Actio negatoria servitutis

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 4 luglio 2019, n. 18028.

La massima estrapolata:

Nell’actio negatoria servitutis l’attore non ha l’onere di fornire la prova dell’inesistenza della servitù incombendo su di esso esclusivamente l’onere di provare, con ogni mezzo, anche con presunzioni, la proprietà del fondo. Spetta al convenuto provare l’esistenza della servitù ossia di compire l’attività lamentata dall’attore come lesiva in virtù di un rapporto di natura obbligatoria o reale.

Ordinanza 4 luglio 2019, n. 18028

Data udienza 10 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 8072-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 196/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 31/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/01/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 31.1.2014, in riforma della sentenza del Tribunale di Firenze, Sezione Distaccata di Pontassieve, accoglieva la domanda proposta in via riconvenzionale, da (OMISSIS) e, per l’effetto, dichiarava il diritto di servitu’ di passo in favore della sua proprieta’ ed a carico della proprieta’ di (OMISSIS)
(OMISSIS) aveva agito in negatoria servitutis per chiedere accertarsi l’inesistenza, sul suo fondo, di una servitu’ di passaggio in favore di (OMISSIS), il quale, nel costituirsi aveva chiesto, in via riconvenzionale l’accertamento del diritto di servitu’ in favore del proprio fondo. Per quel che rileva nel giudizio di legittimita’, il (OMISSIS) aveva dedotto che la servitu’ fosse stata costituita per destinazione del padre di famiglia, trattandosi di fondi appartenenti ad un unico proprietario, fino all’atto di divisione del 5.11.1999; assumeva che l’apparenza della servitu’ fosse costituita dall’esistenza, sul fondo servente, di un cancelletto di ingresso e di un vialetto.
La corte territoriale riteneva che all’atto della separazione dei due fondi, originariamente appartenenti all’unico proprietario, il vincolo di subordinazione di un fondo rispetto all’altro fosse avvenuto per volonta’ delle stesse parti in causa; la clausola contenuta nell’atto di divisione, relativa al trasferimento delle servitu’ attive e passive costituiva mera clausola di stile, non incompatibile con la volonta’ delle parti di eliminare la situazione di fatto esistente. In tale ipotesi, quindi, doveva farsi ricorso al principio dell’onere della prova, che incombeva in capo a (OMISSIS), attrice in negatoria servitutis, la quale non aveva dimostrato l’inesistenza della servitu’. Osservava la corte fiorentina che i due fondi appartenevano originariamente a due proprietari: quello di (OMISSIS) apparteneva a (OMISSIS) e quello di (OMISSIS) a (OMISSIS). Le parti avevano acquistato, nel 1974, il fondo di (OMISSIS) e, nel 1989 avevano ereditato quello del padre (OMISSIS), ove era aperto il varco sulla (OMISSIS). Fino all’atto di divisione del 1999, (OMISSIS), proprietario originario del terreno, utilizzava l’accesso privo di passo carrabile per accedere al fondo di (OMISSIS), poi trasferito a (OMISSIS). Poiche’ nell’atto di divisione, le parti nulla era stato previsto in ordine alla servitu’, incombeva su (OMISSIS) l’onere di provare l’inesistenza del diritto reale in favore del fondo di (OMISSIS).
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di un motivo.
Ha resistito con controricorso (OMISSIS).
In prossimita’ dell’udienza, le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 949 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente posto a carico di chi agisce in negatoria servitutis l’onere di fornire la prova dell’inesistenza della servitu’, mentre, invece, incomberebbe sull’attore l’onere di provare, anche in via presuntiva, la proprieta’; spetterebbe al convenuto la prova del diritto di servitu’ da lui vantato.
Il motivo e’ fondato.
Nell’actio negatoria servitutis, la titolarita’ del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, sicche’ la parte che agisce in negatoria ha l’onere di provare, con ogni mezzo, anche con presunzioni, di possedere il fondo in forza di un valido titolo di acquisto.
L’attore non ha, invece, l’onere di provare l’inesistenza del diritto vantato dal terzo ma spetta al convenuto provare l’esistenza del diritto a lui spettante, di compiere l’attivita’ lamentata come lesiva dall’attore in virtu’ di un rapporto di natura obbligatoria o reale (Cassazione civile sez. II, 15/10/2014, n. 21851; Cass. 23-1- 2007 n. 1409; Cass. 27-12-2004 n. 24028; Cass. 26-5-2004 n. 10149;Cass. 22-3-2001 n. 4120).
Quanto alla servitu’, costituita per destinazione del padre di famiglia, le opere visibili e permanenti, dalle quali si evinca l’asservimento di un fondo in favore di un altro fondo, devono essere predisposte dall’unico proprietario prima dell’alienazione o della divisione del fondo.
Il requisito della subordinazione deve essere ricercato non gia’ nell’intenzione del proprietario del fondo, bensi’ nella natura delle opere oggettivamente considerate, in quanto nel loro uso normale determinino il permanente assoggettamento del fondo vicino all’onere proprio della servitu’ (Cass. 12197 del 1997).
Inoltre, la costituzione di una servitu’ per destinazione del padre di famiglia non ha luogo quando la separazione dei due fondi sia operata da chi e’ proprietario esclusivo di uno di essi e solo comproprietario dell’altro, mancando in tal caso il requisito dell’appartenenza di entrambi i fondi al medesimo proprietario (Cassazione civile sez. II, 12/02/2016, n. 2853; Cass. Civ., sez. 02, del 14/01/1997, n. 282).
La corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte, in quanto ha posto a carico di (OMISSIS), che agiva in negatoria servitutis, l’onere di provare l’inesistenza della servitu’ in favore del fondo di (OMISSIS), mentre era suo onere provare unicamente, anche, in via presuntiva la titolarita’ del diritto.
Era onere di (OMISSIS), convenuto nell’actio negatoria servitutis ed attore in confessoria servitutis dimostrare l’esistenza della servitu’ per costituzione del padre di famiglia.
Vi e’ stata, pertanto un’errata applicazione degli articolo 949 e 2967 c.c., avendo la corte territoriale ritenuto la sussistenza della servitu’ per destinazione del padre di famiglia, alla luce delle emergenze processuali che evidenziavano una situazione di “insuperabile dubbio”, a fronte del quale ha fatto erronea applicazione del principio dell’onus probandi.
Il giudice d’appello ha, inoltre, errato nell’affermare (pag. 2 della sentenza) che “il pater familias, di cui alla previsione dell’articolo 1062 c.c., deve essere individuato proprio negli odierni contendenti, condomini in capo ai quali risulta essersi configurato l’estremo essenziale del diritto dominicale sui fondi fino all’atto di scioglimento della comunione e la conseguente separazione degli stessi”.
In tal modo, l’individuazione dell’unico originario proprietario e’ stata fatta coincidere con gli stessi condividenti, in violazione dell’articolo 1062 c.c., che prevede l’appartenenza dei fondi all’unico proprietario, il quale, al momento della divisione abbia posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitu’, ovvero vi siano opere visibili e permanenti inequivocabilmente strumentali all’esercizio della servitu’ e rivelatrici del peso di un fondo in funzione dell’utilita’ dell’altro fondo, la cui esistenza consente di qualificare la servitu’ come apparente.
Nella specie, risulta dall’impugnata sentenza che i due fondi di proprieta’ rispettivamente di (OMISSIS) e (OMISSIS) appartenevano originariamente il primo a (OMISSIS) ed il secondo a (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS), nel 1974, avevano acquistato in comunione pro indiviso il fondo di (OMISSIS) e nel 1989 avevano ereditato in quote eguali quello di (OMISSIS).
La corte territoriale si e’ limitata ad accertare che fino alla divisione, avvenuta nel 1999, l’accesso realizzato da (OMISSIS) sul fondo, poi assegnato a (OMISSIS), era utilizzato per raggiungere il fondo di proprieta’ di (OMISSIS).
Non ha, invece, accertato se l’unico proprietario, al momento della divisione o alienazione, avesse asservito un fondo all’altro fondo attraverso l’esistenza di opere visibili e permanenti, e non anche attraverso l’esame del titolo contrattuale.
La sentenza va, pertanto, cassata e rinviata alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che applichera’ ai seguenti principio di diritto:
– “La parte che agisce in negatoria servitutis ha l’onere di provare, con ogni mezzo, anche con presunzioni, di possedere il fondo in forza di un valido titolo di acquisto ma non di provare l’inesistenza del diritto vantato dal terzo; incombe al convenuto l’onere di provare l’esistenza del diritto reale a lui spettante”
– “La prova della servitu’ per destinazione del padre di famiglia postula che, al momento in cui i due fondi cessano di appartenere ad unico proprietario, le opere destinate all’esercizio della servitu’ preesistano alla divisione o all’alienazione del fondo e siano state poste o lasciate nello stato dal quale risulta la servitu’, ovvero in una situazione oggettiva di subordinazione o di servizio, che integri, de facto il contenuto della servitu’; l’apparenza e’ indispensabile per poter ritenere costituita questa servitu’ e non la volonta’ dei condividenti, desumibile dall’atto negoziale, di asservire un fondo ad un altro fondo”.
Il giudice di rinvio regolera’ le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimita’.

 

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