Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 7 agosto 2015, n. 16592
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13507-2009 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 550/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 30/05/2009 R.G.N. 852/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2015 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega orale (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Vercelli, accogliendo la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della datrice di lavoro, soc. (OMISSIS), dichiarava l’illegittimita’ della sanzione disciplinare della multa comminata alla ricorrente che, in qualita’ di addetta alle vendite presso il punto vendita di (OMISSIS), non si era presentata al lavoro il 6 gennaio 2004, disattendendo la disposizione aziendale con la quale le era stato comunicato che il punto vendita sarebbe rimasto aperto in tale giornata (come pure l’8 dicembre 2003, il 25 aprile 2004 e il 1 maggio 2004) e che in relazione alle ore lavorate nei giorni festivi sarebbe stata corrisposta la retribuzione normale con la maggiorazione per il lavoro straordinario.
Il Tribunale riteneva legittimo il rifiuto opposto dalla lavoratrice, in quanto la Legge n. 260 del 1949 non consente al datore di lavoro di trasformare unilateralmente le festivita’ in giornata lavorativa, non potendosi applicare in via analogica la normativa sul lavoro festivo domenicale, ne’ la disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 66 del 2003 in quanto riferita al riposo domenicale e non alla festivita’ infrasettimanale.
L’appello proposto dalla soc. (OMISSIS) veniva respinto dalla Corte di appello di Torino, secondo cui la Legge n. 260 del 1949, articolo 2 conferisce ai lavoratore il diritto di astenersi dai lavoro nei giorni indicati dalla stessa legge, senza che possa applicarsi in via analogica la disciplina sul lavoro domenicale. Il datore di lavoro aveva richiesto la prestazione lavorativa in una giornata in cui non poteva esigerla, con conseguente legittimita’ dei comportamento della prestatrice, non qualificabile come arbitraria tutela delle proprie ragioni, ma come legittimo esercizio dell’eccezione di inadempimento ex articolo 1460 cod. civ., tanto piu’ congruo ove si consideri la sistematicita’ della violazione del diritto al riposo (la prestazione lavorativa era stata gia’ pretesa per l’8 dicembre e richiesta per le festivita’ del 25 aprile e del 5 maggio).
Per la cassazione di tale sentenza la soc. (OMISSIS) propone ricorso affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso la (OMISSIS). Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, si da atto che il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.
Con il primo motivo si denuncia violazione di legge in relazione alla Legge n. 260 del 1949, articolo 2. La societa’ ricorrente, premesso che la questione controversa attiene al diritto del lavoratore ad astenersi dalla prestazione lavorativa in occasione delle festivita’ di cui all’articolo 2 cit. ed al contrapposto interesse del datore a chiedere la prestazione lavorativa per comprovate esigenze aziendali (apertura al pubblico in coincidenza delle festivita’), chiede se la Corte territoriale abbia correttamente interpretato l’articolo 2 cit. nel l’affermare che il diritto ivi previsto e’ assoluto e derogabile solo su espresso accordo delle parti o se invece tale previsione debba essere interpretata come regola generale suscettibile di eccezioni derivanti da comprovate esigenze aziendali ovvero in forza di previsioni di fonte contrattuale collettiva, pure connesse alla esigenze aziendali tipiche del settore, per cui in tali casi, in cui la prestazione dei lavoratori e’ articolata in turni di lavoro, il datore di lavoro possa esigere la prestazione lavorativa del dipendente il cui turno coincida con la festivita’.
Con il secondo motivo si lamenta insufficiente motivazione in merito alla circostanza che l’attivita’ presso lo spaccio aziendale (di fatto un ampio negozio aperto al pubblico) era organizzata in turni di lavoro per consentire l’apertura al pubblico tutti i giorni della settimana e cio’ “in conformita’ alla legislazione e al CCNL di settore” Inoltre, la sentenza non aveva motivato sul fatto decisivo che nel settore commercio e’ da tempo prevista la possibilita’ dello svolgimento dell’attivita’ lavorativa in tutti i giorni della settimana, fermo un giorno di riposo.
Con il terzo motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione della disciplina contrattuale, con specifico riferimento agli articoli 131, 132, 135, 136 e 137 CCNL del settore terziario, dai quali sarebbe desumibile una deroga alla regola del divieto sancito dalla Legge n. 260 del 1949. Specificamente, l’articolo 137 prevede che le ore di lavoro, a qualsiasi titolo richieste, prestate nei giorni festivi indicati nel precedente articolo 136, devono essere compensate come lavoro straordinario festivo; la disciplina dettata dalle parti sociali per il lavoro prestato nelle festivita’ lascia intendere che queste abbiano contemplato un vero e proprio diritto del datore di lavoro di richiedere prestazioni straordinarie in coincidenza con le festivita’ infrasettimanali, che sono comunque considerate straordinarie. Si sostiene che dalle predette disposizioni contrattuali emergerebbe una deroga alle previsioni legali in materia di festivita’ (Legge n. 260 del 1949, articolo 2) e specificamente emergerebbe il diritto del datore di lavoro di richiedere prestazioni straordinarie festive.
Il quarto motivo verte sulla violazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., nonche’ dell’articolo 2697 cod. civ., per avere la sentenza omesso di considerare le pacifiche e non contestate deduzioni aziendali in ordine all’organizzazione del punto vendita di (OMISSIS) e segnatamente alla esistenza di una turnazione di lavoro (tale da assicurare l’apertura al pubblico per sette giorni alla settimana), alla informazione (data il 1.12.2003) a tutti gli addetti al punto vendita e alla (OMISSIS) stessa quale v.s. che lo spaccio sarebbe rimasto aperto al pubblico l’8 dicembre 2003 e il 6 gennaio 2004.
Il quinto motivo denuncia violazione di legge in relazione agli articoli 1460, 1175, 1375, 2094 e 2104 cod. civ.. Si chiede se, in ipotesi di eccezione “inadimptenti non est adimplendum”, l’articolo 1460 c.c., comma 2, imponga una valutazione del comportamento delle parti anche alla luce dei principi di buona fede e correttezza di cui agli articoli 1175 e 1375 cod. civ., norme che, nell’ambito del rapporto di lavoro, rendono necessario anche valutare il rispetto, da parte del lavoratore, degli obblighi di collaborazione con il datore di lavoro, sotto la direzione di questi e con la dovuta diligenza di cui agli articoli 2094 e 2014 cod. civ..
I primi tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente, in quanto vertenti su questioni connesse, sono infondati. Il Collegio intende ribadire il principio espresso da Cass. n. 16634/2005, secondo cui, atteso che la Legge n. 260 del 1949, come modificata dalla Legge n. 90 del 1954, relativa alle festivita’ infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, riconosce al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione di tali festivita’, regolando compiutamente la materia, non e’ consentita – ai sensi dell’articolo 12 preleggi – l’applicazione analogica delle eccezioni al divieto di lavoro domenicale e deve escludersi che il suddetto diritto possa essere posto nel nulla dal datore di lavoro, essendo rimessa la rinunciabilita’ al riposo nelle festivita’ infrasettimanali solo all’accordo tra datore di lavoro e lavoratore (nella specie, questa Corte, cassando e decidendo nel merito, ha rigettato la domanda proposta dalla “Fondazione Teatro alla Scala di Milano” volta ad accertare l’obbligo dei tecnici di palcoscenico a svolgere, anche nelle festivita’ infrasettimanali, la prestazione lavorativa a richiesta del datore di lavoro secondo i turni e l’organizzazione del lavoro e dei riposi normali).
Tale sentenza ha confermato la giurisprudenza secondo cui ai lavoratori viene riconosciuto il “diritto soggettivo” di astenersi dal lavoro in occasione delle festivita’ infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose (Cass. n. 4435/2004, Cass. n. 9176/1997, Cass. n. 5712/1986). E’ stato, tra l’altro, osservato che: a) la possibilita’ di svolgere attivita’ lavorativa nelle festivita’ infrasettimanali non significa che la trasformazione da giornata festiva a lavorativa possa avvenire per libera scelta del datore di lavoro; la rinunciabilita’ al riposo nelle festivita’ infrasettimanali non e’ rimessa ne’ alla volonta’ esclusiva del datore di lavoro, ne’ a quella del lavoratore, ma al loro accordo; b) la Legge n. 260 del 1949, che ha individuato le festivita’ celebrative di ricorrenze civili e religiose con il conseguente diritto del lavoratore di astenersi dal prestare lavoro in dette festivita’, e’ completa e non consente di fare ricorso al procedimento per analogia, non occorrendo ricercare un quid comune per integrare una lacuna dell’ordinamento; in particolare, non occorre accertare se sussista una identita’ di ratio tra “riposo settimanale” – o “riposo coincidente con la domenica” – e “riposo infrasettimanale” al mero fine di sostenere che il “riposo per le festivita’” – cosi’ come il “riposo domenicale” – non avrebbe funzione “di ristoro” bensi’ “di fruizione di tempo libero qualificato”, si’ da tentare impropriamente di utilizzare in sede interpretativa il procedimento analogico; c) la normativa sulle festivita’ infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose (Legge n. 260 del 1949) e’ stata emanata successivamente alla normativa sul riposo domenicale e settimanale (Legge n. 370 del 1934) e in essa non solo non sono state estese alle festivita’ infrasettimanali le eccezioni all’inderogabilita’ previste ex lege esclusivamente per il riposo domenicale, ma con successiva norma (Legge n. 520 del 1952) e’ stato sancito che solo per “il personale di qualsiasi categoria alle dipendenze delle istituzioni sanitarie pubbliche e private” sussiste l’obbligo (=”il personale per ragioni inerenti all’esercizio deve prestare servizio nelle suddette giornate”) della prestazione lavorativa durante le festivita’ (“nel caso che l’esigenza del servizio non permetta tale riposo”) su ordine datoriale in presenza, appunto (anche in questa specifica ipotesi), di “esigenze di servizio”; d) di conseguenza appare evidente, sotto qualsivoglia profilo, che non sussiste un obbligo “generale” a carico dei lavoratori di effettuare la prestazione nei giorni destinati ex lege per la celebrazione di ricorrenze civili o religiose e sono nulle le clausole della contrattazione collettiva che prevedono tale obbligo, in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori di astenersi dal lavoro (cui e’ consentito derogare per il solo lavoratore domenicale); in nessun caso una norma di un contratto collettivo puo’ comportare il venir meno di un diritto gia’ acquisito dal singolo lavoratore (come il diritto ad astenersi dal lavoro nelle festivita’ infrasettimanali), non trattandosi di diritto disponibile per le organizzazioni sindacali (Cass. n. 9176/1997 cit); e) il Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (in “attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”) nulla aggiunge alla specifica normativa sulle festivita’ infrasettimanali, in quanto la normativa comunitaria si riferisce espressamente al riposo settimanale ed alla possibilita’ che siffatto riposo (e non certo il diritto di astensione dal lavoro in occasione delle festivita’ infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose) possa essere calcolato in giorno diverso dalla domenica.
A tali considerazioni, va pure aggiunto che dalla disciplina contrattuale di settore non emerge l’esistenza di alcuna previsione pattizia intesa a derogare alle norme di legge, essendo soltanto disciplinato il trattamento retributivo spettante in caso di prestazione lavorativa resa nel giorno festivo, ma non anche il diritto del datore di lavoro di esigere tale prestazione in difetto di consenso del lavoratore. Anche il quarto e il quinto motivo, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
Il provvedimento del datore di lavoro, in difetto di un consenso del lavoratore a prestare la propria attivita’ nella festivita’ infrasettimanale, determina la nullita’ dello stesso e integra un inadempimento parziale del contratto di lavoro, con la conseguenza che la mancata ottemperanza allo stesso provvedimento da parte del lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un’eccezione di inadempimento (articolo 1460 cod. civ.), sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti, non potendosi ritenere che sussista una presunzione di legittimita’ dei provvedimenti aziendali, che imponga l’ottemperanza agli stessi fino a un contrario accertamento in giudizio (cfr. Cass. n. 26920 del 2008; n. 1809 del 2002, v. da ultimo Cass. n.11927 de 2013).
Il ricorso va dunque respinto. Le spese sono liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articolo 2.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 2.000,00 per compensi e in euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge e 15% per rimborso spese forfettarie.
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