Il medico specializzato non deve limitarsi a far eseguire al paziente solo esami clinici riguardanti il proprio settore, ma a fronte dei sintomi manifestati dal paziente deve avere quella flessibilità che porti a considerare patologie che non sono del proprio campo e a sottoporre il paziente ad ulteriori e differenti accertamenti.

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 5 aprile 2018, n. 15178.

Il medico specializzato non deve limitarsi a far eseguire al paziente solo esami clinici riguardanti il proprio settore, ma a fronte dei sintomi manifestati dal paziente deve avere quella flessibilità che porti a considerare patologie che non sono del proprio campo e a sottoporre il paziente ad ulteriori e differenti accertamenti. In caso contrario sussiste la responsabilità medica per negligenza o imprudenza.

Sentenza 5 aprile 2018, n. 15178
Data udienza 12 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Presidente

Dott. TORNESI Daniela Rita – Consigliere

Dott. MICCICHE’ Loredana – Consigliere

Dott. BRUNO M. – rel. Consigliere

Dott. COSTANTINI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 9085/2015 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 03/11/2016;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/01/2018 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAROSARIA BRUNO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Zacco Franca, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la parte civile l’avv. (OMISSIS), che si riporta alla memoria in atti;
Udito il difensore avv. (OMISSIS), che chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza emessa in data 3 novembre 2016, in riforma della pronuncia resa dal Tribunale di Napoli, dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), medico specialista in neurologia, in ordine al reato contestatogli di omicidio colposo in danno di (OMISSIS), perche’ estinto per intervenuta prescrizione. Confermava la condanna al risarcimento del danno resa dal primo giudice in favore delle parti civili costituite e la condanna al pagamento di una provvisionale, quantificata in Euro 70 mila dal primo giudice
2. Era contestato all’imputato di avere cagionato la morte di (OMISSIS), deceduta a seguito di un episodio di sincope, dovuta ad una cardiopatia aritmogena maligna. Si individuavano a carico del sanitario profili di responsabilita’ riconducibili a negligenza, imprudenza e imperizia, nonche’, alla violazione dei protocolli medici e delle linee guida che indicavano, all’epoca dei fatti, il corretto percorso diagnostico terapeutico da intraprendersi in relazione alla cura dei pazienti interessati da episodi di sincope. Il ricorrente, secondo la contestazione elevata a suo carico, condivisa dai giudici di merito, preso in esame il caso della (OMISSIS), che era stata colta da tre episodi sincopali, avvenuti a breve distanza di tempo, avrebbe omesso di prescrivere l’effettuazione dei necessari esami di’ base, che avrebbero permesso di addivenire ad una corretta diagnosi della patologia sofferta dalla giovane. In particolare, si addebitava al ricorrente di non avere prescritto, come primo step di indagine, un elettrocardiograma standard a 12 derivazioni. La mancanza di tale accertamento avrebbe avuto quale conseguenza, la determinazione di un’errata diagnosi di sincope neuromediata vasovagale, la quale risultava fuorviante, impedendo la instaurazione di una terapia idonea a scongiurare successivi episodi di perdita di coscienza. Tali episodi sincopali si ripetevano dopo la visita in altre due occasioni, l’ultima della quali aveva un esito letale.
3. L’imputato proponeva ricorso per Cassazione a mezzo del difensore, deducendo i seguenti motivi di doglianza.
3.1. Primo motivo: nullita’ della sentenza impugnata per mancanza di motivazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), in relazione all’articolo 589 c.p.p., articolo 43 c.p. e L. 8 novembre 2012, n. 189, articolo 3. La difesa evidenziava che il (OMISSIS) non era medico curante della paziente, ma era intervenuto nella vicenda quale specialista d’organo, che ebbe a visitare la giovane in una sola occasione, in data (OMISSIS). Successivamente, non ebbe mai piu’ modo di rivedere la paziente. All’esito del controllo specialistico, effettuato con l’osservazione encefalografica, escluse il sospetto diagnostico per il quale la paziente si era a lui rivolta (epilessia), consigliando la esecuzione di un Tilt Test per avere conferma dell’origine vagale delle manifestazioni di perdita di coscienza. In sede di appello, furono proposte una serie di argomentazioni volte a scagionare il medico dalle accuse elevate nei suoi confronti, alle quali la Corte territoriale non avrebbe fornito puntuale risposta. Le deduzioni formulate nel precedente grado di appello riguardavano i seguenti aspetti: la paziente (OMISSIS) era seguita da un medico curante che aveva prescritto un elettroencefalogramma per sospetta epilessia.
Pertanto, il ricorrente non era titolare dell’indirizzo diagnostico e, dopo la visita specialista, la paziente sarebbe dovuta ritornare dal medico curante; il (OMISSIS) non ebbe a partecipare alle fasi successive dell’iter seguito dalla paziente. Invero, costei si rivolse alla Unita’ di studio delle sincopi dell’Ospedale (OMISSIS), centro cardiologico di eccellenza, con la impegnativa del medico curante e la prenotazione del C.U.P.; il ricorrente nel dare indicazione alla paziente di effettuare il Tilt Test presso una clinica dove operava un medico di propria fiducia, uniformo’ la propria condotta alle linee guida vigenti, essendo, il suddetto Test, un esame di primo livello se eseguito in conformita’ ai protocolli; in ogni caso, il Prof. (OMISSIS), nel dare indicazione alla esecuzione del Tilt Test, versava nel convincimento che esso venisse eseguito previa osservazione con elettrocardiogramma basale o a 12 derivazioni.
La sentenza impugnata non offrirebbe alcuna motivazione in ordine alle ragioni per le quali lo specialista avrebbe assunto la funzione di garanzia in luogo del medico curante. Sul punto, la Corte di appello aveva osservato (pag. 18 della sentenza impugnata) che l’ipotesi di epilessia espressa dal medico curante postulava un accertamento non di sua competenza, all’esito del quale andava “poi svolta l’indagine a largo spettro omessa dall’imputato”. La Corte territoriale, tuttavia, avrebbe trascurato di indicare le ragioni per le quali l’ampliamento della indagine dovesse essere disposto dal (OMISSIS), non tenendo conto delle diverse osservazioni formulate sul punto dal C.T. del P.M., prof. (OMISSIS).
La sentenza, ancora, non avrebbe tenuto conto della circostanza che la paziente effettuo’, dopo la visita specialistica, delle scelte del tutto autonome, prescindendo anche da un solo consulto telefonico con lo specialista e facendo ritorno al medico curante per la prescrizione della esecuzione del Tilt Test. Pertanto, il ricorrente fu definitivamente emarginato dalle scelte successive inerenti alla procedura diagnostica. In proposito, la Corte territoriale avrebbe fornito una motivazione del tutto insufficiente in ordine alla posizione di garanzia che veniva attribuita al ricorrente nella conduzione dell’iter diagnostico.
A pag. 13 della motivazione, si affermava che le perdite transitorie di coscienza andavano affrontate secondo le linee guida pubblicate nel documento condiviso dalla GIAC, che imponeva, nel corso della valutazione iniziale, l’esecuzione dell’elettrocardiogramma standard e non del Tilt Test, da reputarsi inadeguato e non risolutivo, come comprovato dal grafico contenuto nello stesso protocollo. Secondo la difesa, la Corte territoriale, cosi’ argomentando, sarebbe rimasta ancorata alle affermazioni del prof. (OMISSIS), C.T. del P.M., il quale aveva affermato nella relazione che “il Tilt Test e’ un esame di secondo livello caratterizzato da bassa specificita’ e sensibilita’”. Le linee guida valide per l’approccio diagnostico delle perdite di coscienza temporanee all’epoca vigenti, rammentava la difesa, erano quelle pubblicate dalla Commissione composta da societa’ Italiana Cardiologia; Associazione nazionale medici Cardiologi; Associazione Cardiologi del Territorio; Societa’ di Ecografia Cardiovascolare. Esse, risalenti all’anno 2004, erano state redatte da specialisti in cardiologia e prevedevano che l’approccio diagnostico potesse essere, indifferentemente, cardiaco o neuromediato. In tal caso, prevedevano che fosse specialmente indicato il Tilt Test, il cui protocollo di esecuzione prevedeva che venisse effettuato in costanza di monitoraggio elettrocardiografico, supini ed in piedi, per 60 minuti.
La Corte d’appello, lamentava il difensore, si sarebbe sottratta al confronto con tali argomentazioni, liquidando il tema con la mera osservazione che, anche il prof. (OMISSIS), C.T. della parte civile ed il prof. (OMISSIS), C.T. della difesa, si erano pronunciati nel senso della inadeguatezza del Tilt Test. Tale affermazione, tuttavia, superficiale e non argomentata, sarebbe contraddetta dall’esame dibattimentale dei consulenti, che hanno invece affermato come la esecuzione del Tilt Test preveda l’obbligatorio monitoraggio elettrocardiografico, prescritto dalle linee guida che, tuttavia, non preciserebbero il numero derivazioni (3 o 12). Contrariamente a quanto sostenuto dai giudici dell’appello, risulterebbe dalla relazione del Prof. (OMISSIS) che, al cospetto di una sincope vagale di origine sconosciuta, la indicazione del Tilt Test sia conforme alle linee guida. Peraltro, in tal senso, depongono anche le testimonianze raccolte dai medici specialisti esaminati in dibattimento, professori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che la Corte territoriale avrebbe del tutto omesso di considerare.
Pertanto, la motivazione della sentenza sarebbe del tutto confusa e carente sul tema delle linee guida, confondendo protocolli esecutivi e indicazioni all’approccio diagnostico.
La conferma della inadeguatezza e della contraddittorieta’ della motivazione, si ricaverebbe dal richiamo conclusivo, contenuto a pagina 13 della sentenza, al cd. Flow Diagram, dal quale invece si ricava la pari dignita’ degli esami in questione.
Pertanto, in caso di sincope di origine sconosciuta, e’ parimenti indicata sia l’indagine cardiaca che quella neuromediata o ortostatica, eseguite con esami cardiaci e test specifici. Nel caso che gli uni o gli altri offrano esito negativo, sara’ necessario il rinvio allo specialista d’organo. In caso positivo, si dovra’ procedere al trattamento.
La mancanza di argomentazioni sulla osservanza delle Linee Guida, si tradurrebbe in un difetto totale della motivazione ín tema di colpa specifica. La colpa professionale con addebito di’ imperizia, invero, dovrebbe essere valutata con larghezza di vedute e comprensione.
La responsabilita’ penale del medico al quale sia mosso addebito di imperizia, puo’ essere configurata solo nell’ambito della colpa grave, che si riscontra nell’errore inescusabile. Tale non sarebbe il caso del ricorrente. La sentenza non dedica alcuna valutazione alla eccezione difensiva circa il difetto della colpa e l’apprezzamento del grado della stessa, che si imponeva al cospetto della contestazione di colpa specifica per violazione di linee guida. Tutti gli elementi raccolti porterebbero a sostenere che il prof. (OMISSIS), contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, abbia agito con perizia, diligenza e prudenza sia nell’indicazione del sospetto diagnostico (avendo escluso patologie nEurologiche e concluso per una sincope di natura sconosciuta), sia prescrivendo il Tilt test (in conformita’ al consenso della comunita’ scientifica), sia suggerendo alla paziente di effettuare il Tilt test con l’assistenza di altro sanitario di sua fiducia, nella certezza che tale indagine sarebbe stata praticata con osservazione del paziente ed ECG a 12 derivazioni.
3.2 Secondo motivo: nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), per difetto della motivazione in relazione agli articoli 589 e 40 c.p.. La Corte di Appello affiderebbe le risposte alle censure mosse in tema di casualita’ a poche, scarne osservazioni, nonche’, al richiamo dei principi enunciati dalla Corte di legittimita’ in tema di nesso causale, senza procedere, tuttavia, ad una effettiva verifica del giudizio controfattuale. Essa muoverebbe dal presupposto che sia stata accertata la causa che determino’ la morte della (OMISSIS), individuata in una malattia elettrica del cuore, pur nella impossibilita’ di precisarne la specifica sindrome.
Assumerebbe, quale fondamento del proprio ragionamento causale, un elemento che sarebbe del tutto incerto, affermando che la morte della (OMISSIS) sia ascrivibile a malattia elettrica del cuore, identificabile quale “canalopatia” o altra sindrome. La sentenza, in realta’, sul punto traviserebbe del tutto le risultanze dibattimentali, attribuendo ai consulenti conclusioni che essi non hanno raggiunto. In assenza di diagnosi anatomo patologica di patologia cardiaca, il prof. (OMISSIS) ha concluso che la morte della (OMISSIS) sia da classificare come “morte improvvisa circolatoria”, per alterazione letale del ritmo cardiaco, imprevedibile e riconducibile a cause naturali. Il prof. (OMISSIS), C.T. della parte civile, ha affermato che la causa della morte puo’ essere individuata in una “aritmia ventricolare maligna all’esito di una malattia cardiovascolare non definitivamente accertata”. Il prof. (OMISSIS) (C.T. del P.M.), nel sostenere la necessita’ di un accertamento ecocardiografico ed elettrocardiografico, ha del pari concluso che tali accertamenti non avrebbero consentito, con certezza, la diagnosi della malattia cardiaca. Il prof. (OMISSIS) ha, viceversa, segnalato la rilevanza essenziale delle indagini macroscopiche, istologiche e genetiche ai fini della diagnosi in morte, evidenziando come non siano emerse cardiopatie strutturali dalle prime due e come l’indagine genetica sui tessuti non abbia rivelato anomalie cardiache microstrutturali. Pertanto, l’ipotesi della canalopatia o della malattia elettrica come causa della morte, resterebbe una mera suggestione. Peraltro, la Corte territoriale, avrebbe ignorato la circostanza, introdotta dal dott. (OMISSIS) (esecutore del Test) in dibattimento, che la (OMISSIS) venne sottoposta prima ad osservazione elettrocardiografica a 12 derivazioni e, durante la esecuzione del Test, ad osservazione con ECG a 3 derivazioni (idoneo, a parere del medico, alla identificazione di tutte le aritmie). La Corte avrebbe parimenti ignorato il dato statistico offerto dal dott. (OMISSIS), circa la percentuale di morti improvvise imprevedibili, che ammontano a 57.000 casi in Italia per anno, ascritte a cause sconosciute, assolutamente non prevedibili. La sentenza, dunque, sul tema del nesso causale apparirebbe del tutto illogica.
Sempre sotto il profilo del ragionamento controfattuale, il prof. (OMISSIS) aveva avanzato l’ipotesi che la crisi risultata fatale, poteva essere stata la prima manifestazione di un’aritmia maligna, mentre le precedenti crisi sincopali potevano essere ascritte a manifestazioni di origine vagale.
Con tali premesse il giudizio controfattuale porterebbe alla necessaria esclusione del nesso causale, poiche’ non sarebbe sostenibile che la condotta omessa si atteggi a conditio sine qua non dell’evento.
3.3 Terzo motivo: nullita’ della sentenza per difetto di motivazione in relazione alla difformita’ con l’accusa contestata. Il giudice di primo grado disattese la imputazione, attribuendo rilievo decisivo, nella vicenda, all’autorevolezza del prof. (OMISSIS), causa di un affidamento incondizionato della paziente. La sentenza impugnata, non avrebbe offerto alcuna risposta alla doglianza difensiva avanzata sul punto in sede di appello.
Da cio’ discenderebbe la nullita’ della sentenza di primo grado, ai sensi dell’articolo 522 c.p.p..
3.4 Quarto motivo: nullita’ della sentenza per mancanza di motivazione sulle statuizioni civilistiche ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), in riferimento all’articolo 538 c.p.p. e articoli 40 e 41 c.p..
Con l’atto di appello si sollecitava l’attenzione della Corte territoriale sul profilo dei concorso di colpa del medico curante e del professionista che esegui’ il Tilt Test. La Corte territoriale avrebbe sul punto offerto una motivazione incongrua che travisava i termini della richiesta, affermando che la condotta dei sanitario che aveva effettuato il Tilt Test e del medico curante, sebbene valutabili ai fini del grado della colpa dell’odierno imputato, non valgono ad escludere il nesso di causalita’. Ne conseguirebbe un difetto della motivazione della sentenza impugnata che, nel riconoscere il concorso di colpa, ha del tutto omesso di valutare la misura percentuale del contributo degli altri concorrenti, rilevante ai fini risarcitori, con evidente pregiudizio delle ragioni del ricorrente il quale ha interesse all’accertamento dell’eventuale concorso alla produzione dell’evento e della sua misura sotto l’aspetto della entita’ del risarcimento.
4. La parte civile ha depositato memoria difensiva, con cui ha richiesto la declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso o il suo rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso proposti dalla difesa del ricorrente sono infondati, pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
2. La Corte di appello, nel dichiarare non doversi procedere nei confronti dell’imputato per estinzione del reato per intervenuta prescrizione, ha confermato la sentenza del Tribunale in punto di statuizioni civili.
Quanto alla ricostruzione in fatto, ripercorrendo dettagliatamente la vicenda sulla base delle dichiarazioni della madre della persona offesa, ha evidenziato che la giovane (OMISSIS) era stata colpita da alcuni episodi sincopali caratterizzati dalla perdita di conoscenza, con rilascio delle urine. La giovane, al cospetto di tali sintomi preoccupanti, si rivolse al medico di base che, dopo averle prescritto un elettroencefalogramma e le analisi del sangue di rito, le consiglio’ di effettuare una visita neurologica.
La giovane e sua madre, dopo avere raccolto informazioni presso colleghi di lavoro e d’universita’, essendo ambedue introdotte negli ambienti medici, decisero di rivolgersi al prof. (OMISSIS), avendo ricevuto ampie assicurazioni sulla bravura e l’indiscussa competenza nel campo neurologico del ricorrente.
Nel corso del consulto, l’imputato pratico’ un ulteriore esame elettro encefalografico ed effettuo’ la visita, dopo avere raccolto la descrizione dei sintomi e delle modalita’ delle crisi subite dalla paziente. All’esito, escludendo patologie neurologiche di rilievo, rimarcate dalla espressione “signora sua figlia e’ sana come un pesce” ed affermando che gli episodi di perdita di coscienza non comportavano rischi per la ragazza, ipotizzo’ che si potesse trattare di crisi vagali, ponendo una diagnosi di “crisi sincopali a genesi vagale”. In ragione di cio’, prescrisse una terapia di supporto ed anche l’effettuazione di un Tilt test che egli consiglio’ di praticare presso un professionista di sua fiducia.
La (OMISSIS) preferi’ effettuare il Tilt test presso l’Ospedale (OMISSIS) di Napoli, ritenendo tale centro maggiormente all’avanguardia in questo settore. Il test, la cui efficacia e’ stata messa fortemente in discussione dagli esperii esaminati in dibattimento, escluse patologie nEurologiche di rilievo, inducendo la vittima e sua madre a ritenere confermata la diagnosi benigna del neurologo.
In ragione della fiducia riposta nelle parole del (OMISSIS), la giovane si determino’ a non approfondire ulteriormente le cause poste a base dei suoi svenimenti e continuo’ le sue normali attivita’. Fu cosi’ raggiunta da altri attacchi di perdita di coscienza, che ne determinarono la morte il (OMISSIS).

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