SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I
SENTENZA 19 gennaio 2016, n. 807
I fatti rilevanti della causa e le ragioni della decisione
Con il primo motivo il ricorrente deduce l’omessa pronuncia per erronea interpretazione dell’art.345 cod.proc.civ., nel testo anteriore alla legge n.353 del 1990, avendo errato la sentenza impugnata ove ha trascurato che era possibile proporre nuove eccezioni anche in sede di precisazione delle conclusioni.
Con il secondo e temo motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione sulla procura a rappresentare in giudizio la banca, quale conferita in sede di ricorso per decreto ingiuntivo, non avendo all’epoca i conferenti più tale potere, divenuto dell’amministratore delegato e comunque essendone privi sotto il profilo della rappresentanza sostanziale della banca stessa; con il quarto e quintó motivo, viene fatto valere il vizio, per violazione di legge e motivazione, della ratifica, per come ricostruita dalla sentenza impugnata ed invero attuata dagli avvocati della banca, non già dal legale rappresentante e comunque con effetti solo e semmai ex nunc.
Con il sesto motivo, il ricorrente deduce il vizio di motivazione per avere errato il giudice di primo grado nel non decidere su un’istanza istruttoria dei ricorrenti, senza che il giudice d’appello si sia pronunciato in modo esplicito sul punto.
Con il settimo motivo vengono dedotti il vizio di motivazione e la violazione di legge per ‘avere la corte d’appello ritenuto irrilevante la querela di falso relativa alla fidejussione, prestata per crediti posteriori e dunque inidonea, in difetto di esplicita pattuizione, a riferirsi a quelli pregressi.
Ritiene il Collegio, in via preliminare, che il ricorso sia inammissibile, per tardività della sua proposizione ai sensi dell’art.325 cod.proc.civ., posto che sia gli appellanti originari R.N. e D.M., nonché L. N. e A.V., da un lato e pure l’interveniente Erredi di N. R. e M. D. s.n.c., dall’altro, in sede di comparsa conclusionale avanti alla corte d’appello avevano esplicitamente dichiarato la propria domiciliazione, così variando altra elettiva già posta presso lo studio di diverso difensore, collocando la nuova nella citata difesa scritta presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario avanti al quale pendeva il medesimo processo. La sentenza ora impugnata venne successivamente notificata, ex art.285 cod.proc.civ. e dalla banca appellata, ai procuratori delle citate parti in data 1.1.8.2008 puntualmente presso la cancelleria della Corte d’appello di Venezia, mentre l’unitario ricorso per cassazione è stato notificato (dal lato del ricorrente) solo il 19.6.2009, dunque ben oltre l’esaurimento del termine breve ex artt.325-326 cod.proc.civ., conseguendone l’applicazione del principio, curva data continuità, per cui in tema di notificazione della sentenza impugnata, nell’ipotesi in cui, nel corso del giudizio, si sia verificata una variazione del domicilio eletto, perché tale variazione possa avere effetto ai fini della decorrenza dei termini per il gravame, è necessario che sia ‘garantita alla controparte la legale conoscenza dell’atto’, non sussistendo infatti prescrizioni particolari di legge quanto all’osservanza di formalità per il mutamento nel corso del giudizio del domicilio eletto. Ne deriva che, ove la variazione non avvenga nel corso dell’udienza, con relativa verbalizzazione, essa deve essere resa nota in un atto indirizzato alla controparte, anche se non specificamente rivolto a comunicare il mutamento. Deve, pertanto, considerarsi validamente effettuata la nuova elezione di domicilio contenuta nella comparsa conclusionale, della quale la controparte ha legale conoscenza per effetto del mero deposito in cancelleria, in mancanza altresì di espresse prescrizioni del giudice al riguardo, indipendentemente dalla circostanza che la copia della comparsa venga effettivamente ritirata dal procuratore di controparte (Cass. 5919/2000). Tale principio parimenti va ribadito allorché, come nella fattispecie, sia stata parte appellata a mostrare pieno affidamento sul mutamento di domiciliazione processualmente introdotto in comparsa conclusionale dagli appellanti. e dall’intervenente, essendo del tutto irrilevanti le prove (e le offerte di prova) circa le ragioni di un preteso errore, come invocato (circostanza estranea alla significatività dell’elezione nel frattempo compiuta e non revocata in forme equipollenti).
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, conseguendone la condanna alle spese del procedimento a carico del ricorrente, secondo le regole della soccombenza e con liquidazione come meglio da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile iI ricorso; condanna il ricorrente al pagamento dei compensi del presente procedimento, liquidati in euro 5.200 (di cui euro 200 per esborsi), oltre al 15% a forfait per le spese, nonché agli accessori di legge.
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