La sanzione penale (articolo 3 legge 54/2006) in caso di violazione degli obblighi di natura economica, relativi al mantenimento del figlio, non si applica ai rapporti di convivenza, per i quali è possibile il ricorso a tutte le azioni civili e l’applicabilità dell’articolo 570 del codice penale
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI penale
sentenza 19 gennaio 2017, n. 2666
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARCANO Domenico – Presidente
Dott. TRONCI Andrea – Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere
Dott. SCALIA Laura – Consigliere
Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 03/06/2014 della Corte d’appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. LOY Maria Francesca, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 3 giugno 2014, la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Trieste, ha confermato la dichiarazione di penale responsabilita’ di (OMISSIS) per il reato di cui all’articolo 81 cpv. c.p., e L. 8 febbraio 2006, n. 54, articolo 3, commesso dal marzo 2010 al dicembre 2011 per aver versato alla ex-compagna la sola somma di 150 Euro mensili, salvo conguagli parziali successivi, per il mantenimento del figlio minorenne, a fronte dell’obbligo di corrispondere l’importo di 350 Euro mensili fissata dal Tribunale per i Minorenni, e per aver omesso di versare la quota del 50 % delle spese mediche e straordinarie, anch’essa stabilita dal precisato giudice, nonche’ la condanna alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 200 di multa; ha poi ridotto l’importo liquidato a titolo di danno non patrimoniale ed ha subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena al pagamento di questa sola somma in favore della parte civile.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe, personalmente il (OMISSIS), articolando due motivi.
2.1. Nel primo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento all’affermata sussistenza del reato per il quale e’ stata pronunciata condanna, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto il profilo soggettivo.
Si deduce che la sentenza impugnata assume la responsabilita’ del (OMISSIS), senza aver considerato l’intera evoluzione del rapporto dell’imputato con la convivente (OMISSIS), escludendo erroneamente la necessita’ del consenso preventivo del ricorrente all’effettuazione delle spese mediche e scolastiche, e ritenendo attendibili le dichiarazioni della persona offesa, in assenza di riscontri. In particolare, non si e’ tenuto conto ne’ della necessita’ per il ricorrente di versare oltre 2.100 Euro mensili a titolo di rate per due mutui ipotecari, ne’ della circostanza che, con riferimento ad uno dei due rapporti debitori, pari a 1.500 Euro mensili, 750 Euro erano a carico della (OMISSIS), essendo la donna cointestataria del contratto (e dell’immobile per una modestissima quota); cio’, tanto piu’ che la stessa si e’ sempre rifiutata sia di conferire incarico ad una agenzia immobiliare per la vendita dell’immobile su cui grava il mutuo cointestato, sia di prestare il consenso per la rinegoziazione del mutuo stesso.
2.2. Nel secondo motivo, si lamenta mancata assunzione di prova decisiva, in riferimento all’affermata sussistenza del reato, sotto il profilo del dolo.
Si deduce che i giudici di merito non hanno ammesso la testimonianza dell’agente della banca (OMISSIS) in ordine al rifiuto della (OMISSIS) di prestare il consenso per la rinegoziazione del mutuo, il cui pagamento e’ necessario per il mantenimento della proprieta’.
3. In data 28 luglio 2016, l’avvocato (OMISSIS), nominato difensore di fiducia dell’imputato dopo la fissazione dell’udienza per il giudizio di legittimita’, ha depositato atto contente quattro motivi nuovi.
3.1. Nel primo motivo nuovo, si lamenta vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in ordine al giudizio di attendibilita’ delle dichiarazioni della persona offesa.
Si deduce, innanzitutto, che l’affermazione della (OMISSIS), secondo cui le spese ricreative erano state oggetto di richieste scritte cui l’imputato si era opposto, ed erano state consigliate dal pediatra, e’ del tutto priva di riscontri documentali. Si rileva, poi, che l’esame complessivo del contenuto della deposizione dibattimentale della donna aveva evidenziato un atteggiamento ostile ed ostruzionistico della stessa, che la quantificazione dell’importo delle spese straordinarie non corrisposte, indicato in circa 3.000 Euro, era avvenuto in termini del tutto approssimativi, e che la dichiarazione circa la disponibilita’ a vendere l’immobile su cui gravava il mutuo cointestato e’ stata smentita dalle parole del teste (OMISSIS), agente immobiliare.
3.2. Nel secondo motivo nuovo, si lamenta vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in ordine alla valutazione complessiva degli elementi istruttori.
Si deduce che la sentenza impugnata non ha tenuto conto ne’ della necessita’ per il (OMISSIS), come da lui affermato, di rivolgersi ai genitori, nel corso del 2011, al fine di fronteggiare le proprie difficolta’ economiche, ne’ del costante scoperto di conto corrente dello stesso per un importo superiore a 15.000 Euro, ne’ dell’assenza di accertamenti sui redditi da lui percepiti nel corso del 2011, ne’ della richiesta della (OMISSIS) di ottenere 4.000 Euro per cedere la quota di sua pertinenza dell’immobile su cui gravava il mutuo cointestato.
3.3 Nel terzo motivo nuovo, si lamenta mancata assunzione di prova decisiva, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), in ordine alla denegata audizione del teste (OMISSIS).
Si deduce che la deposizione del (OMISSIS) sarebbe stata decisiva perche’ avrebbe evidenziato sia la situazione di difficolta’ economica in cui versava il (OMISSIS), sia l’atteggiamento ostruzionistico della (OMISSIS) nella pratica di rinegoziazione del mutuo cointestato.
3.4. Nel quarto motivo nuovo, si lamenta violazione di legge, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in ordine alla sussistenza del dolo del reato addebitato.
Si deduce che agli atti non risulta alcun elemento da quale ritenere la volonta’ del (OMISSIS) di non adempiere, e che, anzi, il ricorrente ha fatto tutti gli sforzi possibili, tanto che, alla fine, e dopo i conguagli effettuati, il debito residuo, secondo la stessa parte lesa, ammonterebbe a circa 200 Euro: l’omissione nei versamenti e’ stata limitata nel tempo, e solo per le difficolta’ economiche sopraggiunte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perche’ il fatto oggetto di contestazione e di condanna nei giudizi di merito non e’ previsto dalla legge come reato.
2. Al (OMISSIS) e’ stato contestato il reato di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54, articolo 3, sin dalla fase dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Anche le successive sentenze di condanna emesse nei confronti del medesimo da parte del Tribunale e della Corte d’appello di Trieste hanno qualificato il fatto a norma della L. n. 54 del 2006, articolo 3.
Dagli atti emerge con chiarezza che il (OMISSIS) era legato alla denunciante (OMISSIS) non da rapporto di coniugio, bensi’ da rapporto di convivenza.
Deve escludersi, pero’, che la L. n. 54 del 2006, articolo 3, si riferisca anche alla violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza.
Invero, la disposizione in esame, in forza della quale “in caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica la L. 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12 sexies”, deve essere letta nel contesto della disciplina dettata dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, e, in particolare, dell’articolo 4, comma 2, che recita: “Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullita’ del matrimonio, nonche’ ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”.
L’enunciato linguistico dell’articolo 4, comma 2, cit. risulta introdurre una distinzione tra le diverse classi di ipotesi: precisamente, da un punto di vista sintattico, le disposizioni della L. n. 54 del 2006, sono indicate come da applicare non “in caso di figli di genitori non coniugati” – come, invece, “in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullita’ del matrimonio” – ma “ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”. Tale precisazione non risulta essere una formula verbale priva di possibili significati rilevanti, poiche’ la disciplina dettata dalla L. n. 54 del 2006 – oltre a prevedere le disposizioni penali di cui all’articolo 3 e le “disposizioni finali” di cui all’articolo 4 – regola, all’articolo 1, i provvedimenti che il giudice deve adottare in relazione ai figli allorche’ interviene la separazione tra i genitori, modificando l’articolo 155 c.c., e introducendo gli articoli 155 bis, 155 ter, 155 quater, 155 quinquies e 155 sexies c.c., nonche’, all’articolo 2, profili processuali relativi alle controversie in materia di esercizio della potesta’ genitoriale e di affidamento, modificando l’articolo 708 c.p.c., e introducendo l’articolo 709 ter c.p.c.. Puo’ allora concludersi che, mentre in caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullita’ del matrimonio si applicano tutte le disposizioni previste dalla L. n. 54 del 2006, per quanto riguarda i figli di genitori non coniugati il riferimento ai “procedimenti relativi” agli stessi assolve alla funzione di circoscrivere l’ambito delle disposizioni applicabili a quelle che concernono i procedimenti indicati dalla L. n. 54 del 2006, e che sono quelli civili di cui all’articolo 2, e non anche alle previsioni normative che attengono al diritto penale sostanziale.
La soluzione appena indicata, oltre ad essere attenta al dato testuale delle disposizioni di legge, risponde anche al principio del cd. “diritto penale minimo” e non lede la posizione sostanziale dei figli di genitori non coniugati, per la cui tutela e’ possibile il ricorso a tutte le azioni civili, e ferma restando, inoltre, l’applicabilita’ della fattispecie di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2.
3. Deve escludersi, poi, che, nel caso in esame, il fatto possa essere riqualificato a norma dell’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2.
Da un lato, infatti, e’ altamente opinabile procedere ad una riqualificazione del fatto di reato direttamente con la sentenza della Corte di cassazione, ed avendo riguardo ad una fattispecie piu’ grave di quella contestata nel corso di tutto il processo.
Dall’altro, poi, in ogni caso, nella sentenza impugnata sono evidenziati solo ritardi parziali nell’adempimento, e, alla fine del periodo, un inadempimento complessivo pari a 200 Euro, ovvero a 270,35 Euro considerando anche gli incrementi ISTAT.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato
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