovevano essere riconosciute le attenuanti generiche, quantomeno equivalenti rispetto alla recidiva reiterata contestata, omettendo totalmente di confrontarsi con le specifiche considerazioni ostative indicate alla pagina 4 della sentenza impugnata e senza neppur indicare alcun argomento valorizzabile nella prospettiva auspicata.
4. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile; ne consegue la condanna del ricorrente ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, cosi’ equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere il ricorrente in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte cost. 13/6/2000 n. 186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

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