Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 17 novembre 2014, n. 24393
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10063-2010 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo STUDIO (OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
COBAS PT COORDINAMENTO DI BASE DEI DELEGATI P.T. ADERENTE ALLA CONFEDERAZIONE UNITARIA DI BASE di (OMISSIS) e Provincia, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 313/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/04/2009 R.G.N. 1462/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca che ha concluso per il rigetto del ricorso.
La Corte rilevava che il (OMISSIS) era stato chiamato dal responsabile legale nazionale a far parte dell’Ufficio sindacale nazionale mediante il meccanismo della cooptazione, in sostituzione di altro componente, il che determinava la sussistenza del diritto all’aspettativa sindacale; ne’ allo scopo era necessario che sussistessero le condizioni previste dal Decreto Legislativo n. 546 del 1996, articolo 3 che attengono ai soli fini della contribuzione figurativa.
(OMISSIS) s.p.a. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, articolando due motivi, cui ha resistito con controricorso il Cobas P.T., coordinamento di base delegati p.t. aderente alla confederazione unitaria di base. Le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..
1. Con il primo motivo di ricorso (OMISSIS) S.p.A. lamenta il vizio di motivazione nel quale sarebbe incorsa la Corte d’Appello nel ritenere che il (OMISSIS) fosse titolare di una carica sindacale e quindi avesse diritto ai permessi ai sensi dell’articolo 31 Stat.Lav. senza motivare adeguatamente il proprio convincimento sul punto.
2. Con il secondo, il terzo e il quarto motivo (OMISSIS) lamenta la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la sentenza di merito nel ritenere che fosse sufficiente per fruire dell’aspettativa sindacale prevista dall’articolo 31 Stat.Lav. la circostanza, riferita dal teste escusso, che il (OMISSIS) fosse stato dallo stesso chiamato a far parte dell’ufficio sindacale nazionale mediante il meccanismo della cooptazione, e che la norma del Decreto Legislativo n. 564 del 1996, articolo 3 – che prevede che le cariche sindacali di cui all’articolo 31, comma 2 dello Statuto dei lavoratori sono quelle previste dalle norme statutarie e formalmente attribuite per lo svolgimento di funzioni rappresentative e dirigenziali – sia dettata solo ai fini della contribuzione figurativa.
Formula i seguenti quesiti di diritto (imposti dall’articolo 366 bis c.p.c. operante ratione temporis in considerazione della data di deposito della sentenza gravata): Se costituisca violazione del Decreto Legislativo n. 564 del 1996, articolo 3 interpretare tale disposizione come se fosse riferita unicamente ad aspetti previdenziali e dunque giudicare la fattispecie de qua unicamente in base alla Legge n. 300 del 1970, articolo 3 senza le limitazioni previste dal Decreto Legislativo n. 564 del 1996, articolo 3 ; Se costituisca violazione dell’articolo 31, comma 2 della Legge n. 300 del 1970 ritenere sufficiente il solo fatto che il lavoratore sia stato chiamato a far parte dell’ufficio sindacale nazionale mediante il meccanismo della cooptazione del lavoratore medesimo ; Se costituisca violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. nonche’ dell’articolo 2697 c.c. ritenere, alla luce delle dichiarazioni rese dal dott. (OMISSIS), che il signor (OMISSIS) avesse diritto all’aspettativa sindacale non retribuita, in quanto in possesso dei presupposti previsti dalla Legge n. 300 del 1970, articolo 31, comma 2 .
3. Come quinto motivo lamenta la violazione della Legge n. 300 del 1970, articolo 28 per avere la Corte ritenuto antisindacale la condotta che si basava su un’ interpretazione della normativa di riferimento diversa da quella adottata dalle parti sindacali.
Formula il seguente quesito di diritto: Se costituisca violazione della Legge n. 300 del 1970, articolo 28 ritenere antisindacale la condotta del datore di lavoro che si basa su di una diversa interpretazione della normativa di riferimento .
2. Esame dei motivi del ricorso.
1. Il primo motivo e’ inammissibile.
La censura alla motivazione della sentenza gravata non tiene conto della modifica dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, introdotta con il Decreto Legislativo n. 40 del 2006 (operante ratione temporis), in relazione alla quale questa Corte ha costantemente affermato che Il motivo di ricorso con cui – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 cosi’ come modificato dal Decreto Legislativo n. 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 2 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il fatto controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per fatto non una questione o un punto della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex articolo 2697 c.c., (cioe’ un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioe’ un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purche’ controverso e decisivo . (Cass., ord., 5 febbraio 2011, n. 2805; ma cfr.,anche, Cass. 29 luglio 2011, n. 16655). Nel caso in esame, manca il riferimento ai fatti che sarebbero stati ignorati o travisati dalla Corte, che ha valorizzato le circostanze riferite dal teste, circostanze che nella loro oggettivita’ non vengono poste in discussione dal ricorrente, sicche’ il motivo costituisce piuttosto una critica sotto il profilo dell’interpretazione data alla disposizione dell’articolo 31 dello Statuto dei Lavoratori.
2. Il secondo, terzo e quarto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, non sono fondati.
L’articolo 31 dello Statuto dei Lavoratori, al comma 1 prevede che i lavoratori eletti in Parlamento e in una serie di altre posizioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato . Il comma 2 aggiunge: la medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali . I commi 3 e 4 aggiungono che I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati utili a richiesta dell’interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed integrazioni, nonche’ a carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive dell’assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l’esonero. Durante i periodi di aspettativa l’interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime .
Il Decreto Legislativo n. 564 del 1996, articolo 3, comma 2 inserito in un decreto legislativo che si occupa di contribuzione figurativa e di copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione , prevede che Le cariche sindacali di cui alla citata Legge n. 300 del 1970, articolo 31, comma 2, sono quelle previste dalle norme statutarie e formalmente attribuite per lo svolgimento di funzioni rappresentative e dirigenziali a livello nazionale, regionale e provinciale o di comprensorio, anche in qualita’ di componenti di organi collegiali dell’organizzazione sindacale .
2.1. Questa Corte di Cassazione ha esaminato la prima disposizione ed i suoi rapporti con la seconda nella sentenza n. 16865 del 2011. Ha ivi rilevato che la disciplina del 1996 vale solo ai fini previdenziali, espressamente specificati dalla medesima norma, e non introduce una modifica di ordine generale della disciplina dettata dallo Statuto dei lavoratori e quindi una limitazione per l’autonomia sindacale nell’individuare le cariche sindacali provinciali e nazionali legittimate alla fruizione dei permessi. Tale soluzione e’ stata confermata ancora di recente da Cass. n. 16507 del 2014.
2.2. E’ pur vero che l’utilizzo di tali permessi deve essere effettuato in modo trasparente e coerente con la ratio e le finalita’ della norma, che e’ quella di tutelare l’attivita’ sindacale cosi’ come delineata nelle scelte operate dall’associazione nel suo complesso.
2.3. E’ altresi’ vero pero’ che la valutazione della ricomprensione di una specifica carica nel concetto di cariche sindacali e provinciali secondo le previsioni dell’autonomia sindacale spetta al giudice di merito e che nel caso la Corte milanese ha ritenuto che la rispondenza dell’utilizzazione del permesso alle scelte dell’associazione sindacale risultasse da quanto riferito in giudizio dal teste escusso,responsabile legale nazionale, ovvero che il (OMISSIS) facesse parte di un organo collegiale nazionale dal 2003, oltre ad essere membro dell’ufficio sindacale nazionale e che fosse stato chiamato in relazione alle esigenze dei programmi di intervento dell’O.S.
2.4. Non vengono peraltro prospettate dal ricorrente circostanze tali da privare la deposizione del suo valore ai fini della ricostruzione fattuale; il richiamo allo Statuto del sindacato al fine di escludere che la carica ricoperta dal (OMISSIS) rientrasse in quelle ivi previste non puo’ peraltro essere preso in considerazione, considerato che detto Statuto e’ riportato solo per estratto alle pg. 21 e 22, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso che risulta ora tradotto nelle puntuali e definitive disposizioni contenute nell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4 e che impone di indicare nel ricorso medesimo il contenuto rilevante del documento stesso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali: cio’ allo scopo di porre il Giudice di legittimita’ in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato, senza compiere generali verifiche degli atti (v. Cass. Sez. L, n. 17168 del 2012, Sez. 6 – 3, Ord. n. 1391 del 23/01/2014, Sez. L, n. 3224 del 12/02/2014).
3. Il quinto motivo infine non e’ fondato, costituendo ius receptum che la definizione della condotta antisindacale di cui all’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori (Legge n. 300 del 1970) non e’ analitica ma teleologica, poiche’ individua il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali, bensi’ alla sua idoneita’ a ledere i beni protetti. Pertanto per integrare gli estremi della condotta antisindacale e’ sufficiente che il comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro, potendo sorgere l’esigenza di una tutela della liberta’ sindacale anche in relazione ad un’errata valutazione del datore di lavoro circa la portata della sua condotta, cosi’ come l’intento lesivo del datore di lavoro non puo’ di per se’ far considerare antisindacale una condotta che non abbia rilievo obbiettivamente tale da limitare la liberta’ sindacale (Sez. Un. n. 5295 del 13/2/1997, Cass. n. 13726 del 17/06/2014, n. 1684 del 5/2/2003, n. 2770 del 22/2/2003, n. 7706 del 22/4/2004, Cass. n. 9250 del 18/04/2007).
3. Conclusioni.
In definitiva, il ricorso dev’essere rigettato.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di (OMISSIS) s.p.a..
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