Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 16 luglio 2015, n. 30899
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio S. – Presidente
Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2/2012 CORTE APPELLO di BARI, del 26/04/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/06/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Alfredo Pompeo Viola, che ha escluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza in relazione ai reati di cui ai capi 2) e 3), in quanto estinti per prescrizione e rigetto nel resto del ricorso;
Uditi i difensori Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno insistito per l’accoglimento dei motivi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento del 26 aprile 2013, in riforma della sentenza emessa in data 23 giugno 2011 dal Tribunale di Bari, sezione distaccata di Rutigliano, la Corte d’appello di Bari ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo 1), perche’ estinto per intervenuta prescrizione, con conseguente revoca dell’ordine di demolizione e trasmissione di copia della sentenza al Sindaco di (OMISSIS) per quanto di competenza; ha dunque determinato le pene inflitte, applicate le gia’ concesse circostanze attenuanti generiche, in mesi otto di reclusione nei confronti di (OMISSIS) per i reati di falso ideologico commesso da esercente un servizio di pubblica necessita’, resistenza a pubblico ufficiale e violazione dei sigilli di cui ai capi 2), 3) e 4) della rubrica, e di mesi due di reclusione nei confronti di (OMISSIS) per il reato di falso di cui al capo 2).
2. Ricorrono avverso la sentenza gli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), difensori di fiducia di (OMISSIS) e (OMISSIS), e chiedono l’annullamento del provvedimento per i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge penale e processuale in relazione all’articolo 129 c.p.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 36 e 45, e 18 N.T.A. del P.R.G. e articolo 32 del Reg. Edilizio, per avere la Corte territoriale errato nel dichiarare estinto per prescrizione il reato di cui al capo 1) della rubrica anziche’ pronunciare sentenza di proscioglimento pieno nel merito, essendo intervenuta sanatoria amministrativa, n. 20 del 2008 in data 22 maggio 2008, antecedentemente al maturare del termine di prescrizione.
2.2. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all’articolo 110 c.p., quanto al reato di cui al capo 2), per avere la Corte ritenuto illogicamente dimostrato nella specie l’accordo tra il privato e il pubblico agente.
2.3. Vizio di motivazione in relazione al reato sub capo 2), per mancanza e/o illogicita’ della motivazione sull’elemento soggettivo del reato ex articolo 481 c.p., ascritto a (OMISSIS).
2.4. Vizio di motivazione in relazione agli articoli 336 e 337 c.p., con riguardo al reato sub capo 3), per avere la Corte territoriale ritenuto integrata la materialita’ della condotta sebbene (OMISSIS) si limitasse a mettere una mano sulla spalla dell’operante e a dire “e’ meglio se andate via”.
2.5. Violazione di legge in relazione all’articolo 337 c.p., sub capo 3), per avere il Collegio ritenuto integrato il reato sebbene le condotte tenute dal (OMISSIS) abbiano preceduto il compimento dell’atto d’ufficio.
2.6. Vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’articolo 349 c.p., sub capo 4), per avere la Corte apoditticamente ritenuto (OMISSIS) responsabile delle violazioni di sigilli per il mero fatto di essere stato nominato custode del luogo.
3. Nella memoria presentata nella Cancelleria di questa Corte in data 20 maggio 2015, l’Avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), ha evidenziato: 1) che i reati contestati agli assistiti ai capi 2) e 3) sono estinti per prescrizione; 2) che i fatti in oggetto rientrano comunque nell’ipotesi di non punibilita’ prevista dall’articolo 131 bis c.p., sicche’ si appalesa necessario disporre il differimento del processo in attesa della decisione della Corte di cassazione a Sezioni Unite o, comunque, annullare la sentenza con rinvio alla Corte d’appello per l’eventuale riconoscimento della causa di non punibilita’ in oggetto.
4. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che la sentenza impugnata sia annullata senza rinvio in relazione ai reati di cui ai capi 2) e 3), in quanto estinti per prescrizione e che il ricorso sia rigettato nel resto.
Gli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), difensori di fiducia di (OMISSIS) e (OMISSIS), hanno insistito per l’accoglimento dei motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La sentenza impugnata va annullata con riguardo ai reati di cui ai capi 2) e 3) della rubrica in quanto estinti per prescrizione, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari ai fini della determinazione della pena residua per il reato di cui all’articolo 349 c.p., nei confronti del solo (OMISSIS).
2. In primo luogo, deve essere sgombrato il campo dalla deduzione oggetto dei motivi aggiunti con i quali i patrocinanti hanno invocato l’applicazione nei confronti degli assistiti della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p., medio tempore entrata in vigore.
2.1. Non e’ revocabile in dubbio che la Suprema Corte di cassazione possa valutare la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 131 bis c.p., nei procedimenti pendenti dinanzi a se’. Difatti, come la questa Corte regolatrice ha gia’ avuto modo di affermare, l’esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131 bis c.p., ha natura sostanziale ed e’ applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimita’, nei quali la Suprema Corte puo’ rilevare di ufficio ex articolo 609 c.p.p., comma 2, la sussistenza delle condizioni di applicabilita’ del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata e, in caso di valutazione positiva, deve annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito (Nella specie, la Corte ha escluso l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilita’, rilevando dalla sentenza impugnata elementi indicativi della gravita’ dei fatti addebitati all’imputato, incompatibili con un giudizio di particolare tenuita’ degli stessi) (Cass. Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308; Sez. 4, n. 22381 del 17/04/2015, Mauri Rv. 263496).
2.2. Tanto premesso in linea generale e passando al vaglio del caso di specie, la deduzione concernente la causa di non punibilita’ si appalesa totalmente generica e, per tale ragione, inammissibile in questa Sede.
2.3. Ad ogni buon conto, la particolare tenuita’ del fatto ascritto a (OMISSIS) e’ esclusa sia dalle modalita’ della condotta che, come ricostruito dai decidenti di merito, si sostanziava nella commissione di un falso ideologico nella D.I.A. in sanatoria, in relazione ad opere risultate oggetto di abuso edilizio, da parte del tecnico-professionista nell’espletamento di un servizio di pubblica necessita’ e dunque da soggetto deputato ad attestare la veridicita’ di quanto rappresentato nei documenti dal medesimo predisposti; sia dai pregnanti interessi giuridici sottesi al delitto, segnatamente dall’interesse pubblico alla genuinita’ materiale e alla veridicita’ ideologica di determinati atti ed, in particolare, dall’interesse a che l’azione amministrativa (nella specie in ambito urbanistico – edilizio) si fondi sulla base di atti affidabili, in quanto rispondenti al reale stato dei luoghi, in ossequio alle esigenze di buona amministrazione.
2.4. Allo stesso modo, quanto alla posizione di (OMISSIS), le complessive imputazioni al medesimo elevate, i beni giuridici tutelati dalle incriminazioni ascritte e, soprattutto, le modalita’ subdole con le quali veniva realizzata la condotta di violazione di sigilli ad opera del ricorrente denotano la gravita’ complessiva dei fatti, che non possono stimarsi occasionali o di minimo rilievo.
3. Infondate sono le doglianze con le quali (OMISSIS) e (OMISSIS) contestano l’integrazione del reato di cui al capo 1), dichiarato estinto dalla Corte territoriale per prescrizione, sussistendo – ad avviso dei ricorrenti – i presupposti per il proscioglimento pieno nel merito alla luce della conseguita sanatoria.
Giova rilevare come la Corte territoriale abbia diffusamente trattato l’eccezione – gia’ proposta negli stessi termini come motivo d’appello -, evidenziando come la sanatoria (invocata dai ricorrenti quale causa estintiva del reato) non possa dispiegare nessun effetto sanante degli abusi, essendo risultate le volumetrie utili di fatto realizzate di gran lunga maggiori al massimo consentito dallo strumento urbanistico, soffermandosi altresi’ sulle modalita’ del calcolo volumetrico (v. pagine 11 e seguenti della decisione in verifica). A fronte delle argomentazioni, congrue ed esaurienti, sviluppate sul punto dal Giudice a quo, i rilievi difensivi volti a far prevalere la causa proscioglimento di merito sulla quella di natura processuale non sono tali da delineare una situazione di innocenza degli imputati percepibile ictu oculi.
Vanno allora richiamati i principi espressi da questa Corte alla stregua dei quali, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice e’ legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi’ che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu’ al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita’ di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 23680 del 07/05/2013, Rizzo, Rv. 256202).
4. Quanto ai restanti motivi afferenti ai delitti di cui ai capi 2) e 3) della rubrica, va rilevato come, tenuto conto della non manifesta infondatezza delle deduzioni sviluppate dai ricorrenti, avendo riguardo al tempus commissi delicti, i reati debbano essere dichiarati estinti per intervenuta prescrizione.
D’altronde, la complessiva impalcatura argomentativa a corredo delle decisioni di primo e di secondo grado si connota per puntualita’ rispetto alle risultanze processuali e rispondenza a logica e diritto delle argomentazioni sviluppate (in particolare quanto al concorso del committente nel falso ideologico commesso dell’intraneus esercente il servizio di pubblica necessita’, alla sussistenza dell’elemento soggettivo nel reato di falso ideologico ed alla integrazione del reato di minaccia e resistenza a pubblico ufficiale; v. pagine 16 e seguenti della pronuncia), mentre le doglianze mosse nei ricorsi non sono tali da palesare l’esistenza dei presupposti del proscioglimento pieno di merito. Anche con riguardo ai delitti sub capi 2) e 3), va dunque ripetuto il condivisibile insegnamento di questa Corte, gia’ sopra rammentato, alla stregua del quale, non ricorrendo i presupposti di evidenza della causa d’innocenza, i reati vanno dichiarati estinti per prescrizione.
5. Infondate sono infine le censure mosse all’apparato argomentativo della sentenza impugnata in relazione al reato di cui all’articolo 349 c.p..
Il Giudice distrettuale ha invero esplicitato, con considerazioni aderenti alle evidenze probatorie e conformi a diritto, le ragioni per le quali (OMISSIS) – proprietario della villa sequestrata e nominato quale custode – debba ritenersi responsabile delle riscontate violazioni di sigilli. In particolare, il decidente di merito ha congruamente posto in risalto come (OMISSIS), non solo era il custode del bene e dunque obbligato ad esercitare su di esso una continua custodia, ma continuava a frequentare assiduamente il luogo (adibito a residenza del nucleo familiare della figlia) e fu difatti coinvolto direttamente dalla congiunta in occasione del sequestro, mentre le giustificazioni addotte – in merito all’azione degli agenti atmosferici e al deterioramento dei materiali che costituivano i segni esteriori dei sigilli -, oltre che generiche, non sono tali da offrire una plausi’bile spiegazione alla manomissione dei sigilli.
Le conclusioni cui sono pervenuti i Giudici della cognizione si pongono allora perfettamente in linea con i principi affermati da questo giudice nomofilattico in tema di violazione di sigilli, alla stregua dei quali il custode e’ obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro una custodia continua ed attenta, e non puo’ sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive ragioni di impedimento e chiedendo ed ottenendo, per esse, di essere esonerato dall’incarico e sostituito nella funzione di custodia o, qualora non abbia avuto la possibilita’ ed il tempo di chiedere il detto esonero, fornendo la prova del caso fortuito o della forza maggiore come cause impeditive dell’esercizio, da parte sua, del menzionato dovere di vigilanza, per il mero fatto di essere stato nominato custode del luogo (Cass. Sez. 3, n. 2989 del 28/01/2000 Capogna Rv. 215767). In altri termini, il custode giudiziario – per la sua qualita’ di soggetto destinatario di uno specifico obbligo di vigilanza sulla cosa affinche’ ne venga assicurata o conservata l’integrita’ – risponde della violazione di sigilli a meno che non dimostri che si verte in ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore (Cass. Sez. 3, n. 29040 del 20/02/2013, Conti e altro Rv. 256670). Ipotesi di caso fortuito e forza maggiore che il Collegio di merito ha escluso con motivazione immune da vizi scrutinabili in questa Sede.
6. Conclusivamente, annullata la pronuncia in verifica in relazione ai reati sub capi 2) e 3) in quanto estinti per prescrizione, deve rinviarsi ad altra sezione della Corte d’appello di Bari per nuova determinazione della pena in ordine al residuo reato di cui al capo 4).
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata in ordine ai reati di cui ai capi 2) e 3) della imputazione perche’ estinti per prescrizione e rinvia per la determinazione della pena residua per il reato di cui all’articolo 349 c.p., nei confronti di (OMISSIS) ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari. Rigetta nel resto il ricorso del (OMISSIS).
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