Ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|20 gennaio 2022| n. 2237.

Ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni non è necessaria la prova della concreta esistenza di danni risarcibili, essendo sufficiente l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell’esistenza di un nesso di causalità tra questo e il pregiudizio lamentato, desumibile anche presuntivamente.

Sentenza|20 gennaio 2022| n. 2237. Ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni

Data udienza 14 settembre 2021

Integrale

Tag – parola: Tutela degli animali – Uccisione di un orso – Condanna – Conferma – Risarcimento alle associazioni parti civili dalla Lav alla Onlus Salviamo l’Orso – Animale selvatico – Animale ucciso nel procacciarsi il cibo – Uccisione di animali da cortile – Abbattimento dell’orso solo in caso di rischio imminente

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matte – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/07/2019 della Corte di Appello dell’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Di Nardo Marilia, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi per le parti civili gli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno chiesto il rigetto del ricorso e depositato conclusioni scritte e nota spese;
udito per il ricorrente l’avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 luglio 2019 la Corte di Appello dell’Aquila, in parziale riforma della sentenza del 10 aprile 2018 del Tribunale di Sulmona, in forza della quale (OMISSIS) era stato assolto dai reati di cui alla L. 11 febbraio 1992, n. 157, articolo 30, comma 1, lettera C (capo a) e articolo 544-bis c.p. (capo b), ascrittigli per l’uccisione di un orso, perche’ il fatto non costituisce reato, ha riconosciuto l’imputato responsabile ai fini civili dei reati a lui ascritti e lo ha condannato al risarcimento dei danni in favore delle parti civili (OMISSIS)Onlus, Organizzazione Regionale (OMISSIS), Associazione Italiana (OMISSIS), Associazione (OMISSIS) Onlus ed (OMISSIS), da liquidarsi in separata sede, concedendo una provvisionale pari ad Euro 3.000 alle parti civili Organizzazione Regionale (OMISSIS) ed (OMISSIS).
2. Avverso il predetto provvedimento e’ stato proposto ricorso per cassazione articolato su quattro motivi d’impugnazione.
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha lamentato che la Corte di Appello aveva dichiarato la responsabilita’ ai fini civili dell’imputato senza procedere alla rinnovazione dell’intera istruttoria dibattimentale, con le modalita’ e i termini di cui all’articolo 603 c.p.p.. In particolare, il Giudice di secondo grado non aveva provveduto a riesaminare i soggetti le cui testimonianze erano state ritenute decisive dal Tribunale per giungere all’assoluzione dell’imputato. La Corte distrettuale, infatti, aveva provveduto a riascoltare solo (OMISSIS), le cui dichiarazioni, pero’, non avevano contribuito a determinare l’assoluzione, e il teste (OMISSIS), consulente balistico.
Dalla sentenza impugnata emergeva altresi’ che la Corte territoriale aveva fondato la propria decisione sulle dichiarazioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), non riesaminati in secondo grado, e su quanto dichiarato da (OMISSIS).
2.2. Col secondo motivo la difesa ha contestato il mancato rispetto del principio di motivazione rafforzata.

 

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In particolare, secondo il ricorrente la Corte territoriale aveva omesso di motivare in ordine ad alcuni profili presi in esame dal Tribunale. Al riguardo, infatti, la sentenza impugnata non aveva indicato le ragioni in base alle quali doveva considerarsi corretta la concentrazione delle indagini solamente sull’odierno ricorrente, nonostante la presenza in zona di altre abitazioni e di altri soggetti cui l’orso si era avvicinato. Nella sentenza impugnata, inoltre, non era stato spiegato il motivo per il quale era stato ritenuto sufficiente il giudizio espresso dal (OMISSIS) circa la mera compatibilita’ tra i proiettili trovati nell’animale e i fucili dell’imputato (mentre era emersa l’impossibilita’ di stabilire da quale arma i proiettili fossero stati sparati, laddove poteva essere individuato solamente il modello).
Peraltro il teste non aveva mai visitato i luoghi di causa, ne’ esaminato l’animale, ma solo i documenti presenti in Procura.
Oltre a cio’, la ritenuta corrispondenza dei pallettoni nel corpo dell’animale con quelli rinvenuti nel cortile era avvenuta su una supposizione numerica, in ragione del fatto che una cartuccia conteneva nove pallettoni e che sei erano stati rinvenuti nella carcassa dell’orso, per cui gli altri, ritrovati nelle piante, dovevano appartenere alla medesima cartuccia pur in mancanza di verifica tecnica in tal senso.
La Corte territoriale non aveva altresi’ precisato perche’, nonostante l’autopsia avesse chiarito che il colpo mortale aveva attinto l’animale qualche ora prima della sua morte, era stato ritenuto che tale colpo fosse riconducibile a quello esploso dall’imputato ben oltre ventiquattro ore prima della morte dell’orso. Ne’ erano state esplicitate le ragioni per le quali le ulteriori ipotesi del Tribunale non potevano ritenersi plausibili.
Del pari, erano state prese in considerazione solamente le refertate lesioni al ginocchio destro dell’uomo (in tesi caduto nell’occasione dello sparo) e non quanto complessivamente evidenziato dal certificato di pronto soccorso.
Infine, quanto al danno diretto sofferto dalle parti civili, alcuna spiegazione era intervenuta.
2.3. Col terzo motivo la difesa ha censurato l’illogicita’ della ricostruzione del fatto, nonche’ la contraddittorieta’ tra questa e la dichiarazione di responsabilita’ in capo all’imputato, osservando che dalla sentenza impugnata non si comprendeva se (OMISSIS) avesse sparato solo il colpo a pallini, ovvero solo il colpo a pallettoni o entrambi. In ogni caso, se l’imputato avesse sparato solo un colpo a pallini, non avrebbe ucciso l’orso, essendo paci(OMISSIS) che la morte dell’animale era stata cagionata da un colpo a pallettoni. Analogamente, se l’imputato avesse esploso un colpo a pallettoni, esso non avrebbe potuto uccidere, atteso che era dimostrato che l’imputato aveva sparato ben oltre ventiquattro ore prima della morte dell’animale, mentre il colpo letale aveva attinto l’orso solo poche ore prima del decesso. Infine, anche se il ricorrente avesse sparato due colpi alle ore 2.00 dell’11 settembre 2014, questi ultimi, comunque, non potevano essere quelli che avevano ferito ed ucciso l’animale, in quanto le ferite trovate sulla carcassa erano state praticate in tempi diversi, a distanza di parecchie ore.
2.4. Col quarto motivo e’ stata lamentata l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo. La motivazione sul punto doveva essere dettagliata, anche perche’ il Tribunale aveva ampiamente argomentato sull’assenza di prova al riguardo.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.
4. La parte civile (OMISSIS) ha dimesso una memoria, concludendo per il rigetto del ricorso. Hanno dimesso conclusioni e note spese anche le parti civili Associazione Italiana per il (OMISSIS), l’Associazione (OMISSIS) onlus e la (OMISSIS) onlus.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso e’ infondato.
5.1. In relazione al primo profilo di censura, quanto alla rinnovazione istruttoria, anzitutto questa Corte ha gia’ osservato che non sussiste l’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nel caso di riforma della sentenza assolutoria di primo grado basata su una diversa interpretazione della fattispecie concreta, alla luce della valutazione logica e complessiva dell’intero compendio probatorio e non sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilita’ di una prova dichiarativa decisiva (Sez. 5, n. 53210 del 19/10/2018, Esposito, Rv. 275133; cfr. Sez. 5, n. 42746 del 09/05/2017, Fazzini, Rv. 271012).
5.1.1. In specie, la Corte territoriale ha comunque disposto – fermo il diritto dell’imputato di rilasciare spontanee dichiarazioni – il nuovo esame del teste (OMISSIS) e della teste (OMISSIS) figlia del ricorrente (deposizione che lo stesso ricorrente ha giudicato non decisiva ai fini dell’assoluzione in primo grado).
Quanto al primo teste, consulente balistico, e’ stato dato atto che dalla sua deposizione era stato definitivamente accertato che il colpo mortale aveva avuto un andamento orizzontale, come e’ stato dimostrato dalla traiettoria del pallettone che aveva attinto l’orso di striscio. In ragione di cio’ (dall’impossibilita’ di fare partire due colpi nello stesso contesto e dal rilievo oggettivo che pallini e pallettoni avevano raggiunto l’animale in tempi diversi, i primi antecedentemente ai secondi, nonche’ dall’impossibilita’ che simile traiettoria fosse stata tenuta a seguito di un colpo partito mentre l’imputato stava cadendo), era stata cosi’ ragionevolmente esclusa l’attendibilita’ delle dichiarazioni rese dall’imputato, quanto alle azioni che sarebbero state poste in essere in occasione dell’incontro notturno con l’animale.
In relazione alle ulteriori prove dichiarative, la sentenza impugnata non le ha diversamente valutate, ricorrendo invece ad una unitaria considerazione degli indizi (v. anche infra) e giungendo in tal modo a differente giudizio complessivo.

 

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5.2. In ordine ai due successivi motivi di censura, che possono essere esaminati congiuntamente, la motivazione rafforzata, richiesta nel caso di riforma della sentenza assolutoria o di condanna di primo grado, consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonche’ in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore (con la precisazione altresi’ che, v. anche supra, l’obbligo di motivazione rafforzata prescinde dalla rinnovazione dell’istruttoria, prevista dall’articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, in quanto trova fondamento nella mera necessita’ di dare una spiegazione diversa rispetto a quella cui era pervenuta la sentenza di primo grado)(Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056).
Per costante orientamento di questa Corte di legittimita’, infatti, il giudice d’appello, in caso di riforma ad es. in senso assolutorio della sentenza di condanna di primo grado, sulla base di una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio, non e’ obbligato alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale, ma e’ tenuto a strutturare la motivazione della propria decisione in maniera rafforzata, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte (Sez. 3, n. 29253 del 05/05/2017, C., Rv. 270149; Sez. 4, n. 4222 del 20/12/2016, Mangano e altro, dep. 2017 Rv. 268948; Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Fu e altri, Rv. 261327).
In specie, la Corte territoriale ha espressamente privilegiato – cosi’ distanziandosi specificamente dalle opzioni interpretative del primo Giudice – la sintesi logica degli elementi indiziari esistenti, in luogo di una loro visione parcellizzata, cosi’ confluendo in un’unica ricostruzione plausibile del fatto.
In tema infatti di valutazione della prova indiziaria, il giudice di merito non puo’ limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, ne’ procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma deve, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l’intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), e, successivamente, procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguita’ di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all’imputato “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” e, cioe’, con un alto grado di credibilita’ razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalita’ umana (Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605; Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, Graziadei, Rv. 266941).

 

Ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni

 

Accanto a cio’, in sede di appello e’ stato tra l’altro dato corso (v. anche supra) all’esame del teste (OMISSIS) in sede di rinnovazione istruttoria, ed invero la Corte territoriale ha fatto positivamente ricorso – ai fini di rafforzare la decisione di riforma – al sapere scientifico cosi’ introdotto nel contraddittorio delle parti (cfr. Sez. 4, n. 42868 del 26/09/2019, Miceli, Rv. 277624), in relazione all’impossibilita’ tecnica di considerare attendibile il racconto difensivo dell’imputato nel momento in cui egli si era trovato a fronteggiare l’animale (cosi’ assorbendo ogni ulteriore questione circa le evidenziate conseguenze della riferita caduta dell’odierno ricorrente nella medesima circostanza).
In tal senso la lettura non parcellizzata del percorso argomentativo, infatti e contrariamente ai rilievi del ricorrente, consente di apprezzare la logicita’ della motivazione.
In proposito, infatti, la sentenza impugnata ha dato complessivamente atto del rinvenimento nello stomaco dell’animale di tracce di pollame e di mangime, e le medesime tracce si trovavano nelle adiacenze dell’abitazione del ricorrente, tra l’altro abile cacciatore; pallini e pallettoni reperiti nella carcassa dell’orso erano stati ritenuti compatibili con le armi trovate in possesso dell’imputato, e trovavano altresi’ significativo riscontro nelle “ferite” non risalenti arrecate agli alberi nei pressi, dove erano stati trovati altri pallini e altri pallettoni ivi conficcati; il decesso non immediato dell’animale si collegava al fatto che i colpi non avevano attinto parti vitali ma avevano causato una peritonite sviluppatasi nelle ore successive, e gli avvistamenti di un orso barcollante erano avvenuti in una zona di raccordo tra l’abitazione del ricorrente e il luogo di rinvenimento della carcassa. Allo stesso tempo la Corte territoriale ha motivatamente disatteso la tesi del ricorrente, quanto al fatto che – cadendo, secondo la versione dell’imputato – sarebbero partiti due colpi di fucile. Ne’, nel medesimo complessivo quadro indiziario, la sentenza impugnata ha appunto mancato di osservare che sei pallettoni erano stati rinvenuti nella carcassa dell’orso, e altri due invece erano conficcati su robinia parimenti sita nelle adiacenze dell’abitazione dell’imputato, e risultata “ferita” recentemente. Cosi’ come nei medesimi luoghi erano stati trovati altri pallini, parimenti conficcati nelle piante circostanti.

 

Ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni

 

In tale complessivo quadro ricostruttivo – venuta meno l’attendibilita’ delle dichiarazioni dell’odierno ricorrente – perdeva cosi’ consistenza il rilievo del diverso momento in cui pallini e pallettoni avevano raggiunto l’orso, proprio in ragione delle ulteriori coerenti considerazioni anche in ordine alla topografia dei luoghi, mai revocate in dubbio. Mentre la sentenza impugnata non da’ conto affatto del preciso iato temporale tra momento dello sparo e morte dell’orso, come invece sostenuto dal ricorrente.
5.2.1. La ricostruzione indiziaria si colloca pertanto nel campo della piena logicita’.
5.2.2. In ordine poi al danno preteso dalle parti civili, ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni non e’ necessaria la prova della concreta esistenza di danni risarcibili, essendo sufficiente l’accertamento della potenziale capacita’ lesiva del fatto dannoso e dell’esistenza di un nesso di causalita’ tra questo e il pregiudizio lamentato, desumibile anche presuntivamente (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997; Sez. 6, n. 28216 del 25/09/2020, Ionata, Rv. 279625).
Ferma l’astratta lesivita’ del fatto, quindi, e tenuto conto che non vi e’ stata questione circa la costituzione di parte civile dei soggetti che a cio’ hanno provveduto quali enti riconosciuti per la tutela ambientale della fauna in specie selvatica, il quantum e’ devoluto al separato giudizio risarcitorio in sede civile.
5.3. In relazione infine al quarto profilo di censura, e’ stato osservato – ed il principio va sicuramente ribadito e confermato – che in tema di uccisione o maltrattamento di animali, se la crudelta’ si identifica con l’inflizione all’animale di gravi sofferenze per mera brutalita’, la necessita’ si riferisce ad ogni situazione che induca all’uccisione dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno a se’ o ad altri o ai propri beni, quando tale danno l’agente ritenga non altrimenti evitabile (Sez. 5, n. 8449 del 04/02/2020, Serra, Rv. 278660; Sez. 3, n. 49672 del 26/04/2018, B., Rv. 274075, secondo cui appunto la nozione di “necessita’” che esclude la configurabilita’ del reato di uccisione di animali di cui all’articolo 544-bis c.p. non comprende soltanto lo stato di necessita’ previsto dall’articolo 54 c.p.).
Al riguardo, la Corte territoriale ha correttamente osservato – sulla premessa che l’imputato avesse attinto l’orso col proprio fucile a pallettoni e che ne avesse provocato la morte – che l’odierno ricorrente alcunche’ aveva riferito, circa il fatto di avere in tesi colpito l’animale per evitare un pericolo imminente ovvero per impedire l’aggravamento di un danno alla persona propria o altrui ovvero ai propri beni, altrimenti ritenuto inevitabile.
In tal senso, e contrariamente ai rilievi del ricorrente, l’elemento soggettivo e’ stato adeguatamente evidenziato dall’impugnata sentenza, e nel difetto di deduzioni (v. supra) astrattamente idonee ad inficiare il rilievo penale.
5.4. La sentenza impugnata, che aveva cosi’ trattato solamente dei profili di natura civile attesa l’inammissibilita’ dell’appello proposto dal Pubblico ministero, va cosi’ confermata.
6. L’infondatezza dell’impugnazione non puo’ che condurre al rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) e Associazione Italiana per il (OMISSIS) ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di Appello di L’Aquila con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83 disponendo il pagamento in favore dello Stato. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Associazione (OMISSIS) onlus, che si liquidano in Euro
3.510, oltre accessori di legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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