Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
ordinanza 29 febbraio 2016, n. 3982
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo – Presidente
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. MANNA Antonio – Consigliere
Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 28369-2014 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale notarile in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 406/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/07/2014 R.G.N. 1044/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. NAPOLETANO Giuseppe;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.
IN FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
la Corte di Appello di Milano, riformando l’ordinanza del Tribunale di Milano, che aveva dichiarato improponibile il ricorso proposto, Decreto Legislativo n. 150 del 2011, ex articolo 28 e articolo 702 bis codice procedura civile, da (OMISSIS) nei confronti (OMISSIS) srl con il quale si deduceva l’illegittimita’ per discriminazione in ragione dell’eta’ del contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, stipulato in data 14 dicembre 2010 e convertito a tempo indeterminato in data 1 gennaio 2012, e del relativo licenziamento intimatogli al raggiungimento del venticinquesimo anno di eta’ avvenuto il 26 luglio 2012, accoglieva la domanda condannando, ritenuta la intercorrenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la predetta societa’ a riammettere il lavoratore nel posto di lavoro ed a pagargli il risarcimento del danno;
a base del decisum la Corte del merito poneva, innanzitutto, il rilievo secondo il quale lo speciale procedimento previsto per le controversie in materia di discriminazione dal Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 28 non era stato abrogato dal c.d. rito Fornero di cui alla Legge 28 giugno 2012, n. 92, articolo 1, commi 48 e ss., per l’accertamento della legittimita’ del recesso datoriale, sicche’ correttamente il lavoratore aveva azionato la domanda giudiziale secondo il citato Decreto Legislativo n. 150 del 2011, il predetto articolo 28 tanto piu’ che, nella specie, sottolineava la Corte del merito, il richiamo, nella domanda, alla Legge n. 300 del 1970, articolo 18 era strumentale alla invocata cessazione del comportamento discriminatorio;
nel merito, la Corte distrettuale, riteneva che il contratto di lavoro intermittente concluso, in base al Decreto Legislativo n.276 del 2003, articolo 34, comma 2 con il (OMISSIS) ed il licenziamento intimatogli in relazione del raggiungimento del 25 anno di eta’ erano contrari al principio di non discriminazione dell’eta’ di cui alla direttiva 2000/78 CE in quanto la disciplina di cui al Decreto Legislativo n.276 del 2003, detto articolo 34 “trovava fondamento esclusivamente sull’eta’ senza alcuna altra specificazione non essendo richiamata alcuna ulteriore condizione soggettiva del lavoratore e non avendo esplicitamente finalizzato tale scelta ad alcun obiettivo individuabile”; conseguentemente, secondo la Corte di Appello, il contratto di lavoro intermittente, concluso in esclusiva ragione dell’eta’, era illegittimo ed il rapporto di lavoro doveva considerasi a tempo indeterminato con orario part-time e, non essendosi detto rapporto risolto validamente, la societa’ andava condannata a riammettere il lavoratore nel posto di lavoro ed a risarcirgli il danno nella misura della retribuzione – da agosto 2012 alla data della sentenza – calcolata secondo la media mensile percepita nel corso del rapporto di lavoro;
avverso questa sentenza la societa’ ricorre in cassazione sulla base di tre censure,illustrate da memoria, cui si oppone con controricorso la parte intimata;
con la prima censura la societa’, deducendo violazione e/o falsa applicazione della Legge n. 300 del 1970, articolo 18 nonche’ degli articoli 702 bis e 702 quater codice procedura civile, prospetta che la Corte del merito ha erroneamente ritenuto che la natura discriminatoria del licenziamento potesse essere azionata Decreto Legislativo n. 150 del 2011, ex articolo 28 e non con il procedimento di cui alla Legge 28 giugno 2012, n. 92, articolo 1, commi 48 e ss.;
con il secondo motivo la societa’, denunciando violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 34, comma 2, della Direttiva 2000/78/CE, nonche’ del principio generale di diritto comunitario inerente il divieto di discriminazione in ragione dell’eta’ e violazione del principio del primato del diritto comunitario sul diritto interno, sostiene che ha errato la Corte del merito nel ritenere violato il principio di non discriminazione perche’, nella specie, si tratta di una legge che favorisce i lavoratori in ragione della loro eta’ e non viceversa e il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 34, comma 2, e’ sovrapponibile alla Direttiva 2000/78/CE; chiede, poi, la societa’ sotto i diversi profili denunciati che la questione sia rimessa alla Corte di giustizia;
con la terza critica la societa’, allegando violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 34, comma 2, assume che la invalidita’ del contratto di lavoro intermittente o a chiamata puo’ essere sanzionata con il risarcimento del danno e non con la conversione del rapporto a tempo indeterminato e che comunque il danno liquidato non puo’ essere equiparato alla media delle retribuzioni corrisposte;
la societa’, poi, richiama i motivi gia’ proposti avanti la Corte di Appello e non presi in considerazione.
Considerato che:
secondo giurisprudenza, costante di questa Corte l’inesattezza del rito non determina di per se’ l’inesistenza o la nullita’ della sentenza, ma assume rilevanza invalidante soltanto nell’ipotesi, non ricorrente nel caso di specie, in cui, in sede di impugnazione, la parte indichi lo specifico pregiudizio processuale concretamente derivatole dalla mancata adozione del rito diverso, quali una precisa e apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e, in generale, delle prerogative processuali protette della parte (Cass. 18 luglio 2008 n. 19942, Cass. S.U. 10 febbraio 2009 n. 3758, Cass. 22 ottobre 2014 n. 22325 e Cass. 27 gennaio 2015 n. 1448);
il contratto di lavoro intercorso tra le parti in causa e’ stato stipulato ai sensi del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 34, comma 2 che, all’epoca dei fatti, prevedeva la possibilita’ che il contratto di lavoro intermittente potesse essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di eta’;
il (OMISSIS) assunto quando ancora non aveva compiuto il venticinquesimo anno di eta’ veniva, successivamente, licenziato in ragione esclusiva del compimento di detta eta’;
il Decreto Legislativo n. 276 del 2003 di “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla Legge 14 febbraio 2003, n. 30”, all’articolo 34, nella formulazione applicabile alla data di assunzione, dopo aver sancito, al comma 1, “Il contratto di lavoro intermittente puo’ essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno ai sensi dell’articolo 37”, prevedeva, al comma 2, che “Il contratto di lavoro intermittente puo’ in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di eta’ ovvero da lavoratori con piu’ di quarantacinque anni di eta’, anche pensionati”;
alla data del licenziamento l’articolo 34, predetto comma 2 stabiliva che “In contratto di lavoro intermittente puo’ in ogni caso essere concluso con soggetti con piu’ di cinquantacinque anni di eta’ e con soggetti con meno di ventiquattro anni di eta’, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di eta’ “;
il richiamato comma 2 di cui al Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 34 potrebbe porsi, stante lo specifico e caratterizzante riferimento all’eta’, in conflitto con il principio di non discriminazione in base all’eta’ che deve essere considerato (Cfr. sentenza 19 gennaio 2010, causa C-555/07 Ktictikdeveci, punto 21) un principio generale del diritto dell’Unione (V., sentenza 22 novembre 2005, causa C-144/04, Mangold) cui la Direttiva 2000/78 da’ espressione concreta (V. sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne, Racc. pag. 455, punto 54);
la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la quale secondo l’articolo 6, n. 1, TUE ha lo stesso valore giuridico dei trattati, all’articolo 21, n. 1 vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, (…) sull’eta’ (in tal senso V. sentenza 19 gennaio 2010, causa C-555/07 Kticiikdeveci, cit. punto 22);
l’articolo 6, n. 1, comma 1, della predetta Direttiva 2000/78 enuncia che una disparita’ di trattamento in base all’eta’ non costituisce discriminazione laddove essa sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalita’ legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalita’ siano appropriati e necessari (cosi’ sentenza 19 gennaio 2010, causa C-555/07 Ktictikdeveci, cit. punto 33);
nella specie la formulazione dell’allora vigente, Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 34, comma 2 di “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla Legge 14 febbraio 2003, n. 30” (ora trasfuso, con modificazioni, e previa abrogazione al Decreto Legislativo n. 276 del 2003, dei detti articoli 33 e 34 nel Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 13, comma 2) mostra di non contenere alcuna esplicita ragione rilevante ai sensi dell’articolo 6, n. 1, comma 1, della citata Direttiva 2000/78;
questa Corte di legittimita’ ritiene, con riferimento alla disposizione nazionale di cui in narrativa,di sollevare, ex articolo 267, TFUE, questione pregiudiziale sull’interpretazione del principio di non discriminazione in base all’eta’, quale espresso concretamente dalla direttiva 2000/78 e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 21, n. 1).
P.Q.M.
1. Dispone, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea di chiedere,in via pregiudiziale, alla Corte di giustizia dell’Unione europea se la normativa nazionale di cui al Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 34, secondo la quale il contratto di lavoro intermittente puo’ in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di eta’, sia contraria al principio di non discriminazione in base all’eta’, di cui alla Direttiva 2000/78 e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 21, n. 1).
2. sospende il presente giudizio sino alla definizione delle suddetta questione pregiudiziale;
3. ordina l’immediata trasmissione di copia della presente ordinanza, unitamente agli atti del giudizio,alla cancelleria della Corte di giustizia europea.
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