In tema di responsabilità civile di maestri e precettori, per superare la presunzione di responsabilità a loro carico di cui all’art. 2048 c.c. recante «Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte», è necessario che questi dimostrino di aver esercitato la dovuta vigilanza sugli alunni, anche in virtù del carattere imprevedibile e repentino dell’azione dannosa
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI civile
ordinanza 22 maggio 2017, n. 12842
Fatti di causa
1. M.P.A., nella qualità di genitore del figlio minore N., convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Milano, il Ministero dell’istruzione, l’Istituto comprensivo (omissis), l’AIG Europe Limited ed il Comune di Milano, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti all’incidente scolastico capitato al figlio nel cortile della scuola, a causa dell’urto contro le sporgenze metalliche esistenti su di un palo.
Si costituirono in giudizio il Ministero dell’istruzione, l’Istituto comprensivo (omissis) e l’AIG Europe Limited, chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettò la domanda e condannò l’attore al pagamento delle spese di lite.
2. La pronuncia è stata appellata dall’attore soccombente e la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 16 settembre 2015, ha rigettato l’appello ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza della Corte milanese ricorre M.P.A. con atto affidato a due motivi.
Resistono con separati controricorsi il MIUR e l’AIG Europe Limited.
Il ricorso e stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis del codice di procedura civile, e il ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.; con il secondo, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 del codice civile.
Osserva il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere sussistente, nella specie, il caso fortuito e non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali secondo cui l’Istituto scolastico ed il Ministero avrebbero potuto liberarsi della loro responsabilità solo dimostrando di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il fatto dannoso; nella specie, la pericolosità del palo era stata riconosciuta per iscritto anche dal Dirigente scolastico.
1.1. I due motivi, da trattare congiuntamente siccome tra loro strettamente connessi, non sono fondati.
La Corte d’appello, con un accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, ha ricostruito le modalità dell’incidente ed ha affermato che il piccolo N. si era “accucciato accanto ad un palo della luce posto ai margini del cortile, alzandosi repentinamente e girandosi di scatto”, e in tal modo urtando la fronte. La sentenza ha poi accertato che la collocazione e la conformazione del palo dovevano considerarsi del tutto normali in rapporto all’utilizzazione del cortile, che il palo era pienamente visibile e che non era stato dedotto alcun difetto di vigilanza da parte dell’insegnante, sicché il comportamento del tutto imprevedibile del bambino integrava gli estremi del caso fortuito.
L’accertamento di merito, quindi, ha consentito di escludere un difetto di vigilanza da parte dell’insegnante e di riconoscere l’assoluta repentinità ed imprevedibilità del comportamento del bambino, verificatosi in un contesto privo di pericolosità.
Si tratta, come ben si vede, di una ricostruzione che ha tenuto conto dei principi della giurisprudenza di questa Corte e ne ha fatto corretta applicazione. In particolare, proprio la sentenza 13 novembre 2015, n. 23202, citata in ricorso, ha ribadito che in tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità a loro carico di cui all’art. 2048 cod. civ., è necessaria la dimostrazione di aver esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta e del carattere imprevedibile e repentino dell’azione dannosa; il che è quanto la Corte di merito ha verificato nel caso concreto.
I due motivi di ricorso, in realtà, dietro la formulazione delle censure di violazione di legge, si risolvono nell’evidente tentativo di sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito; tanto più che la Corte d’appello ha anche considerato e valutato la lettera redatta sull’accaduto dalla Dirigente scolastica.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore di ciascuno dei controricorrenti, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorrenti in complessivi Euro 2.300, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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