Ai fini del trasferimento della servitù di passaggio

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 3 luglio 2019, n. 17869.

La massima estrapolata:

Ai fini del trasferimento della servitù di passaggio su un fondo servente di proprietà di un terzo occorre il consenso del proprietario del fondo servente, consenso che non può ritenersi implicito nel fatto che il proprietario già consenta il passaggio a taluni, essendo, invece, necessario, al fine della costituzione del rapporto intersoggettivo tra il titolare del fondo dominante ed il titolare del nuovo fondo servente, che il consenso sia non solo esplicito, ma, considerata la natura del diritto, manifestato per iscritto

Ordinanza 3 luglio 2019, n. 17869

Data udienza 5 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 5033-2015 proposto da:
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 4726/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 14.7.2014, la Corte d’Appello di Roma, per quanto ancora rileva in sede di legittimita’, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Velletri, rigettava la pretesa del Condominio di (OMISSIS) di riconoscimento della servitu’ a carico di un’area di risulta di proprieta’ di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avente ad oggetto il posizionamento di una cabina idrica e dell’autoclave, nonche’ della servitu’ di passaggio attraverso detta aerea.
La corte territoriale osservava che il giudice di primo grado aveva emesso una sentenza dichiarativa di riconoscimento della servitu’ per il posizionamento dell’impianto idrico e della servitu’ di passaggio dall’androne condominiale mentre, sul rilievo che l’area di risulta fosse asservita al condominio sin dal 1991. In realta’, all’atto della costituzione del condominio, gli impianti si trovavano in un’altra area, appartenente a terzi e, solo nel 1991, vennero spostati nell’area di comproprieta’ della (OMISSIS) sulla base di accordi verbali. Il giudice d’appello rilevava l’erronea applicazione dell’articolo 1068 c.c., sia perche’ il fondo servente non era di proprieta’ della (OMISSIS), e, pertanto non poteva essere trasferita la servitu’, sia perche’ gli accordi verbali erano inidonei a costituire la servitu’, ne’ era decorso il termine per l’usucapione. Non poteva, inoltre, pronunciarsi sulla costituzione coattiva della servitu’, non avendo il condominio proposto appello incidentale in relazione alla domanda di costituzione di servitu’, ai sensi dell’articolo 343 c.p.c..
Per la cassazione ha proposto ricorso il condominio sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza.
Ha resistito con controricorso (OMISSIS) mentre le altre parti non hanno svolto difese in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, dell’articolo 156 c.p.c., dell’articolo 11l Cost. per omissione di motivazione, motivazione apparente e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere il giudice di appello Erroneamente ritenuto che la domanda fosse volta al’riconoscimento d’ella servitu’ volontaria e non alla costituzione di servitu’ coattiva, che sarebbe stata oggetto della domanda riconvenzionale, proposta in primo grado ed accolta dal primo giudice, sicche’ la motivazione della corte d’appello sarebbe illogica, contraddittoria ed incomprensibile. Precisa che, essendo risultato vittorioso, non era tenuto a proporre appello incidentale e che l’accertamento dell’esistenza di una servitu’ coattiva e’ il presupposto della dichiarazione di servitu’ coattiva.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1032, 1033, 1051, 1058 e 1062 c.c. e articolo 113 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale applicato la disciplina relativa alle servitu’ costituite volontariamente, mentre sarebbe stata chiesta, ed accertata dal giudice di primo grado, la costituzione di servitu’ coattiva.
I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione, non sono fondati ma la motivazione deve essere corretta.
Va premesso che il ricorso per cassazione, pur avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, non richiede l’adozione di formule sacramentali (Cassazione civile sez. un., 24/07/2013, n. 17931), sicche’ appare evidente dall’articolazione del motivo che la doglianza investe l’affermazione della corte territoriale, secondo cui il condominio aveva l’onere di riproporre la domanda di costituzione di servitu’ coattiva, attraverso la proposizione dell’appello incidentale, avendo il giudice di primo grado riconosciuto l’esistenza della servitu’ volontaria.
Dall’esame degli atti di causa, consentita in ragione della natura di error in procedendo della violazione denunciata, risulta che il condominio propose domanda di riconvenzionale di costituzione di servitu’ coattiva.
Il giudice di primo grado, invece, emise sentenza dichiarativa di riconoscimento dell’esistenza della servitu’.
Essendo il condominio vittorioso nel giudizio di primo grado, non aveva l’onere di proporre appello incidentale per chiedere la costituzione della servitu’ coattiva, ma, ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., era tenuto a riproporre le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado.
Come recentemente chiarito da Cassazione civile sez. un., 25/05/2018, n. 13195, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare in discussione le proprie domande o eccezioni non accolte nella pronuncia, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perche’ assorbite; in tal caso la parte e’ soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello o nel giudizio di cassazione in modo tale da manifestare la sua volonta’ di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo.
Non e’, pertanto, corretta l’affermazione della corte territoriale nella parte in cui afferma che il condominio avrebbe dovuto proporre appello incidentale, per riproporre la domanda di costituzione di servitu’ coattiva, essendo, invece sufficiente riproporre le sue difese ai sensi dell’articolo 346 c.p.c..
La riproposizione della domanda di costituzione di servitu’ coattiva non e’, pero’, avvenuta in sede d’appello, in quanto, dalla comparsa di costituzione e risposta del condominio risulta che egli ha chiesto “l’accertamento di una servitu’ gia’ esistente e non la dichiarazione di costituzione di servitu'” (pag. 2 della comparsa di costituzione e risposta del Condominio).
Conseguentemente, in assenza di specifica riproposizione della domanda proposta in primo grado, correttamente, la corte territoriale non si e’ pronunciata sulla costituzione di servitu’ coattiva.
La pronuncia in rito esclude ex se il vizio di omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1068 c.c., articoli 113, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la corte territoriale ritenuto applicabile l’articolo 1068 c.c., nonostante dalla CTU fosse emerso che gia’ dal 1991 la cabina idrica era stata spostata dall’area di proprieta’ (OMISSIS) a quella della (OMISSIS).
Il motivo e’ infondato.
Il trasferimento disciplinato dall’articolo 1068 c.c. non e’ il trasferimento del diritto di servitu’ su di un fondo diverso da quello che ne era originariamente gravato, che non potrebbe in ogni caso avvenire senza il consenso di tutti i proprietari dei fondi interessati, bensi’ il semplice mutamento del luogo di esercizio della servitu’, per tale dovendosi intendere la porzione del fondo gravato dalla servitu’.
La corte territoriale ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il trasferimento della servitu’ di passaggio su un fondo servente di proprieta’ di un terzo richiede, ai sensi dell’articolo 1068 c.c., comma 4, il consenso di quest’ultimo, consenso che non puo’ ritenersi implicito nel fatto che il proprietario gia’ consenta il passaggio a taluni, essendo invece necessario, al fine della costituzione del rapporto intersoggettivo tra il titolare del fondo dominante ed il titolare del nuovo fondo servente, che il consenso sia non solo esplicito, ma, considerata la natura del diritto, manifestato per iscritto (Cassazione civile sez. II 19/04/2012, n. 6130)
Nella specie, il giudice d’appello ha accertato che il fondo servente, ove era collocata originariamente la cabina idrica era di proprieta’ della (OMISSIS) e, solo nel 1991 venne spostata nell’area di risulta, di cui e’ comproprietaria la (OMISSIS). Era, pertanto, necessario il consenso del proprietario del fondo servente per costituire la servitu’ volontariamente mentre era irrilevante la situazione di fatto della presenza della cabina idrica o la sussistenza di meri accordi verbali.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la corte territoriale tenuto conto che l’impianto era necessario per i bisogni del condominio, che non possedeva spazi di sua proprieta’.
Il motivo e’ inammissibile, in quanto investe apprezzamenti in fatto che potrebbero rilevare per la costituzione di una servitu’ coattiva, che pero’, come si e’ visto, non e’ stata espressamente richiesta in sede di appello.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie, nella misura del 15%, Iva e cap come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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