Nella perizia contrattuale la revoca, ad opera di alcuni soltanto dei mandanti, del mandato collettivo conferito ai periti e’, in presenza di una giusta causa, immediatamente produttiva dell’effetto estintivo, che si produce ex nunc e che, in caso di contestazione, spetta al giudice di accertare con sentenza dichiarativa, senza che tuttavia la proposizione di tale azione costituisca affatto condizione di efficacia della revoca stessa. Ove le parti abbiano incaricato uno o piu’ esperti, anche costituiti in collegio, di svolgere una perizia contrattuale, costituisce giusta causa di revoca la sub-delega, da parte di essi, ad un diverso esperto dell’intero incarico valutativo ricevuto, salvo non consti il consenso esplicito in tal senso dei soggetti mandanti
Suprema Corte di Cassazione
sezione I civile
sentenza 31 agosto 2016, n. 17443
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10733/2013 proposto da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso il dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
Nonche’ da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 487/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 10/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/07/2016 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso;
udito, per il controricorrente (OMISSIS), l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale (OMISSIS), l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento del primo e secondo motivo, rigetto del ricorso incidentale condizionato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia ha ad oggetto la determinazione, da parte di un collegio di esperti, avvenuta in data 17 giugno 2005, del valore di un’azienda farmaceutica sita in Brindisi, che (OMISSIS), con scrittura privata del 1 giugno 1984, si e’ obbligato a corrispondere a (OMISSIS) nell’ipotesi, poi verificatasi, del mancato trasferimento a questi dell’azienda acquistata col denaro dal medesimo fornito.
Adito da (OMISSIS), il Tribunale di Brindisi ha pronunciato il 23 aprile 2009 una sentenza non definitiva – rimettendo la causa in istruttoria per l’espletamento di una c.t.u. volta a determinare il valore di mercato dell’azienda – con la quale ha accolto le domande di risoluzione del mandato e di annullamento della decisione arbitrale, qualificata perizia contrattuale, avendo ravvisato l’eccesso dai limiti del mandato e l’errore essenziale, per il fatto che i periti non avevano determinato, come loro richiesto, il valore commerciale della farmacia, erroneamente ritenendo di dover applicare l’articolo 110 t.u. delle leggi sanitarie (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265), che riguarda, pero’, la diversa indennita’ dovuta dal vincitore di concorso agli eredi del farmacista o al farmacista decaduto, del quale non ricorrevano affatto i presupposti. Il tribunale ha respinto, invece, le domande di nullita’ della perizia, proposte per intervenuta revoca del mandato, per avere a se’ sostituito un c.t.u. e per mancanza di terzieta’ in ragione del legame di parentela del terzo arbitro (OMISSIS) con la controparte.
Con sentenza del 10 luglio 2012, la Corte d’appello di Lecce, sull’appello del (OMISSIS) ed in riforma della sentenza non definitiva del Tribunale di Brindisi del 23 aprile 2009, ha respinto anche la domanda di annullamento della decisione arbitrale del 17 giugno 2005 per eccesso dai limiti del mandato e per errore essenziale.
Ha ritenuto la corte territoriale, per quanto ancora rileva, che: a) e’ priva di rilevanza e d’interesse la questione qualificatoria prospettata dall’appellante, posto che il regime impugnatorio della perizia contrattuale e dell’arbitrato irrituale e’ il medesimo, essendo entrambi impugnabili solo con le azioni contrattuali di annullamento e di risoluzione per inadempimento dei contratti, mentre la prima e’ una species del secondo; b) la qualificazione come arbitrato irrituale, esposta nella precedente sentenza del tribunale n. 158/2003, che ha dichiarato nullo il primo lodo per illegittima composizione del collegio arbitrale, non costituisce giudicato, perche’ la questione non ha formato oggetto della decisione; c) convince piuttosto la sua qualificazione come perizia contrattuale, contenuta nella sentenza del tribunale n. 180/1996, confermata in appello e poi da Cass. 7 maggio 2002, n. 6543; d) l’avere i periti deciso una valutazione secondo i criteri riduttivi di cui all’articolo 110 t.u.l.s. non integra eccesso dal mandato, posto che questi sono comunque dei criteri di valutazione, imperativi o no, e che il (OMISSIS) cio’ aveva espressamente richiesto nel suo primo quesito; e) non vi e’ errore essenziale nell’aver prescelto detto criterio, non trattandosi di falsa rappresentazione della realta’, ma di errore di diritto non percettivo; f) la revoca del mandato operata dal (OMISSIS) all’udienza del 3 giugno 2005, per non voler essi procedere ad una stima diretta ma mediante nomina di un altro esperto e per mancata terzieta’ del perito (OMISSIS), e’ rimasta priva di effetti, trattandosi di mandato collettivo revocabile ex articolo 1726 c.c., solo per giusta causa, la quale richiedeva quindi, per essere efficace, la proposizione, anteriore o contestuale, di un’azione giudiziale finalizzata ad accertare l’intervenuta estinzione del mandato; g) i periti potevano servirsi di una c.t.u., del resto richiesta dallo stesso (OMISSIS), quale mezzo di prova, e purche’ sottoposta al loro vaglio al momento della decisione; h) non vi sono elementi sufficienti a dimostrare la mancanza di terzieta’ del terzo perito, trattandosi di circostanze labili e non avendo il (OMISSIS) dedotto alcunche’ circa il nesso causale tra esse e l’errato pronunciamento arbitrale.
Propone ricorso per la cassazione di tale sentenza (OMISSIS), sulla base di sei motivi, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso il c.t.u. (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), quest’ultimo proponendo altresi’ ricorso incidentale condizionato per un motivo, cui resiste il (OMISSIS) con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli articolo 1427 – 1429, 1431 e 2909 c.c., articolo 112 c.p.c., articolo 110 t.u.l.s., e della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, per avere la corte del merito ritenuto i periti liberi di determinare il valore commerciale dell’azienda secondo il disposto dell’articolo 110 t.u.l.s., che attiene invece alla mera indennita’ dovuta dal vincitore di concorso agli eredi del farmacista o al farmacista decaduto, argomentando nel senso che il (OMISSIS) cio’ aveva chiesto, nell’introdurre l’arbitrato: senza, tuttavia, considerare che i poteri dei periti erano determinati dalla clausola contrattuale, nonche’ dal disposto delle sentenze del Tribunale di Brindisi n. 189/1986 e n. 282/1999, aventi efficacia di giudicato, le quali richiedevano la valutazione ai valori di mercato, onde essi avevano da cio’ ecceduto; e senza rilevare, come invece il giudice di primo grado aveva accertato, l’errore essenziale e riconoscibile dei periti al riguardo, opinando essi nel senso della inderogabilita’ anche nel caso di specie del criterio di valutazione previsto dalla citata normativa speciale.
Con il secondo motivo, censura la violazione e falsa applicazione degli articoli 1453, 1455, 1711, 1726 e 2909 c.c., e articolo 112 c.p.c., e la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, per non avere la corte del merito ritenuto l’eccesso dei periti dai limiti del mandato ricevuto, avendo essi creduto di poter liberamente scegliere il criterio di valutazione diverso da quello di mercato, e cio’ sebbene il c.t.u. da essi nominato avesse comunque determinato anche il (maggior) valore commerciale della farmacia; tale grave violazione del mandato legittimava sia il recesso, sia la risoluzione del mandato stesso.
Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1711, 1717 e 1726 c.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, per non avere la sentenza impugnata ritenuto viziata la perizia, dal momento che era stato nominato un c.t.u. per la stima: invero, se il perito avv. (OMISSIS), nominato dal (OMISSIS), e dott. (OMISSIS), nominato dal presidente dell’ordine dei farmacisti, non avevano la capacita’ di svolgere l’incarico valutativo loro demandato, avrebbero dovuto rifiutarlo, e non certo nominare poi in loro vece un altro esperto per provvedervi, essendo cio’ al piu’ ammesso solo per specifici elementi tecnici, ma non per l’intero compito ricevuto.
Con il quarto motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1427 e 1439 c.c., oltre al vizio di motivazione, in quanto la perizia era inficiata da dolo, desunto sia dai rapporti parentali e commerciali tra il terzo arbitro ed (OMISSIS) (socio d’affari di (OMISSIS), figlio di (OMISSIS), vice-presidente dell’ordine dei farmacisti che aveva nominato il terzo arbitro, nonche’ di (OMISSIS), cognata di (OMISSIS), a sua volta fratello del terzo perito (OMISSIS)), sia dalla stessa iniquita’ della stima.
Con il quinto motivo, proposto solo in via subordinata, censura la violazione e falsa applicazione degli articoli 1711 e 1726 c.c., oltre al vizio di motivazione sotto ogni profilo, per non avere la sentenza impugnata ritenuto valida la revoca del mandato operata dal ricorrente; ne’ egli era stato messo in grado di promuovere al riguardo un’azione giudiziaria – pur non necessaria per l’efficacia della revoca, contrariamente all’assunto della corte del merito – atteso che nella stessa udienza in cui egli aveva manifestato la volonta’ di revoca i periti avevano riservato la decisione.
Con il sesto motivo (tuttavia rubricato come quinto), proposto ancora in via subordinata, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1349 e 112 c.p.c., oltre al vizio di motivazione sotto ogni profilo, per non avere la corte del merito emesso alcuna pronuncia sulla domanda di annullamento della decisione peritale per manifesta iniquita’, ai sensi dell’articolo 1349 c.c., come dimostra la valutazione compiuta dal c.t.u. nel corso del giudizio di primo grado nel 2011 ai valori del 1994 (Lire 722.097.159), rispetto a quella valutata dai periti (Lire 325.491.564).
Nel suo ricorso incidentale condizionato, il (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c., articoli 100 e 808 ter c.p.c., perche’ la sentenza del Tribunale di Brindisi del 21 febbraio 2003, n. 158, la quale ha dichiarato la nullita’ del primo procedimento arbitrale, ha statuito che la scrittura inter partes contempla un arbitrato irrituale, a fronte di contrapposte tesi tra le parti; l’interesse a sostenere tale tesi sussiste per il (OMISSIS), in quanto intende tenere ferma la decisione in diritto di applicazione necessaria dell’articolo 110 t.u.l.s..
2. – Il motivi primo, secondo e quarto, che possono essere esaminati insieme per la loro intima connessione, sono infondati.
2.1. Perizia contrattuale ed arbitrato irrituale nella loro essenziale e comune distinzione dall’arbitrato rituale – si differenziano tra loro perche’ nella prima le parti conferiscono ad uno o piu’ terzi, scelti per la loro particolare competenza tecnica, il compito non di risolvere una controversia giuridica, come nel secondo, ma di formulare un apprezzamento tecnico che si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro volonta’ (Cass. 16 marzo 2005, n. 5678; 18 febbraio 1998, n. 1721); a loro volta, la perizia contrattuale si distingue dall’arbitraggio di cui all’articolo 1349 c.c., perche’ l’arbitro-perito non deve ispirarsi alla ricerca di un equilibrio economico secondo un criterio di equita’ mercantile, ma deve attenersi a norme tecniche ed ai criteri tecnico-scientifici propri della scienza, arte, tecnica o disciplina nel cui ambito si iscrive la valutazione che e’ stato incaricato di compiere (Cass. 30 giugno 2005, n. 13954).
Sia nella ipotesi di arbitrato irrituale, sia di perizia contrattuale, secondo principio consolidato di questa Corte, la decisione degli arbitri-periti e’ impugnabile soltanto attraverso le tipiche azioni di annullamento del contratto, e non anche attraverso gli strumenti previsti dal codice di rito civile per i lodi rituali: e’, cioe’, rilevante la condotta dei medesimi, che sia sfociata in causa di invalidita’ (per incapacita’ o vizi del consenso) della perizia stessa (Cass. 16 marzo 2005, n. 5678; 27 settembre 2002, n. 14015; 23 ottobre 1998).
Il risultato della valutazione degli arbitri-periti puo’ rilevare, dunque, ai sensi dell’articolo 1429 c.c., quale errore che, procedendo da violazione dei limiti del mandato conferito, abbia inficiato la volonta’ contrattuale da costoro espressa (Cass. 18 gennaio 1992, n. 595).
In definitiva, nella perizia contrattuale gli errori in procedendo o in iudicando rilevano a condizione che si risolvano in cause di invalidita’ e, cioe’, incapacita’ e vizi del consenso, mentre non e’ possibile far valere censure che attengano ai presunti vizi di giudizio sul dictum, com’e’ invece proprio dell’impugnazione del lodo arbitrale.
In particolare, l’eventuale errata interpretazione ed applicazione di una regola del giudizio puo’ ricondursi alla figura dell’abuso di mandato e, quindi essere fonte di responsabilita’ per gli arbitri, ma non costituisce un errore sindacabile in giudizio, tale da condurre ex post all’annullamento della loro determinazione: e’ preclusa l’impugnativa per errore di diritto, a meno che si tratti di errore percettivo con esclusione di eventuali errori compiuti dagli arbitri nella valutazione ed interpretazione del diritto, ivi comprese le valutazioni sull’esistenza, vigenza od efficacia della norma di diritto (Cass. 13 febbraio 2009, n. 3637; 6 febbraio 2009, n. 2988).
In tal modo ricondotta la violazione alle cause di invalidita’ del contratto, ne deriva, altresi’, che la sua deduzione comporta un’indagine sull’effettivo contenuto del mandato stesso ed apprezzamenti riservati al giudice del merito e non censurabili in cassazione, se correttamente motivati ed ispirati ai criteri legali di ermeneutica contrattuale.
2.2. Nella specie, la corte del merito ha esaurientemente spiegato le ragioni per le quali non e’ ravvisabile un errore di fatto, ne’ il dolo, degli arbitri-periti, ma, semmai, un errore di diritto, che non poteva essere dedotto innanzi al giudice come motivo di annullamento del lodo.
Tale accertamento in fatto e’ stato compiuto dal giudice del merito con motivazione congrua ed adeguata, onde esso resta insindacabile in sede di legittimita’.
3. – Il terzo ed il quinto motivo devono essere esaminati congiuntamente, per la loro intima connessione, e sono fondati.
3.1. La corte territoriale ha affermato che la revoca del mandato collettivo, qual e’ quello nella specie conferito ai periti contrattuali dalle parti – revoca in concreto manifestata dal (OMISSIS) ai periti il 3 giugno 2005 – non ha nessun effetto, allorche’ non sia prima proposta azione di accertamento giudiziale dell’esistenza della giusta causa, ai sensi dell’articolo 1726 c.c.; ha, altresi’, affermato che i periti possono sempre demandare ad un diverso esperto di svolgere il compito valutativo loro demandato.
Quindi, la sentenza impugnata, premesso che la perizia contrattuale ha le caratteristiche di un mandato conferito collettivamente ai periti dalle parti nell’ambito della loro autonomia negoziale ed e’ revocabile unilateralmente per giusta causa, ma solo se questa sia preceduta o sia contestuale alla proposizione di un’azione giudiziaria finalizzata all’accertamento dell’intervenuta estinzione del mandato, ha poi comunque escluso la configurabilita’ di questa ipotesi, osservando che i periti possono servirsi di una c.t.u. per la loro valutazione.
3.2. A sostegno della decisione, la sentenza impugnata cita il precedente di questa Corte, che tuttavia non mostra di avere correttamente inteso: ed invero, il precedente di legittimita’, cui essa rimanda (Cass. 29 maggio 2000, n. 7045), non ha affermato tale principio, ma unicamente quello, per vero consolidato, secondo cui gli arbitri irrituali svolgono una mera attivita’ negoziale, onde avverso la loro decisione non puo’ farsi valere il difetto di terzieta’ quale ragione di nullita’ del lodo: “l’assenza di terzieta’ dell’arbitro irrituale designato con mandato collettivo deve necessariamente – come nella specie avvenuto – essere proposta e dedotta attraverso l’azione di cui all’articolo 1726 c.c., e cioe’ prospettando una giusta causa di revoca”.
Cio’, pero’, non significa affatto – ne’ detta sentenza lo afferma – che il mandante, ove esista una giusta causa, non possa manifestare la volonta’ di revoca in via stragiudiziale e che debba, a pena di inefficacia della medesima, esperire contemporanea azione giudiziale.
Al contrario, come in tutti i casi analoghi di cd. autotutela negoziale ed in particolare di recesso, la parte e’ abilitata a manifestare la sua volonta’ in modo autonomo ed anche in via stragiudiziale (cfr. articoli 24, 1373, 1385, 1386, 1569, 2285, 2347-bis, 2383, 2473 ed altri).
A tale regola generale non fa eccezione il mandato collettivo, per il quale l’articolo 1726 c.c., pone unicamente l’esigenza – in ipotesi di recesso non operato da tutti i mandanti – della sussistenza della giusta causa.
Al riguardo, e’ stato da tempo chiarito – con principio estensibile alla perizia contrattuale – che il mandato per arbitrato libero ha natura di un mandato congiuntivo il quale da’ vita ad un rapporto che interessa entrambe le parti compromittenti, dato che solo dal concorso della volonta’ di entrambe le parti viene conferito al collegio arbitrale il mandato a definire la controversia con il proprio dictum, e puo’ essere, pertanto, revocato, ai sensi degli articoli 1723 e 1726 c.c., solo di comune accordo fra tutti gli interessati, a meno che non vi sia una giusta causa, la quale ricorre in tutti i casi in cui circostanze obiettive rendono pregiudizievole per il mandante la continuazione del rapporto; e che la giusta causa di revoca del mandato puo’ anche dipendere da una violazione, da parte degli arbitri, delle obbligazioni nascenti dal mandato, da valutare, quanto alla gravita’, con riferimento alla globalita’ del comportamento della parte inadempiente ed all’interesse del creditore alla prestazione (Cass. 28 luglio 1995, n. 8243).
E’ noto pure che la cd. revoca del mandato per giusta causa integra fattispecie di recesso unilaterale dal medesimo, con efficacia ex nunc, il quale ha la capacita’ di paralizzare l’efficacia del rapporto stesso per il futuro, ossia da quando la relativa dichiarazione di volonta’ sia stata indirizzata al mandatario (Cass. 11 agosto 2000, n. 10739).
Dunque, cio’ che puo’ dirsi e’ solo che, in assenza di giusta causa, la revoca, ad opera di alcuni dei mandanti, del mandato collettivo conferito agli arbitri irrituali e’ improduttiva di effetti (cfr. Cass. 27 settembre 1993, n. 9727).
Come in tutti i casi in cui, parimenti, l’esercizio di un diritto, o comunque una conseguenza giuridica, e’ subordinato alla presenza o all’assenza della giusta causa, spetta al giudice di accertare ex post se tale presupposto esisteva e, quindi, se si sia o no verificato – per quanto ora interessa – l’effetto estintivo del rapporto contrattuale.
La domanda di accertamento della legittimita’ della revoca unilaterale del mandato collettivo per giusta causa, se accolta, conduce poi alla dichiarazione di nullita’ di tutti gli atti posti in essere dai periti successivi alla revoca, ivi compresa la loro finale determinazione peritale. Ma non costituisce affatto la condizione di efficacia della revoca stessa, come invece la corte del merito ha ritenuto.
3.3. Quanto alla seconda affermazione, sopra riportata, della sentenza impugnata, giova ricordare che con la perizia contrattuale le parti devolvono al terzo, o ai terzi, scelti per la loro particolare competenza tecnica, la formulazione di un apprezzamento tecnico che preventivamente si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro determinazione volitiva (tra le altre, Cass. 22 giugno 2005, n. 13436 e 24 maggio 2004, n. 9996).
Ne deriva che il perito, il quale viene scelto proprio per la sua particolare competenza, non ha facolta’ di nominare a sua volta un vero esperto, ove egli non si reputi tale. Costituisce, dunque, necessariamente un’eccezione detta ulteriore nomina, mediante sub-delega dell’incarico ricevuto.
In tal senso, provvedono l’articolo 1708 c.c., che indica il contenuto del mandato, l’articolo 1710 c.c., sulla diligenza del mandatario, che al secondo comma impone al mandatario di rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possano determinare la revoca o la modificazione del mandato, e l’articolo 1711 c.c., secondo cui il mandatario puo’ discostarsi dalle istruzioni ricevute, solo qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione. Prima ancora, cio’ riposa sul fondamentale principio di correttezza nei rapporti interpretativi (articolo 1175 c.c.), applicato a quel particolare negozio costituito dalla perizia contrattuale.
Anche per tale profilo, dunque, il motivo merita accoglimento, laddove reputa che i periti – ove inidonei ad operare la valutazione contabile di stima aziendale loro demandata – siano piuttosto tenuti a non accettare l’incarico, senza poter delegare ad altri (pur denominato “c.t.u.”) l’intero compito affidato.
In caso contrario, viene integrato l’inadempimento al proprio obbligo di svolgimento personale dell’incarico valutativo, e, di conseguenza, la giusta causa di revoca del mandato.
4. – Il sesto motivo, proposto solo in via subordinata, resta assorbito.
5. – Il ricorso incidentale e’ inammissibile per difetto di autosufficienza, posto che il principio della rilevabilita’ del giudicato esterno nel giudizio di legittimita’ deve essere coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena d’inammissibilita’ del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa (Cass. 11 febbraio 2015, n. 2617; sez. un., 27 gennaio 2004, n. 1416).
6. – In conclusione, vanno accolti il terzo ed il quinto motivo del ricorso principale, onde la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa innanzi alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, perche’ decida la controversia in applicazione del seguente principio di diritto:
Nella perizia contrattuale la revoca, ad opera di alcuni soltanto dei mandanti, del mandato collettivo conferito ai periti e’, in presenza di una giusta causa, immediatamente produttiva dell’effetto estintivo, che si produce ex nunc e che, in caso di contestazione, spetta al giudice di accertare con sentenza dichiarativa, senza che tuttavia la proposizione di tale azione costituisca affatto condizione di efficacia della revoca stessa. Ove le parti abbiano incaricato uno o piu’ esperti, anche costituiti in collegio, di svolgere una perizia contrattuale, costituisce giusta causa di revoca la sub-delega, da parte di essi, ad un diverso esperto dell’intero incarico valutativo ricevuto, salvo non consti il consenso esplicito in tal senso dei soggetti mandanti.
Alla corte del merito si demanda pure la liquidazione delle spese di legittimita’.
P.Q.M.
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