Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 7 agosto 2015, n. 16570
Svolgimento del processo
Con sentenza del 18 novembre 2008 il Tribunale di Napoli ha rigettato l’opposizione proposta dalla Tomasos Transport & Tourism s.p.a. T.T.T. Lines avverso il decreto ingiuntivo emesso dal medesimo Tribunale di Napoli nei suoi confronti ed in favore di F.C. per il pagamento della somma di Euro 122.689,89 oltre interessi, a titolo di risarcimento danni conseguenti alla dichiarazione di inefficacia del licenziamento irrogato dalla T.T.T. Lines al F. in data 23 aprile 2004, stabilita con sentenza del Tribunale di Napoli del 28 settembre 2006 che aveva pure statuito la condanna della T.T.T. Lines alla reintegra del F. nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno, detratto l’aliunde perceptum. Con sentenza del 23 febbraio 2012 la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma di tale sentenza di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto, ed ha condannato la T.T.T. Lines al pagamento in favore del F. della inferiore somma di Euro 63.616,98, detraendo dalla somma di cui al decreto ingiuntivo opposto e corrispondente alle retribuzioni maturate per 27 mesi dalla data del licenziamento al 31 dicembre 2006 (detratto il periodo in cui il lavoratore aveva lavorato alle dipendenze di altra società dal 20 febbraio 2006 al 10 aprile 2006 e dall’11 luglio 2006 al 6 ottobre 2006), l’ulteriore somma relativa al periodo in cui il F. ha lavorato per la CA.RE.MAR. s.p.a. dal 1 gennaio 2005, residuando, in tal modo, 14 mensilità di retribuzione di Euro 4.544,07 ognuna per il totale di Euro 63.616,98. La Corte territoriale ha ritenuto di non escludere le somme corrispondenti ai periodi di riposo, comunque contrattualmente dovute, e le somme ritenute e versate per indennità di malattia, verificate presso l’INAIL dal consulente tecnico contabile d’ufficio.
Il F. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su sei motivi.
La T.T.T. Lines s.p.a. resiste con controricorso, e svolge ricorso incidentale articolato pure su sei motivi illustrati da memoria.
Il F. resiste con controricorso al ricorso incidentale avversario.
Motivi della decisione
I ricorsi vanno riuniti essendo proposti avverso la medesima sentenza.
Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 1175 e 1227 cod. civ. e 18 dello Statuto dei Lavoratori, in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che la Corte d’appello di Napoli, invece di detrarre l’aliunde percepum dalle retribuzioni dovute a titolo risarcitorio, avrebbe considerato l’unico credito risarcitorio del lavoratore proprio le mensilità di retribuzione relative al lavoro svolto presso altri datori di lavoro.
Con il secondo motivo si deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento alla medesima circostanza di cui al motivo che precede.
Con il terzo motivo si assume violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si lamenta che sarebbe stato violato il principio dell’onere della prova avendo la Corte territoriale fondato la propria pronuncia riguardo all’aliunde perceptum sulla base delle sole allegazioni del datore di lavoro senza che questi abbia fornito la prova di quanto dedotto.
Con il quarto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ. con riferimento alla mancanza di prova sull’ammontare dell’aliunde perceptum non essendo nemmeno indicato l’ammontare delle retribuzioni percepite presso terzi.
Con il quinto motivo si deduce vizio ed assoluta omissione di motivazione ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. in ordine alla decurtazione del risarcimento del danno di cui al decreto ingiuntivo opposto, che sarebbe in contraddizione con quanto motivato riguardo all’indennità di malattia ed alla comprensione anche dei periodi di riposo.
Con il sesto motivo si chiede la correzione dell’errore della sentenza impugnata che avrebbe considerato 14 mensilità di retribuzione corrispondenti, invece, alle mensilità da detrarre quale aliunde perceptum.
Con il primo motivo del ricorso incidentale si lamenta omissione di pronunzia su specifico motivo di impugnazione in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., conseguenzialmente violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 cod. proc. civ. in riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. e violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ., 324 cod. proc. civ. nonché dei criteri interpretativi delle sentenze costituiti dall’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.. In particolare si deduce che la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare il motivo di appello relativo all’interpretazione della sentenza relativa all’an che aveva statuito in ordine al risarcimento del danno. In particolare si sostiene che tale sentenza avrebbe imposto di considerare anche le mensilità di retribuzione relative ai riposi come previsto dalla contrattazione di categoria, e quindi ai periodi fisiologici di non imbarco.
Con il secondo motivo si assume violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 112 cod. pro. civ., 325 e 332 cod. nav., 12 delle disposizioni sulla legge in generale nonché violazione degli artt. 3, 16, 20 del CCNL 11/6/2003 per i Capitani di lungo corso e violazione e falsa applicazione agli artt. 1362 e 1363 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. pro. civ. In particolare si lamenta che la Corte territoriale avrebbe considerato il regime di continuità lavorativa che da diritto alla retribuzione anche per i periodi fisiologici di non imbarco, che sarebbe stato invece escluso dalla sentenza dell’an e che nemmeno il lavoratore aveva dedotto.
Con il terzo motivo si assume violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970 e degli artt. 1218 e 1223 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che, quale conseguenza dell’errata qualificazione del rapporto, sarebbe stato violato anche il principio del risarcimento del danno di cui alla tutela reale, secondo cui sono dovute solo le retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito effettivamente se il rapporto fosse regolarmente proseguito.
Con il quarto motivo si lamenta omissione di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ., e ulteriore violazione ed errata applicazione dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970, e degli artt. 1218 e 1223 cod. civ. con riferimento all’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che il giudice dell’appello avrebbe omesso di esaminare la censura della sentenza di primo grado relativa alla necessità di espungere dal calcolo del risarcimento del danno le retribuzioni relative ai periodi che il F. avrebbe comunque trascorso a terra in applicazione dell’avvicendamento imposto dal turno particolare a cui era iscritto.
Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e violazione ed errata applicazione degli artt. 18 della legge 300 del 1970, e 1218, 1223 e 2110 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., nonché omessa e comunque errata contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che il giudice dell’appello avrebbe omesso di esaminare la censura della sentenza di primo grado relativa alla necessità di espungere dal calcolo del risarcimento del danno le retribuzioni relative ai periodi di malattia occorsi al F. dopo il licenziamento.
Con il sesto motivo si assume violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 112, 115, 188, 420 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., nonché omessa e comunque errata contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ. In particolare si lamenta che la Corte d’appello non si sarebbe pronunciata sul motivo, proposto in via subordinata, relativo alla deduzione dal risarcimento del danno quale aliunde perceptum, dell’indennità di malattia percepita dal F. .
Il primo, il secondo, il quinto ed il sesto motivo del ricorso principale sono da esaminare congiuntamente riferendosi tutti alla medesima questione relativa all’asserito errore in cui sarebbe incorso il giudice dell’appello nel considerare compreso nel credito risarcitorio le mensilità di retribuzione relative al periodo svolto alle dipendenze di terzi. Tali motivi risultano in primo luogo inammissibili perché il ricorrente principale denunzia la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360, n. 3 cod. proc. civ., lamentando, tra l’altro, violazione degli artt. 1175, 1227 cod. civ. e dell’art. 18 legge n. 300 del 1970 senza fornire, nel mancato rispetto del principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, un adeguato msupporto motivazionale delle avanzate censure, sia sul versante fattuale che su quello giuridico (cfr. ex plurimis sul principio di autosufficienza Cass. ord. 3 febbraio 2015, n. 1926, secondo cui il principio di autosufficienza impone che il ricorso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa; nonché, in precedenza, Cass. 4 aprile 2006, n. 7825).
Gli stessi motivi vanno ritenuti per quanto riguarda il vizio ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. anche essi inammissibili perché privi di specificità, dal momento che non si presentano come capaci a scalfire l’iter argomentativo della impugnata sentenza per quanto attiene alla mancanza o insufficienza della motivazione atteso che la Corte territoriale, in ragione della particolare natura e disciplina del rapporto lavorativo instauratosi tra le parti in causa, ha proceduto ad una corretta liquidazione delle spettanze del F. , dal cui ammontare complessivo ha sottratto le retribuzioni che lo stesso F. ha ricevuto successivamente al licenziamento intimatogli da altri datori di lavoro.
Il terzo ed il quarto motivo sono inammissibili sia perché si riferiscono alla statuizione sull’an già oggetto del giudizio conclusosi con la sentenza del Tribunale di Napoli n. 26068/2006 che costituisce, sul punto, giudicato esterno, sia perché coinvolgono un giudizio sul merito, fra l’altro già svolto dal giudice competente, e non rivisitabile in questa sede di legittimità.
I motivi del ricorso incidentale si riferiscono tutti alla determinazione dell’an con particolare riferimento al riconoscimento dei periodi di riposo e di malattia.
Non vi è dubbio che il risarcimento del danno è regolato dall’art. 18 della legge 300 del 1970 per cui competono al lavoratore illegittimamente licenziato tutte le mensilità di retribuzione dal licenziamento all’effettiva reintegra. La ricorrente incidentale pretende di dedurre da tale licenziamento, oltre l’aliunde perceptum, anche i periodi di riposo e di non imbarco. L’assunto è infondato. Non è in discussione – anche per effetto della mancanza di una specifica contestazione dei dati fattuali compiutamente accertati in sede di appello – che il rapporto di lavoro del F. è stato ritenuto a tempo indeterminato ed è, come tale, disciplinato dagli artt. 19 e 20 CCNL per i capitani di lungo corso. Il trattamento in questione prevede periodi di riposo, cioè di mancato imbarco, e la relativa retribuzione contrattualmente prevista costituisce conseguentemente parte integrante del trattamento e, come tale, inclusa nel trattamento riconosciuto ai fini risarcitori ex art. 18 legge 300 del 1970, come esattamente ritenuto dalla Corte territoriale. Analoga considerazione va svolta per i periodi di assenza per malattia, dovendosi comunque, anche per tale aspetto, ai fini risarcitori che qui interessano, fare riferimento al trattamento che il lavoratore avrebbe avuto nel caso in cui il rapporto fosse regolarmente continuato.
Anche il ricorso incidentale è conseguentemente infondato.
Le spese del presente giudizio, per la reciproca soccombenza, vengono compensate fra le parti.
P.Q.M.
La Corte di cassazione riunisce i ricorsi e li rigetta;
Compensa fra le parti le spese del presente giudizio.
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