Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 4 settembre 2017, n. 4190

Le giustificazioni servono a chiarire la serietà e la congruità dell’offerta economica e sono finalizzate all’esigenze della stazione appaltante di conoscere la struttura dei suoi costi di produzione: per cui, in fase di controllo dell’anomalia, anche quando risulti rispettato il saldo complessivo, non è comunque possibile un’indiscriminata ed arbitraria modifica postuma della composizione dell’offerta economica.

Sentenza 4 settembre 2017, n. 4190
Data udienza 27 giugno 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1305 del 2017, proposto da:

Ca. Soc. Coop. a r.l. ed altri in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’avvocato Ma. Du., con domicilio eletto presso lo studio Di. Va. in Roma, (…);

contro

Estar – Ente di Supporto Tecnico-Amministrativo Regionale non costituito in giudizio;

nei confronti di

Du. Se. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Mo., Al. Ma. Br., Or. Co., con domicilio eletto presso lo studio Al. Ma. Br. in Roma, viale (…);

Azienda Ospedaliero – Universitaria Careggi non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, n. 1831/2016, pubblicata in data 22/12/2016.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Du. Se. S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Di. Va. su delega dichiarata di Ma. Du., Em. Pa. su delega di Al. Ma. Br. e di Gi. Mo. e Or. Co.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 1032/2016, il Tar della Toscana, in accoglimento del ricorso proposto dalla seconda classificata Du. Se. s.r.l., aveva annullato l’aggiudicazione dell’appalto del servizio di ristorazione degenti per l’Azienza Ospedaliero-Universitaria Careggi, per l’affermata illegittimità della procedura di verifica dell’anomalia dell’offerta della odierna appellante CA., relativamente alle inadeguate giustificazioni della voce “spese generali”. La pronuncia stabiliva, nella sua parte conformativa, il rinnovo delle operazioni di verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria.

In esecuzione della predetta decisione del TAR n. 1032/2016, la stazione appaltante ha nuovamente proceduto a verificare la sostenibilità in concreto dell’offerta economica della predetta aggiudicataria. All’esito della procedura, la stazione appaltante ha ritenuto di confermare il proprio giudizio di adeguatezza delle giustificazioni presentate dall’aggiudicataria CA., disponendo una nuova aggiudicazione dell’appalto in suo favore.

Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR, in accoglimento di un nuovo ricorso della seconda classificata Du. Se. S.r.l., ha annullato il provvedimento di aggiudicazione, ritenendo illegittimo, per difetto di motivazione e di istruttoria, il giudizio di non anomalia dell’offerta, con riguardo alle spese generali, le cui voci (es. costi di autonoleggio mezzi, consumi di energia, e spese telefoniche) erano, secondo il TAR, di un importo tale da superare l’ammontare originariamente indicato di euro 1.363.187,00.

In particolare, secondo la sentenza di primo grado, in sede di rinnovata verifica dell’anomalia dell’offerta, illegittimamente la CA. aveva prodotto una nuova prospettazione delle singole componenti delle “spese generali”, determinando una significativa modifica delle giustificazioni inizialmente presentate.

L’appello, senza l’intestazione di una specifica rubrica, deduce nella sostanza la violazione dei limiti di ragionevolezza dell’uso della discrezionalità tecnica ed abuso di potere giurisdizionale, in quanto il giudice di primo grado avrebbe sostituito la valutazione riservata alla stazione appaltante con una propria, errata, valutazione di merito circa la affidabilità bontà dell’offerta.

Con memoria in data 27 marzo 2017 la CA. ha ulteriormente specificato le proprie deduzioni ed ha sottolineato le argomentazioni a sostegno della legittimità del provvedimento annullato dal Tar.

Si è costituita in giudizio la Du. che, con le proprie memorie rispettivamente in data 27 marzo, 10 giugno e 16 gennaio 2017, ha confutato le argomentazioni dell’appellante, concludendo per il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica di discussione, uditi i difensori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

Con l’unico mezzo di gravame l’appellante lamenta che le valutazioni del giudice di primo grado, nel merito del sistema organizzativo dell’impresa, avrebbero ampiamente travalicato i limiti della discrezionalità riconosciuta in via esclusiva alla stazione appaltante, nell’ambito del giudizio di anomalia dell’offerta, seguito all’intenso dialogo istruttorio del luglio del 2016.

A dire dell’appellante, le spese generali indicate nelle nuove giustificazioni — specificamente documentate – erano state correttamente articolate in ulteriori componenti specifiche, quali:

–voci di spesa (utenze, noli, servizi e automezzi acquisti vari, costi amministrativi, costi di coordinamento, oneri finanziari eccetera);

— voci di ricavi (vendita di generi extra al di fuori dell’appalto, premi di fine anno riconosciuti dai fornitori di fatturati, supera ammortamenti fiscali).

Pertanto, per l’appellante le spese generali, esposte in € 1.393.299,00, avrebbero dovuto in realtà essere calcolate per differenza tra il valore dei costi, stimato in € 2.433.820,559, e l’entità dei ricavi ammontanti ad € 1.040.521,98.

Tali voci erano state ritenute del tutto corrette sia dalla commissione in sede di rinnovo della procedura di anomalia, sia dalla stazione appaltante all’atto dell’approvazione della nuova aggiudicazione alla CA.. Pertanto, del tutto erroneamente il Tar avrebbe affermato che la nuova prospettazione delle spese generali dell’aggiudicataria avrebbe costituito una “modifica innovativa” dell’offerta, giacché il risultato economico finale sarebbe stato riferito al totale complessivo dei costi, decurtato dei nuovi ricavi ricondotti delle spese generali, come elementi da portare in detrazione dall’ammontare complessivo dei costi.

Il Tar non avrebbe tenuto conto che l’inserimento dei ricavi nell’ambito delle spese generali sarebbe stato alla base del corretto modello di scomposizione dell’offerta economica. Inoltre, la giustificazione dell’offerta esposta dall’appellante sarebbe stata altresì sufficientemente documentata mediante:

— le copie di alcune note di credito emesse dai fornitori, dalle quali si evinceva un premio medio annuo del 4,5%;

— l’apposito prospetto di calcolo dei benefici fiscali previsti dalla legge di stabilità, in favore delle imprese che avessero effettuato investimenti per beni materiali nuovi nel periodo compreso il 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016.

Nel giudizio di primo grado l’oggetto dell’analisi processuale non sarebbe stata tanto la credibilità della serietà dell’offerta, ma le metodologie organizzative e produttive delle impresa.

In ogni caso, la sentenza avrebbe fatto luogo ad un giudizio eccessivamente analitico sulla anomalia dell’offerta e comunque molto più approfondito, rispetto alle prassi generalmente conosciute: il Tar avrebbe così superato il confine di ciò che si può sindacare in sede di verifica processuale, e si sarebbe soffermato sui singoli aspetti di dettaglio dell’offerta, in luogo di far luogo ad una verifica complessiva dell’anomalia (cfr. Sezione V n. 3855/2016).

L’appellante deduce, ancora, che il TAR abbia erroneamente ritenuto che in occasione della seconda verifica dell’anomalia l’aggiudicataria avrebbe operato una sostanziale modifica degli elementi dell’offerta e della loro giustificazione. A sostegno della propria tesi, l’appellante sostiene che, a partire dal 1 luglio 2016, il risultato economico non andrebbe più riferito al valore complessivo solo delle spese generali ma dell’importo delle spese al netto della decurtazione dei ricavi. Al riguardo sarebbe arbitraria l’affermazione per cui la CA. avrebbe dovuto imputare i “ricavi netti” all'”utile aziendale”, in quanto l’utile è computato quale differenza fra costi e ricavi.

Per quanto riguarda, invece, la contestazione circa il costo di acquisto di generi alimentari extra, l’appellante ricorda che:

— tali forniture erano state previste espressamente dall’articolo 27 del capitolato generale;

— i generi extra non potevano essere messi nella tabella dei prezzi dei generi alimentari perché tali indicazioni andavano inserite “scheda di dettaglio dell’offerta economica” e non nella “tabella dei prezzi dei generi extra”.

L’appellante CA. contesta poi l’affermazione della controinteressata Du. per cui avrebbe fatto un ricorso continuativo e costante alla fornitura di generi alimentari extra, che contemplano prezzi più elevati al di fuori del ribasso della base d’asta, mentre invece avrebbe computato un costo per giornata alimentare per l’acquisto dei generi pari a euro 4,066, ed avrebbe documentato con le fatture l’incidenza di tale produzioni extra, depositando le fatture, non solo, della “Hu. Mi.”, della Fondazione poliambulanza, e dell’Azienda Ospedaliera Parma, ma anche quelle relative alla gestione provvisoria presso l’azienda ospedaliera di Careggi dalle quali risulterebbe che l’incidenza dei generi extra nei due mesi di luglio ed agosto 2016 è stata di € 0,25 a pasto.

L’indicazione del “25%” delle derrate extra sulla giornata alimentare sarebbe stata poi un mero refuso di battitura per cui, se si fosse confrontato il dato con la tabella 12 allegata alla nota del 1 luglio 2016, sarebbe stato facile verificare che l’importo esatto era di € “0,25”.

Per quanto riguarda i super-ammortamenti, la CA., nelle giustificazioni del luglio 2016, aveva fatto riferimento alle agevolazioni introdotte dalla legge di stabilità 2016 per le imprese avevano effettuato investimenti in beni materiali strumentali tra il 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016 e che la CA. aveva esposto per l’importo di euro 1.499.999,91, che avrebbe da consentire un recupero fiscale pari ad euro 147.499,99.

Al momento della verifica dell’anomalia il termine finale del 31.12.2016 non è ancora spirato e, del resto successivamente lo stesso fu stabilizzato con la proroga per tutto l’anno 2017.

In definitiva la valutazione dell’anomalia giudizio della commissione sull’offerta dell’appellante complessivamente corretta ed equilibrata, erroneamente annullata dal Tar.

L’assunto dell’appellante va complessivamente disatteso.

In linea generale, si deve sottolineare come, a maggior ragione in appalti di rilevante consistenza economica e di significativa durata, è indispensabile che l’imprenditore individui la relativa fattibilità finanziaria e valuti ex ante il punto di equilibrio dell’affare.

Le voci di costo del piano finanziario sono tutti elementi che devono, di norma, precedere una offerta seria, e non possono essere oggetto di una successiva totale, ed arbitraria, ricostruzione da parte del concorrente.

Tutti i fattori di costo dell’operazione che sono inizialmente computati dovrebbero costituire, in sede di subprocedimento di verifica dell’anomalia, elementi di fatto precostituiti su cui articolare le giustificazioni (delle singole poste e del relativo complesso), da mettere a disposizione della stazione appaltante, e ciò proprio al fine di dare la prova della congruità e della veridicità dei dati che sono stati posti a base del giudizio iniziale di convenienza dell’affare.

In tale ottica una corretta gestione aziendale di un’offerta per una procedura ad evidenza pubblica, presuppone che il concorrente proceda alla preventiva verifica non solo di tutte le specifiche voci di costo, ma anche dell’incidenza percentuale della nuova produzione sugli altri ordinari oneri generali dell’azienda.

Del resto, la Sezione ha affermato che, nella disciplina legislativa di riferimento, le giustificazioni servono a chiarire la serietà e la congruità dell’offerta economica e sono finalizzate all’esigenze della stazione appaltante di conoscere la struttura dei suoi costi di produzione: per cui, in fase di controllo dell’anomalia — anche quando risulti rispettato il saldo complessivo– non è comunque possibile un’indiscriminata ed arbitraria modifica postuma della composizione dell’offerta economica (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 15/04/2016, n. 1533).

Ed è questo il nucleo della questione: a prescindere dal merito della loro attendibilità, i nuovi elementi indicati avrebbero dovuto essere ab inizio inseriti nelle giustificazioni.

Illegittimamente un’impresa, di fronte alla evidente inadeguatezza degli elementi di costo indicati in un primo momento, successivamente ribalta del tutto l’impianto originario delle precedenti giustificazioni.

Giustamente il TAR ha dunque rilevato la semplice circostanza per cui le nuove giustificazioni erano del tutto innovative delle precedenti indicazioni di costi, e che questo determinava ex se un vizio insanabile della procedura.

Con questo non si vuole certo significare che tutti gli elementi (basati su valutazioni, stime, o dati) posti a base del business plan non possano avere una certa dinamica, o non possano essere specificati o adattati in base ad individuabili conoscenze, ovvero circostanze, sopravvenute, ma tale modifiche non possono integrare stravolgimenti della stessa impostazione finanziaria delle poste.

E’ dunque evidente che, ineluttabili esigenze di serietà, di stabilità ed affidabilità dell’offerta impediscono che possa consentirsi una trasformazione successiva della struttura dei costi aziendali, o comunque una libera rimodulazione delle singole voci dell’offerta economica (così Consiglio di Stato, sez. III, n. 1533 cit.).

Volendo affermare il contrario si finirebbe infatti per snaturare completamente la funzione e i caratteri del subprocedimento di anomalia.

Anche la dimostrazione di congruità di una voce ampia e generica, come quella delle spese generali, — che implica una certa approssimazione nella stima di alcune sue componenti — deve comunque essere giustificata in maniera chiara con le sue componenti dirette ed indirette (connesse con l’incidenza della maggiore produzione sui costi fissi).

Nel caso in esame, gli stessi importi qui in discussione rendono evidente come non si possono ritenersi ragionevolmente giustificate attraverso l’artificiosa detrazione postuma di € 1.040.521,98 per ricavi diversi, “spese generali” ammontanti ad un valore stimato in € 2.433.820, ed inizialmente esposte in € 1.393.299,00.

La CA., nelle prime giustificazioni, ha individuato il “costo complessivo” delle “spese generali” (ripartendole tra “costi generali” e “costi di struttura”) e poi, a fronte dell’incapienza della cifra allocata a tale titolo rispetto ai relativi oneri, ha comunque cercato di giustificare, ex novo e per la prima volta, la congruità dell’importo delle “spese generali” con la sottrazione di alcune partite attive dell’affare (quali nel caso, le note di credito emessi dai fornitori dai quali si evincerebbe un premio medio annuo del 4,5%; il calcolo dei benefici fiscali previsto dalla legge di stabilità, ecc.).

Contrariamente a quanto vorrebbe l’appellante negli appalti pubblici, il modello di scomposizione dell’offerta economica, di norma, comprende solo la somma dei costi e l’utile operativo, mentre la valutazione di introiti specifici e degli “altri ricavi” diretti ed indiretti ha rilievo solo sotto il profilo economico, e non può in sede di anomalia essere utilizzato ex post per rettificare voci manifestamente incongrue.

E’ dunque assolutamente evidente che, di fronte all’impossibilità di sostenere le proprie prospettazioni iniziali circa l’incidenza delle varie sotto-voci, l’aggiudicataria — per cercare di dimostrare comunque la persistenza degli equilibri economici nell’affare — ha introdotto in seconda battuta, nuovi elementi ed un’impostazione stessa delle giustificazioni di cui non vi era alcuna traccia in quelle del 1 febbraio 2016 che facevano riferimento a decurtazioni di oneri con concorrenti “ricavi”.

Non è stato dunque il giudice di primo grado a sindacare il merito dell’organizzazione produttiva dell’offerente, come afferma la CA., ma è la stessa impresa che si è allontanata dalle prassi generalmente conosciute, introducendo un meccanismo di valutazione del tutto estraneo alle “spese generali” in senso tecnico.

Nel caso in esame, è quindi inconferente il richiamo a quella giurisprudenza per cui il giudice, nella valutazione dell’anomalia, non può limitarsi ad una singola voce dell’offerta, ma deve valutare il complesso degli elementi, in quanto qui il sindacato giurisdizionale si è ab origine limitato alle spese generali.

Si deve quindi anche escludere che il TAR si sia sostituito all’amministrazione nell’effettuazione di valutazioni di merito sulla congruità dei costi dell’impresa, travalicando così i limiti esterni della giurisdizione nella considerazione degli elementi introdotti.

A parte il fatto che, la pienezza del sindacato sull’eccesso di potere, di cui agli artt. 7 e 133 del c.p.a., ben consente al giudice amministrativo una analitica valutazione – anche a mezzo di verificazioni e di CTU – sul corretto utilizzo della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione relativamente alla valutazione sia della credibilità complessiva e delle singole voci di costo dell’offerta e sia delle effettive capacità organizzative e funzionali dell’impresa, qui è decisivo il fatto per cui il TAR ha contestato in radice la legittimità del tentativo postumo di computare a defalco le partite attive dell’affare (e cioè voci di ricavi quali le note di credito emessi dai fornitori dai quali si evinceva un premio medio annuo del 4,5%; il calcolo dei benefici fiscali previsto dalla legge di stabilità, ecc.). Per questo, del tutto irrilevanti finiscono per rivelarsi tutti gli argomenti dell’appellante per cercare di dimostrare, sul piano fattuale, l’esattezza di tali estemporanee giustificazioni postume.

Ha dunque pienamente ragione il Primo Giudice quando sottolinea che le giustificazioni costituivano “… una rielaborazione postuma dell’offerta che lascia intatti i saldi finali ma introduce elementi di significativa novità nella modulazione delle voci di offerta, come tale inammissibile, in quanto direzionata ben oltre la mera verifica della congruità dell’offerta come strutturata sin dall’inizio”.

In definitiva le nuove giustificazioni si risolvevano in un escamotage successivo che illegittimamente vanificava la finalità di verifica della congruità e dell’attendibilità dell’offerta, e con essa l’interesse pubblico a garantire la buona esecuzione dell’esecuzione del contratto.

In conclusione l’appello è infondato in tutti i suoi profili.

Le spese, secondo le regole generali seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando:

1.) Respinge l’appello, come in epigrafe proposto.

2.) Condanna la società appellante al pagamento delle spese del presente giudizio, che vengono liquidate in € 3.000,00, oltre all’IVA ed alla CPA in favore della Du. Se. s.r.l..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari – Presidente

Umberto Realfonzo – Consigliere, Estensore

Massimiliano Noccelli – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere

Stefania Santoleri – Consigliere

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