Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 13 gennaio 2016, n. 982

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente

Dott. CAVALLO Aldo – rel. Consigliere

Dott. CASSANO Margherita – Consigliere

Dott. CASA Filippo – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 479/2014 GIP TRIBUNALE di TORINO del 26/09/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

lette le conclusioni del PG Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 26 settembre 2014 il GIP del Tribunale di Torino, richiesto dal difensore di (OMISSIS) di rideterminare, in sede di esecuzione – per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 272, articoli 4-bis e 4-vicies ter – l’entita’ della pena (anni 3 di reclusione ed euro 13.000,00 di multa) applicata al predetto condannato con la sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 cod. proc. pen. il 5 ottobre 2012 dal quello stesso giudice in relazione alla detenzione illegale di plurimi quantitativi imprecisati, ma non modici, di hashish (fatti commessi dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS)) divenuta irrevocabile il 4 novembre 2013, riconosciuta la propria competenza ed affermata la non necessita’ del raggiungimento di un nuovo accordo delle parti e di contro la sussistenza di autonomi poteri discrezionali del giudice dell’esecuzione nella rideterminazione della pena, valutata la continuita’ della detenzione di sostanza stupefacente, protrattasi per oltre un anno, ed il non modico quantitativo della stessa, rideterminava la pena finale in anni 2 e mesi 4 di reclusione ed e 6000,00 di multa.

2. Per l’annullamento di tale ordinanza il condannato ha proposto ricorso, per il tramite del suo difensore, denunziando vizio di motivazione (contraddittorieta’ o manifesta illogicita’) per avere il Tribunale provveduto discrezionalmente alla rideterminazione, di fatto ignorando il dato relativo all’accordo raggiunto dalle parti per la sua determinazione in anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 3000,00 di multa, incongruamente affermando la non necessita’ dello stesso, facendo riferimento, del tutto astrattamente, all’impasse che si determinerebbe nei caso in cui nessun accordo intervenga tra le parti o qualora il nuovo accordo sia contra legem, eventualita’ queste non ricorrenti nel caso di specie, in cui un accordo era stato raggiunto e la pena indicata risultava adeguata e congrua rispetto ai parametri di cui all’articolo 133 cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato laddove denuncia come illegittima la decisione dei giudice dell’esecuzione, nella parte in cui ha escluso, pregiudizialmente, che la rideterminazione della pena debba avvenire in forza di un nuovo patto sulla pena raggiunto dalle parti (condannato e pubblico ministero), a seguito della sentenza della Corte cost. n. 32 del 2014.

Successivamente alla deliberazione del provvedimento impugnato, invero, le Sezioni Unite della Corte, con sentenza n. 37107 del 26/02/2015, Marcon, hanno affermato il principio secondo cui, in tema di sostanze stupefacenti, quando, successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di applicazione di pena ex articolo 444 cod. proc. pen., interviene la dichiarazione d’illegittimita’ costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, il giudicato permane quanto ai profili relativi alla sussistenza del fatto, alla sua attribuibilita’ soggettiva e alla sua qualificazione giuridica, ma il giudice della esecuzione deve rideterminare la pena, attesa la sua illegalita’ sopravvenuta, in favore del condannato con le modalita’ di cui al procedimento previsto dall’articolo 188 disp. att. cod. proc. pen. e solo in caso di mancato accordo, ovvero di pena concordata ritenuta incongrua, provvede autonomamente ai sensi degli articoli 132- 133 cod. pen..

Il giudice dell’esecuzione, quindi, piuttosto che escludere, in via pregiudiziale ed astratta, “la necessita’ di un accordo tra le parti in executivis”, con argomentazione per altro incongrua (assenza di una previsione legale), non considerando l’esistenza nell’ordinamento di uno specifico procedimento in tal senso (l’articolo 188 disp. att. cod. proc. pen.); accordo, per altro, che nel caso in esame era stato raggiunto (atteso il consenso espresso dal pubblico ministero il 24 settembre 20149, in calce alla richiesta del condannato del 23 settembre 2014), prima di procedere, d’ufficio, ad una rideterminazione della pena, avrebbe dovuto illustrare piu’ compiutamente le ragioni per cui l’accordo raggiunto dalle parti, malgrado il mutato quadro normativo, doveva ritenersi senz’altro incongruo, e non gia’ a limitarsi ad affermare, apoditticamente, senza cioe’ indicare le fonti del proprio assunto, che nella determinazione della pena occorreva considerare la circostanza che l’imputato avrebbe detenuto, nell’arco di oltre un anno, imprecisate “quantita’ non modiche di hashish”.

Nel caso di specie, si impone, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice dell’esecuzione, il quale si uniformera’ al principio di diritto stabilito dalla predetta sentenza della Corte a sezioni unite e, percio’, procedera’, nell’eventualita’ che intenda disattendere l’accordo raggiunto dalle parti, ad una compiuta valutazione della congruita’ della pena nuovamente concordata dalle parti, alla luce della piu’ favorevole cornice edittale ripristinata per le droghe leggere dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GIP del Tribunale di Torino.

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