Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 12 giugno 2018, n. 26838.
La massima estrapolata:
Il delitto di ricettazione, nell’ipotesi della mediazione, si perfeziona per il solo fatto che l’agente si intromette nel far acquistare, ricevere od occultare un bene di provenienza delittuosa, non occorrendo, perche’ possa dirsi consumato, ne’ che l’agente metta in rapporto diretto le parti, ne’ che la refurtiva venga effettivamente acquistata o ricevuta.
Sentenza 12 giugno 2018, n. 26838
Data udienza 30 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. PRESTIPINO Antonio – Consigliere
Dott. BORSELLINO Maria D. – Consigliere
Dott. PACILLI Giuseppina – Consigliere
Dott. SGADARI Giusep – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/02/2017 della Corte di Appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Dott. Sgadari Giuseppe;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Lignola Ferdinando, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Bologna, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Rimini del 01/04/2014, confermava la responsabilita’ del ricorrente per due ipotesi di ricettazione di carta filigranata per banconote.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, deducendo:
1) violazione di legge per non avere la Corte rilevato la nullita’ della sentenza di primo grado per essersi proceduto a citazione diretta a giudizio anche per il reato di cui all’articolo 461 c.p., per il quale avrebbe dovuto essere celebrata l’udienza preliminare; tale nullita’ la Corte avrebbe dovuto rilevare nonostante la dichiarazione di prescrizione del reato di cui all’articolo 461 c.p.;
2) vizio della motivazione per avere la Corte ritenuto sussistente il reato di cui all’articolo 461 c.p., sebbene dichiarato prescritto e, contemporaneamente, il reato di cui all’articolo 648 c.p., di cui al capo A), stante la clausola di riserva di cui all’articolo 461 c.p.;
3) vizio della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita’ per il reato di ricettazione di cui al capo B);
4) vizio della motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 648 c.p., comma 2, quanto al capo A).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ manifestamente infondato.
1. E’ principio pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, quello secondo cui nel giudizio di cassazione, relativo a sentenza che ha dichiarato la prescrizione del reato, non sono rilevabili ne’ nullita’ di ordine generale, ne’ vizi della motivazione della decisione impugnata, salvo che l’operativita’ della causa di estinzione del reato presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assumerebbe rilievo pregiudiziale la nullita’, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio (Sez. 2, n. 2545 del 16/10/2014, dep. 2015, Riotto, Rv. 262277; Sez. 5, n. 588 del 04/10/2013, dep. 2014, Zambonini, Rv. 258670).
Nel caso in esame, la Corte di Appello ha correttamente rilevato l’intervenuta prescrizione del reato, il che preclude in questa sede la possibilita’ di esaminare il primo motivo di ricorso con il quale e’ stata eccepita la supposta nullita’ del giudizio di primo grado; nullita’, peraltro, sanata dalla scelta del difensore di definire il giudizio allo stato degli atti, essendo pacificamente a regime intermedio e non assoluta, come si evince dal limite di sua deducibilita’ previsto dall’articolo 550 c.p.p., comma 3.
2. E’ manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso, dal momento che la condotta di ricettazione contestata al capo A), era consistita, come testualmente indicato nel capo di imputazione, nella ricezione della carta filigranata provento di furto, alla quale si e’ aggiunta la successiva condotta di detenzione della stessa filigrana presso l’abitazione del ricorrente, punita ex articolo 461 c.p., reato dichiarato prescritto.
Le due condotte, pertanto, si rivelano del tutto differenziate e compatibili tra loro.
3. Quanto al terzo motivo, la Corte di Appello, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, ha individuato una condotta positiva posta in essere dal ricorrente, che esclude la semplice connivenza nella perpetrazione del reato di ricettazione di cui al capo B), nella forma della intromissione finalizzata alla ricezione da parte di terzi della filigrana di provenienza illecita, essendosi egli fatto promotore del reperimento dei falsari ai quali consegnare la filigrana in suo possesso.
Infatti, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, il delitto di ricettazione, nell’ipotesi della mediazione, si perfeziona per il solo fatto che l’agente si intromette nel far acquistare, ricevere od occultare un bene di provenienza delittuosa, non occorrendo, perche’ possa dirsi consumato, ne’ che l’agente metta in rapporto diretto le parti, ne’ che la refurtiva venga effettivamente acquistata o ricevuta (Sez. 2, n. 7683 del 15/01/2016, Alessi, Rv. 266215; Sez. 2, n. 8714 del 11/02/2011, Gueli, Rv. 249815).
4. Infine, la motivazione della sentenza impugnata da’ conto della gravita’ del fatto, dimostrativo “dell’inserimento del (OMISSIS) nell’ambiente dei falsari di danaro, connotato da allarmante caratura criminale” (fg. 4 della sentenza).
Cosicche’, rimane incompatibile con tali asserzioni, la possibilita’ di ritenere di particolare tenuita’ la ricettazione di cui al capo A), intimamente collegata a quella di cui al capo B), in relazione alla quale la Corte ha escluso la possibilita’ di concedere l’attenuante ex articolo 648 c.p., comma 2.
Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilita’.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
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