L’assicurazione per la responsabilita’ professionale e’ una forma di assicurazione per la responsabilita’ civile volta a tutelare il professionista-assicurato dal rischio connesso ai danni provocati a terzi nell’esercizio della sua attivita’ professionale, trasferendo sull’assicuratore, previo il pagamento del premio assicurativo, il rischio connesso e l’obbligo di indennizzare i terzi danneggiati.
Cio’ che rileva, ai fini dell’operativita’ della polizza assicurativa, e’ se il comportamento posto in essere rientri nell’ambito dell’attivita’ individuata dalla polizza come risarcibile, o se si collochi al di la’. Essa presuppone che il danno sia stato causato dal professionista, direttamente attraverso l’attivita’ professionale carente, o indirettamente per carenze organizzative o di diligenza del proprio studio del quale egli indirettamente risponde. Qualora non sia, come nella specie, contestato che il comportamento per il quale il commercialista e’ stato ritenuto responsabile verso il cliente rientrasse nel rischio assicurato, egli non e’ di per se’ tenuto, ai fini dell’operativita’ della polizza, ad indicare all’assicuratore l’effettivo, materiale responsabile dell’attivita’ dannosa, sia essa attiva o omissiva, che potrebbe non essere neppure in grado di individuare con certezza.
Ne’ a tanto puo’ ritenersi obbligato dalla previsione contrattuale che estenda, come nella specie, la copertura assicurativa, oltre ai danni dei quali sia responsabile il titolare dello studio, ai danni provocati a terzi da altri soggetti individuati operanti abitualmente all’interno dello studio (i dipendenti dello studio, per comportamenti dolosi, i collaboratori indicati nominativamente) perche’ e’ una previsione volta ad ampliare il novero dei soggetti per la cui attivita’ puo’ essere chiamata a rispondere l’assicurazione, e non a circoscriverlo alle sole ipotesi di specifica individuazione dei responsabili del singolo atto foriero di conseguenze pregiudizievoli per i terzi.
Ordinanza 26 settembre 2017, n. 22339
Data udienza 11 maggio 2017
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3079-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del procuratore speciale pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE VOLONTARIA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2171/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/05/2017 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.
I FATTI DI CAUSA
La (OMISSIS) s.r.l. proponeva azione di risarcimento danni per responsabilita’ professionale nei confronti del proprio commercialista, rag. (OMISSIS), per non aver eseguito correttamente gli obblighi di domiciliazione assunti, smarrendo o mancando di ricevere, come era suo compito, e di inoltrare alla societa’ alcune raccomandate contenenti una cessione di credito, ed inducendo in tal modo la societa’ attrice, ignara dell’intervenuta cessione, ad effettuare il pagamento del debito ceduto nei confronti del proprio originario creditore, e a dover rinnovare tale pagamento in favore della banca cessionaria. Il professionista chiamava in causa la propria compagnia assicuratrice per la responsabilita’ professionale.
La domanda di risarcimento danni nei confronti del commercialista veniva rigettata in primo grado ma accolta in appello, con condanna del commercialista a risarcire i danni alla societa’ per circa 26.000,00 Euro.
La domanda di manleva proposta dall’ (OMISSIS) verso la propria compagnia di assicurazioni veniva invece rigettata, sul presupposto che il commercialista avesse omesso di indicare chi fosse il responsabile della mancata presa in consegna delle raccomandate dirette alla (OMISSIS), impedendo in questo modo alla compagnia di assicurazioni di potersi rivalere verso il responsabile ed impedendo l’operativita’ della polizza.
Il rag. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione articolato in due motivi nei confronti di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione volontaria, per la cassazione della sentenza n. 2171/2013, depositata dalla Corte d’Appello di Roma il 6 dicembre 2013.
Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.p.a., subentrata alla (OMISSIS) s.p.a..
Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.
La Procura Generale non ha formulato conclusioni scritte.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 46, 2230 e 1176 c.c.. affermando di aver ammesso la propria mancanza di diligenza in relazione alla mancata ricezione di alcune raccomandate rilevanti per la societa’ sua cliente, e che la corte d’appello sarebbe incorsa in errore nel ritenere inoperante la polizza assicurativa.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, facendo riferimento ad una nozione di vizio di motivazione non piu’ vigente al momento della proposizione del ricorso. La censura attinente alla motivazione non puo’ pertanto essere presa in considerazione.
Il primo motivo di ricorso invece e’ fondato e va accolto, sulla base delle considerazioni che seguono, prendendo in considerazione ai fini dell’argomentazione dei rilievi contenuti nel primo motivo quanto specificato nel complesso del ricorso.
Il ricorrente deduce che la polizza lo garantiva contro gli errori propri ed anche contro gli atti commessi con dolo da suoi dipendenti e contro atti compiuti da suoi collaboratori purche’ indicati in polizza.
La corte d’appello ha affermato che, non avendo lui indicato, all’interno del personale e dei collaboratori dello studio, chi dovesse essere ritenuto responsabile per la mancata ricezione delle raccomandate, non avrebbe consentito di verificare che effettivamente il difetto di diligenza fosse imputabile a soggetti coperti dalla garanzia assicurativa.
Il ricorrente precisa che, non avendo all’epoca collaboratori fissi, e non sapendo di preciso quale fosse stata la sorte delle raccomandate, di certo indirizzate presso il suo studio, ove si domiciliava il cliente e dove all’epoca dei fatti era anche in corso una ristrutturazione, e quindi chi, in concreto, le avesse smarrite, si era assunto direttamente la responsabilita’ dell’accaduto e quindi che avrebbe dovuto esser coperto dall’assicurazione, che lo assisteva per eventuali errori forieri di danni connessi all’esercizio della sua attivita’ professionale.
Il motivo e’ fondato.
L’assicurazione per la responsabilita’ professionale e’ una forma di assicurazione per la responsabilita’ civile volta a tutelare il professionista-assicurato dal rischio connesso ai danni provocati a terzi nell’esercizio della sua attivita’ professionale, trasferendo sull’assicuratore, previo il pagamento del premio assicurativo, il rischio connesso e l’obbligo di indennizzare i terzi danneggiati.
Cio’ che rileva, ai fini dell’operativita’ della polizza assicurativa, e’ se il comportamento posto in essere rientri nell’ambito dell’attivita’ individuata dalla polizza come risarcibile, o se si collochi al di la’. Essa presuppone che il danno sia stato causato dal professionista, direttamente attraverso l’attivita’ professionale carente, o indirettamente per carenze organizzative o di diligenza del proprio studio del quale egli indirettamente risponde. Qualora non sia, come nella specie, contestato che il comportamento per il quale il commercialista e’ stato ritenuto responsabile verso il cliente rientrasse nel rischio assicurato, egli non e’ di per se’ tenuto, ai fini dell’operativita’ della polizza, ad indicare all’assicuratore l’effettivo, materiale responsabile dell’attivita’ dannosa, sia essa attiva o omissiva, che potrebbe non essere neppure in grado di individuare con certezza.
Ne’ a tanto puo’ ritenersi obbligato dalla previsione contrattuale che estenda, come nella specie, la copertura assicurativa, oltre ai danni dei quali sia responsabile il titolare dello studio, ai danni provocati a terzi da altri soggetti individuati operanti abitualmente all’interno dello studio (i dipendenti dello studio, per comportamenti dolosi, i collaboratori indicati nominativamente) perche’ e’ una previsione volta ad ampliare il novero dei soggetti per la cui attivita’ puo’ essere chiamata a rispondere l’assicurazione, e non a circoscriverlo alle sole ipotesi di specifica individuazione dei responsabili del singolo atto foriero di conseguenze pregiudizievoli per i terzi.
Sarebbe stato piuttosto onere dell’assicurazione dedurre e provare che il comportamento era stato posto in essere da soggetto non garantito e per il quale il professionista non era chiamato a rispondere, ovvero ne’ dal commercialista ne’ da altra persona al cui operato, in base alle previsioni della polizza, si estendeva la garanzia professionale.
La sentenza impugnata va cassata in accoglimento del primo motivo, e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione, che decidera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.
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