Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 4 settembre 2017, n. 4189

Ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno all’extracomunitario costituisce condizione soggettiva non eludibile il possesso di un reddito minimo, di cui all’art. 29 comma 3 lett. b), anche richiamato dall’art. 22, comma 11, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286; tale requisito è finalizzato ad evitare l’inserimento nel tessuto sociale ed economico nazionale di soggetti che non siano in grado di offrire un’adeguata contropartita in termini di lavoro e di partecipazione fiscale alla spesa pubblica.

Sentenza 4 settembre 2017, n. 4189
Data udienza 27 giugno 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 760 del 2017, proposto da:

Ok. Iv., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Gi., domiciliata ex art. 25 c.p.a presso la Segreteria della Terza Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza (…);

contro

Ministero dell’Interno e Questura di Brescia, in persona dei legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA – SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE I n. 01195/2016, resa tra le parti, di reiezione del ricorso per l’annullamento del decreto del Questore di Brescia, avente a oggetto il rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e della Questura di Brescia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 il Cons. Umberto Realfonzo e udito per le parti appellate l’Avvocato dello Stato Ma. An. Sc.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame l’appellante impugna la sentenza del Tar Brescia indicata in epigrafe, con cui è stato respinto il suo gravame diretto all’annullamento del diniego di permesso di soggiorno per non avere l’interessata, cittadina straniera extrcomunitaria, dimostrato il possesso di un reddito sufficiente.

Con ordinanza cautelare n. 1195/2016 la Sezione ha accolto l’istanza di sospensione della sentenza impugnata.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita ritualmente in giudizio.

Chiamato in udienza pubblica di discussione, l’appello è stato ritenuto in decisione.

Il gravame è infondato.

Assume la ricorrente, con l’unico motivo di appello, che, in epoca precedente all’impugnato diniego di rinnovo, era stata sempre dimorante in Italia, con regolare permesso di soggiorno e con un reddito sufficiente.

Il diniego impugnato nel presente giudizio era stato la conseguenza del fatto che, al ritorno da un periodo di ferie in Ucraina, l’appellante era stata erroneamente respinta alla frontiera, nonostante fosse stata assunta come collaboratrice familiare dal sig. Ca. Ba. Gi..

In sostanza, l’interessata lamenta che il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno sia stato illegittimamente basato sull’asserito difetto del requisito del reddito sufficiente, senza considerare la circostanza obiettiva di tale inaspettato indebito allontanamento dal territorio italiano, indipendente dalla sua volontà.

L’assunto va respinto.

Come è noto, ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno all’extracomunitario costituisce condizione soggettiva non eludibile il possesso di un reddito minimo, di cui all’art. 29 comma 3 lett. b), anche richiamato dall’art. 22, comma 11, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Tale requisito è finalizzato ad evitare l’inserimento nel tessuto sociale ed economico nazionale di soggetti che non siano in grado di offrire un’adeguata contropartita in termini di lavoro e di partecipazione fiscale alla spesa pubblica. (Cfr. di recente; Consiglio di Stato III 28 aprile 2017 n. 1971; Consiglio di Stato sez. III 3 aprile 2017 n. 1524).

Nel caso, è rilevante il fatto che l’appellante non specifica se si fosse comunque allontanata dall’Italia con un permesso in corso di validità o meno, ovvero se il periodo di ferie (o comunque di permanenza all’estero) avesse superato un periodo continuativo di oltre i sei mesi: lo straniero in possesso di un titolo al soggiorno in corso di validità è infatti libero di lasciare il territorio dello Stato italiano e di dirigersi verso qualunque Paese extracomunitario e poi fare ritorno in Italia senza bisogno di visto d’ingresso o reingresso.

Infatti, lo straniero in possesso di un permesso di soggiorno scaduto, ma che ha chiesto nei termini il rinnovo o la conversione, può lasciare il territorio italiano e andare e ritornare dal Paese di origine, anche attraverso una frontiera esterna diversa da quella di uscita esibendo all’autorità di frontiera il permesso di soggiorno scaduto e la ricevuta dell’assicurata postale comprovante la richiesta di rinnovo o conversione, sulla quale verrà apposto un timbro con indicazione della data e del luogo di attraversamento (cfr. Telegramma del Ministero dell’Interno del 28 luglio 2008 e Telegramma del Ministero dell’Interno del 11 marzo 2009),

In assenza di tali elementi, resta il fatto che, nel caso in esame, dagli atti depositati dall’interessata e dalla documentazione versata giudizio dall’amministrazione risultano solo i versamenti contributivi dal 2009 al 2014 (anno nel quale aveva raggiunto il reddito imponibile previdenziale di euro 6700,40), mentre nel 2015 l’appellante non aveva raggiunto i prescritti limiti di reddito.

In base al principio tempus regit actum non vi è dunque spazio per far luogo alla riforma della decisione del TAR, che esattamente ha ritenuto il diniego impugnato esente dalle censure articolate dalla ricorrente.

Tuttavia, si deve rilevare che, a seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare, la ricorrente ha depositato un legittimo contratto di lavoro in data 1 agosto 2016 e i prospetti degli stipendi dall’agosto al dicembre 2016, attestanti la persistenza dell’attività di collaboratrice familiare della signora Borroni Anna.

Pertanto, l’Amministrazione, su domanda documentata dell’interessata, dovrà sempre rivedere, all’attualità, la posizione complessiva della ricorrente, al fine della eventuale concessione di un nuovo permesso di soggiorno, ai sensi dell’art. 5 comma 5 del D.lgs. n. 286/98 in relazione:

— alla persistente presenza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, dato che, per lo meno in questa sede, la ricorrente ha dimostrato il possesso di un reddito corrispondente al limite previsto dall’ordinamento per il rinnovo del permesso di soggiorno;

— all’assenza di fattori di altra natura che ostino alla presenza dello straniero nel territorio.

In definitiva, anche a prescindere da tale ultimo rilievo, l’appello deve essere, respinto, fatti salvi gli ulteriori eventuali provvedimenti della competente Questura, alla luce della sopra ricordate sopravvenuta circostanze e delle nuove richieste di rinnovo di permesso di soggiorno proposte dall’interessata.

Le spese, in considerazione della peculiarità della situazione, possono tuttavia essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

1. Respinge l’appello;

2. Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari – Presidente

Umberto Realfonzo – Consigliere, Estensore

Massimiliano Noccelli – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere

Stefania Santoleri – Consigliere

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