Assuntore del concordato fallimentare ed opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate dal fallito

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 33908.

Assuntore del concordato fallimentare ed opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate dal fallito

In ipotesi di chiusura del fallimento per omologazione del concordato fallimentare, l’assuntore di quest’ultimo, qualora eserciti azioni rinvenute nel patrimonio del fallito o prosegua i giudizi finalizzati ad acquisire poste attive intrapresi da costui o dal curatore, si pone nella medesima posizione sostanziale e processuale del fallito stesso, con conseguente opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate da quest’ultimo e applicabilità nei suoi riguardi degli artt. 2702, 2735 c.c., 214 e 215 c.p.c..

Ordinanza|| n. 33908. Assuntore del concordato fallimentare ed opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate dal fallito

Data udienza 19 ottobre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Cessazione – Concordato fallimentare – Assuntore chiusura del fallimento per concordato fallimentare – Assuntore del concordato fallimentare – Esercizio di azioni rinvenute nel patrimonio del fallito o prosecuzione di giudizi finalizzati all’acquisizione di poste attive – Scritture formate dal fallito – Opponibilità – Applicabilità degli artt. 2702, 2735 c.c., 214 e 215 c.p.c. – Fondamento.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERTUZZI Mario – Presidente
Dott. PICARO Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7232/2018 R.G. proposto da:

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrente –

nei confronti della:

(OMISSIS) S.R.L. in persona dell’amministratore unico (OMISSIS), elettivamente domiciliato domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli avvocati (OMISSIS), ( (OMISSIS)) e (OMISSIS), ( (OMISSIS)) per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e nei confronti di:

(OMISSIS) S.A.S. (OMISSIS) in persona del legale rappresentante (OMISSIS);

– intimata –

e sul ricorso proposto dalla:

(OMISSIS) S.R.L. in persona dell’amministratore unico (OMISSIS), elett.te domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli avvocati (OMISSIS), ( (OMISSIS)) e (OMISSIS) ( (OMISSIS)) per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– controricorrente –

e nei confronti di:

(OMISSIS) S.A.S. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante (OMISSIS);

– intimata –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 1936/2017 depositata il 12.9.2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.10.2023 dal Consigliere Dott. VINCENZO PICARO.

FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) S.R.L., in qualita’ di assuntore del concordato fallimentare della (OMISSIS) SPA, conveniva in giudizio nel 2008 davanti al Tribunale di Padova le sorelle (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Si costituivano tardivamente nel giudizio di primo grado le sorelle (OMISSIS), che eccepivano la nullita’ dell’atto di citazione per genericita’ ed illogicita’ assolute e per carenza di allegazioni specifiche sulle opere eseguite e chiedevano la sospensione ex articolo 295 c.p.c. in quanto era pendente il giudizio di revocatoria fallimentare n. 1172/1999 davanti al Tribunale di Padova relativo all’atto del notaio (OMISSIS) sopra menzionato.

Le sorelle (OMISSIS) sostenevano che il (OMISSIS) la (OMISSIS) SPA aveva promesso in vendita al notaio (OMISSIS) ed alla di lui moglie (OMISSIS) il complesso immobiliare sopra indicato risultante dalle opere di ristrutturazione al prezzo di Lire 2.275.000 a mq per 446,14 mq oltre al prezzo a corpo di Lire 80.000.000 per due posti auto esterni, ma con controdichiarazione contestuale il prezzo effettivo pattuito era stato determinato in Lire 3.250.000 a mq in quanto la differenza di prezzo gia’ pagata alla firma del preliminare, pari a Lire 434.986.500, non doveva essere dichiarata; che il (OMISSIS), come emergente dalla controdichiarazione in pari data, le suddette parti avevano deciso di risolvere il preliminare del (OMISSIS) ed avevano stipulato un preliminare di vendita del complesso immobiliare allo stato grezzo, ossia dopo l’esecuzione delle prime opere di sanificazione e ristrutturazione indicate in quel contratto, ed un contratto di appalto per le opere di finitura, descritte dettagliatamente in un documento intestato “(OMISSIS)”, intitolato “Restauro del Fabbricato in (OMISSIS) specifiche tecniche”, che prevedeva che l’appalto fosse ultimato entro il (OMISSIS), con una penale per il ritardo di Lire 250.000 al giorno, mantenendo il prezzo a misura complessivo del preliminare del giorno precedente, imputato al 50% ciascuno ai due contratti sostitutivi, salvo l’aumento di Lire 40.000.000 dovuto al fatto che i posti auto promessi allo stato grezzo erano passati da due a tre, e nella controdichiarazione del (OMISSIS) la (OMISSIS) SPA aveva dato atto di avere gia’ ricevuto la somma di Lire 450.000.000 e le parti avevano pattuito che i prezzi effettivi della vendita e dell’appalto sarebbero stati determinati all’atto della misurazione degli immobili in contraddittorio; che a causa del notevole ritardo della (OMISSIS) SPA nell’esecuzione dell’appalto, quest’ultima, (OMISSIS) e (OMISSIS) il (OMISSIS) avevano stipulato un nuovo contratto, denominato “modifica del contratto di appalto”, integrante in realta’ una transazione, col quale erano state pattuite la proroga del termine di ultimazione dei lavori al (OMISSIS) e la rinuncia dei coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) alle penali da ritardo maturate fino a quel momento, a fronte della rinuncia della (OMISSIS) SPA al corrispettivo per opere aggiuntive, varianti e modifiche eseguite nella ristrutturazione; che il (OMISSIS) i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS), sciogliendo la riserva contenuta nel contratto preliminare di compravendita e nel contratto di appalto, avevano nominato le loro cinque figlie, (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

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Le sorelle (OMISSIS) contestavano quindi le somme pretese dall’attrice per il grave inadempimento della (OMISSIS) SPA, ed evidenziavano che comunque si sarebbe dovuto tenere conto della simulazione parziale dell’appalto in relazione al corrispettivo emergente dalla controdichiarazione del (OMISSIS), degli acconti versati all’appaltatrice, del controcredito maturato a titolo di penale da ritardo per Euro 31.116,53 e degli ulteriori danni provocati dalla mancata ultimazione dell’opera.

Il Tribunale di Padova, rilevata la tardivita’ delle domande riconvenzionali ed eccezioni delle sorelle (OMISSIS) e l’inammissibilita’ del disconoscimento della controdichiarazione del (OMISSIS) operato dalla (OMISSIS) SRL, e respinta perche’ esplorativa la richiesta di CTU dalla stessa avanzata, con la sentenza n. 1313/2014 rigettava tutte le domande da quest’ultima avanzate ritenendo non provato il titolo degli asseriti crediti invocato dall’attrice, condannandola al pagamento di Euro 12.000,00 oltre accessori per le spese processuali a favore delle sorelle (OMISSIS).

Impugnata tale sentenza dalla (OMISSIS) SRL, si costituivano in secondo grado le sorelle (OMISSIS), mentre l’ (OMISSIS) SAS restava contumace.

La Corte d’Appello di Venezia, disposto l’espletamento della CTU dell’ing. (OMISSIS) per individuare e descrivere le opere realizzate dalla (OMISSIS) SRL presso le unita’ immobiliari di (OMISSIS)via Porciglia(OMISSIS), e per quantificare le somme ancora da corrispondere alla (OMISSIS) SRL, e ritenuto comunque concluso il contratto di appalto tra le parti sulla base della documentazione prodotta e della finalita’ perseguita dall’atto di citazione, con la sentenza n. 1936 del 12.9.2017 riformava totalmente la sentenza di primo grado, condannando in solido le sorelle (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) SRL della somma di Euro 119.931,52, tenendo conto della penale per il ritardo e degli acconti documentati, oltre interessi legali dalla costituzione in mora del 22.4.2003, negando la rivalutazione monetaria, dichiarando inammissibile la domanda della (OMISSIS) SRL nei confronti della (OMISSIS), cancellata dal registro delle imprese prima dell’inizio del giudizio di primo grado e quindi estinta, condannava le sorelle (OMISSIS) alla restituzione alla (OMISSIS) SRL della somma ricevuta in forza della sentenza di primo grado per le spese processuali e condannava in solido le sorelle (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) SRL delle spese processuali del doppio grado, liquidate in Euro 11.810,00 oltre accessori per il primo grado ed in Euro 13.430,00 oltre accessori per il secondo grado.

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Contro tale sentenza, non notificata, hanno proposto ricorso alla Suprema Corte notificato alla (OMISSIS) S.R.L. il 7/9.3.2018 le sorelle (OMISSIS) affidandosi a sei motivi, ai quali resiste la (OMISSIS) S.R.L. con controricorso notificato il 18.4.2018, e quest’ultima, a sua volta ha proposto separato ricorso, poi riunito, notificato il 12/15.3.2018 alle sorelle (OMISSIS) ed il 12/17.3.2018 a (OMISSIS) quale socia accomandataria dell’ (OMISSIS) SAS, affidandosi a sette motivi (rectius otto motivi in quanto il quinto motivo e’ stato formulato due volte con contenuti diversi alle pagine 26 e 27), e ad esso resistono le sorelle (OMISSIS) con controricorso notificato il 24/27.4.2018.

Sia le sorelle (OMISSIS) che la (OMISSIS) SRL hanno depositato memorie ex articolo 380 bis.1 c.p.c., mentre l’ (OMISSIS) SAS e’ rimasta intimata.

La causa e’ stata trattenuta in decisione nell’adunanza camerale del 19.10.2023.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va rilevato che il principio dell’unicita’ del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e percio’, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso. Tuttavia quest’ultima modalita’ non puo’ considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorche’ proposto con atto a se’ stante, in ricorso incidentale (vedi Cass. ord. n. 24950/2020; Cass. 9.2.2016 n. 2516; Cass. 16.7.2014 n. 16221; Cass. 6.12.2005 n. 26622; Cass. 17.2.2004 n. 3004; Cass. n. 1690 del 18.2.1991; id. Sez. 2, Sentenza n. 3004 del 17/02/2004), la cui ammissibilita’ e’ condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti piu’ venti) risultante dal combinato disposto degli articoli 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi (Cass. n. 16221 del 16.7.2014; Cass. n. 26723 del 13.12.2011).

Pertanto, avuto riguardo all’elemento cronologico, il ricorso per cassazione notificato dalle sorelle (OMISSIS) in data 7/9.3.2018 sara’ in seguito qualificato come ricorso principale, mentre quello notificato dalla (OMISSIS) S.R.L. in data 12/15.3.2018, in quanto successivo, come ricorso incidentale autonomo.

Partendo quindi dall’esame del ricorso principale, col primo motivo le (OMISSIS) lamentano in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione degli articolo 112 c.p.c. e articolo 2907 c.c. per avere la Corte d’Appello di Venezia posto a carico delle sole committenti (OMISSIS) il pagamento integrale dell’intero corrispettivo dell’appalto ritenuto dovuto, e quindi anche di quello dovuto dalla committente (OMISSIS) SAS (OMISSIS), benche’ la (OMISSIS) S.R.L. in secondo grado avesse inequivocabilmente qualificato come parziarie e non solidali le obbligazioni assunte dalle committenti, posto che nel giudizio di primo grado aveva fatto riferimento alle distinte fatture emesse dalla (OMISSIS) SPA a carico delle sorelle (OMISSIS) per Euro 136.427,25 ed a carico dell’ (OMISSIS) SAS per Euro 105.274,57, distinguendo anche gli importi non ancora contabilizzati richiesti separatamente dovuti dalle convenute, pur concludendo per la condanna in solido o pro quota, e nell’atto di appello aveva chiesto la condanna delle sorelle (OMISSIS) e della (OMISSIS) SAS (OMISSIS) e di (OMISSIS) al pagamento in suo favore della complessiva somma di Euro 424.679,65 secondo le quote di loro spettanza, desumibili in relazione alla quota di proprieta’ ovvero di usufrutto derivante dall’atto di compravendita del notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), e non in solido.

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Tale primo motivo, che in ragione del richiamo alla violazione dell’articolo 112 c.p.c. (quella dell’articolo 2907 c.c. sulla tutela giurisdizionale dei diritti e’ invece del tutto inconferente), e del contenuto sostanziale della doglianza chiaramente espresso, attiene ad un vizio di nullita’ della sentenza per extrapetizione, e puo’ essere riqualificato giuridicamente come violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per error in procedendo anziche’ come violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per error in iudicando, e’ fondato e merita accoglimento.

Ed invero la (OMISSIS) SRL, che in primo grado aveva richiesto alternativamente la condanna in solido, o per la quota di spettanza dei convenuti, nell’atto di appello ha chiesto la condanna delle sorelle (OMISSIS) e della (OMISSIS) SAS (OMISSIS) e di (OMISSIS) al pagamento in suo favore della complessiva somma di Euro 424.679,65 secondo le quote di loro spettanza, desumibili in relazione alla quota di proprieta’ ovvero di usufrutto derivante dall’atto di compravendita del notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), e non in solido, per cui l’impugnata sentenza nel condannare in solido le sorelle (OMISSIS) al pagamento dell’intero importo ritenuto dovuto da tutti i committenti, e quindi anche dall’ (OMISSIS), nei confronti della quale la domanda di pagamento e’ stata dichiarata inammissibile perche’ la stessa era stata cancellata dal Registro delle Imprese e risultava quindi estinta gia’ prima dell’inizio del giudizio, non ha tenuto conto che in secondo grado la (OMISSIS) SRL non aveva formulato domanda di condanna in solido di tutte le committenti al pagamento dei lavori appaltati non ancora saldati, avendo differenziato la posizione delle sorelle (OMISSIS) da quella dell’ (OMISSIS) richiedendone la condanna secondo le quote di loro spettanza, desumibili in relazione alla quota di proprieta’ ovvero di usufrutto derivante dall’atto di compravendita del notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), per cui ha violato il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato per la parte in cui ha condannato le sorelle (OMISSIS) al pagamento in solido del residuo corrispettivo ancora dovuto per i lavori appaltati anche per la quota di pertinenza esclusiva dell’ (OMISSIS).

Col secondo motivo le sorelle (OMISSIS) lamentano in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione degli articoli 1453 e 1665 c.c., comma 5, per avere la Corte d’Appello di Venezia riconosciuto il diritto dell’appaltatore, ancorche’ pacificamente inadempiente, di conseguire l’integrale corrispettivo a mq contrattualmente stabilito per l’opera svolta, per definizione comprensivo di utile, spese generali e spese fisse, anziche’ un mero indennizzo corrispondente al rimborso delle sole spese sostenute per la realizzazione delle opere eseguite per l’ipotesi in cui la committenza le abbia effettivamente utilizzate traendone vantaggio, come ritenuto dovuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte nei casi di risoluzione per inadempimento dell’appaltatore (Cass. 25.9.2012 n. 16291; Cass. 16.3.2011 n. 6181; Cass. 13.12.1977 n. 5444).

Assuntore del concordato fallimentare ed opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate dal fallito

Il secondo motivo delle (OMISSIS) e’ infondato, in quanto secondo la giurisprudenza prevalente di questa Corte (vedi Cass. 16.3.2011 n. 6181; Cass. 19 maggio 2003 n. 7829; Cass. 11 marzo 2003 n. 3555; Cass. 14 gennaio 2002 n. 341; Cass. 4 giugno 2001 n. 7470; Cass. 13.12.1977 n. 5444), nei contratti a prestazioni corrispettive, la retroattivita’ (articolo 1458 c.c., comma 1) della pronuncia costitutiva di risoluzione per inadempimento, collegata al venir meno della causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali gia’ eseguite, comporta l’insorgenza a carico di ciascun contraente, ed indipendentemente dalle inadempienze a lui eventualmente imputabili, dell’obbligo di restituire la prestazione ricevuta. La sentenza che pronuncia la risoluzione del contratto per inadempimento produce, infatti, un effetto liberatorio ex nunc, rispetto alle prestazioni da eseguire, ed un effetto recuperatorio ex tunc, rispetto alle prestazioni eseguite. Una volta pronunciata la risoluzione del contratto, in forza dell’operativita’ retroattiva di essa, stabilita dall’articolo 1458 c.c. si verifica per ciascuno dei contraenti ed in modo avulso dall’imputabilita’ dell’inadempienza, rilevante ad altri fini, una totale “restitutio in integrum” e, pertanto, tutti gli effetti del contratto vengono meno e con essi tutti i diritti che ne sarebbero derivati e che si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti stessi. L’obbligazione restitutoria non ha, quindi, natura risarcitoria, derivando dal venire meno, per effetto della pronuncia costitutiva di risoluzione, della causa delle reciproche obbligazioni. Ne consegue che nei contratti con prestazioni corrispettive, come quello di appalto, l’eccezione inadimplenti non est adimplendum (consentita dall’articolo 1460 c.c.) puo’ paralizzare la richiesta della controprestazione, relativa alla prestazione gia’ eseguita, ma non quella relativa alla parte della prestazione gia’ eseguita che non sia sta restituita ne’ offerta in restituzione della quale la parte committente abbia tratto vantaggio (vedi in tal senso Cass. 30.10.2018 n. 27640).

Nel caso di specie, premesso che non e’ stata pronunciata alcuna risoluzione del contratto di appalto concluso dalla (OMISSIS) SPA con le sorelle (OMISSIS) e con l’ (OMISSIS) e che la risoluzione di diritto e’ stata tardivamente invocata dalle (OMISSIS), e che gia’ il Tribunale di Padova con statuizione non impugnata in secondo grado dalle sorelle (OMISSIS) aveva rilevato la tardivita’ ed inammissibilita’ delle domande riconvenzionali e delle eccezioni in senso stretto delle (OMISSIS) (tra le quali era compresa l’eccezione inadimplenti non est adimplendum in quanto l’articolo 1460 c.c. nei contratti a prestazioni corrispettive riserva espressamente alle parti la facolta’ di rifiutare la propria prestazione se la controparte non adempie), le (OMISSIS) non potevano pretendere che l’assuntore del concordato fallimentare, che esercitava l’azione di adempimento del contratto di appalto che sarebbe spettata alla fallita (OMISSIS) SPA, percepisse per le prestazioni effettivamente eseguite e delle quali non era stata tempestivamente allegata e provata, ne’ offerta, la restituzione, in luogo del corrispettivo contrattualmente previsto a misura, un semplice indennizzo, ne’ potevano rifiutarsi di pagare quel corrispettivo invocando un’eccezione d’inadempimento sollevata tardivamente.

La Suprema Corte, inoltre, in quanto giudice nomofilattico, non puo’ essere chiamata a compiere una valutazione delle risultanze istruttorie e della CTU in ordine al criterio utilizzato dalle parti per stabilire il corrispettivo a misura dell’appalto (Lire 1.625.000 a mq per le unita’ immobiliari ad uso ufficio ed abitazione maggiorato del corrispettivo a corpo di Lire 15.000.000 per la pavimentazione della porzione di terreno destinata ai tre posti auto) allo scopo di escludere dal medesimo le voci spese generali e fisse ed utile d’impresa.

Col terzo motivo le sorelle (OMISSIS) lamentano, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4) per avere la Corte d’Appello di Venezia fornito una motivazione meramente apparente recependo le conclusioni del CTU (OMISSIS), basate solo sulla sua personale esperienza di settore, in relazione all’individuazione della percentuale del 50% delle opere eseguite dalla (OMISSIS) SPA prima della risoluzione del contratto di appalto.

Assuntore del concordato fallimentare ed opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate dal fallito

Il terzo motivo e’ inammissibile, in quanto per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte in tema di ricorso per cassazione, al fine di infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, e’ necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa gia’ dinanzi al giudice a quo, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisivita’ e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimita’ (Cass. 23.6.2023 n. 18008; Cass. 17.5.2022 n. 15733; Cass. 8.9.2021 n. 24167; Cass. ord. 3.8.2017 n. 19427; Cass. 3.6.2016 n. 11482), mentre nel caso di specie le sorelle (OMISSIS) non hanno indicato dove ed in che termini avrebbero mosso critiche alla valutazione espressa dal CTU (OMISSIS) e fatta propria dalla Corte d’Appello di Venezia, e non hanno neppure censurato la sentenza impugnata nella parte in cui a pagina 14 ha reputato tardive ed inammissibili le numerosissime osservazioni formulate dalle appellanti (rectius dalle appellate (OMISSIS)) avverso la CTU (OMISSIS).

La CTU (OMISSIS), alla quale l’impugnata sentenza ha fatto rinvio, peraltro, essendo stata espletata quando gia’ i lavori erano proseguiti dopo l’interruzione del rapporto tra le parti, non si e’ basata solo sulla personale esperienza in materia del CTU, ma anche sulla perizia del geom. (OMISSIS) del (OMISSIS) che descriveva lo stato dei luoghi a quella data, sul verbale di sopralluogo del (OMISSIS) (data in cui il contratto non aveva piu’ avuto esecuzione per la risoluzione di diritto invocata fuori dalla sede processuale dalle committenti) redatto dall’ing. (OMISSIS) e corredato da 73 fotografie relative alle singole parti dell’immobile, all’entita’ delle superfici delle unita’ immobiliari e relative incidenze condominiali ed alle lavorazioni svolte dalla (OMISSIS) SPA e dalle imprese subappaltatrici, alle quantita’ di ciascuna lavorazione e relativo prezzo, elementi tutti richiamati nella decisione impugnata.

Col quarto motivo le sorelle (OMISSIS) lamentano, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione degli articoli 1362-1363 c.c., o in alternativa in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) l’omessa pronuncia ai sensi dell’articolo 112 c.p.c. per avere la Corte d’Appello di Venezia interpretato la volonta’ negoziale espressa nei contratti inter partes omettendo di considerare le pattuizioni contrattuali (scrittura privata del (OMISSIS) registrata il (OMISSIS)) con cui i paciscenti avevano testualmente stabilito che l’individuazione del corrispettivo per la compravendita e per l’appalto, cosi’ come l’imputazione del quantum versato in acconto dalle committenti erano avvenute in via solamente provvisoria, poiche’ solo all’atto della misurazione della superficie degli immobili (da effettuare in contraddittorio tra le parti dopo l’ultimazione delle opere) sarebbe avvenuta la definitiva determinazione del prezzo effettivo di compravendita e appalto e si sarebbe proceduto a definire, sulla base di quanto gia’ corrisposto all’impresa, il residuo corrispettivo dell’appalto, ovvero il rimborso di quanto eventualmente pagato in piu’ dalla parte acquirente per l’acquisto dell’immobile “al grezzo”, ed avevano altresi’ stabilito che se all’atto della precisa determinazione dei prezzi convenuti per la vendita e per l’appalto una fosse risultata debitrice verso l’altra, il debito si sarebbe estinto per compensazione con il credito per la misura corrispondente, per il corrispettivo dell’appalto, in tal modo omettendo di pronunciarsi su una specifica voce componente il controcredito eccepito dalle sorelle (OMISSIS) in compensazione impropria.

Col quarto motivo le (OMISSIS) lamentano, confusamente e contraddittoriamente, da un lato un error in procedendo determinante nullita’ della sentenza impugnata per non essersi pronunciata la Corte d’Appello sull’eccezione di compensazione impropria che esse avrebbero sollevato chiedendo di ridurre il credito per il corrispettivo dei lavori appaltati eseguiti per tener conto che dal prezzo a misura dell’appalto ancora dovuto doveva essere detratto, oltre a quanto gia’ versato a tale titolo, anche l’eventuale eccedenza di quanto pagato per la vendita del complesso immobiliare rispetto al prezzo definitivo che sarebbe stato calcolato in base ai metri quadri effettivamente realizzati solo a lavori ultimati, e dall’altro un error in iudicando perche’ l’impugnata sentenza, su tale questione, non si sarebbe attenuta ai criteri interpretativi degli articoli 1362 e 1363 c.c., il che pero’ farebbe ritenere effettivamente intervenuta e non omessa una pronuncia sul punto, ma anche a volere ritenere ammissibile tale prospettazione alternativa in quanto le due ipotesi se separatamente considerate consentono di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate (vedi in tal senso Cass. sez. un. 6.5.2015 n. 9100), ne va rilevata l’infondatezza.

Anzitutto non puo’ in questa sede l’assuntore del concordato fallimentare, che qui ha inteso esercitare un’azione di adempimento contrattuale che sarebbe spettata alla (OMISSIS) SPA gia’ prima della sua dichiarazione di fallimento, assumendo quindi la stessa posizione della fallita, e non un’azione di massa quale la revocatoria fallimentare che la pone in posizione di terzo, invocare l’inopponibilita’ nei suoi confronti della scrittura privata del (OMISSIS) avente data certa dal (OMISSIS) sulla base dell’ordinanza della Suprema Corte n. 24950/2020 pronunciata tra le stesse parti su un’azione revocatoria fallimentare esercitata dalla curatela fallimentare della (OMISSIS) SPA contro l’atto di compravendita immobiliare al quale l’appalto era collegato, e poi fatta propria dall’assuntore del concordato fallimentare, che in quel giudizio aveva posizione di terzo.

Assuntore del concordato fallimentare ed opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate dal fallito

Non sussiste l’omessa pronuncia dell’impugnata sentenza sulla rappresentata necessita’ di tener conto nella determinazione del corrispettivo dell’appaltatore della regolamentazione contenuta nella dichiarazione del (OMISSIS) per l’ipotesi di ultimazione dei lavori e conseguente misurazione effettiva di quanto realizzato dall’appaltatore, in quanto la Corte d’Appello di Venezia riconoscendo che i lavori pacificamente erano cessati alla data del (OMISSIS), rifacendosi alla CTU (OMISSIS) che aveva utilizzato i dati documentati relativi a quanto effettivamente realizzato dall’appaltatore fino alla data della cessazione anticipata dell’appalto ((OMISSIS)) ed applicando il criterio della liquidazione del compenso a misura che le parti avevano convenzionalmente previsto (Lire 1.625.000 a mq realizzato) con l’aggiunta del compenso a corpo di Lire 15.000.000 per la pavimentazione di terreno destinata ai tre posti auto, e tenendo poi conto ai fini della compensazione impropria della somma di Lire 55.000.000 ricevuta in acconto dall’appaltatore emergente dalla controdichiarazione del (OMISSIS), ha implicitamente ritenuto che il criterio per la determinazione del prezzo definitivo stabilito nella scrittura privata del (OMISSIS), registrata il (OMISSIS), non potesse trovare applicazione nel caso in esame, in quanto presupponeva che i lavori fossero stati ultimati dall’appaltatore, circostanza pacificamente esclusa da entrambe le parti.

L’interpretazione in tal modo fornita dalla Corte d’Appello di Venezia e’ conforme alla lettera della controdichiarazione del (OMISSIS), che faceva scattare il criterio pattizio di determinazione del prezzo definitivo dell’appalto col collegamento a quanto gia’ versato in eventuale eccedenza per la compravendita del complesso immobiliare, solo nel caso, non verificatosi, di ultimazione dei lavori da parte dell’appaltatore, per cui si e’ tenuto conto della comune intenzione manifestata dalle parti, e la violazione dei criteri ermeneutici non puo’ essere invocata allo scopo di ottenere dalla Suprema Corte una diversa e piu’ favorevole interpretazione della volonta’ negoziale di fronte alla plausibilita’ e ragionevolezza della motivazione della sentenza impugnata.

Col quinto motivo le (OMISSIS) lamentano, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), l’omessa pronuncia dell’impugnata sentenza in relazione alle voci di controcredito risarcitorio diverse dal danno derivante dalla mancata impermeabilizzazione del cavedio del primo piano eccepite nella comparsa di risposta del giudizio di primo grado, e riproposte sotto forma di eccezione di compensazione impropria in secondo grado.

Il quinto motivo e’ infondato, in quanto alle pagine 14 e 15 l’impugnata sentenza ha stabilito che “Non essendo stata offerta alcuna prova dell’ulteriore credito risarcitorio che le committenti sostengono hanno solo allegato, al paragrafo 5.6 della comparsa di risposta depositata nel giudizio di primo grado, nulla e’ dovuto per la mancata impermeabilizzazione del pavimento del cavedio del primo piano” ed in precedenza aveva ritenuto tardive ed inammissibili le numerosissime osservazioni mosse dalle appellanti (rectius appellate) alle risultanze della CTU nella memoria di replica, con statuizione non impugnata, inerenti ai danni subiti per interventi in economia eseguiti dalle committenti a proprie spese. Le ricorrenti hanno detto di volersi riferire ai maggiori esborsi ed alle duplicazioni di costi che sarebbero state costrette a sostenere per sopperire all’inadempimento dell’appalto da parte della (OMISSIS) poi sfociato nella risoluzione di diritto del contratto, indicate nella CTP dell’arch. (OMISSIS) (vedi richiamo alla nota 5 rectius 6 del ricorso (OMISSIS)), ma non hanno precisato quando e come avrebbero fatto valere tali specifiche ulteriori voci di danno nel giudizio di primo grado, verosimilmente prospettate tardivamente e solo ad opera del CTP e quindi oggetto del rilievo di decadenza da parte della Corte d’Appello, tanto piu’ che nelle conclusioni del giudizio di secondo grado riportate nella sentenza impugnata le sorelle (OMISSIS) hanno ancora richiesto con evidente finalita’ esplorativa che fossero individuate, descritte e stimate le opere in economia da loro eseguite.

Col sesto motivo le sorelle (OMISSIS) lamentano, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’omesso esame da parte della Corte d’Appello di Venezia di un fatto decisivo, per non avere scomputato dall’importo individuato come dovuto all’appaltatrice (OMISSIS) SPA e quindi all’assuntore del concordato fallimentare, la (OMISSIS) SRL, l’importo corrispondente al pagamento effettuato dal notaio (OMISSIS) per conto delle figlie alla Ditta (OMISSIS) SRL per le fatture n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) relative alla pavimentazione delle unita’ immobiliari oggetto di causa e l’importo corrisposto dalla (OMISSIS) al curatore della (OMISSIS) SPA della scala condominiale in marmo di Trani.

Deducono le sorelle (OMISSIS) che fin dalla memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1) (pagina 2, doc. 20) avevano dedotto che il padre, notaio (OMISSIS), aveva provveduto al diretto pagamento delle fatture emesse dalla Ditta (OMISSIS) SRL relative alla pavimentazione interna delle unita’ immobiliari, e che nelle osservazioni alla CTU formulate dal loro CTP, arch. (OMISSIS), si era lamentato che tali versamenti non fossero stati considerati a credito delle committenti, ed inoltre che il pagamento della scala condominiale in marmo di Trani da parte della (OMISSIS) era stato provato con la produzione in primo grado del documento n. 69 ed era stato poi invocato nelle osservazioni del loro CTP arch. (OMISSIS) alla CTU.

In realta’ la Corte d’Appello di Venezia non ha omesso di pronunciarsi sul punto, anche se non lo ha fatto in modo esplicito, in quanto ha confermato la CTU (OMISSIS), che aveva motivatamente escluso la scomputabilita’ di quelle voci di spesa dal corrispettivo spettante all’appaltatore, facendone proprie le valutazioni, ed ha espressamente indicato alla fine del paragrafo 10 come tardive le numerosissime osservazioni mosse dalle appellanti (rectius appellate) alle risultanze della CTU, con statuizione non impugnata. Peraltro non si tratta di fatti decisivi, in quanto le stesse ricorrenti indicano che i pagamenti sarebbero stati compiuti da soggetti terzi rispetto a loro, ossia da (OMISSIS) a favore della Ditta (OMISSIS) SRL, e dalla (OMISSIS) in favore della curatela del fallimento della (OMISSIS) SPA, per cui l’accertamento che il pagamento di (OMISSIS) delle fatture della Ditta (OMISSIS) fosse imputabile alle figlie e che non fosse a carico della committenza presupponeva una domanda riconvenzionale che non e’ stata tempestivamente proposta ed esulava dalla compensazione impropria, mentre data la natura parziaria e non solidale delle obbligazioni assunte dalle committenti, le (OMISSIS) non potevano giovarsi per ridurre il proprio debito del pagamento compiuto dall’ (OMISSIS), peraltro non a favore dell’assuntore del concordato fallimentare, ma della curatela fallimentare.

Assuntore del concordato fallimentare ed opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate dal fallito

Passando ora all’esame dei motivi di ricorso fatti valere col ricorso incidentale autonomo dalla (OMISSIS) S.R.L., col primo motivo si lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e/o falsa applicazione della L.Fall., articoli 124 e ss. nel testo vigente ratione temporis, nonche’ degli articoli 214 e 215 c.p.c. e degli articoli 2702 e 2735 c.c. in relazione alla posizione dell’assuntore del concordato fallimentare ed all’opponibilita’ al medesimo di scritture formate dal fallito.

Assume la ricorrente che l’impugnata sentenza non avrebbe dovuto considerare regolato il contratto di appalto tra le parti dalle scritture private sottoscritte dalla (OMISSIS) SPA in bonis con le committenti sorelle (OMISSIS) ed (OMISSIS) equiparando la posizione dell’assuntore del concordato fallimentare, soggetto terzo, alla posizione della societa’ fallita, benche’ la (OMISSIS) SRL non fosse subentrata in un’azione gia’ esercitata dalla curatela fallimentare, e che comunque non avrebbe potuto considerare opponibile alla (OMISSIS) S.R.L., soggetto terzo, la scrittura privata del (OMISSIS) sottoscritta dalle committenti e dalla (OMISSIS) SRL (in tal senso si richiama Cass. 16.9.2002 n. 13513), per cui nella determinazione del corrispettivo spettante all’assuntore del concordato fallimentare avrebbe dovuto fare riferimento alla seconda ipotesi di quantificazione del corrispettivo dell’appalto formulata dal CTU ing. (OMISSIS), quella di Euro 215.300,55.

La valutazione in ordine all’applicabilita’ o, meno, del disposto degli articoli 2702 e 2735 c.c. e articoli 214 e 215 c.p.c. all’assuntore del concordato fallimentare postula l’identificazione della sua qualita’, di parte o di terzo, nel rapporto controverso, non essendo coincidente per le due distinte posizioni, atteso che quanto sancito dalle citate norme trova applicazione solo nel caso in cui sia da considerare parte, e non quando l’assuntore agisca in qualita’ di terzo, come avvenuto nel separato giudizio di revocatoria fallimentare esercitata dal Fallimento della (OMISSIS) SPA contro le sorelle (OMISSIS) e la (OMISSIS) avverso la vendita ad essi effettuata dalla (OMISSIS) SPA in bonis con l’atto del notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), sul quale si e’ pronunciata l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 24950/2020.

Occorre premettere che il curatore che agisca in giudizio per ottenere il pagamento di una somma gia’ dovuta al fallito, ovvero la ripetizione di quanto dal medesimo indebitamente pagato in epoca antecedente all’apertura del fallimento, esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio del fallito stesso, collocandosi nella medesima sua posizione, sostanziale e processuale.

In tali ipotesi, infatti, quel curatore non agisce in sostituzione dei creditori al fine della ricostruzione del patrimonio originario del soggetto fallito e, quindi, nella veste processuale di terzo, ma esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio di quest’ultimo (trattandosi di azione che questi, quand’era in bonis, avrebbe potuto ugualmente esercitare), ponendosi conseguentemente nella sua stessa posizione sostanziale e processuale, nella posizione, cioe’, che egli avrebbe avuto agendo in proprio al fine di acquisire al suo patrimonio poste attive di sua spettanza gia’ prima della procedura concorsuale ed indipendentemente dal dissesto verificatosi.

Ne consegue che il terzo convenuto in giudizio dal curatore puo’ a questi legittimamente opporre tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre all’imprenditore fallito, comprese le prove documentali da questo provenienti, senza i limiti di cui all’articolo 2704 c.c. (vedi in tal senso Cass. n. 23630/2016; Cass. n. 321/2013; Cass. n. 23429/2012; Cass. n. 27510/2008; Cass. n. 18059/2004; Cass. sez. un. 4213/2013).

Quale organo dell’amministrazione fallimentare, il curatore non si configura come successore a titolo particolare, in nome della massa dei creditori, ne’ come rappresentante del fallito o dei creditori, potendo promuovere, di volta in volta, e sempre nell’interesse della giustizia, le ragioni dei creditori, del fallito o della massa fallimentare.

In linea di principio, pertanto, il curatore, quale organo del fallimento, e’ terzo rispetto agli atti compiuti dal fallito, ma cio’ non esclude che quando intraprenda un’azione di credito di spettanza di quest’ultimo (o subentri in un contratto a prestazioni corrispettive, perfezionato prima del fallimento, ma non ancora eseguito), egli venga a trovarsi nella medesima situazione processuale in cui si sarebbe trovato il creditore, dovendo necessariamente far valere tutte le difese che sarebbero spettate al fallito, in ordine al rapporto controverso, ed operando come parte in causa.

Escluso che il curatore, quando faccia valere un diritto proprio del fallito, agisca come terzo, ne consegue anche l’applicabilita’ in tali ipotesi, nei suoi confronti degli articoli 2702 e 2735 c.c. e articoli 214 e 215 c.p.c..

Ne deriva, altresi’, che, nella stessa posizione, in caso di chiusura del fallimento per concordato fallimentare, viene a trovarsi anche l’assuntore di quest’ultimo che prosegua o intraprenda analoghe iniziative giudiziarie, anch’egli venendosi a trovare nella medesima posizione processuale che aveva (o avrebbe avuto) il curatore (vedi Cass. 31.5.2017 n. 13762 citata nell’impugnata sentenza e Cass. n. 1879/2011), o il fallito. Sia al curatore che all’assuntore, pertanto, la controparte puo’ opporre senza limiti lo stesso contratto (ed il documento che lo incorpora) per fondarvi una sua eccezione o un suo controdiritto (vedi Cass. n. 5629/1982; Cass. n. 1835/1978; Cass. n. 3537/1977; Cass. n. 4272/1976; Cass. n. 4030/1974 e con specifico riguardo all’opponibilita’ dell’eccezione di compensazione all’assuntore del concordato fallimentare che, subentrato in tutti i diritti e le ragioni del fallimento, abbia agito per conseguire il residuo credito nascente da un precedente contratto di compravendita antecedente alla procedura concorsuale, Cass. n. 4757/1979).

L’identita’ di posizione dell’assuntore del concordato fallimentare rispetto alla fallita (OMISSIS) SRL comporta, quindi, che la scrittura privata di quietanza contenuta nella scrittura privata del (OMISSIS) fosse pienamente opponibile dalla sorelle (OMISSIS) alla (OMISSIS) SRL, pur non valendo per la diversita’ soggettiva come vera e propria confessione stragiudiziale, ma come documento probatorio dell’avvenuto pagamento liberamente apprezzabile (vedi Cass. 19.10.2017 n. 24690; Cass. 8.10.2014 n. 21258; Cass. 18.12.2012 n. 23318; Cass. 1.3.2005 n. 4288).

Il primo motivo fatto valere dalla (OMISSIS) SRL e’ quindi infondato e va respinto, non potendosi da un lato fondare la pretesa creditoria sulla documentazione dei lavori prodotta e sulle scritture private di appalto depositate dalle sorelle (OMISSIS), e dall’altro invocarne l’inopponibilita’ per sottrarsi alle prove di pagamento nelle medesime contenute.

Col secondo, terzo e quarto motivo, esaminabili congiuntamente in quanto tutti attinenti all’avvenuta applicazione nell’impugnata sentenza della cosiddetta eccezione di compensazione impropria, la (OMISSIS) SRL si duole: a) ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della violazione e/o falsa applicazione della L.Fall., articoli 56 e 124 e ss., articolo 167 c.p.c., articoli 1241, 1242 e 1243 c.c. per avere la Corte d’Appello ritenuto applicabile all’assuntore del concordato fallimentare la compensazione L.Fall., ex articolo 56 opponibile al Fallimento benche’ l’assuntore del concordato fallimentare si limiti ad offrire una percentuale a soddisfazione dei crediti iscritti al passivo senza rimanere in alcun modo vincolato nei confronti dei terzi estranei alla massa, che per far valere i loro crediti devono insinuarsi al passivo, ed in subordine per non avere ritenuto applicabile al preteso controcredito risarcitorio delle sorelle (OMISSIS) relativo alla penale per il ritardo la medesima decurtazione percentuale prevista nel concordato fallimentare;

b) ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1241, 1242, 1243 e 1382 c.c. e articolo 167 c.p.c. per avere la Corte d’Appello ritenuto applicabile all’assuntore del concordato fallimentare la compensazione impropria tra obbligazioni (quella di pagamento del corrispettivo del contratto di appalto e quella di pagamento della penale per il ritardo nell’esecuzione dei lavori dell’appaltatore) derivanti da un unico contratto di appalto, ma tra loro non legate da un vincolo di corrispettivita’ idoneo ad escluderne l’autonomia, ancorche’ in ipotesi siffatte non si possa parlare di compensazione impropria, ma di compensazione vera e propria da far valere a pena di decadenza tramite un’eccezione in senso stretto nella specie non proposta (sono state in proposito richiamate Cass. 9.5.2006 n. 10629; Cass. 10.6.2005 n. 12327; Cass. sez. un. 16.11.1999 n. 775);

c) ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1241 e 1243 c.c. e articolo 167 c.p.c. per avere la Corte d’Appello ritenuto applicabile all’assuntore del concordato fallimentare la compensazione impropria per il credito relativo alla penale per il ritardo nell’esecuzione dei lavori dell’appaltatore, benche’ tale preteso credito fosse contestato nell’esistenza e nell’ammontare e non avesse quindi il carattere della certezza richiesto dall’articolo 1243 c.c. (in tal senso e’ stata richiamata Cass. 29.1.2015 n. 1695) e dalla L.Fall., articolo 56 (in tal senso e’ stata richiamata Cass. 30.12.2014 n. 27441).

Premesso che la compensazione impropria e’ stata applicata per la prima volta dalla Corte d’Appello in quanto in primo grado la domanda di pagamento del corrispettivo della (OMISSIS) SRL, assuntore del concordato fallimentare della (OMISSIS) SPA, era stata respinta, per cui solo col ricorso alla Suprema Corte poteva essere lamentata l’erronea applicazione della normativa relativa alla compensazione impropria, il motivo sub a) e’ infondato, in quanto l’assuntore del concordato fallimentare ha esercitato la stessa azione che sarebbe spettata alla (OMISSIS) SPA in bonis e poi al Fallimento della stessa, per cui ben poteva essere sollevata l’eccezione nei suoi confronti, come gia’ verso il Fallimento, purche’ basata, al pari del controcredito, su un fatto anteriore al fallimento secondo il disposto della L.Fall., articolo 56 (vedi Cass. 25.9.2017 n. 22277 in tema di concordato preventivo; Cass. 31.5.2017 n. 13762 in tema di concordato fallimentare; Cass. 10.7.2003 n. 10861; Cass. 22.5.2003 n. 8042; Cass. 13.9.1979 n. 4757 in materia di concordato fallimentare), ed infondata e’ la pretesa della compensabilita’ del controcredito per la penale da ritardo per la sola misura percentuale offerta nella proposta di concordato fallimentare, in quanto non viene qui in rilievo l’applicazione della cosiddetta falcidia del concordato fallimentare che riguarda i crediti che siano stati ammessi al passivo fallimentare sulla cui precisa entita’ l’assuntore ha fatto affidamento nel formulare la proposta. Del resto anche il credito per il saldo dei lavori appaltati e’ stato riconosciuto a favore dell’assuntore del concordato fallimentare in virtu’ dell’azione recuperatoria dallo stesso esercitata perche’ trasferitagli con tutti i suoi rischi dalla fallita nella sua integralita’, e non si vede per quale ragione soltanto le passivita’ scaturenti dal medesimo contratto fatto valere dopo l’accertamento definitivo del passivo del fallimento dovrebbero essere assoggettate alla decurtazione del concordato fallimentare, dato che si tratta sempre di poste attive e passive sopravvenute alla chiusura del passivo fallimentare sulla cui base e’ stata formulata la proposta di concordato fallimentare.

Infondato e’ anche il motivo sub b), in quanto secondo la giurisprudenza prevalente di questa Corte l’istituto della compensazione di cui all’articolo 1241 c.c., e seguenti presuppone l’autonomia dei rapporti da cui nascono i contrapposti crediti delle parti, sicche’ quando i rispettivi crediti e debiti hanno origine da un unico – ancorche’ complesso rapporto, come nel caso in cui i reciproci crediti, di pagamento del corrispettivo e di risarcimento dei danni, derivino da un unico contratto, esso si risolve in un mero accertamento di dare ed avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza (vedi in tal senso Cass. 6.10.2011 n. 20484; Cass., 17.4.2004, n. 7337; Cass., 4.7.1997, n. 6033), cui il giudice puo’ procedere senza che sia necessaria l’eccezione di parte o la proposizione di una domanda in tal senso (vedi Cass. 25.11.2002, n. 16561; Cass., 18.12.1995, n. 12905; Cass. 16.5.1981, n. 3230), non essendo invece indispensabile perche’ operi la compensazione impropria che oltre all’unicita’ della fonte dei contrapposti crediti sussista anche tra essi una sinallagmaticita’.

Infondato e’ anche il motivo sub c), in quanto per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte e’ considerato dotato del requisito della certezza il credito che sia determinabile attraverso un semplice calcolo aritmetico, come avviene appunto per l’applicazione della penale da ritardo ad un numero di giorni non contestato, la cui entita’ si determina semplicemente moltiplicando l’importo giornaliero stabilito dalle parti per il numero dei giorni di ritardo (vedi Cass. sez. un. 15.11.2016 n. 23225; Cass. 6.11.2012 n. 19150; Cass. n. 22035/2004).

Assuntore del concordato fallimentare ed opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate dal fallito

La durata del ritardo e dell’importo della penale (Lire 250.000 al giorno) non erano stati contestati, sicche’ l’importo e’ stato determinato con una mera moltiplicazione e le contestazioni relative all’asserita inopponibilita’ delle scritture private regolanti l’appalto, la penale ed il prezzo simulato erano gia’ state risolte sulla base della decisione adottata relativamente alle domande di pagamento del saldo del corrispettivo avanzate dall’assuntore del concordato fallimentare, che certamente non poteva pretendere che lo stesso documento contrattuale utilizzato a sostegno della sua pretesa fosse poi ritenuto non applicabile nella parte in cui regolando la penale aveva per lui un contenuto sfavorevole, e nessun dubbio era stato sollevato per negare l’esigibilita’ del credito relativo alla penale, essendosi pacificamente interrotto il rapporto contrattuale fra le parti a seguito della risoluzione di diritto invocata dalle committenti fuori dal giudizio.

Col quinto motivo che inizia a pagina 26 del ricorso la (OMISSIS) S.R.L. lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1453 e 1454 c.c., nonche’ degli articoli 112 e 167 c.p.c. in relazione alla dichiarazione di risoluzione del contratto d’appalto intercorso con la (OMISSIS) che sarebbe stata emessa dalla Corte d’Appello di Venezia pur essendo decadute le (OMISSIS) dalla facolta’ di proporre tale domanda in via riconvenzionale.

Tale motivo e’ infondato, in quanto la Corte d’Appello di Venezia non ha affatto pronunciato la risoluzione del contratto d’appalto, essendosi limitata a prendere atto che gia’ prima del giudizio a seguito dell’inadempimento della (OMISSIS) alla diffida ad adempiere per la ripresa dei lavori, il rapporto contrattuale tra le parti si era interrotto e vi era stata una verifica consensuale in contraddittorio dei lavori fino a quel momento svolti.

Col quinto motivo che inizia a pagina 27 del ricorso la (OMISSIS) SRL lamenta la nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) ed alla violazione degli articoli 112 e 132 c.p.c., per avere la Corte d’Appello di Venezia omesso di pronunciare e di motivare sulla domanda dalla stessa avanzata di pagamento delle spese dalla stessa sostenute per la CTP dell’ing. (OMISSIS) per Euro 28.161,02, riportata nel foglio delle conclusioni del giudizio di appello, ed accompagnata dalla produzione delle fatture attestanti gli esborsi sostenuti a favore del CTP, ed in alternativa lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., comma 2.

Deduce la (OMISSIS) SRL, che alla sua richiesta di correzione sul punto della sentenza impugnata del 20.10.2017, la Corte d’Appello di Venezia, con ordinanza del 14.12.2017 ha risposto negativamente, sostenendo che con le parole “anche le spese della c.t.u. vanno poste interamente a carico delle appellate” la domanda relativa alle spese di CTP sarebbe stata implicitamente respinta per l’eccessivita’ delle spese richieste a tale titolo, e che comunque non si sarebbe trattato di un errore emendabile con la procedura di correzione di errore materiale, in quanto assoggettabile semmai agli ordinari mezzi d’impugnazione.

Il quinto motivo che inizia a pagina 27 del ricorso della (OMISSIS) SRL deve ritenersi oggetto di assorbimento improprio, in quanto a seguito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso delle (OMISSIS), il giudice del rinvio dovra’ procedere ad una riliquidazione delle spese processuali (comprensive anche di quelle di CTU e di CTP) dei vari gradi di giudizio sulla base dell’esito finale della lite.

Col sesto motivo la (OMISSIS) SRL lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullita’ della sentenza impugnata per violazione degli articolo 132 c.p.c., n. 4 e articolo 156 c.p.c. per contrasto tra motivazione e dispositivo a proposito delle spese sopportate dalla (OMISSIS) SRL per la CTU (OMISSIS).

Anche questo motivo e’ assorbito, atteso che la regolamentazione delle spese, anche di CTU, dovra’ avvenire in sede di rinvio secondo l’esito finale del giudizio.

Col settimo motivo la (OMISSIS) SRL lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 2495 c.c. e articolo 111 c.p.c. in relazione alla cancellazione dal Registro delle Imprese di (OMISSIS) ed alla responsabilita’ delle sue socie (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Sostiene la ricorrente che l’impugnata sentenza abbia errato nel dichiarare inammissibile la domanda di pagamento del corrispettivo dell’appalto, rivolta dall’assuntore del concordato fallimentare della (OMISSIS) SRL nei confronti della (OMISSIS) SAS, in quanto estinta per cancellazione dal Registro delle Imprese il (OMISSIS) ex articolo 2495 c.c. al momento dell’introduzione del giudizio di primo grado, in applicazione dei principi dettati dalla sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione n. 4061 del 22.2.2010, considerando come una mera casualita’, o coincidenza la circostanza che tutte le socie dell’ (OMISSIS) SAS sopra indicate fossero state convenute in giudizio ad altro titolo e non come successori pro quota della societa’ cessata, mentre in realta’ in base al rogito del (OMISSIS) del notaio (OMISSIS), rep. n. 67031, essendo cessato l’usufrutto decennale in esso attribuito all’ (OMISSIS), le sorelle (OMISSIS) in precedenza nude proprietarie del complesso immobiliare trasferito allo stato grezzo, ne erano divenute comproprietarie ed erano state citate in giudizio fin dall’inizio insieme alla socia accomandataria dell’ (OMISSIS), (OMISSIS), per cui l’impugnata sentenza avrebbe dovuto statuire che tutti i debiti facenti capo all’ (OMISSIS) SAS, benche’ cessata ed estinta, fossero rimasti in capo alle socie accomandanti (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Tale ultimo motivo di ricorso e’ infondato, in quanto l’impugnata sentenza, richiamando lo specifico passo dell’atto di citazione di primo grado della (OMISSIS) SRL nel quale la stessa aveva espressamente indicato di aderire al superato orientamento giurisprudenziale secondo il quale una societa’ come l’ (OMISSIS) SAS, benche’ cancellata dal Registro delle Imprese, restava munita di soggettivita’ giuridica e di connessa capacita’ processuale, estinguendosi solo a seguito della definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti al momento della cessazione, e di notificare quindi l’atto introduttivo ex articolo 145 c.p.c., comma 2 al socio accomandatario (OMISSIS) solo nella qualita’ di legale rappresentante della societa’ estinta, ha giustamente ritenuto che la domanda di pagamento avanzata contro l’ (OMISSIS) SAS dovesse essere dichiarata inammissibile perche’ rivolta contro un soggetto estinto, applicando i principi delle sentenze n. 4061 del 22.2.2010 e n. 6070 del 12.3.2013 delle sezioni unite della Corte di Cassazione, posto che nessuna domanda di pagamento era stata rivolta nei confronti dei successori della stessa, ossia delle ex socie dell’ (OMISSIS) SAS, (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

A queste fondate considerazioni, che la Corte pienamente condivide, va aggiunto solo che (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Assuntore del concordato fallimentare ed opponibilità nei suoi confronti delle scritture formate dal fallito

P.Q.M.

La Corte di Cassazione sezione seconda civile, accoglie il primo motivo del ricorso di (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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