L’interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale, contenenti il divieto di destinare gli immobili a determinati usi, è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale

Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 14 maggio 2018, n. 11609.

La massima estrapolata:

L’interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale, contenenti il divieto di destinare gli immobili a determinati usi, è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, ovvero per l’omesso esame di fatto storico ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.

Ordinanza 14 maggio 2018, n. 11609

Data udienza 20 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. GRASSI Giuseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonino – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 8675-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
CONDOMINIO VIA (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 10/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 03/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS), in proprio e quale rappresentante della Societa’ Cooperativa Sociale (OMISSIS) (gia’ denominata (OMISSIS)) ha proposto ricorso articolato in unico motivo (violazione e falsa applicazione dell’articolo 1138 c.c., articolo 1362 c.c. e ss.) avverso la sentenza del 3 gennaio 2017, n. 10/2017, resa dalla Corte d’Appello di Catania, la quale ha rigettato l’appello avanzato dalle medesime (OMISSIS) e Cooperativa (OMISSIS) contro la pronuncia di primo grado del Tribunale di Catania, sezione distaccata di Giarre, del 22 aprile 2013.
Rimane intimato senza svolgere attivita’ difensive il Condominio di (OMISSIS), mentre resiste con controricorso il condomino (OMISSIS).
Il Tribunale di Catania, sezione distaccata di Giarre, accolse la domanda del Condominio di (OMISSIS), contenuta nelle citazioni del 2 e del 13 settembre 2011 e volta alla cessazione dell’attivita’ di comunita’ alloggio per anziani svolta da (OMISSIS) e dalla Cooperativa (OMISSIS) nelle rispettive unita’ immobiliari site nell’edificio condominiale, perche’ contrastante con la clausola n. 32 del regolamento di condominio. Tale clausola contempla, fra l’altro, l’obbligo di destinare gli appartamenti ad uso di civile abitazione o di studi o uffici professionali privati, nonche’ il divieto di adibire gli stessi a stanze ammobiliate d’affitto, pensioni e locande. La Corte d’Appello ha cosi’ ritenuto non consentita l’attivita’ di accoglienza per anziani esercitata da (OMISSIS) e dalla Cooperativa (OMISSIS), trattandosi di struttura ricettiva socio assistenziale qualificabile come di tipo residenziale (e non di civile abitazione), ovvero di un “pensionato”.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Le ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2.
Le medesime ricorrenti lamentano l’errore della Corte d’Appello di Catania, avendo la stessa operato un’interpretazione analogica, o estensiva, dell’articolo 32 del regolamento condominiale, finendo per vietare l’attivita’ di comunita’ alloggio per anziani espressamente prevista dalla normativa regionale siciliana.
E’ tuttavia da ribadire come l’interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale, contenenti il divieto di destinare gli immobili a determinati usi, e’ sindacabile in sede di legittimita’ solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, ovvero per l’omesso esame di fatto storico ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. Sez. 2, 30/06/2011, n. 14460; Cass. Sez. 2, 31/07/2009, n. 17893; Cass. Sez. 2, 23/01/2007, n. 1406; Cass. Sez. 2, 14/07/2000, n. 9355; Cass. Sez. 2, 02/06/1999, n. 5393). Nella specie, l’interpretazione dell’articolo 32 del regolamento del Condominio di (OMISSIS), non rivela le denunciate violazioni dei canoni di ermeneutica. In particolare, l’interpretazione di una clausola del regolamento di condominio, contenente la prescrizione di adibire gli appartamenti ad uso di civile abitazione o di studi o uffici professionali privati, nonche’ il divieto di destinare gli stessi a stanze ammobiliate d’affitto, pensioni e locande, come intesa a consentire le sole abitazioni private, e non anche l’uso ad abitazioni collettive di carattere stabile, ivi comprese le residenze assistenziali rivolte agli anziani, in forma di case di riposo, case famiglia o anche comunita’ alloggio, non risulta ne’ contrastante con il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, ne’ confliggente con l’intenzione comune dei condomini ricostruita dai giudici del merito, ne’ contraria a logica o incongrua, rimanendo comunque sottratta al sindacato di legittimita’ l’intepretazione degli atti di autonomia privata quando il ricorrente si limiti a lamentare che quella prescelta nella sentenza impugnata non sia l’unica possibile, ne’ la migliore in astratto. Il dato che le comunita’ alloggio per anziani debbano possedere i requisiti edilizi previsti proprio per gli alloggi destinati a civile abitazione non contrasta con la diversa considerazione che le medesime comunita’ alloggio si connotano come strutture a ciclo residenziale, le quali prestano servizi socioassistenziali ed erogano prestazioni di carattere alberghiero.
Il ricorso va percio’ rigettato e le ricorrenti vanno condannate a rimborsare al controricorrente (OMISSIS) le spese del giudizio di cassazione, mentre non occorre al riguardo provvedere per l’altro intimato Condominio di (OMISSIS), che non ha svolto attivita’ difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido le ricorrenti (OMISSIS) e Societa’ Cooperativa Sociale (OMISSIS) a rimborsare al controricorrente (OMISSIS) le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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