L’art. 147 della legge notarile non vieta la concorrenza tra i notai

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 30 luglio 2020, n. 16433.

La massima estrapolata:

L’art. 147 della legge notarile non vieta la concorrenza tra i notai, ma ne vieta le forme illecite, compreso il ricorso a procacciatori di affari, da intendersi in senso meramente economico e non strettamente tecnico, essendo sufficiente ad integrare la condotta sanzionata il solo fatto che un terzo indirizzi un certo numero di clienti verso il notaio e che quest’ultimo ne tragga beneficio nello svolgimento dell’attività, senza che rilevi la gratuità dell’attività di procacciamento, vietata dall’art. 31 del codice deontologico anche se svolta a titolo non oneroso.

Sentenza 30 luglio 2020, n. 16433

Data udienza 29 novembre 2019

Tag/parola chiave: ARTI E PROFESSIONI INTELLETTUALI – NOTAIO – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13301/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), con domicilio in (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO NOTARILE DEL DISTRETTO DI GROSSETO, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS).
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Firenze n. 408/2018, depositata in data 22.2.2018.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno 29.11.2019 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso.
Udito l’avv. (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con decisione del 27.7.2018, il Consiglio notarile distrettuale di Grosseto ha irrogato a (OMISSIS) la sospensione dall’esercizio delle funzioni per la durata di giorni quaranta, contestandogli la violazione degli articoli 1, 21, 22, 31 e 36 del Codice deontologico e della L. n. 89 del 2013, articolo 147, lettera b).
Il reclamo proposto dal ricorrente e’ stato respinto dalla Corte distrettuale, che ha ritenuto fondate tutte le contestazioni, osservando che il notaio:
aveva riscontrato con grave ritardo una richiesta di invio di documentazione, avanzata nel giugno 2016 dal Consiglio nazionale di disciplina (rimasta inevasa alla data del 22.11.2016), ed aveva tenuto un atteggiamento ostruzionistico teso a non riconoscere la legittimita’ della richiesta;
si era avvalso, per la stipula di vari atti in Grosseto (all’infuori del proprio distretto di competenza), dell’opera di procacciamento di affari da parte del collega in pensione (OMISSIS), che aveva segnalato il nominativo del ricorrente, mettendogli a disposizione una propria struttura – ancora operativa – per ricevere i clienti e per compiere tutte le attivita’ successive;
Il Giudice di merito ha ritenuto irrilevante che i clienti avessero dichiarato per iscritto di aver scelto il notaio in piena liberta’ e senza l’intervento di procacciatori, asserendo che dette dichiarazioni erano riferibili solo a taluni degli atti stipulati fuori sede e destavano molti dubbi sulla loro attendibilita’.
Ha infine evidenziato che era del tutto carente “una deduzione a fronte della contestata rilevante acquisizione di clientela nel distretto di Grosseto, avvenuta in assenza di una propria struttura e a notevole distanza dalla sede di appartenenza ((OMISSIS)), distanza che escludeva anche la concreta possibilita’ di assolvere agli obblighi di svolgere sotto la propria direzione tutte le attivita’ preparatorie e di assistenza al cliente nelle scelte da operare”.
Per la cassazione di questa ordinanza (OMISSIS) ha proposto ricorso in quattro motivi.
Il Consiglio notarile distrettuale di Grosseto ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve respingersi l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso. L’impugnazione elenca – alle pag. 3 e 4 – le singole censure e le norme violate, sviluppando – alle pagg. 5 e ss. – il contenuto delle doglianze in forme che, sebbene non del tutto lineari, non pregiudicano l’intellegibilita’ delle questioni sottoposte al giudizio di legittimita’.
2. Il primo motivo deduce – letteralmente – la violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 21 e 22 del codice deontologico notarile, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “con riferimento alla supposta ed insussistente mancata collaborazione dell’incolpato durante l’istruttoria disposta dal Consiglio notarile distrettuale di Grosseto, asserendo che il ricorrente era incorso in un ritardo di appena una settimana nel corrispondere alla richiesta di informazioni, pervenutagli con molto ritardo da parte del Consiglio, sicche’, nel valutare le condotte, erano stati adottati, con atteggiamento inquisitorio, due pesi e due misure.
Il motivo e’ inammissibile.
La Corte d’appello ha dato atto che – instaurato il procedimento disciplinare a carico del ricorrente – questi era stato raggiunto da una richiesta di informazioni da parte dell’organo di disciplina, ricevuta nel giugno 2016 e rimasta ancora inevasa alla data del 22.11.2016.
Il fatto che il ritardo fosse contenuto nel breve lasso di una settimana e’ deduzione di merito, volta a confutare inammissibilmente il contrario accertamento in fatto svolto dalla Corte distrettuale, sulla base di circostanze meramente enunciate e prive di qualsivoglia aggancio o riferimento alle risultanze processuali.
L’accertamento che, a distanza di mesi, la richiesta di informazioni non era stata riscontrata, rendeva legittima la sanzione, gravando sul notaio il dovere di collaborare con lealta’ con il Consiglio notarile al fine di consentire nel modo piu’ efficace l’esercizio, da parte degli organi preposti, del potere di vigilanza e di controllo sull’attivita’ degli appartenenti alla categoria professionale.
L’articolo 22, dei “Principi di deontologia professionale dei notai” stabilisce, in particolare, che il notaio e’ tenuto a comunicare al Consiglio i dati e le informazioni che in genere gli sono richieste, riguardanti la propria attivita’ professionale, e ad esibire o trasmettere copie, estratti del repertorio ed atti, registri, libri e documenti.
La violazione di tale obbligo e’ condotta contraria alla espressa enunciazione di una regola di comportamento professionale, lesiva del prestigio e del decoro della classe notarile, e, come tale, sanzionabile ai sensi dell’articolo 147 della Legge Notarile (Cass. 32147/2018; Cass. 24962/2016; Cass. 11451/2015; /2016, n. 24962;
3. Il secondo motivo denuncia – letteralmente – la violazione
degli articoli 31 e 36 del codice deontologico notarile, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento “alla supposta ed insussistente utilizzazione da parte dell’incolpato, di un procacciamento di affari, al fine di incrementare le stipule di atti nel territorio di Grosseto”.
Si assume che il notaio (OMISSIS) si era limitato a segnalare ai clienti il nominativo del ricorrente in un numero limitato di casi e senza percepire alcun compenso per l’opera svolta, essendo esclusa, anche per tale motivo, la configurazione di un vero e proprio procacciamento di affari.
Del tutto erroneamente “erano stati tacciati di illegalita’ tutti gli atti rogati”, benche’ il Consiglio fosse edotto del fatto che il ricorrente aveva rapporti radicati a Grosseto fin dall’infanzia e che, per gran parte degli atti, non vi era stata alcuna mediazione.
La decisione avrebbe – infine – erroneamente negato rilievo alle dichiarazioni con cui i clienti avevano attestato – in un numero rilevante di casi – di aver scelto il (OMISSIS) di propria iniziativa e in assoluta liberta’.
La censura non merita accoglimento.
Il ricorso solleva nuovamente questioni di merito – incensurabili in cassazione – circa l’effettivo svolgimento da parte del notaio (OMISSIS) di un’attivita’ di procacciamento, in contrasto con l’apprezzamento delle risultanze processuali svolto dal giudice distrettuale, che – con argomentazioni del tutto congrue – ha ritenuto provato che il (OMISSIS) avesse reiteratamente segnalato ai clienti il nominativo del ricorrente, mettendo a disposizione del (OMISSIS) una struttura (ancora operativa nonostante il collocamento a riposo del procacciatore), per compiere l’attivita’ professionale fuori della sede di competenza.
L’articolo 147 della Legge Notarile sanziona la concorrenza effettuata con riduzioni di onorari, diritti o compensi, o servendosi dell’opera di procacciatori di clienti, di richiami o pubblicita’ non consentiti dalle norme deontologiche, o di qualunque altro mezzo non confacente al decoro e al prestigio della classe notarile.
La norma non pone – dunque – una limitazione della concorrenza tra i notai – la cui liceita’ anzi implicitamente riconosce – ma ne vieta le forme illecite, attuate mediante condotte tipizzate (riduzione di onorari e diritti accessori, procacciatori di clienti, pubblicita’) o derivanti da comportamenti atipici (Cass. 4721/2012; Cass. 10683/2003; Cass. 17202/2002).
La nozione di procacciamento di affari – tuttora in vigore – va intesa in senso meramente economico e non strettamente tecnico (Cass. 3/2010), essendo sufficiente che il terzo abbia indirizzato un certo numero di clienti e che il notaio ne abbia beneficiato nello svolgimento delle attivita’, risultando in tal modo alterato il momento della libera scelta del professionista da parte dei clienti (Cass. 6679/1996).
Quanto al fatto che il (OMISSIS) non fosse stato remunerato, la decisione e’ conforme al disposto dell’articolo 31, lettera a) e b) del codice deontologico, che proibisce anche il procacciamento svolto a titolo gratuito, essendo comunque violato il divieto di concorrenza con condotte poste in essere in forme compatibili, per valutazione dell’ordine di appartenenza, con il decoro e la dignita’ della categoria professionale (Cass. 2274/1963).
4. Il terzo motivo denuncia – letteralmente – la violazione della L. n. 89 del 1913, articolo 147, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “in relazione all’incongrua ed ingiustificata comminazione della sanzione di sospensione delle funzioni notarili per la durata di gg. 40 e contestuale richiesta di rinvio alla Corte costituzionale con ordinanza di non manifesta infondatezza, per violazione delle norme di cui agli articoli 3 e 24 Cost. “, sostenendo che le Sezioni unite di questa Corte avevano rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 147 della Legge Notarile, per contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost., poiche’ la norma, pur non comminando la cancellazione dall’albo, porrebbe “un pericolosissimo passo con durata decennale della minaccia, a carico dell’incolpato”. Il motivo e’ inammissibile, poiche’ prospetta questioni che non hanno alcuna specifica attinenza con quanto statuito dalla pronuncia impugnata.
E’ – in particolare – inconferente il richiamo alla pronuncia di questa Corte n. 25457/2017, che, senza affatto proporre alla Corte costituzionale la questione di legittimita’ della L. n. 89 del 1913, articolo 147, ha composto un contrasto in senso alle sezioni semplici circa la sfera applicativa della sanzione dell’avvertimento rispetto alle altre sanzioni previste del citato articolo 147.
Per completezza va evidenziato che la Corte costituzionale – con la recente sentenza n. 133/2019 – e’ stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimita’ dell’articolo 147, comma 2 (ove prevede che “la destituzione e’ sempre applicata se il notaio, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione per la violazione del presente articolo, vi contravviene nuovamente nei dieci anni successivi dall’ultima violazione), e quindi su una questione peraltro ritenuta infondata – estranea al tema di giudizio.
In definitiva, la deduzione del ricorrente si incentra sull’ipotizzata incongruita’ della sanzione (sospensione per gg. 40), senza riferimento ai fatti specificamente contestati e senza tener conto che l’individuazione della sanzione piu’ adeguata alle violazioni contestate rientra nei compiti del giudice di merito ed e’ sindacabile solo per vizi di motivazione, nei limiti in cui ne e’ attualmente ammesso lo scrutinio (cfr., in motivazione, Cass. 21203/2011).
5. Il quarto motivo denuncia – letteralmente – l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione dell’ordinanza circa un punto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e con riferimento particolare all’ingiustificata svalutazione della documentazione consistente nelle dichiarazioni di libera scelta del notaio da parte dei contraenti partecipanti alle stipule.
Il motivo e’ inammissibile.
La pronuncia e’ stata resa in data 27.7.2017 e pertanto lo scrutinio di legittimita’ e’ – in proposito – circoscritto ad ipotesi tassative, essendo denunciabile in cassazione solo anomalia derivante dalla mancanza dei motivi dal punto di vista grafico, dalla mera apparenza della motivazione, dalla presenza di affermazioni inconciliabili o dalla contraddittorieta’ che non consenta di individuare l’iter logico della pronuncia, restando irrilevanti le censure di mera insufficienza o contraddittorieta’ della decisione (Cass. 23940/2017; Cass. 21257/2014; Cass. 13928/2015; Cass. s.u. 8053/2014).
Nello specifico la pronuncia ha invece dato conto – con argomentazioni logiche ed esenti da contraddizioni – delle ragioni per cui non ha considerato decisive le dichiarazioni dei clienti, avendone rilevato l’inattendibilita’ ed avendo osservato che esse riguardavano un numero di atti inferiore a quelli effettivamente rogati.
In definitiva il ricorso e’ respinto, con aggravio di spese come da liquidazione in dispositivo.
Si da’ atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente e’ tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.
Da’ atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente e’ tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

 

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