L’errore revocatorio e’ configurabile non gia’ nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati ma nelle sole ipotesi di errore meramente percettivo risultante in modo incontrovertibile dagli atti

Corte di Cassazione, sezione sesta lavoro, Ordinanza 25 giugno 2018, n. 16668.

La massima estrapolata:

L’errore revocatorio e’ configurabile non gia’ nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati ma nelle sole ipotesi di errore meramente percettivo risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realta’ del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale. Con la conseguenza che non risulta viziata da errore revocatorio la sentenza della Corte di Cassazione nella quale il collegio abbia respinto il ricorso per motivi attinenti al merito delle questioni ed a valutazioni di diritto, denunziandosi, in tali casi, pretesi errori di giudizio della Corte e non errori percettivi, con conseguente inammissibilita’ del ricorso per revocazione

Ordinanza 25 giugno 2018, n. 16668

Data udienza 4 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 19740-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore speciale della (OMISSIS) S.p.A. – (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso la sede dell’AVVOCATURA CENTRALE dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4886/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 27/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/04/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.
RILEVATO
che questa Corte – con sentenza 26 ottobre 2016-27 febbraio 2017 numero 4886 – respingeva il ricorso proposto da (OMISSIS) nei confronti dell’INPS per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto (numero 402/2012) che, confermando la sentenza di primo grado, rigettava l’opposizione proposta dallo (OMISSIS) avverso la cartella esattoriale per il recupero dei contribuiti da questi dovuti alla gestione commercianti negli anni dal 1998 al 2004 nella qualita’ di socio accomandatario della (OMISSIS) sas;
che ha proposto ricorso per la revocazione della sentenza (OMISSIS), articolato in due motivi, cui l’INPS ha resistito con controricorso;
che la proposta del relatore e’ stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione della udienza ai sensi dell’articolo 380 bis cod. proc. civ.;
che il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che il ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo – ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., comma 4 in combinato disposto con l’articolo 391 bis cod. proc. civ. – errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa in relazione alla statuizione di rigetto del secondo motivo di ricorso in cassazione, con il quale si censurava la statuizione della Corte d’Appello che accertava i presupposti per la iscrizione alla gestione commercianti. Nel richiedere la revocazione della pronunzia il ricorrente ha dedotto che essa si fondava sull’erronea inversione dell’onere probatorio in ordine alla prevalenza dell’attivita’ lavorativa svolta dallo (OMISSIS) nell’ambito della societa’ rispetto a quella di commercialista, certificata dall’Ordine dei Commercialisti di Taranto, onere che era stato posto a suo carico invece che a carico dell’INPS. Ha dedotto inoltre che la sentenza revocanda dava atto dello svolgimento da parte della societa’ della quale egli era socio accomandatario della attivita’ di locazione di un unico immobile, che per giurisprudenza di questa stessa Corte non costituisce attivita’ commerciale.
– con il secondo motivo – ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., comma 4 “in combinato disposto con l’articolo 391 bis cod. proc. civ. in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2012, articolo 13, comma 1 quater” (cosi’ in ricorso) – errore di fatto revocatorio in relazione alla statuizione di condanna al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Ha esposto che il ricorso in cassazione non era stato dichiarato inammissibile o improcedibile ma, quanto ai primi due motivi, infondato e che pertanto non sussistevano i presupposti di legge per il raddoppio del contributo unificato;
che ritiene il Collegio il ricorso debba essere dichiarato inammissibile;
che con specifico riguardo alla revocazione delle sentenze della Corte di cassazione questa Corte ha chiarito che l’errore revocatorio e’ configurabile non gia’ nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati ma nelle sole ipotesi di errore meramente percettivo risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realta’ del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale. Con la conseguenza che non risulta viziata da errore revocatorio la sentenza della Corte di Cassazione nella quale il collegio abbia respinto il ricorso per motivi attinenti al merito delle questioni ed a valutazioni di diritto, denunziandosi, in tali casi, pretesi errori di giudizio della Corte e non errori percettivi, con conseguente inammissibilita’ del ricorso per revocazione. (Cassazione civile, sez. 6, 03/04/2017, n. 8615; 15/06/2012, n. 9835, Cassazione civile sez. 1 27 marzo 2017 n. 7778; Cass. S.U. n. 26022 del 2008).
In applicazione delle premesse in diritto sopra individuate, il ricorso e’ inammissibile, in quanto gli errori in tesi imputati alla sentenza della quale e’ chiesta la revocazione non sono riconducibili all’ipotesi di cui all’articolo 395 c.p.c., n. 4 ma coinvolgono direttamente la interpretazione ed applicazione delle norme di legge sulla distribuzione dell’onere della prova, sulla iscrizione alla gestione commercianti del socio di societa’ di persone e sul raddoppio del contributo unificato.
che le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 (che ha aggiunto Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte dichiara la inammissibilita’ del ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *