Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 27 ottobre 2014, n. 44868
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria – Presidente
Dott. BEVERE Antonio – Consigliere
Dott. LAPALORCIA Grazia – Consigliere
Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI TORINO;
nei confronti di:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
inoltre:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1007/2013 TRIBUNALE di TORINO, del 20/05/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/10/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SPINACI Sante che ha concluso per l’annullamento con rinvio relativamente al trattamento sanzionatorio concernente la continuazione.
2. Sono stati proposti distinti ricorsi dal Procuratore generale presso la Corte d’appello di Torino e nell’interesse dell’imputato.
3. Quest’ultimo lamenta vizi motivazionali ed erronea applicazione dell’articolo 133 c.p., per non avere la sentenza impugnata dato conto dei criteri che hanno guidato l’esercizio del potere discrezionale nella determinazione della pena.
4. Il ricorso del Procuratore generale lamenta erronea applicazione dell’articolo 81 c.p., sottolineando, per un verso, che erroneamente non era stato contestato all’imputato il fatto della sottrazione delle chiavi dell’abitazione della persona offesa e, per altro verso, la notevole differenza di gravita’ dei fatti considerati nella decisione impugnata e in quella del 16/06/2008, che riguardava la semplice sottrazione di un’autoradio.
2. Quanto al ricorso del Procuratore generale, premesso che la mancata contestazione della sottrazione delle chiavi dell’abitazione e’ profilo che non puo’ costituire motivo di censura della decisione impugnata, rileva la Corte che la maggiore gravita’ della violazione, ai fini dell’applicazione dell’articolo 81 c.p., va accertata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si e’ manifestata e all’eventuale giudizio di comparazione fra di esse (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, Ciabotti, Rv. 255347).
In tale cornice di riferimento, in effetti, la motivazione della sentenza impugnata appare assolutamente carente perche’ non illustra le ragioni della ritenuta maggiore gravita’ del reato di cui alla precedente decisione del 16/06/2008. Ne segue l’annullamento con rinvio della sentenza del Tribunale di Torino, limitatamente al trattamento sanzionatorio.
3. Alla pronuncia di inammissibilita’ del ricorso dell’imputato consegue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese processuali, nonche’ al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00.
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