cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 11 gennaio 2016, n. 203

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5087/2010 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A. (gia’ (OMISSIS)) C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 61/2009 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 28/01/2009 R.G. N. 1234/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 13.07.2007 il Tribunale di Salerno accoglieva l’opposizione proposta da (OMISSIS) S.p.A. avverso il Decreto Ingiuntivo n. 495 del 2004, con il quale era stato ordinato a detta societa’ il pagamento, in favore del sig. (OMISSIS), della somma di euro 43.613,10 a titolo di indennita’ sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, ai sensi della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, comma 5.

Il tribunale attribuiva rilievo al mancato assolvimento dell’onere della prova in ordine alla comunicazione del deposito della sentenza che aveva dichiarato l’inefficacia del licenziamento intimatogli dalla (OMISSIS) nonche’ l’immediata reintegra nel posto di lavoro, e dunque alla tempestivita’ dell’esercizio dell’opzione.

Con sentenza del 16.02.2009, la Corte d’Appello di Salerno rigettava l’appello proposto dal lavoratore per motivo diverso rispetto a quello posto a sostegno della decisione di primo grado: in particolare, la Corte ha ritenuto che alla formale comunicazione della sentenza prevista dalla norma andasse equiparata la conoscenza della sentenza che il lavoratore avesse comunque acquisito e che nel caso cio’ era comprovato dalla notifica della sentenza ai fini esecutivi (come risultante dal precetto), notificazione ad istanza di parte che peraltro era equiparata dall’ordinamento a vari fini alla comunicazione della sentenza; secondo la corte territoriale, ne derivava la tardivita’ dell’opzione, atteso che la notifica era stata fatta il 25.2.03 e la richiesta delle 15 mensilita’ in luogo della reintegra il 27.4.03.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello, il lavoratore propone ricorso con unico motivo, cui resiste (OMISSIS) S.p.A. con controricorso, seguito da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di ricorso si deduce (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) falsa interpretazione della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, comma 5, per avere la sentenza impugnata, ai fini del decorso del termine di decadenza per l’esercizio dell’opzione per l’indennita’ sostitutiva della reintegra, attribuito rilevanza al fatto che il ricorrente fosse a conoscenza della sentenza di declaratoria di illegittimita’ del licenziamento a prescindere da una comunicazione formale della stessa da parte dell’Ufficio.

L’articolo 18, comma 5, nel testo ratione temporis applicabile, prevedeva che “Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, ne’ abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell’indennita’ di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti”. Nel testo oggi vigente, la norma prevede che “La richiesta dell’indennita’ deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione”. Nel caso, si controverte sulla possibilita’ di ammettere equipollenti della comunicazione del deposito della sentenza di reintegra ai fini del decorso del termine di decadenza predetto.

La corte territoriale ha ritenuto che sin dal momento della notifica del precetto per il recupero delle retribuzioni a titolo di risarcimento del danno il lavoratore era a conoscenza della sentenza reintegratoria sicche’ dal detto momento cominciava a decorrere il dies a quo di trenta giorni per esercitare il diritto di opzione volto ad ottenere le 15 mensilita’ in sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, e cio’ a prescindere dalla circostanza che la sentenza di reintegra non fosse stata al lavoratore medesimo formalmente comunicata.

La corte territoriale ha sottolineato che l’esercizio da parte del lavoratore della scelta tra la ripresa del lavoro e l’indennita’ sostitutiva e’ possibile sin dal momento della lettura del dispositivo, sicche’ il termine cui fa riferimento al norma e’ termine finale stabilito al fine evitare una situazione di stallo ove il datore di lavoro non inviti il lavoratore alla ripresa del rapporto nonche’ di contenere in tempi ragionevoli l’incertezza circa la continuazione del rapporto di lavoro.

Il Collegio condivide la correttezza della soluzione indicata. Questa Corte ha gia’ rilevato (Sez. Legge n. 12100/2008, n. 10526/2008 e n. 25210/2006) che dal momento della lettura del dispositivo della sentenza contenente l’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato e’ possibile per questi esercitare la scelta tra ripresa del lavoro e indennita’ sostitutiva.

Si e’ anche avuto modo di precisare che lo spirare, alternativamente, dell’uno o dell’altro termine suddetti, e’ dal legislatore inteso come manifestazioni implicita della volonta’ del lavoratore di non proseguire il rapporto, ma, nel contempo, consuma la facolta’ di questi di optare per l’indennita’ sostitutiva, in un’evidente ottica di bilanciamento dei contrapposti interessi, nel senso che, se e’ vero che tale facolta’ puo’ essere esercitata anche prima della sentenza che accerti l’illegittimita’ del licenziamento – non potendo essere rimessa all’arbitrio del datore di lavoro che, revocando il licenziamento, pregiudichi il diritto di opzione -, e’ altrettanto vero che il lavoratore non puo’ lasciare indefinitamente in sospeso la determinazione della prestazione del datore di lavoro. E cio’ “nell’ovvia esigenza di contenere in tempi ragionevoli la situazione di incertezza conseguente ad una pronunzia di accoglimento” (cfr. Cass., n. 25210/2006).

In piu’ occasioni, peraltro, si e’ ricostruito il diritto di opzione in termini “sostanziali”, con piena autonomia rispetto all’ordine giudiziale di reintegrazione ed al relativo provvedimento: sottolineandosi il carattere negoziale della scelta del lavoratore, si e’ cosi’ affermato (Sez. L, Sentenza n. 4874 del 11/03/2015) che l’opzione prevista dalla Legge n. 300 del 1970, articolo 18, comma 5, non e’ insensibile alle vicende della sentenza con cui e’ stata dichiarata l’illegittimita’ del licenziamento e ordinata la reintegrazione, e che, al contrario, tanto il diritto alla reintegrazione quanto quello all’indennita’ sostitutiva presuppongono l’accertamento dell’illegittimita’ del licenziamento e ne seguono la sorte, con le conseguenze sopra evidenziate.

Cio’ che invece esula dagli effetti espansivi della sentenza di riforma e’ solo il diritto del lavoratore di scegliere tra la prosecuzione del rapporto o la sua definitiva estinzione, mediante il pagamento dell’indennita’ sostitutiva, e cio’ per la forte connotazione negoziale del diritto all’opzione, in se’ e per se’ considerato, diritto che, una volta esercitato, non e’ piu’ suscettibile di revoca ne’ di reviviscenza.

La ricostruzione dell’istituto in chiave sostanziale evidenzia che la scelta del lavoratore deve essere una scelta consapevole, che presuppone l’effettiva conoscenza del provvedimento reintegratorio, mentre assumono minor rilievo gli aspetti formali inerenti la comunicazione del deposito di detto provvedimento.

Tale svalutazione dell’elemento formale della comunicazione e l’attribuzione di rilievo centrale al momento conoscitivo del provvedimento consente il riconoscimento di rilevanza a fattispecie nelle quali il lavoratore e’ certamente edotto dell’emanazione del provvedimento reintegratorio e del suo contenuto, a prescindere dall’essere intervenuta o meno una formale comunicazione del relativo deposito con biglietto di cancelleria.

Si pensi, ad esempio, al caso della lettura integrale in udienza della sentenza con motivazione contestuale. Si pensi, per altro esempio, alla sentenza notificata al lavoratore dalla controparte che ne abbia estratto copia o ricevuto comunicazione prima della comunicazione alla controparte.

Proprio con riferimento alla notifica della sentenza, come anche rilevato dalla sentenza impugnata, l’ordinamento conosce varie ipotesi in cui la notifica del provvedimento e’ equiparata alla sua comunicazione ai fini del decorso di termini, ad esempio in materia di impugnazioni in senso lato.

Non si tratta di ammettere che la comunicazione possa essere sostituita da una conoscenza aliunde del provvedimento giudiziale, occorrendo comunque una conoscenza che sia qualificata (ricollegandosi ad atto formale, come nel caso della notificazione: cfr. sez. 3, Sentenza n. 7280 del 29/05/2001, ai fini della decorrenza del termine per la proposizione del regolamento di competenza; v. pure Sez. L, Sentenza n. 11684 del 29/07/2003, ai fini della decorrenza del termine di quindici giorni per l’opposizione al decreto emesso ai sensi della Legge n. 300 del 1970, articolo 28) e che sia completa (come osservato da Sez. L, Sentenza n. 10606 del 11/10/1995, che ha sottolineato la rilevanza dello strumento di conoscenza piu’ completo della comunicazione, contenente di solito il solo dispositivo).

In linea generale, va poi ricordato, con Sez. L, Sentenza n. 24418 del 02/10/2008, che, sebbene le comunicazioni di cancelleria debbano avvenire, di norma, con le forme previste dall’articolo 136 c.p.c. e articolo 45 disp. att. c.p.c., consegna del biglietto effettuata dal cancelliere al destinatario ovvero notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario, esse possono essere validamente eseguite anche in forme equipollenti, sempreche’ risulti la certezza dell’avvenuta consegna e della precisa individuazione del destinatario, il quale deve sottoscrivere per ricevuta (Conseguentemente, ove dell’ordinanza riservata del giudice dell’esecuzione il difensore della parte, successivamente al deposito, ne abbia estratto copia ad “uso opposizione”, come risultante dalle attestazioni della cancelleria a margine del provvedimento, la conoscenza del provvedimento e’ acquisita in via formale, all’esito di un’attivita’ istituzionale di cancelleria che impone l’individuazione del soggetto richiedente e di quello che ritira la copia autentica del provvedimento nonche’ l’annotazione della data di rilascio della copia stessa, e costituisce, al pari della “presa visione”, forma equipollente della comunicazione di cancelleria). Nel medesimo senso, si e’ detto (Sez. L, Sentenza n. 9421 del 11/06/2012) che con l’estrazione di copia autentica, la parte acquisisce conoscenza formale del provvedimento, all’esito di un’attivita’ istituzionale della cancelleria, che impone l’individuazione del soggetto che richiede la copia e del soggetto che la ritira, nonche’ l’annotazione della data di rilascio della copia stessa, avendosi, quindi, al pari della “presa visione”, una forma equipollente della comunicazione di cancelleria (Principio affermato con riferimento al processo del lavoro, in fattispecie nella quale, depositato il ricorso di appello, l’appellante, pur non avendo ricevuto comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza, ne aveva estratto copia, facendo cosi’ decorrere il termine per la notifica all’appellato).

Da ultimo, va richiamata Sez. 1, Sentenza n. 2068 del 23/02/2000, secondo la quale le comunicazioni di cancelleria, pur dovendo avvenire, di norma, in una delle forme previste dall’articolo 136 c.p.c. (consegna del biglietto al destinatario a cura del cancelliere, ovvero notificazione a mezzo ufficiale giudiziario), ammettono forme equipollenti, sempreche’ risulti certa, quale effetto dell’attivita’ della cancelleria, la presa di conoscenza, da parte del destinatario, della notizia da comunicare e la data in cui tale comunicazione e’ avvenuta (e sempreche’ l’atto abbia, inoltre, raggiunto il suo scopo), (nel caso, si e’ ritenuto che, in caso di insinuazione tardiva del credito, il rilascio al creditore, su sua richiesta, di copia autentica del decreto con il quale il giudice delegato abbia fissato l’udienza per la comparizione delle parti e stabilito il termine per la notifica del provvedimento al curatore comporta la effettiva presa di conoscenza, da parte del creditore stesso, del decreto “de quo”, ancorche’ non comunicato dal cancelliere a norma dell’articolo 136 c.p.c., qualora risulti che l’atto abbia raggiunto il suo scopo per avere il creditore immediatamente utilizzato il detto decreto chiedendone la notificazione al curatore).

In linea con questi principi, il Collegio ritiene che alla formale comunicazione di deposito della sentenza prevista dalla norma in discorso possa essere equiparata la conoscenza della sentenza che il lavoratore abbia comunque acquisito in modo completo ed esatto.

Tale conoscenza nel caso e’ comprovata dalla notifica della sentenza – addirittura effettuata dallo stesso lavoratore – ai fini esecutivi del risarcimento del danno da licenziamento illegittimo.

Puo’ dunque affermarsi che, ai fini del decorso del termine di decadenza di cui all’articolo 18, comma 5 stat. lav. per il pagamento dell’indennita’ sostitutiva della reintegra, assume rilevanza la conoscenza – effettiva e completa – da parte del lavoratore della sentenza di declaratoria di illegittimita’ del licenziamento, a prescindere dalla comunicazione di avvenuto deposito della stessa da parte della cancelleria, potendo aveva il valore di questa anche la notificazione – operata dallo stesso ricorrente – della sentenza, ai fini esecutivi della stessa nel capo relativo al risarcimento del danno da licenziamento illegittimo.

La novita’ della questione da ragione della compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; spese compensate.

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