L’accordo conciliativo che accerta l’usucapione non è opponibile al terzo acquirente dal contraente

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 32620.

L’accordo conciliativo che accerta l’usucapione non è opponibile al terzo acquirente dal contraente

L’accordo conciliativo che accerta l’usucapione ex art. 2643 n. 12-bis c.c. non è opponibile al terzo acquirente dal contraente contro il quale viene accertata l’usucapione, così come l’alienazione, sia pure trascritta, compiuta dal soggetto il cui titolo sia fondato sulla sua stessa affermazione di essere divenuto proprietario a titolo originario per usucapione, non resiste alla legittima pretesa del soggetto che si affermi effettivo proprietario dell’immobile, poiché la soluzione opposta consentirebbe manovre fraudolente ai danni di quest’ultimo.

Sentenza|| n. 32620. L’accordo conciliativo che accerta l’usucapione non è opponibile al terzo acquirente dal contraente

Data udienza 9 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Usucapione – Bene medio tempore espropriato – Accordo conciliativo tra usucapiente e proprietario – Efficacia dell’accordo nei confronti del terzo – Esclusione nei confronti del terzo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. CHIECA Danilo – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 258/2020 R.G. proposto da:

(OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)), giusta procura in atti, ed elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)), giusta procura in atti, ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);

– controricorrente –

contro

(OMISSIS), (C.F. (OMISSIS));

– intimata –

avverso la sentenza n. 5958/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata in data 04/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/11/2023 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DELL’ERBA ROSA MARIA, ha concluso per il rigetto del ricorso;

per la parte ricorrente l’avv. (OMISSIS), con delega scritta, riportandosi agli scritti difensivi gia’ depositati, ha insistito per l’accoglimento del ricorso;

per la parte resistente, l’avv. (OMISSIS), con delega scritta, riportandosi agli scritti difensivi gia’ depositati, ha insistito per il rigetto del ricorso.

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FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS), nel 2011, convenne in giudizio (OMISSIS) perche’ fosse accertato il proprio diritto di proprieta’ per usucapione d’un immobile che l’attore assumeva di avere posseduto “uti dominus” sin dall'(OMISSIS), per avergli la proprietaria trasferito il possesso, avendo deciso di venderglielo.

La convenuta aveva resistito alla domanda eccependo che la controparte, dopo avere stipulato con la medesima un contratto preliminare di compravendita il (OMISSIS), era venuta meno all’obbligo di corrispondere il corrispettivo pattuito di Euro 340.000,00.

All’esito dell’esperito tentativo di mediazione e conciliazione (sollecitato dal Tribunale), le parti rilasciarono precisazione delle conclusioni congiunta, con la quale dichiararono essere rimasto accertato l’usucapione dell’attore, salvo l’obbligo per costui di rimborsare le somme corrisposte per ICI dalla convenuta.

1.1. L’adito Tribunale rigetto’ la domanda spiegando che in sede conciliativa le parti avrebbero potuto accertare la sussistenza del possesso “ad usucapionem”, ma non dichiarare l’effetto giuridico consistito nell’usucapione, nella specie non verificatosi, versandosi in ipotesi di detenzione, derivante dalla consegna anticipata del bene in virtu’ del contratto preliminare.

2. La Corte d’appello di Roma, nel contraddittorio con l’interveniente (OMISSIS) – acquirente dell’immobile, in base al decreto giudiziale n. 1752/2014, all’esito di procedimento espropriativo promosso a carico della (OMISSIS) nel 1996 – e nella contumacia della (OMISSIS), rigetto’ l’impugnazione del (OMISSIS).

2.1. Questo, in sintesi, il ragionamento del Giudice di secondo grado.

– L’usucapione deve necessariamente essere accertata dal giudice, non trattandosi di diritto disponibile, costituendo acquisto a titolo originario, estraneo, pertanto, alle finalita’ del procedimento di mediazione e conciliazione, circoscritta solo ai “diritti disponibili”, ai sensi del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 2;

– non risultava risolutivo l’asserto a mente del quale si sarebbe trattato di possesso, in quanto la consegna era stata effettuata in epoca ((OMISSIS)) antecedente alla stipula del contratto preliminare ((OMISSIS)), e quindi, quanto meno da quest’ultima data, si era trattato di una mera detenzione qualificata.

3. (OMISSIS) propone ricorso avverso la sentenza d’appello sulla base di tre motivi. (OMISSIS) resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie e il P.G., conclusioni scritte.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1140, 1141, 1142, 1158, 1165, 2697, 2943 e 2944 c.c.

Secondo l’assunto impugnatorio la Corte locale aveva errato a non apprezzare il decorso del possesso utile all’usucapione sin dal (OMISSIS), nonostante lo stesso fosse avvenuto inequivocamente, con modalita’ pacifiche e pubbliche e si fosse protratto per il ventennio di legge, non quale effetto anticipato derivante dal preliminare, ma prima della stipula di esso contratto, il quale, per contro, prevedeva la consegna solo con la trascrizione ipotecaria, in relazione agli effetti cambiari che il promissario acquirente si era obbligato a rilasciare e, anzi, in altra parte dello strumento, solo con il rogito notarile. Le cambiali, per il residuo prezzo di Euro 216.00,00, erano state emesse in favore della s.r.l. (OMISSIS) e non della venditrice o del suo procuratore (la vicenda era poi sfociata in una condanna penale a carico di (OMISSIS), il quale si era appropriato della somma di denaro ricavata dallo sconto bancario dei titoli).

Inoltre, viene soggiunto, che non poteva ipotizzarsi rinuncia all’usucapione, poiche’ l'”animus possidendi” non impone l’intimo convincimento di essere proprietario, bensi’ consiste nell’intenzione di comportarsi come tale; quindi la stipula del preliminare “non degrada il proprio possesso (ad usucapionem) in detenzione qualificata”.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione dell’articolo 184 c.p.c., stante che la (OMISSIS) aveva “rinunciato alla propria eccezione afferente l’efficacia impeditiva del diritto rivendicato dall’attore per effetto della sottoscrizione del contratto preliminare (…) attraverso la formulazione delle conclusioni congiunte delle parti all’udienza di precisazione” e, quindi, il Giudice non avrebbe potuto fondare la propria decisione su una tale eccezione.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 2 e articolo 115 c.p.c.

Il verbale di conciliazione aveva il valore di contratto di accertamento diretto a rimuovere l’incertezza in ordine ai fatti posti a fondamento dell’acquisto a titolo originario e, quindi, non poteva che avere ad oggetto il possesso ad “usucapionem”.

Le parti “erano tornate in sede giudiziale” al solo fine di ricezione delle gia’ raggiunte risultanze con pronuncia valevole “erga omnes”.

Si era in presenza di un diritto certamente disponibile, in ordine al quale era intervenuta la confessione della convenuta e a conferma del quale era stata depositata documentazione.

4. Esaminati congiuntamente i proposti motivi, tra loro osmotici e correlati, il ricorso, nel suo insieme deve essere rigettato, sia pure con diversa motivazione, nel senso di cui appresso correggendosi la motivazione della Corte d’appello.

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4.1. Sono note le dispute dottrinarie e i contrasti giurisprudenziali a riguardo dell’ammissibilita’ del negozio d’accertamento, tuttavia non occorre prendere specifica posizione sul punto.

Il Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, comma 1, ora articolo 5, comma 1bis (dopo che la Corte Cost., con la sentenza n. 272/2012, dichiaro’ incostituzionale, per eccesso di delega, il Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28, articolo 5, comma 1, – Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 60 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali -, l’istituto venne reintrodotto dal legislatore con il Decreto Legge n. 69 del 2013, articolo 84, comma 1, conv. nella L. n. 98 del 2013) dispone l’obbligo del tentativo di conciliazione, fra le altre, in materia di diritti reali.

La L. n. 28 del 2010, articolo 11, comma 3 prevede che “Se e’ raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilita’ di sottoscrivere. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 c.c., per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a cio’ autorizzato”.

Con il Decreto Legge n. 69 del 2013 venne introdotto il n. 12bis all’articolo 2643 c.c., il quale prescrive la pubblicita’ mediante trascrizione degli “accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a cio’ autorizzato”.

La domanda del (OMISSIS) venne proposta nel 2011, quindi prima dell’entrata in vigore dell’articolo 2643 c.c., n. 12bis e proprio al fine, come evidenziato dallo stesso ricorrente, di ovviare al prevalente indirizzo giurisprudenziale che negava la trascrivibilita’ dell’accordo conciliativo mediante il quale vengono riconosciuti sussistere i presupposti per l’usucapione.

Riesce difficile negare, in un quadro controverso, sia in dottrina che in giurisprudenza, l’effetto di trascinamento interpretativo procurato dall’introduzione dell’ipotesi specifica di trascrizione sopra evidenziata, in uno al rinvio alle ipotesi di trascrizione di cui all’articolo 2643 c.c., operato dalla L. n. 28 del 2010, articolo 11, dal comma 3. Se e’ pur vero che al tempo della domanda prevaleva l’indirizzo che negava la trascrivibilita’ di un tale accordo, l’introduzione del n. 12bis pone la questione sotto una luce diversa della quale non puo’ non tenersi conto.

A proposito della valenza della nuova ipotesi di negozio soggetto a trascrizione gia’ dai primi commenti e’ dato cogliere lo smarrimento nel dovere equiparare l’effetto della trascrizione di un acquisto a titolo originario a quelli a titolo derivativo e cioe’ che la collocazione topografica della fattispecie di nuova introduzione imponga di assegnare a una tale trascrizione l’effetto di pubblicita’ dichiarativa, con efficacia “erga omnes” (articolo 2644 c.c.), invece che nei solo confronti del soggetto contro il quale una tale trascrizione venga operata, mettendo cosi’ a serio rischio la stabilita’ dei traffici immobiliari.

Si e’ anche giunti a ipotizzare l’incostituzionalita’ della norma per manifesta irragionevolezza e violazione del principio d’uguaglianza in relazione all’articolo 2651 c.c. Quest’ultima disposizione, infatti, assegna alla trascrizione della sentenza dichiarativa dell’usucapione, natura di mera pubblicita’ notizia.

Tutto cio’ premesso al fine di opportuno inquadramento deve osservarsi nello specifico quanto appresso.

4.2. Poiche’ al tempo della domanda non era stato ancora introdotto il n. 12bis all’articolo 2643 c.c. l’accordo non fu trascritto e, di conseguenza, non occorre qui ragionare a riguardo dell’effetto di una tale trascrizione; effetto, come si e’ accennato, alquanto controvertibile.

Si e’ sopra ricordato che la Corte di Roma ha rigettato l’impugnazione in quanto “la maturazione dell’usucapione deve essere necessariamente accertato in sede giudiziale”.

L’affermazione non puo’ essere condivisa per due ordini di ragioni. Secondo principio di diritto da tempo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (si veda, ex multis, Cass. nn. 7853/2018, 2485/2007) colui che reputi di essere divenuto proprietario per usucapione puo’, spendendo una tale qualita’, disporre del bene, anche mediante atto notarile, non affetto, pertanto, da nullita’ per tale ragione, fermo restando, ovviamente, la responsabilita’ nei confronti dell’acquirente, ove l’affermazione dell’acquisto a titolo originario venga a risultare insussistente e quella (anche disciplinare) del notaio rogante ove sia venuto meno all’obbligo di informare adeguatamente l’acquirente del rischio di un siffatto acquisto (cfr. Cass. nn. 32147/2018, 7485/2007 cit.).

Deve, di poi, soggiungersi, ribadendo quanto sopra anticipato, che l’ordinamento si e’ indirizzato nel senso di riconoscere l’interesse, sottostante al negozio conciliativo dichiarativo dei presupposti dell’usucapione, meritevole di tutela. Ne’, avversativamente vale opinare che la norma, che in tal senso ha assunto significato rilevante, risulta essere stata introdotta in epoca successiva all’accordo raggiunto dal (OMISSIS) con la (OMISSIS).

Invero, l’interprete non puo’ sfuggire al dovere di tener conto del complessivo assetto ordinamentale vigente. Ne’, sempre avversativamente, puo’ investirsi di significato dirimente la regola della non retroattivita’ della legge (articolo 11 preleggi): qui non e’ in gioco l’applicazione di un istituto generato da una legge posteriore, bensi’ si tratta di ricostruire il complessivo sistema ordinamentale apprezzando, nel loro insieme, i “mattoni” significanti.

Per le esposte ragioni non puo’ condividersi la motivazione resa dalla Corte di Roma, che deve essere corretta ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c., con il principio di diritto sopra enunciato.

4.3. La domanda e, di conseguenza il ricorso, non meritano di essere accolti per altre ragioni.

Cosi’ come l’alienazione, il cui titolo sia costituito dall’affermazione del venditore di essere divenuto proprietario a titolo originario per usucapione, sia pure trascritta, non resiste alla legittima pretesa del titolare che risulti di non avere perduto la proprieta’ per usucapione, allo stesso modo l’accordo conciliativo non puo’ frustrare il diritto del terzo acquirente estraneo a un tale negozio. Ipotesi, quest’ultima, nella quale qui ci si imbatte, avendo, come gia’ detto, la (OMISSIS) acquistato in sede di procedura espropriativa ai danni della (OMISSIS).

A parte le considerazioni svolte e’ di tutta evidenza che la soluzione opposta presterebbe il fianco ad agevoli manovre fraudolente ai danni del terzo acquirente, ancor piu’ probabili ove l’usucapito, gravato di debiti, abbia in corso procedura espropriativa, come nel caso.

E’ appena il caso di ribadire che l’argomento risolutivo di cui sopra prescinde del tutto dalla trascrizione della conciliazione, che al tempo, era assai dubbio potesse effettuarsi in assenza di specifica norma, introdotta solo successivamente. Percio’ ci si asterra’ dall’indugiare oltre nell’esaminare la portata e gli effetti della nuova previsione di trascrizione, i quali, come si e’ anticipato, appaiono controvertibili.

4.4. Val la pena, infine, soggiungere che, la diversita’ di motivazione adottata da questa Corte non impone stimolare il contraddittorio, versandosi in apprezzamenti squisitamente ed esclusivamente giuridici. Per contro, l’obbligo del giudice di indurre il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio, non riguarda quelle di diritto, bensi’ quelle di fatto (ex plurimis Sez. 2, n. 1617 del 2022).

5. La complessita’ e, in parte novita’, delle questioni affrontate consiglia l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimita’.

6. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

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P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa per intero fra le parti le spese.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

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