Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 settembre 2014, n. 37864. In tema di truffa il danno può essere definito "tenue" solo a fronte della complessiva minima capacità della condotta di danneggiare, in modo oggettivo, la sfera globale di interessi della persona offesa danneggiata dal reato perchè laddove il danno deve essere considerato con esclusivo riferimento al valore dell'oggetto, la legge ha utilizzato una diversa espressione come nel caso del furto che è punibile a querela dell'offeso se il fatto è commesso su cose di tenue valore
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENTILE Mario – Presidente –
Dott. VERGA G. – rel. Consigliere –
Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere –
Dott. CARRELLI PALOMBI Roberto – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Fabrizi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.P. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1146/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del 26/03/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/06/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ANIELLO Roberto che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza in data 26 marzo 2013 la corte d’appello di Genova confermava la sentenza emessa dal locale tribunale in data 16 maggio 2008 nei confronti di M.P. condannato per il reato di truffa aggravata.
Ricorre per cassazione l’imputato deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. vizio della motivazione. Contesta la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. In particolare lamenta la totale assenza di attività di indagine circa il funzionamento del tassametro che sarebbe risultato spento al momento della commissione del fatto;
2. violazione di legge per mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4.
La prima doglianza è versata in fatto e manifestamente infondata in diritto. Il ricorrente non solo sollecita una rilettura degli elementi di fatto, riservata in via esclusiva al giudice di merito, ma disattende le coerenti argomentazioni del giudice territoriale che ha correttamente motivato la sussistenza della truffa contestata. La seconda doglianza è fondata.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui questo Collegio aderisce,il danno può essere definito “tenue” solo a fronte della complessiva minima capacità della condotta di danneggiare, in modo oggettivo, la sfera globale di interessi della persona offesa danneggiata dal reato perchè laddove il danno deve essere considerato con esclusivo riferimento al valore dell’oggetto, la legge ha utilizzato una diversa espressione come nel caso del furto che è punibile a querela dell’offeso se il fatto è commesso su “cose di tenue valore (Sez. 2, n. 21014 del 13/05/2010 – dep. 04/06/2010, Gebbia, Rv. 247122- nello stesso senso Sez. 2, Sentenza n. 12456 del 04/03/2008 Ud. (dep. 20/03/2008) Rv. 239749 2, Sentenza n. 41578 del 22/11/2006 Ud. (dep. 19/12/2006) Rv. 235386). Pur se la maggioranza dei casi oggetti di valutazione hanno riguardato reati (rapina ed estorsione) che strutturalmente offendono anche la persona, è stato però affermato che la situazione è simile anche nei reati che offendono solo il patrimonio in quanto il danno patrimoniale deve essere valutato, comunque, secondo la prospettiva soggettiva della persona offesa (ovviamente “oggettivizzata”, ovvero considerando quale sia la percezione del danno da parte del soggetto medio alle date condizioni). (Cass. N. 21014 del 2010 Rv. 247122; N. 30177 2013 Rv. 256643).
Nel caso in esame il danno diretto è stato sicuramente minimo. Deve però rilevarsi che dal contesto complessivo accertato dai giudici di merito, risulta apodittica l’esclusione dell’attenuante con riguardo agli ulteriori danni considerato che la motivazione non richiama elementi diversi a quelli determinati da un generico disagio per l’utente del servizio taxi collegato ancora una volta al pagamento di una tariffa superiore di Euro 10,00 rispetto a quella dovuta.
La sentenza deve pertanto essere annullata limitatamente all’esclusione della circostanza di cui all’art. 62 n. 4 c.p. con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza di cui all’art. 62 c.p., n. 4 e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova; rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2014.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II
sentenza 16 settembre 2014, n. 37864
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENTILE Mario – Presidente –
Dott. VERGA G. – rel. Consigliere –
Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere –
Dott. CARRELLI PALOMBI Roberto – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Fabrizi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.P. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1146/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del 26/03/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/06/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ANIELLO Roberto che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza in data 26 marzo 2013 la corte d’appello di Genova confermava la sentenza emessa dal locale tribunale in data 16 maggio 2008 nei confronti di M.P. condannato per il reato di truffa aggravata.
Ricorre per cassazione l’imputato deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. vizio della motivazione. Contesta la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. In particolare lamenta la totale assenza di attività di indagine circa il funzionamento del tassametro che sarebbe risultato spento al momento della commissione del fatto;
2. violazione di legge per mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4.
La prima doglianza è versata in fatto e manifestamente infondata in diritto. Il ricorrente non solo sollecita una rilettura degli elementi di fatto, riservata in via esclusiva al giudice di merito, ma disattende le coerenti argomentazioni del giudice territoriale che ha correttamente motivato la sussistenza della truffa contestata. La seconda doglianza è fondata.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui questo Collegio aderisce,il danno può essere definito “tenue” solo a fronte della complessiva minima capacità della condotta di danneggiare, in modo oggettivo, la sfera globale di interessi della persona offesa danneggiata dal reato perchè laddove il danno deve essere considerato con esclusivo riferimento al valore dell’oggetto, la legge ha utilizzato una diversa espressione come nel caso del furto che è punibile a querela dell’offeso se il fatto è commesso su “cose di tenue valore (Sez. 2, n. 21014 del 13/05/2010 – dep. 04/06/2010, Gebbia, Rv. 247122- nello stesso senso Sez. 2, Sentenza n. 12456 del 04/03/2008 Ud. (dep. 20/03/2008) Rv. 239749 2, Sentenza n. 41578 del 22/11/2006 Ud. (dep. 19/12/2006) Rv. 235386). Pur se la maggioranza dei casi oggetti di valutazione hanno riguardato reati (rapina ed estorsione) che strutturalmente offendono anche la persona, è stato però affermato che la situazione è simile anche nei reati che offendono solo il patrimonio in quanto il danno patrimoniale deve essere valutato, comunque, secondo la prospettiva soggettiva della persona offesa (ovviamente “oggettivizzata”, ovvero considerando quale sia la percezione del danno da parte del soggetto medio alle date condizioni). (Cass. N. 21014 del 2010 Rv. 247122; N. 30177 2013 Rv. 256643).
Nel caso in esame il danno diretto è stato sicuramente minimo. Deve però rilevarsi che dal contesto complessivo accertato dai giudici di merito, risulta apodittica l’esclusione dell’attenuante con riguardo agli ulteriori danni considerato che la motivazione non richiama elementi diversi a quelli determinati da un generico disagio per l’utente del servizio taxi collegato ancora una volta al pagamento di una tariffa superiore di Euro 10,00 rispetto a quella dovuta.
La sentenza deve pertanto essere annullata limitatamente all’esclusione della circostanza di cui all’art. 62 n. 4 c.p. con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza di cui all’art. 62 c.p., n. 4 e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova; rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2014.