Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 8 maggio 2018, n. 20103
Le massime estrapolate
Il rapporto di causalita’ tra la condotta omissiva del garante della normativa antinfortunistica e l’evento lesivo, deve ritenersi interrotto, ai sensi dell’articolo 41 c.p., comma 2, solo nel caso in cui sia dimostrata l’abnormita’ del comportamento del lavoratore. Nel caso in esame, i giudici di merito, hanno correttamente osservato che la condotta del lavoratore non poteva ritenersi connotata dall’abnormita’, per stranezza, imprevedibilita’ ed eccentricita’ delle sue caratteristiche.
In materia di infortuni sul lavoro, quello in base al quale la condotta colposa del lavoratore infortunato non possa assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datare di lavoro e’ esonerato da responsabilita’ solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell’eccezionalita’, dell’abnormita’ e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute.
Pertanto, puo’ definirsi abnorme soltanto la condotta del lavoratore che si ponga al di fuori di ogni possibilita’ di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e sia assolutamente estranea al processo produttivo o alle mansioni che gli siano state affidate.
A cio’ deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticita’ del sistema di sicurezza o di violazioni delle norme poste a presidio della sicurezza dei lavoratori, non potra’ mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Cio’ in quanto, tali disposizioni sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli.
Sentenza 8 maggio 2018, n. 20103
Data udienza 30 gennaio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BLAIOTTA Rocco M. – Presidente
Dott. MENICHETTI Carla – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. BRUNO M. – rel. Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/07/2016 della CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARIAROSARIA BRUNO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARILIA DI NARDO;
Il P.G. Di Nardo Marilia conclude per il capo B con l’annullamento senza rinvio per prescrizione e rideterminazione della pena, rigetto nel resto.
Udito il difensore Avvocato (OMISSIS) chiede l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 6/7/2016, la Corte di appello di Catanzaro, confermava la pronuncia emessa in data 20/5/2014 dal G.i.p. del Tribunale di Castrovillari che riteneva responsabile (OMISSIS) del delitto di omicidio colposo con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, condannandolo alla pena di mesi otto di reclusione, pena sospesa.
2. Era contestato al ricorrente di avere cagionato la morte dell’operaio (OMISSIS), cittadino rumeno, perche’, alla guida di un trattore, all’interno della sua azienda, investiva con la fresa il dipendente, che era risucchiato dall’ingranaggio del macchinario. Si individuavano a carico di (OMISSIS), quale datore di lavoro del deceduto, profili di colpa generica consistiti in negligenza, imperizia ed imprudenza nonche’, di colpa specifica, riconducibili alla violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26, comma 1, in quanto, avendo reclutato (OMISSIS) per effettuare lavori agricoli nel suo terreno, ometteva di fornire allo stesso dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti sul luogo di lavoro e sulle misure di emergenza da adottare ed inoltre, nell’aver operato con la suddetta macchina agricola nei pressi del lavoratore, mancando di adottare le opportune cautele in fase di manovra.
Era altresi’ contestato al ricorrente il reato di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26, comma 1, lettera b), comma 2.
3. Avverso la pronuncia di condanna proponeva ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, che deduceva quanto segue.
Primo motivo: violazione di legge con riferimento agli articoli 40 e 42 cod. pen.; vizio motivazionale. Secondo la difesa i giudici di merito non avrebbero fornito adeguata risposta alle censure svolte in sede di appello, che mettevano in evidenza la irrazionalita’ della decisione di attribuire la causa dell’infortunio alla imprudente condotta di guida dello (OMISSIS). Insoddisfacente sarebbe la ricostruzione del fatto operata nella sentenza ove non si chiarisce il motivo per cui il lavoratore era intento a ripulire una parte del terreno che era gia’ stata arata nei giorni precedenti. Sarebbe apparente e contraddittoria la motivazione offerta in ordine al nesso di causalita’ tra la condotta del ricorrente ed il tragico evento, che viene ascritto alla imprudenza di’ guida ed alla mancata informazione del (OMISSIS) sui pericoli a cui era esposto nel lavoro che stava svolgendo. Cosi’ argomentando il giudice di appello non avrebbe considerato fattori diversi, quali la disattenzione e la imprudenza del (OMISSIS) il quale, secondo le emergenze processuali, non doveva trovarsi nel luogo in cui si era verificato l’impatto, ma in una zona di lavoro distante 60 metri.
I giudici avrebbero dovuto soffermarsi sulla efficienza causale della iniziativa autonoma del lavoratore il quale si allontano’ notevolmente dal suo posto di lavoro, astraendosi in conversazioni telefoniche, in violazione degli obblighi imposti dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 20.
Non sarebbe stata fornita alcuna apprezzabile giustificazione in ordine al contenuto delle informazioni che avrebbe dovuto ricevere il lavoratore, atteso che l’infortunio era dipeso da sue condotte imprudenti ed imprevedibili.
Secondo motivo: violazione dell’articolo 62 c.p., n. 6, e vizio motivazionale con riferimento al mancato riconoscimento della suddetta attenuante. La difesa lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante in parola. L’accertamento di fatto della sussistenza dei presupposti normativi di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, comprovati dalla rinuncia alla costituzione di parte civile degli eredi del (OMISSIS), avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a riconoscere l’attenuante del risarcimento del danno, che era stata erroneamente negata sulla base del mancato assolvimento di un onere allegativo da parte dell’appellante.
Terzo motivo: violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26; violazione dell’articolo 157 cod. pen. e vizio di motivazione. I giudici di merito sarebbero incorsi in una erronea interpretazione della normativa di prevenzione sui luoghi di’ lavoro contestata al capo B) della imputazione. Tuttavia, sarebbe maturato il termine di prescrizione del reato contravvenzionale in questione, in epoca anteriore alla sentenza di appello (06/07/2016). Pertanto si chiedeva la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, con ogni conseguente effetto sul trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi dedotti dal ricorrente quanto al capo A) della rubrica, concernente la imputazione di omicidio colposo, sono infondati e, pertanto, il ricorso sul punto deve essere rigettato.
2. Quanto al reato contravvenzionale contestato al capo B) della rubrica, risulta maturato il termine massimo di’ prescrizione, pari ad anni cinque, da farsi decorrere dall’epoca della sua consumazione, coincidente, nel caso in esame, con la data dell’accertamento (30/3/2011). Cio’, anche tenuto conto del periodo di sospensione della prescrizione, intervenuto nel corso della celebrazione del giudizio di primo grado, pari a giorni ventotto. Pertanto, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, limitatamente al reato sub capo B) della contestazione, la sentenza deve essere annullata senza rinvio, per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione, il cui termine e’ spirato in data 27/4/2016, non rilevandosi elementi che possano consentire, all’evidenza, un proscioglimento nel merito.
3. Quanto alle doglianze avanzate dalla difesa con riguardo alla pronuncia di responsabilita’ per il delitto di omicidio colposo, deve rilevarsi come la Corte d’appello abbia dato conto, in modo succinto ma non carente, delle ragioni poste a fondamento della sua decisione, fornendo esauriente risposta ai rassegnati motivi d’appello proposti dalla difesa, analiticamente richiamati nel corpo della motivazione.
In ordine alla ricostruzione dell’evento, i giudici di merito, nelle due sentenze conformi, hanno ritenuto provato che il lavoratore fosse stato travolto dalla macchina fresatrice condotta dal ricorrente, sulla base degli accertamenti effettuati nel corso delle indagini e della consulenza medica, confluiti nel fascicolo dibattimentale per effetto della scelta del rito abbreviato. Sul punto, e’ circostanza incontestata, da parte della difesa, quella che attiene alle modalita’ dell’infortunio cui e’ conseguito il decesso del lavoratore, per le quali nessuna censura viene avanzata in sede di ricorso, sebbene la difesa metta in dubbio che la ricostruzione della dinamica dell’infortunio, come prospettata dai giudici di merito, possa coinvolgere la responsabilita’ del proprio assistito. E, d’altro canto, che il lavoratore sia stato risucchiato dalla macchina agricola e che il suo corpo sia stato maciullato dalle lame taglienti e’ un fatto innegabile.
Il vizio decisionale lamentato nel ricorso si appunta sulla valutazione della condotta di guida dello (OMISSIS) che, secondo la difesa non poteva ritenersi imprudente e sulla incidenza causale della ritenuta violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26sull’evento mortale. In base a tali argomentazioni, si sostiene un difetto di prova del nesso causale tra la condotta dello (OMISSIS) e l’evento mortale.
L’assunto difensivo, come messo in rilievo dai giudici di merito, e’ infondato. Sul punto la Corte territoriale in uno con il giudice di primo grado, ha offerto una risposta adeguata e condivisibile: la mancata informazione del lavoratore sui rischi connessi al lavoro da svolgere si pone come sicuro antecedente causale dell’evento morte del lavoratore. Tale affermazione scaturisce dall’osservazione precisa della situazione di fatto accertata attraverso l’istruttoria dibattimentale e non e’ frutto, come rileva il difensore, di una apodittica riconduzione dell’evento alla imprudente condotta di guida dello (OMISSIS) e di una disattenta ricostruzione del fatto.
L’attenta analisi delle emergenze processuali ha indotto la Corte territoriale a ritenere che il lavoratore non aveva ricevuto nessuna istruzione sui rischi connessi al lavoro da svolgere. Se il (OMISSIS) fosse stato reso edotto di tali rischi e, in particolare, della contestuale operazione di fresatura in corso di svolgimento con il trattore guidato (OMISSIS), l’infortunio si sarebbe evitato. Pertanto, ha dato corso, in maniera adeguata e corretta, al cd. giudizio esplicativo, che costituisce il necessario presupposto del giudizio controfattuale (cosi’ Sez. 4, n. 23339 del 31/01/2013, Rv.256941). Sulla base del concreto svolgimento dei fatti, acquisita una conoscenza completa della dinamica dell’infortunio, che risulta sostenuta da argomentazioni coerenti e logiche, la Corte territoriale ha evidenziato le regole cautelari violate, esprimendo il giudizio predittivo circa l’attitudine salvifica del comportamento doveroso che il datore di lavoro aveva mancato di attuare, consistente nella formazione del lavoratore e nell’obbligo di informarlo dei rischi connessi all’attivita’ in cui era impiegato.
L’alternativa propugnata dalla difesa nell’atto di appello e nel ricorso, sovrappone al preciso andamento fattuale e logico dei giudici, una diversa ricostruzione delle circostanze dell’accaduto che non puo’ trovare ingresso in sede di legittimita’, dove non sono ammesse censure in fatto.
Sotto questo profilo, la difesa si limita a contrastare il ragionamento dei giudici, affermando che il lavoratore si doveva trovare in altro luogo e che l’infortunio era avvenuto perche’ il (OMISSIS), impegnato in una conversazione telefonica, non si era accorto della presenza della fresatrice. Le circostanze addotte dalla difesa, analizzate dai giudici, sono state ritenute prive di fondamento. La Corte territoriale ha osservato che, ove fosse vera la prospettazione difensiva, “proprio il fatto di stare al telefono, invece, avrebbe dovuto portare il lavoratore ad accorgersi dell’avvicinarsi della fresatrice visto che il rumore enorme da essa prodotto sicuramente gli impediva di sentire il suo interlocutore. Questo lo avrebbe indotto ad allontanarsi dalla fonte del rumore e non ad avvicinarsi”.
La spiegazione fornita sul punto appare immune da vizi logici e, in quanto tale, non meritevole di censure.
4. Quanto alla possibilita’ di ravvisare un comportamento abnorme del lavoratore, occorre rilevare, in primo luogo, come tale evenienza tragga spunto dalla ricostruzione prospettata dalla difesa, secondo la quale il (OMISSIS), disattendendo le indicazioni del datore di lavoro, era uscito dalla zona di lavoro in cui doveva collocarsi, parlando al telefono in modo distratto.
La Corte territoriale ha affermato che, se anche fosse veritiera l’alternativa ricostruzione offerta dalla difesa, e’ da escludersi che la condotta del lavoratore potesse essere idonea ad interrompere il nesso causale con l’evento verificatosi, in presenza delle vistose violazioni in cui era incorso l’imputato.
Come e’ noto, nell’ambito della materia della infortunistica sul lavoro, e’ principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’, quello in base al quale il rapporto di causalita’ tra la condotta omissiva del garante della normativa antinfortunistica e l’evento lesivo, deve ritenersi interrotto, ai sensi dell’articolo 41 c.p., comma 2, solo nel caso in cui sia dimostrata l’abnormita’ del comportamento del lavoratore. Nel caso in esame, i giudici di merito, hanno correttamente osservato che la condotta del lavoratore non poteva ritenersi connotata dall’abnormita’, per stranezza, imprevedibilita’ ed eccentricita’ delle sue caratteristiche.
L’assunto dei giudici di merito e’ conforme ai principi piu’ volte affermati dalla Corte di legittimita’ in proposito. E’ orientamento costante, in materia di infortuni sul lavoro, quello in base al quale la condotta colposa del lavoratore infortunato non possa assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datare di lavoro e’ esonerato da responsabilita’ solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell’eccezionalita’, dell’abnormita’ e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (cosi’ ex multis, Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Rv. 236721).
Pertanto, puo’ definirsi abnorme soltanto la condotta del lavoratore che si ponga al di fuori di ogni possibilita’ di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e sia assolutamente estranea al processo produttivo o alle mansioni che gli siano state affidate (cosi’, Sez. 4, n. 38850 del 23/06/2005, Rv. 232420).
A cio’ deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticita’ del sistema di sicurezza o di violazioni delle norme poste a presidio della sicurezza dei lavoratori, non potra’ mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Cio’ in quanto, tali disposizioni, secondo orientamento conforme della giurisprudenza di questa Corte, sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli. (cosi’, ex multis Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015 Rv. 263497; Sez. 4, n. 38877 del 29/09/2005, Rv. 232421).
5. Nel secondo motivo di ricorso, la difesa si duole della denegata concessione dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 6.
Afferma, che il G.u.p. aveva espressamente dato atto in sentenza che era intervenuto il risarcimento in favore degli eredi della vittima. Tale affermazione, tuttavia, non si era tradotta nella concessione della invocata attenuante. La questione era stata proposta innanzi alla Corte territoriale che aveva rigettato la richiesta, sostenendo che non vi fosse prova dell’avvenuto integrale risarcimento.
Argomentando in tale modo, la Corte territoriale avrebbe introdotto, secondo la difesa, un elemento valutativo nuovo, dissonante rispetto a quello espresso dal primo giudice.
La questione e’ infondata. Bisogna evidenziare quali condizioni consentano di concedere l’attenuante in parola, ai fini di una corretta disamina della proposizione difensiva.
Ebbene, secondo una interpretazione costante della Corte di legittimita’, ai fini della configurabilita’ della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 6, il risarcimento del danno deve essere integrale e la valutazione sulla sua congruita’ e’ rimessa al giudice, che puo’ anche disattendere un eventuale accordo transattivo intervenuto tra le parti (cosi’ ex multis Sez. 2, n. 53023 del 23/11/2016, Casti, Rv. 268714; conformi: Sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011, Allegra, Rv. 251508; Sez. 1, n. 5767 del 08/01/2010, Scotuzzi, Rv. 246564).
Risulta, dalla consultazione degli atti a cui questa Corte ha avuto accesso i’n ragione della natura della doglianza sollevata dalla difesa, che nessuna prova e’ stata offerta in udienza, innanzi al G.u.p., della entita’ della somma corrisposta a titolo di risarcimento, risultando recepita dal giudice una dichiarazione da cui risultava la rinuncia alla costituzione di parte civile per l’avvenuto risarcimento dei danni. Come ha correttamente osservato la Corte territoriale, tale elemento non consentiva di svolgere alcuna forma di valutazione in ordine alla congruita’ della somma corrisposta. Pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto di condividere, con motivazione immune da censure, la decisione assunta dal primo giudice che non aveva concesso l’attenuante. La contraddizione rilevata dalla difesa tra la motivazione offerta dalla Corte territoriale e l’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado, secondo la quale era avvenuto il risarcimento in favore degli eredi della vittima, e’ solo apparente. Il giudice di primo grado, non ha espresso alcuna valutazione sulla entita’ della somma ricevuta dagli eredi della vittima, essendosi limitato a prendere atto di un avvenuto risarcimento che, evidentemente, non potendo essere valutato in termini di congruita’, ha ritenuto idoneo ai fini della concessione delle attenuanti generiche in rapporto di prevalenza rispetto alla contestata aggravante.
6. Per effetto della intervenuta estinzione del reato contravvenzionale di cui al capo B) della rubrica, la pena inflitta all’imputato puo’ essere rideterminata da questa Corte in mesi sei, giorni venti di reclusione per il residuo reato di cui all’articolo 589 cod. pen..
E’ d’uopo rilevare che la Corte di cassazione, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto, puo’ procedere direttamente alla rideterminazione della pena, ai sensi della nuova formulazione dell’articolo 620 c.p.p., lettera l), come sostituito dalla L. n. 103 del 2017, articolo 1, comma 67, sulla base degli elementi di fatto che emergono dal giudizio di merito (cosi’ Sez. 2, n. 4594 del 17/01/2018, Rv. 272019).
Nel caso in esame si e’ operato un mero calcolo matematico di esclusione del segmento di pena inflitto dai giudici di merito, a titolo di continuazione, per il reato contravvenzionale.
7. Deve pertanto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo “B” perche’ e’ estinto per prescrizione. Si ridetermina la pena in ordine al residuo reato di cui all’articolo 589 cod. pen. di cui al capo “A” in mesi sei giorni venti di reclusione. Si rigetta nel resto il ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo “B” perche’ e’ estinto per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso. Ridetermina la pena in ordine al residuo reato di cui all’articolo 589 c.p. di cui al capo “A” in sei mesi e venti giorni di reclusion
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