Appalti e la clausola di revisione periodica del prezzo pattuito

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 dicembre 2021| n. 41518.

Appalti e la clausola di revisione periodica del prezzo pattuito.

La necessaria previsione nei contratti relativi ad appalti di servizi o di forniture, ai sensi del comma 4 dell’art. 6 della l. n. 537 del 1993 vigente “ratione temporis”, di una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito, è norma imperativa non suscettibile di deroga pattizia. Tuttavia essa non comporta il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma prevede che l’Amministrazione, a ciò sollecitata dalle richieste dell’appaltatrice, proceda agli adempimenti istruttori condotti dai competenti organi tecnici, al fine di valutare la fondatezza della richiesta, poiché la revisione del prezzo dei canoni relativi all’appalto è imprescindibilmente collegata all’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici.

Ordinanza|27 dicembre 2021| n. 41518. Appalti e la clausola di revisione periodica del prezzo pattuito

Data udienza 20 ottobre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – SERVIZI PUBBLICI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – Consigliere

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 14923/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di Novoli (LE), in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– resistente –
avverso la sentenza n. 915/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 17/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/10/2021 dal Cons. Dott. CLOTILDE PARISE.

Appalti e la clausola di revisione periodica del prezzo pattuito

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 37/2012 il Tribunale di Lecce, sezione di Campi Salentina, rigettava la domanda proposta da (OMISSIS) s.p.a. nei confronti del Comune di Novoli avente ad oggetto il pagamento di canoni arretrati per la gestione in appalto del servizio rifiuti urbani negli anni dal 2003 al 2006 in ragione dell’importo complessivo di Euro 1.444.117,40.
2. Con sentenza n. 915/2015 pubblicata il 17-11-2015, la Corte d’Appello di Lecce ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) s.p.a. avverso la citata sentenza. La Corte d’appello, per quanto ancora di interesse, ha affermato che: a) la richiesta retroattiva di adeguamento canoni non era mai stata proposta negli anni di pertinenza, in corso di svolgimento del rapporto di appalto, e non era stata espletata l’istruttoria amministrativa obbligatoria; b) pur non essendo previsto alcun termine decadenziale o prescrizionale, in base a quanto previsto dagli articoli 5 e 6 delle norme generali del capitolato speciale d’appalto del 9-9-2002 l’appaltatore avrebbe dovuto esercitare, nel corso del rapporto, la facolta’ di richiedere l’adeguamento prezzi con motivazione espressa e documentazione giustificativa della condizione che fosse divenuto piu’ oneroso il servizio in ciascuno degli anni considerati, ed invece non erano state dedotte specifiche modificazioni delle situazioni di fatto, ne’ era stata espletata alcuna istruttoria dell’U.T.C. in contraddittorio con l’appaltatore; c) il credito azionato non era in ogni caso certo, liquido ed esigibile e i maggiori costi avrebbero dovuto essere verificati in istruttoria ed accettati dal Comune, che avrebbe cosi’ potuto anche decidere di risolvere il contratto per eccessiva onerosita’ sopravvenuta, in ipotesi di rilevante aumento del costo del servizio appaltato; d) il procedimento amministrativo istruttorio era obbligatorio nella fattispecie secondo le norme contrattuali e legali, anche perche’ allo stesso avrebbe dovuto seguire una Delibera comunale contenente valido provvedimento di maggiori spese, con relativo impegno e copertura finanziaria, secondo le norme generali della contabilita’ pubblica.
3. Avverso questa sentenza (OMISSIS) s.p.a. propone ricorso affidato a tre motivi. Il Comune di Novoli si e’ costituito tardivamente, chiedendo di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
4. Il ricorso e’ stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., u.c. e articolo 380 bis.1 c.p.c..

 

Appalti e la clausola di revisione periodica del prezzo pattuito

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia il vizio di “Violazione e falsa applicazione della L. n. 537 del 1993, articolo 6, cosi’ come modificato dalla L. n. 724 del 1994, articolo 44 e articolo 1362 c.c., commi 1 e 2, articoli 1363, 1339 c.c. e articolo 1419 c.c., comma 2, in relazione agli articoli 5 e 6 del capitolato speciale d’appalto allegato al contratto 9-9-2002 e all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. La ricorrente, nel riportare in ricorso il testo dell’articolo 5 (adeguamento dei canoni) e articolo 6 (adeguamento dei costi dei servizi) del capitolato speciale d’appalto, deduce che la Corte territoriale ha erroneamente considerato complementare la disciplina dettata dai suddetti articoli, che, invece, riguardavano ipotesi diverse. In particolare, ad avviso della ricorrente, l’articolo 5 si riferisce al canone contrattuale, da adeguarsi “orientativamente secondo la L. n. 537 del 1993, articolo 6, commi 4, 5 e 6, cosi’ come modificata dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, articolo 44, in conformita’ ai prezzi di mercato rilevati dagli organismi competenti”, e quindi l’adeguamento del canone era rapportato al solo fatto dell’esistenza di un contratto ad esecuzione periodica o continuativa, come nella specie. Invece l’articolo 6 del capitolato d’appalto riguarda l’ipotesi di prestazione divenuta piu’ onerosa a causa di modifiche oggettive della situazione di fatto esistente al momento della stipula del contratto, non ricorrente nel caso in esame. Deduce, pertanto, che erroneamente la Corte d’appello ha applicato i criteri di cui all’articolo 6 del capitolato, mentre l’adeguamento del canone, in base alla richiamata norma imperativa di cui alla L. n. 537 del 1993, articolo 6, era espressione del diritto alla revisione dei prezzi, in base agli indici Istat, attribuito alle imprese, soggetto finanche al meccanismo di eterointegrazione ex articoli 1339 e 1419 c.c., in assenza di specifica previsione contrattuale. Il citato articolo 6 era espressamente richiamato nel capitolato speciale e la Corte d’appello non aveva erroneamente tenuto conto della natura cogente della disposizione normativa e quindi dell’obbligo legale di adeguamento canoni e della previsione legale dei criteri per la sua determinazione.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la “Violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 537 del 1993, articolo 6, comma 4, cosi’ come modificato dalla L. n. 724 del 1994, articolo 44 e articoli 1218, 1219 e 1183 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Pur assumendo il carattere assorbente del primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata anche nella parte in cui si afferma che il credito non e’ certo, liquido ed esigibile, a causa del difetto di istruttoria dell’U.T.C., nonche’ in difetto di accettazione dei maggiori costi da parte del Comune e di adozione della delibera comunale di approvazione delle maggiori spese con relativo impegno e copertura finanziaria. Deduce di aver proposto domanda di adempimento contrattuale, da esaminarsi e risolversi in base ai principi generali civilistici, in base ai quali e’ sufficiente l’allegazione da parte del creditore solo della fonte del suo diritto e della scadenza del termine per l’adempimento. L’omissione imputabile al debitore di un’attivita’ a carico di quest’ultimo non puo’ ritorcersi a danno del creditore, trattandosi di una maggiorazione del canone annuale dovuta per legge e per contratto, ed era stato, percio’, il Comune inadempiente all’obbligo di quantificare e corrispondere l’adeguamento del canone, mentre nessuna rilevanza poteva attribuirsi all’inerzia del creditore, poiche’, secondo l’orientamento di questa Corte che richiama, la tolleranza non puo’ giustificare l’inadempimento. La data di presentazione della domanda, ad avviso della ricorrente, puo’ assumere rilevanza eventualmente ai fini della decorrenza degli interessi e della prescrizione, ma non puo’ comportare una decadenza non prevista da alcuna disposizione di legge, ed inoltre l’obbligazione era certa nell’an ed e’ compito del Giudice determinare il contenuto della prestazione, in difetto di accordo delle parti.

 

Appalti e la clausola di revisione periodica del prezzo pattuito

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la “Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’articolo 2697 c.c., articoli 115, 116 e 167 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per essere la motivazione della sentenza impugnata illogica e apodittica anche per l’aspetto relativo al quantum. Deduce che la Corte di merito, travisando le censure svolte con l’appello, non ha deciso in base ai fatti allegati violando la regola di ripartizione dell’onere della prova, in particolare omettendo di valutare che la ricorrente aveva proceduto al calcolo dell’adeguamento per gli anni dal 2003 al 2006 in base ai costi sostenuti in quegli anni per le stesse voci di spesa relative al 2007(spese conferimento, spese personale, e via dicendo), indicandole analiticamente e per ogni singolo anno nel conteggio allegato alla citazione di primo grado, e il conteggio non era stato contestato dal Comune. Rileva che il criterio di calcolo per l’adeguamento, da effettuarsi sulla base dei prezzi di mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle P.A. in base alla L. n. 537 del 1993, articolo 6 e successive modificazioni, non puo’ essere oggetto di prova ma di una valutazione rimessa al giudice, mediante ricorso al notorio, agli elementi forniti dalle parti e/o da un consulente d’ufficio. Invece, ad avviso della ricorrente, la Corte d’appello ha sovvertito la regola della ripartizione dell’onere probatorio.
4. In via pregiudiziale, deve dichiararsi inammissibile il controricorso del Comune di Novoli, che e’ stato notificato non nel domicilio eletto dalla ricorrente, ma presso il procuratore non domiciliatario, senza che la nullita’ che ne consegue possa ritenersi sanata in caso di assenza di repliche, da parte della ricorrente, riferite al contenuto dell’atto che ne dimostrino l’avvenuta piena conoscenza da parte sua (cfr. Cass. n. 5500/2020).
Peraltro il ricorso e’ stato notificato il 4-11-2016, ossia oltre il termine di cui all’articolo 370 c.p.c. e, secondo l’orientamento di questa Corte a cui il Collegio intende dare continuita’, nell’ambito del procedimento camerale di cui all’articolo 380 bis.1 c.p.c., introdotto dal Decreto Legge n. 168 del 2016, articolo 1 bis, conv. con modif. dalla L. n. 196 del 2016 e con riferimento ai giudizi introdotti con ricorso depositato successivamente alla data di entrata in vigore della predetta legge di conversione, nonche’ a quelli gia’ depositati alla medesima data per i quali, come nella specie, non era stata fissata udienza o adunanza in Camera di consiglio, l’inammissibilita’ del controricorso tardivo non rende piu’ consentita alcuna attivita’ difensiva. Infatti, divenuta la regola la trattazione camerale e quella in udienza pubblica l’eccezione, deve trovare comunque applicazione la preclusione dell’articolo 370 c.p.c., di cui la parte inosservante delle regole del rito non puo’ che subire le conseguenze pregiudizievoli, salvo il parziale recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione, con la conseguenza che, venuta a mancare tale udienza, alcuna attivita’ difensiva e’ piu’ consentita (cfr. Cass. n. 23921/2020).
5. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro evidente connessione, sono infondati.

 

Appalti e la clausola di revisione periodica del prezzo pattuito

5.1. Premesso che, nella specie, l’appaltatrice fa valere una pretesa di adempimento contrattuale in base ad una clausola che individua compiutamente un obbligo della parte pubblica del contratto e, come tale, detta pretesa ricade nell’ambito della giurisdizione ordinaria (tra le tante Cass. Sez. U. n. 21990/2020), secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio condivide e intende qui ribadire, “principi di buona fede nell’esecuzione del contratto e di sana contabilita’ pubblica esigono che, in relazione ai contratti pubblici di appalto di servizi ad esecuzione periodica o continuata, l’appaltatore debba comunicare tempestivamente al committente e, se del caso, in occasione dell’adeguamento annuale del canone d’appalto, un sopravvenuto aumento di costi che possa dar diritto alla revisione del canone d’appalto, in modo da evitare che il committente, nel ragionevole convincimento che anche negli anni successivi il prezzo dell’appalto restera’ al riparo da quel fattore di aumento, possa essere indotto a non esercitare il diritto di recesso unilaterale dal contratto. Pertanto, deve ritenersi precluso all’appaltatore richiedere l’adeguamento dei compensi per un anteriore aumento dei costi dopo la cessazione del rapporto” (Cass. n. 1122/1987).
5.2. Alla stregua di detto principio, che si attaglia alla fattispecie in esame anche considerando la normativa successiva applicabile ratione temporis, non ricorre la violazione dei criteri ermeutici di cui agli articoli 1362 e 1363 c.c., in relazione a quanto previsto dagli articoli 5 e 6 delle norme generali del capitolato speciale d’appalto del 9-9-2002, ne’ ricorre la violazione della L. n. 537 del 1993, articolo 6, entrambe denunciate con il primo motivo, per le considerazioni che si vanno ad illustrare.
La Corte di merito, nel ritenere che la richiesta di adeguamento dei canoni avrebbe dovuto proporsi negli anni di riferimento e in corso di rapporto, ha interpretato quanto prescritto dai citati articoli del capitolato valorizzando la ratio della regolamentazione pattizia e ravvisando la necessita’ di coordinare, sotto il profilo sistematico, i due articoli del capitolato speciale, tenuto conto dell’oggetto della domanda proposta dall’appaltatrice, che concerne la pretesa di adeguamento del corrispettivo in ragione dei maggiori costi che la ricorrente assume di avere sostenuto negli anni dal 2003 al 2006 per il servizio RSU (cfr. pag. n. 2 ricorso, ove in dettaglio sono elencate dette spese).
Parte ricorrente, a sostegno dei propri assunti, richiama principalmente la disciplina dettata dalla L. n. 537 del 1993, articolo 6, comma 4, modificato dalla L. n. 724 del 1994, articolo 44, ed invece va osservato che proprio dalla suddetta disciplina e’ dato rinvenire argomenti di decisiva rilevanza in senso contrario a quanto prospettato in ricorso, anche in base ai principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza amministrativa sul tema. Il citato articolo 6, comma 4, prevede che tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito e tale disposizione, successivamente recepita nell’articolo 115 del codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 163 del 2006) per quanto riguarda gli appalti di servizi o forniture, la citata disposizione costituisce, come rimarcato anche dalla ricorrente, norma imperativa non suscettibile di essere derogata in via pattizia, e pacificamente non derogata pattiziamente nella specie, ed e’ integratrice della volonta’ negoziale difforme secondo il meccanismo dell’inserzione automatica. Al contempo e’ stato rimarcato costantemente dal Consiglio di Stato che la finalita’ dell’istituto e’, da un lato, quella di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosita’ sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacita’ del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Cons. Stato, n. 2295/2015 e n. 3994/2008), e, dall’altro, di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base e’ avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Cons. Stato, n. 2052/2014; n. 1074/2015; n. 4079/2009). Dunque la ratio dell’articolo 6, consiste nel coniugare l’esigenza di interesse generale di contenere la spesa pubblica nei termini precisati, con quella, parimenti generale, di garantire nel tempo la corretta e puntuale erogazione delle prestazioni dedotte nel programma obbligatorio, sicche’ solo in via mediata l’istituto della revisione periodica tutela l’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni (Cons. Stato n. 935/2010). In tale ottica, e’ stato precisato dalla giurisprudenza amministrativa che la revisione periodica del prezzo deve essere operata sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione e che l’obbligatoria inserzione della corrispondente clausola non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione, a cio’ sollecitata dalla richiesta dell’appaltatrice, proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti (Cons. Stato, n. 6275/2014; n. 465/2013 e n. 25/2017). In particolare, la revisione periodica del prezzo deve essere quantificata dal dirigente responsabile del servizio sulla base di una istruttoria che tenga conto anche dei dati indicati del citato articolo 6, comma 6, che prevede la rilevazione, da parte dell’ISTAT, dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle p.a.. Peraltro, poiche’ la disciplina legale dettata dall’articolo 6, commi 4 e 6, cit. non e’ mai stata attuata nella parte in cui prevede l’elaborazione, da parte dell’ISTAT, di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la lacuna, per costante giurisprudenza amministrativa, e’ stata colmata mediante il ricorso al cosiddetto “indice F.O.I.”, individuato quale limite massimo entro cui puo’ svolgersi la determinazione discrezionale del compenso revisionale da parte della stazione appaltante (Cons. Stato n. 935/2010 citata e n. 2786/2008).

 

Appalti e la clausola di revisione periodica del prezzo pattuito

Cosi’ sinteticamente ricostruiti, in base all’indirizzo della giurisprudenza amministrativa qui condiviso, gli aspetti salienti e la ratio della disciplina legale di riferimento, alla stregua di essi risulta priva di fondamento la censura espressa dalla ricorrente con il primo motivo, non sussistendo ne’ la violazione di criteri ermeneutici, ne’ la violazione della L. n. 537 del 1993, articolo 6: l’articolo 5 del capitolato speciale d’appalto richiama espressamente dell’articolo 6 citato, commi 4, 5 e 6, nella formulazione vigente ratione temporis, e deve interpretarsi proprio in base al dettato della norma di legge, che prevede, come si e’ visto, l’imprescindibile collegamento tra la revisione del prezzo dei canoni relativi all’appalto e l’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici, cio’ necessariamente presupponendo che la revisione avvenga in corso di rapporto.
Diversamente opinando, come affermato anche nella sentenza impugnata, pur se con una motivazione in parte qua da emendarsi ex articolo 384 c.p.c., u.c., nel senso che si e’ appena precisato, rimarrebbe frustrata l’esigenza della stazione appaltante di valutare, nell’ambito della procedura amministrativa stessa, l’adeguatezza dell’aumento richiesto e la sua corrispondenza ai dati di rilevanza (indice FOI, per quanto si e’ detto) e, di conseguenza, rimarrebbe frustrata l’esigenza dell’amministrazione di valutare anche la convenienza a proseguire il rapporto in essere. Pertanto, l’atteggiarsi nel tempo dello svolgimento del rapporto di appalto di servizio pubblico, per la peculiare e derogatoria disciplina legale che lo caratterizza in funzione della rispondenza agli interessi generali dell’Amministrazione sopra specificati, deve seguire i criteri stabiliti e gli essenziali momenti procedimentali per il corretto adeguamento del corrispettivo, restando cosi’ regolato, diversamente rispetto ai principi generali civilistici, l’equilibrio contrattuale in dipendenza di quelle finalita’, “che consistono nell’assicurare il mantenimento della qualita’ delle prestazioni a favore dell’amministrazione e della corrispettiva convenienza per il privato che le effettua” (cosi’ da ultimo Cons. Stato n. 5504/2019).
5.2. Dalle considerazioni che precedono discende l’infondatezza anche delle censure espresse dalla ricorrente con i motivi secondo e terzo. La ricorrente assume, essenzialmente, di aver proposto domanda di adempimento contrattuale, da esaminarsi e risolversi in base ai principi generali civilistici, in base ai quali e’ sufficiente l’allegazione da parte del creditore solo della fonte del suo diritto, sorto in forza di norma inderogabile, sicche’ il credito azionato sarebbe certo nell’an (secondo motivo), nonche’ sostiene che la motivazione della sentenza impugnata sia illogica e apodittica anche per l’aspetto relativo al quantum, perche’ la ricorrente aveva proceduto al calcolo dell’adeguamento per gli anni dal 2003 al 2006 in base ai costi sostenuti in quegli anni per le stesse voci di spesa indicate nel 2007 (spese conferimento, spese personale, e via dicendo) e il conteggio non era stato contestato dal Comune (terzo motivo).

 

Appalti e la clausola di revisione periodica del prezzo pattuito

Va ribadito, in conformita’ ai principi gia’ richiamati, che: i) la regolamentazione legale del rapporto d’appalto di servizi pubblici, richiamata dal capitolato speciale d’appalto del 9-9-2002, e’ ispirata alle finalita’ di cui si e’ detto, che la connotano di indubbia specialita’ rispetto ai rapporti contrattuali tra privati, e l’obbligatoria inserzione della clausola di revisione prezzi non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale nei termini infra precisati, sicche’ non e’ conducente il riferimento della ricorrente alla necessita’, da parte sua, di allegare solo la fonte dell’obbligo, ne’ di conseguenza ha fondamento l’assunto secondo cui il suo credito debba ritenersi accertato nell’an, indipendentemente dall’osservanza delle modalita’ procedimentali prescritte dalla L. n. 537 del 1993, articolo 6, vigente ratione temporis; ii) la motivazione della sentenza impugnata sul quantum esplicita una ratio decidendi ulteriore rispetto a quella principale, che e’ da sola sufficiente a sorreggere il decisum ed e’ fondata, come si e’ detto, sulla necessita’ che la richiesta dell’appaltatrice sia formulata in corso di rapporto e vagliata con apposita istruttoria; iii) in ogni caso la motivazione sul quantum non e’ illogica ed apodittica (cfr. Cass. Sez. U. n. 8053/2014), ma e’ diretta a rimarcare che, secondo la valutazione meritale della Corte d’appello, era carente l’allegazione della parte appellante, odierna ricorrente, circa il “rilevante” aumento del costo del servizio appaltato, sia perche’ era ancorata, asseritamente in via presuntiva ma in realta’ senza indici di riscontro specifici e oggettivi, solo all’adeguamento del corrispettivo ottenuto dall’impresa per l’anno 2007, che era stato tempestivamente richiesto e concordato con la stazione appaltante, sia perche’, come e’ dato desumere da quanto esposto dai giudici di merito e anche dalla parte ricorrente (cfr. pag. 4 ricorso), era priva di preciso riferimento all’andamento dei prezzi di mercato secondo Indici Istat (rectius FOI) negli anni dal 2003 al 2006, ma riferita solo genericamente a “mutate condizioni di mercato”.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato, nulla dovendosi disporre circa le spese di lite del presente giudizio, stante la rilevata inammissibilita’ del controricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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