Art. 44 comma 2 del d.P.R. n. 380 del 2001 e lottizzazione abusiva

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 4 aprile 2019, n. 14743.

La massima estrapolata:

L’art. 44 comma 2 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede la confisca tanto “dei terreni abusivamente lottizzati” quanto “delle opere abusivamente costruite”, cosicché la misura appare contemplata indipendentemente dalla edificazione, essendo terreni lottizzati anche quelli oggetto di lottizzazione meramente negoziale e non consistendo necessariamente le opere in edifici propriamente detti ben potendo rientrare in tale concetto, ad esempio, gli interventi di urbanizzazione primaria (come fognature, rete idrica, elettrica, strade di collegamento etc.), e potendo l’intervento lottizzatorio, pur in presenza di edifici, non essere limitato all’area di sedime degli stessi, ma comprendere anche altre aree che, essendo in qualche modo asservite, direttamente o indirettamente, agli edifici stessi, rientrino nel complesso di attività univocamente finalizzate al conferimento di un diverso assetto del territorio.

Sentenza 4 aprile 2019, n. 14743

Data udienza 20 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/03/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Presidente Dr. GASTONE ANDREAZZA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. FIMIANI PASQUALE, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla confisca ed il rigetto nel resto.
Udito il difensore di fiducia Avv. (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 marzo 2016 la Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) per essersi i reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 1 lettera c), (per avere proceduto a lottizzazione abusiva materiale di area di 25.000 metri quadri in localita’ (OMISSIS) realizzando in zona D 3 varie opere (tra cui sala ristorante, cucina, unita’ abitativa, manufatti, bungalows, muri di contenimento, terrazzamenti, camminamenti ecc.) finalizzate allo svolgimento di attivita’ turistico ricettiva), cit. D.P.R., articolo 44, comma 1, lettera c) (per avere eseguito opere in zona sottoposta a vincolo paesaggistico) articoli 64, 65, 71 e 72 (per avere realizzato le strutture in cemento armato non in base a progetto esecutivo e senza previa denunzia), articoli 83, 93 e 95 (per avere eseguito le opere in zona sismica omettendo di depositare gli atti progettuali presso l’Ufficio del genio civile competente), Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 bis, (per avere eseguito le opere in area dichiarata di notevole interesse pubblico) e articolo 734 c.p.(per avere alterato o distrutto le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell’autorita’) estinti per intervenuta prescrizione.
2. Ha proposto ricorso l’imputata lamentando, con un primo motivo, la violazione’ del cit. D.P.R., articoli 30 e 44 quanto alla sussistenza degli elementi integranti il reato di lottizzazione abusiva e dell’articolo 7 Convenzione EDU nonche’ il vizio di motivazione in punto di omessa revoca della sanzione accessoria della confisca quanto al reato di lottizzazione, confisca mantenuta immotivatamente nonostante le doglianze poste sul punto; sotto un primo profilo ricorda, pur a fronte di contrasto giurisprudenziale, l’orientamento, avallato anche dalla giurisprudenza Europea, circa la impossibilita’ di applicare la sanzione della confisca nel caso in cui venga pronunciata sentenza di proscioglimento; sotto un secondo profilo rileva, anche a volere accedere al diverso orientamento, la mancanza in ogni caso nella specie dell’elemento oggettivo del reato di lottizzazione, non bastando a tal fine la constatazione circa la presenza di alcuni abusi edilizi nell’area ed essendosi omesso di valutare la loro compatibilita’ con gli strumenti urbanistici e la sussistenza di opere di urbanizzazione sia primarie che secondarie nell’area stessa; lamenta inoltre avere la Corte omesso di tener conto che l’area su cui sono state realizzate le costruzioni oggetto del procedimento sono state destinate dal PRG del Comune di Massa Lubrense ad attivita’ turistico – ricettiva e che l’imputata non si limita a gestire un campeggio ma amministra una attivita’ alberghiera debitamente autorizzata al cui svolgimento sono preposti gli immobili in questione con la conseguenza che l’asserito mutamento della struttura campeggistica in una struttura stabile non e’ mai avvenuto.
Rileva infine la compatibilita’ delle strutture realizzate con i piani urbanistici perche’, essendo presenti nell’area delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, non c’e’ stato bisogno di interventi di implementazione successivamente alla realizzazione degli immobili da parte dell’imputata; sotto un ulteriore profilo lamenta violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, comma 1, lettera e, n. 5 per avere la Corte omesso di tener conto che, a seguito delle modifiche apportate, da ultimo, con la L. n. 221 del 2015, le strutture leggere in contestazione (bungalows, baracche, tettoie e pergolati) realizzate dall’imputata non rientravano fra quelle necessitanti di un permesso di costruire perche’ destinate al miglioramento delle attivita’ turistiche che l’imputata era autorizzata a svolgere; di qui la necessita’ di escludere una trasformazione non autorizzata dell’area versandosi in ipotesi di implementazione dei servizi connessi allo svolgimento di attivita’ turistiche debitamente autorizzate. Ulteriormente, e sempre in relazione alla disposta confisca, lamenta l’omessa motivazione in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, essendosi la Corte limitata ad affermare apoditticamente la sussistenza della colpa in capo all’imputata anche ai fini della disposta confisca.
3. Con un secondo motivo lamenta erronea applicazione dell’articolo 649 c.p.p. in relazione all’articolo 4 prot. n. 7 Convenzione EDU e 50 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea essendo stata l’imputata gia’ sottoposta ad un procedimento amministrativo per gli stessi fatti oggetto del presente procedimento e concretizzatosi nelle varie ordinanze di demolizione definitive ampiamente documentate in atti senza che a cio’ possa seguire un secondo procedimento con ulteriore sanzione.
4. La ricorrente ha successivamente presentato, in data 20/06/2018, motivi nuovi.
Con un primo motivo ha lamentato la mancanza di motivazione con riferimento all’individuazione del termine di decorrenza della prescrizione dello specifico reato di lottizzazione, che sarebbe intervenuta ancor prima dell’esercizio dell’azione penale (essendo la trasformazione dello stato dei luoghi intervenuta in epoca remota poiche’ tutte le relative opere sono state condonate negli anni 80-90) con conseguente, in ogni caso, inapplicabilita’ della confisca; e mentre il giudice di primo grado ha omesso di compiere un’attenta verifica della decorrenza del termine, la sentenza impugnata si e’ sul punto limitata a prendere atto della decorrenza dall’ultimo accertamento senza alcuna ulteriore indicazione.
Con un secondo motivo lamenta la mancanza di motivazione con riferimento agli elementi costitutivi del reato di lottizzazione abusiva materiale giacche’ nella specie si sarebbero avute non trasformazioni contrastanti con le previsioni di piano bensi’, in relazione a manufatti legittimi e conformi allo strumento urbanistico, trasformazioni via via sanate. E nella specie l’originario campeggio, legittimo in quanto diversamente non avrebbe potuto avere autorizzazione all’esercizio, non poteva non avere opere di urbanizzazione legittime mentre i lavori eseguiti mai hanno mutato la destinazione dell’intero complesso. E del resto, ogni concessione edilizia nella specie rilasciata, ogni d.i.a. e ogni sanatoria non avrebbero potuto essere ottenute se pendenti questioni attinenti ad oneri di urbanizzazione. Deduce inoltre come nella specie la particella catastale e la proprieta’ siano sempre rimaste uniche e la destinazione d’uso non sia mai variata. Nella specie, poi, nessun frazionamento, vendita o atti equivalenti sarebbero mai intervenuti.
5. Infine, in data 04/02/2019, sono stati presentati ulteriori motivi nuovi.
Richiamando il contenuto della sentenza della Corte edu Grande camera del 28/06/2018 Giem contro Italia, con un primo motivo ribadisce che la sentenza di merito non ha verificato compiutamente in particolare la sussistenza dell’elemento soggettivo, necessario per potere procedere alla confisca, a fronte di tutti i provvedimenti autorizzatori rilasciati dalle autorita’ competenti e gia’ acquisiti al fascicolo processuale. Deduce che nell’area confiscata si e’ sempre svolta legittimamente un’attivita’ turistico-ricettiva sicche’ nessun mutamento della destinazione d’uso si e’ verificata. Inoltre gli ampliamenti dei manufatti destinati a tal fine sono stati oggetto di condono edilizio ai sensi della L. n. 724 del 1994. Di qui il convincimento che gli interventi di miglioramento delle strutture’turistiche presenti nell’area erano da ritenersi conformi agli strumenti urbanistici.
Con un secondo motivo viene richiamata la necessita’, evidenziata dalla sentenza della Corte edu, che la misura della confisca sia adeguata al principio di proporzionalita’ e dunque non sia invece frutto di un’applicazione automatica; nella specie, invece, il Tribunale, con decisione acriticamente condivisa dal giudice di appello, ha disposto la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente lottizzate senza spiegare le ragioni di tale decisione e senza tenere conto che, al piu’, la confisca doveva essere limitata unicamente alle opere ritenute esorbitanti rispetto a quelle regolarmente autorizzate e direttamente funzionali all’attivita’ lottizzatoria (ovvero quelle che, secondo la stessa sentenza, avrebbero privato l’area delle caratteristiche necessarie a qualificarla in termini di campeggio).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato solo con riguardo alle censure mosse alla sentenza impugnata sul punto della motivazione posta a base del confermato provvedimento di confisca.
Quanto anzitutto alla doglianza volta a reclamare la insussistenza degli elementi costitutivi del reato di lottizzazione abusiva e che ha trovato espressione in parte nel primo motivo di ricorso nonche’ nel secondo motivo nuovo del 20/06/2018 e nel primo motivo nuovo del 04/02/2019, la ricorrente, essenzialmente, contesta che nella specie non sarebbe mai avvenuto un mutamento della struttura “campeggistica” in struttura stabile anche perche’ le opere realizzate nel tempo, in quanto relative a “strutture leggere”, non avrebbero comunque necessitato di permesso di costruire o comunque sarebbero state oggetto di provvedimenti di sanatoria; le opere realizzate, inoltre, non contrastanti con le previsioni di piano, non avrebbero comportato alcun mutamento di destinazione d’uso del complesso.
Va premesso che la presenza di pronuncia che ha dichiarato estinto il reato per prescrizione potrebbe condurre apparentemente a ritenere che l’unico aspetto legittimamente deducibile dalla ricorrente ed apprezzabile da questa Corte, potrebbe essere dato dalla omessa considerazione di elementi che, con evidenza, avrebbero dovuto condurre al proscioglimento nel merito dell’imputata ex articolo 129 c.p.p..
Al contrario, tuttavia, la devoluzione a questa Corte del tema in ordine alla motivazione spesa circa la sussistenza o meno degli elementi comprovanti la configurabilita’ del reato e’ giustificata in primo luogo dalla considerazione che il proscioglimento nel merito all’esito del giudizio, in caso di contraddittorieta’ o insufficienza della prova, prevale, rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilita’, oltre che in caso di necessaria valutazione, in sede di appello, ai fini civilistici, del compendio probatorio, anche, proprio, laddove il giudice di appello debba valutare compiutamente gli elementi di prova al fine di pronunciarsi, per confermarla o revocarla, sulla confisca dei beni disposta con la sentenza di primo grado (si veda Sez. 3, n. 6261 del 12/01/2010, Campolongo, Rv. 246187).
Una seconda ragione, strettamente inerente la fattispecie in oggetto, e’ poi data dal fatto che, come piu’ volte precisato da questa Corte (tra le altre, Sez. 3, n. 17066 del 04/02/2013, Volpe e altri, Rv. 255112; Sez. 3, n. 15888 del 08/04/2015, Sannella e altro; Sez.3, n. 33051 del 10/05/2017, P.G. e altri in proc. Puglisi e altri), la confisca dei terreni ben puo’ essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato purche’ sia accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che assicuri il contraddittorio e la piu’ ampia partecipazione degli interessati, e che verifichi l’esistenza di profili quantomeno di colpa sotto l’aspetto dell’imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza.
Non e’ inutile ricordare, del resto, che l’articolo 578-bis c.p.p., introdotto con il Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21 ed in vigore dal 6 aprile 2018, dispone che “quando e’ stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dall’articolo 240-bis c.p., comma 1 e da altre disposizioni di legge, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilita’ dell’imputato”.
Ed anzi, proprio la verifica di tali componenti del reato si pone quale elemento indispensabile di assicurazione della legittimita’ della misura della confisca, e della sua compatibilita’ con il principio di legalita’ dell’articolo 7 della Convenzione operata laddove l’esito del processo sia quello della prescrizione del reato, come appare emergere dalla decisione della Corte edu Grande Camera, 28/06/2018, Giem e altri c. Italia, che, sottolineando la necessita’ di “guardare oltre le apparenze e il linguaggio adoperato” e di “guardare oltre il dispositivo del provvedimento….essendo la motivazione una parte integrante della sentenza”, si e’ discostata dalla impostazione, in precedenza seguita (Corte edu, 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia), della incompatibilita’ convenzionale della confisca urbanistica disposta a seguito di proscioglimento per prescrizione, finendo per convergere sulla linea, di legittimita’ della confisca stessa, espressa anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 49 del 2015.
2. Cio’ posto, va allora rammentato che costituisce principio gia’ affermato da questa Corte quello per cui la struttura di natura “campeggistica” presuppone allestimenti e servizi finalizzati ad un soggiorno occasionale e limitato nel tempo in quanto previsto dalla legge in funzione di turisti in prevalenza provvisti di propri mezzi mobili di pernottamento, con la conseguenza che laddove l’area destihata ad essa venga radicalmente mutata per la presenza di opere stabili, strutture abitative e servizi in grado di snaturarne le caratteristiche originarie, deve ritenersi integrato il reato di lottizzazione abusiva (tra le altre, Sez. 3, n. 29731 del 04/06/2013, Soldera e altro, Rv. 256824; Sez. fer., n. 31921 del 24/07/2012, Spaccialbelli, Rv. 253420).
E nella specie la sentenza impugnata ha primariamente valorizzato, al fine di ritenere integrato il reato, proprio la diversa natura e le diverse caratteristiche che la struttura in oggetto, a vocazione campeggistica precaria e temporanea (connotata unicamente da servizi e opere comuni) ha assunto, per effetto delle opere realizzate, nel corso del tempo, assumendo la natura di insediamento stabile che, per cio’ solo, avrebbe richiesto un piano particolareggiato di urbanizzazione a fronte delle conseguenti mutate esigenze di carico e degli effetti sulla specifica capacita’ recettiva e sulla ordinarie modalita’ di funzionamento di una campeggio.
Del tutto corretta e’, dunque, sotto il profilo logico, la lettura, non sostituibile con altra di questa Corte, che la sentenza impugnata ha dato del significato degli interventi, la cui fisionomia non e’ contestata (trattasi, tra l’altro, di opere edilizie realizzate nell’albergo, di due prefabbricati adibiti a servizi igienici, di un manufatto in muratura ad uso deposito, di manufatto in lamiere, di baracca in pali di castagno e lamiere, di area cortilizia,in calcestruzzo e di manufatto di 80 metri quadri) complessivamente valutati, che via via si sono succeduti sulla struttura esaminata e del loro risultato, evidentemente voluto, di alterazione della fisionomia originaria dell’insediamento.
Del tutto recessive, dunque, appaiono, a fronte di tale compendio motivazionale, le deduzioni del ricorso circa la legittimita’ urbanistica (originaria o sopravvenuta per effetto di dedotti provvedimenti di sanatoria) delle singole opere, in quanto, se anche corrispondenti alla realta’ fattuale, estranee alla linea giuridica di cui sono espressione i principi di questa Corte sopra ricordati e in ogni caso comunque compatibili con il reato, rispondente ad una ratio diversa rispetto al singolo reato di edificazione senza permesso di costruire, di lottizzazione abusiva.
3. Il secondo motivo di ricorso, relativo alla dedotta violazione del principio del ne bis in idem, e’ manifestamente infondato;
Affinche’, infatti, possa lamentarsi una indebita duplicita’ di irrogazione di sanzioni, e’ necessaria la medesimezza della sanzione stessa; al contrario, la stessa prospettazione del motivo fonda la indebita duplicita’ sul fatto che nei confronti della ricorrente sarebbero stati in precedenza disposti, in relazione agli abusi edilizi posti in essere. provvedimenti di demolizione, quale sanzione, tuttavia, all’evidenza diversa da quella della confisca applicata con la sentenza di primo grado confermata in sede di appello.
4. E’ poi inammissibile la doglianza di Cui al primo motivo nuóvo del 20/06/2018 in ordine alla invocata prescrizione del reato ancor prima della pronuncia della sentenza di primo grado.
Tale inammissibilita’ deriva, in primo luogo, dalla non avvenuta deduzione, con i motivi originari, del punto relativo al momento consumativo del reato, con conseguente violazione dell’articolo 585 c.p.p.; infatti, come piu’ volte chiarito da questa Corte, in virtu’ del combinato disposto dell’articolo 585 c.p.p., comma 4 e articolo 167 disp. att. c.p.p., la presentazione di motivi nuovi e’ consentita a condizione che essi investano capi o punti della decisione gia’ oggetto dell’atto originario di gravame, ai sensi dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera a), e consistano in un’ulteriore illustrazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono l’originaria richiesta rivolta al giudice dell’impugnazione, non anche quando essi consistano in deduzioni riguardanti parti del provvedimento gravato che non erano state oggetto della primitiva impugnazione, poiche’, in caso contrario, risulterebbero aggirati i termini prescritti dalla legge per la presentazione del ricorso, la cui inosservanza e’ sanzionata con l’inammissibilita’ del gravame (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, Rv. 210259; Sez. 1, n. 40932 del 26/05/2011, Rv. 251482; Sez. 2, n. 53630 del 17/11/2016, Rv. 268980 e, da ultimo, Sez.2, n. 17693 del 17/01/2018, Corbelli, Rv. 272821).
Un secondo motivo di inammissibilita’ consiste poi, in ogni caso, nella mancanza di interesse in capo al ricorrente. Infatti, a fronte della comunque intervenuta decisione di improcedibilita’ per estinzione del reato proprio in conseguenza di maturata prescrizione, l’unico interesse concretamente rinvenibile nella deduzione che vorrebbe collocare il momento estintivo in una data precedente a quella rilevata dalla Corte territoriale sarebbe ricollegabile alla preclusione che una prescrizione maturata in particolare anteriormente all’esercizio dell’azione penale determinerebbe quanto alla possibilita’ di accertamento delle componenti oggettive e soggettive del reato, e alla conseguente adottabilita’ della confisca, sulla scia, evidentemente, di quanto gia’ affermato da questa Corte (v. infatti, nel senso che quando l’eserazio dell’azione penale risulti precluso, essendo gia’ maturata la prescrizione del reato, e’ impedito al giudice di compiere l’accertamento del reato quale presupposto necessario per disporre la confisca anche in presenza di una causa estintiva del reato, Sez.3, n. 35313 del 19/05/2016, Imolese e altri, Rv. 267534).
E tuttavia, e’ indubitabile che, nella specie, l’accertamento della sussistenza delle componenti del reato si sia avuto gia’ sin dalla sentenza di primo grado e sia stato ulteriormente operato anche con la sentenza di secondo grado, diffusamente soffermatasi sul punto.
Residuando, dunque, nella valutazione del motivo di ricorso, il solo aspetto oggettivo legato alla decorrenza della prescrizione in un certo momento piuttosto che in un altro (va anche aggiunto che il motivo si limita ad eccepire la maturata prescrizione anteriormente alla sentenza di primo grado senza nulla dire, invece, sulla necessaria anteriorita’ rispetto all’esercizio dell’azione penale), senza conseguenze pratiche ulteriori discendenti da tale diversa individuazione, la ricorrente risulta carente di interesse.
5. E’ invece fondata la censura sollevata in ordine al profilo della confisca investito dal primo motivo originario di ricorso e dal secondo motivo nuovo del 04/02/2019.
A fronte della richiesta di revoca della confisca effettuata in sede di atto di appello, la sentenza impugnata, dopo avere, per le ragioni gia’ riepilogate sopra, correttamente escluso la insussistenza del reato di lottizzazione e pronunciato sentenza di improcedibilita’ per estinzione dello stesso per prescrizione, nulla ha espressamente statuito in ordine alla confisca, cosi’ essendone derivata, per effetto della conferma, nel resto, della sentenza di primo grado, la conferma anche della statuizione con cui il Tribunale di Torre Annunziata, sez. dist. di Sorrento, ebbe a disporre la “confisca dei terreni abusivamente lottizzati nonche’ delle opere abusivamente costruite e la loro devoluzione al Comune di (OMISSIS)”.
Se, in ragione di quanto gia’ osservato sopra quanto alla compatibilita’, da ultimo enunciata anche dalla Grande Camera della Corte edu con la decisione gia’ ricordata, tra declaratoria di estinzione del reato per prescrizione e confisca, nessun rilievo puo’ allora essere svolto in ordine al mantenimento della confisca sotto tale profilo, mantenimento coerentemente seguito all’accertamento del reato nelle sue componenti oggettiva e soggettiva, va invece osservato come la implicita corretta risoluzione di tale aspetto non potesse bastare ad esaurire l’aspetto della legittimita’ della confisca, gia’ in primo grado enunciata nei termini appena sopra riportati e senza alcuna motivazione al riguardo, tenuto conto in particolare della necessaria valutazione dell’aspetto, sollevato con i motivi di ricorso, afferente alla proporzionalita’ della misura.
Va allora ricordato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 2, prevede la confisca tanto “dei terreni abusivamente lottizzati” quanto “delle opere abusivamente costruite”, cosicche’ la misura appare contemplata indipendentemente dalla edificazione, essendo terreni lottizzati anche quelli oggetto di lottizzazione meramente negoziale e non consistendo necessariamente le opere in edifici propriamente detti ben potendo rientrare in tale concetto, ad esempio, gli interventi di urbanizzazione primaria (come fognature, rete idrica, elettrica, strade di collegamento etc.), e potendo l’intervento lottizzatorio, pur in presenza di edifici, non essere limitato all’area di sedime degli stessi, ma comprendere anche altre aree che, essendo in qualche modo asservite, direttamente o indirettamente, agli edifici stessi, rientrino nel complesso di attivita’ univocamente finalizzate al conferimento di un diverso assetto del territorio.
Cio’ non puo’ comportare tuttavia che, se pure, come appena ricordato, la confisca possa operare con riguardo a tutte le aree abusivamente lottizzate, indipendentemente dalla presenza o meno di edifici, una tale misura ablativa possa riguardare aree completamente estranee all’attivita’ lottizzatoria abusiva da intendersi nel senso appena ricordato.
Gia’ questa Corte, infatti, sulla base dei principi costituzionali e convenzionali, ha a suo tempo affermato che i “terreni lottizzati” ovvero “rientranti nel generale progetto lottizzatorio” vanno identificati in quelli che risultano oggetto di un’operazione di frazionamento preordinata ad agevolarne l’utilizzazione a scopo edilizio. Ove esista, pertanto, un preventivo frazionamento, va confiscata tutta l’area interessata da tale frazionamento, nonche’ dalla previsione delle relative infrastrutture ed opere di urbanizzazione, indipendentemente dall’attivita’ di edificazione posta concretamente in essere. Nell’ipotesi, invece, in cui non sia stato predisposto un frazionamento fondiario e tuttavia si sia conferito, di fatto, un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale, la confisca va limitata a quella porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati, dalla edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture (cosi’, in motivazione, Sez. 3, n. 37472 del 26/6/2008, Belloi e altri, Rv. 241101).
E tale assunto, evidentemente fondato sull’esigenza che la misura sia proporzionata alle finalita’ di tutela perseguite e non inutilmente vessatoria quanto ai diritti del destinatario, in consonanza con un orientamento ormai generalmente predicato quanto alle misure di tipo ablativo, anche cautelari (per tutte, da ultimo, Sez. U., n. 36072 del 19/04/2018, P.M. in proc. Botticelli e altri, Rv.273548), va ribadito alla luce delle affermazioni contenute sul punto nella decisione gia’ richiamata della Corte edu Grande Camera, 28/06/2018, Giem e altri c. Italia. La Corte, dopo avere ricordato che, al fine di valutare la proporzionalita’ della confisca, vanno considerate: la possibilita’ di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l’annullamento del progetto di lottizzazione; la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che puo’ comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi; il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione, ha espressamente affermato che l’applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva prevista – salvo che per i terzi in buona fede – dalla legge italiana sarebbe in contrasto con detto principio di proporzionalita’, in quanto non consente al giudice di valutare quali siano gli strumenti piu’ adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, piu’ in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione (v., segnatamente, § 302).
In altri termini, deve allora ritenersi, con interpretazione anche convenzionalmente orientata, che sulla valutazione della conformita’ della confisca conseguente al reato di lottizzazione abusiva al principio di protezione della proprieta’ di cui all’articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione edu debba necessariamente incidere anche l’aspetto, espressamente dedotto con i motivi di ricorso, della individuazione dei beni oggetto della misura: in tanto potra’ dunque parlarsi di confisca legittima ove limitata ai beni immobili direttamente interessati dall’attivita’ lottizzatoria e ad essa funzionali mentre dovra’ concludersi in senso opposto, e dunque di misura non rispettosa dei criteri di proporzionalita’, se applicata a terreni non direttamente interessati dall’attivita’ lottizzatoria (si veda da ultimo, in generale, Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019, Alessandrini e altri, non ancora massimata).
Cio’ posto, nella specie la ricorrente ha in particolare dedotto come la sentenza impugnata, pur a fronte della illiceita’ della condotta, circoscritta alle sole opere che avrebbero comportato la trasformazione della struttura e dell’area, attribuendo alle stesse una veste di insediamento stabile, si e’ limitata a confermare la generalizzata statuizione di una confisca relativa ai terreni abusivamente lottizzati e alle opere abusivamente realizzate senza operare alcuna distinzione che avrebbe invece dovuto discendere proprio dal principio di proporzionalita’ e suggerire una mirata selezione alle sole opere funzionali alla trasformazione avvenuta.
La censura e’ fondata: la conferma di una formula indefinita, corrispondente peraltro a quella impiegata dal legislatore, con mancanza di ogni motivazione volta a dar conto della valutazione dei principi di proporzionalita’, impone dunque, stante la necessita’ di un accertamento in fatto sul punto, estraneo ai compiti di questa Corte, l’annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli della sentenza impugnata. Sara’ onere del giudice del rinvio, con ogni ampiezza di potere delibativo, valutare i termini di conformita’ al principio di proporzionalita’ dell’area applicativa della misura in oggetto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca con della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso.

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