Corte di Cassazione

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE

SENTENZA 26 febbraio 2016, n.3802

Ritenuto in fatto

Con atto di citazione notificato il 5 gennaio 2006, la società Geo-pietra s.r.l. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Salò, la società spagnola Ecopiedra s.l., esponendo che: (a) la società attrice commercializzava il prodotto denominato “pietra ricostruita”, del quale dal 1998 era distributrice esclusiva rispetto alla produttrice Ecopiedra, con la quale aveva rafforzato i rapporti negli ultimi anni, sino a che improvvisamente ed imprevedibilmente erano insorte difficoltà di rifornimento e si erano manifestate lamentele della clientela per vizi e ritardi; (b) la società convenuta in data 9 giugno 2005 era poi giunta a comunicare l’intenzione sia di ridurre lo sconto commerciale in precedenza praticato sia di rendere meno favorevoli le condizioni di dilazione dei pagamenti, avvertendo che, diversamente, avrebbe sospeso l’evasione degli ordini sino a sospendere la fornitura; (c) la fornitura, in realtà, era stata sospesa sin dal 3 giugno 2005, né era stata ulteriormente data esecuzione agli ordinativi già inoltrati; (d) le violazioni del contratto di somministrazione inter partes erano poi collegate ad atti di concorrenza sleale posti in essere attraverso il tentativo di acquisire, con forniture effettuate direttamente in Italia, la clientela della esponente, l’utilizzazione del marchio e di altro materiale fotografico per la realizzazione del proprio materiale pubblicitario e per la partecipazione a fiere del settore; (e) le condotte integranti violazione delle pattuizioni contrattuali e i comportamenti ad esse associati avevano provocato danni di vario genere, di cui Geopietra chiedeva il risarcimento.
Si costituiva in giudizio Ecopiedra s.l. La convenuta eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello spagnolo ed il difetto di competenza del Tribunale adito relativamente alle domande concernenti l’abuso del marchio, ai sensi dell’art. 134 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale). Nel merito, chiedeva il rigetto della domanda dell’attrice e, in via riconvenzionale, domandava l’adempimento delle obbligazioni dipendenti dal contratto e il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione, da parte di Geopietra, del patto di esclusiva.
All’udienza del 22 maggio 2007, fissata per gli incombenti di cui all’art. 184 cod. proc. civ., parte attrice, munita di un nuovo procuratore, eccepiva la nullità della procura conferita da Ecopiedra al difensore, per violazione del disposto degli artt. 82, terzo comma, e 83 cod. proc. civ. e 12 della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato).
A fronte di siffatta iniziativa, con memoria depositata in data 5 giugno 2007, il procuratore della società convenuta, munito di nuovo mandato, riproponeva le eccezioni e le domande svolte nella comparsa di costituzione e risposta del 6 maggio 2006.
2. – Con sentenza in data 11 maggio 2009, l’adito Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Salò, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello spagnolo.
2.1. – Respinta l’eccezione di nullità della procura rilasciata ai difensori di parte convenuta (giacché la procura rilasciata da Ecopiedra all’estero aveva osservato le forme e le modalità previste dalla legge processuale italiana), il Tribunale rilevava che tutte le domande di Geopietra rinvenivano il loro fondamento nel contratto di somministrazione in corso dal 1998, avente ad oggetto beni mobili forniti dalla convenuta all’attrice con prima consegna di detti beni in territorio spagnolo. Di qui la declaratoria di competenza giurisdizionale del giudice spagnolo, posto che, versandosi in tema di vendita internazionale implicante trasporto di merci, luogo di consegna, ex art. 31, primo comma, lettera a), della Convenzione di Vienna 11 agosto 1980, resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 11 dicembre 1985, n. 765, doveva intendersi quello nel quale i beni erano stati trasmessi al vettore, consegna nella specie appunto avvenuta in territorio spagnolo.
3. – La Corte d’appello di Brescia, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria l’8 febbraio 2011, in accoglimento del gravame interposto da Geopietra s.r.l., ha dichiarato che il giudice italiano ha giurisdizione sulla controversia tra la società appellante e la società spagnola Ecopiedra s.l. e ha rimandato le parti dinanzi al primo giudice, compensando le spese processuali.
3.1. – Preliminarmente, la Corte territoriale ha accolto l’eccezione di nullità della procura alle liti redatta a margine della comparsa di risposta depositata il 6 maggio 2006. Poiché agli Avv. Maurizio Temesio e Raffaele Marrocco il mandato alla lite è stato conferito nella città di Madrid, non bastava – ha affermato la Corte di Brescia – la legalizzazione della sottoscrizione, ma occorreva l’autenticazione ad opera di notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge dello Stato estero ad attribuirle pubblica fede.
La Corte d’appello ha quindi statuito che alla nullità così ritenuta consegue l’inammissibilità della costituzione in giudizio della convenuta a mezzo dell’atto in calce al quale la procura in parola è stata redatta e, nello specifico, dell’eccezione di carenza di giurisdizione del giudice italiano ivi sollevata.
Nondimeno, la Corte territoriale ha escluso che si sia verificata una accettazione della giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell’art. 4, comma 1, della legge n. 218 del 1995: sia perché detta norma trova applicazione solo sul presupposto della costituzione del convenuto; sia perché la società convenuta si è successivamente costituita con memoria depositata in data 5 giugno 2007 con un nuovo mandato alle liti immune dal vizio originario, riproponendo le eccezioni e le domande svolte nella comparsa di costituzione e risposta, non rilevando, ai fini della proposizione dell’eccezione del difetto di giurisdizione, la tardività o meno della costituzione in giudizio, ben potendo il convenuto contumace eccepire nel corso del giudizio il difetto di giurisdizione del giudice adito dall’attore.
3.2. – Quanto al fondo della questione di giurisdizione, la Corte di Brescia – richiamata in particolare la sentenza di queste Sezioni Unite 5 ottobre 2009, n. 21191 – ha rilevato che l’identificazione del luogo di consegna, in ipotesi di merci da trasportare, va compiuta sulla scorta del criterio (economico) unificante del luogo “finale” di destinazione delle merci dal punto di vista dell’acquirente, ossia del luogo in cui i beni entrano nella materiale disponibilità del destinatario, a prescindere da quello in cui il vettore eventualmente incaricato prenda in consegna la merce.
E nella specie – ha rilevato la Corte d’appello – la destinazione economica dei beni si trovava e si trova in Italia, presso la sede di Geopietra.
4. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la società Ecopiedra ha proposto ricorso, con atto notificato il 24 maggio 2011, sulla base di tre motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.

Considerato in diritto

– La sentenza impugnata è una pronuncia con la quale la Corte d’appello ha dichiarato la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano che il Tribunale aveva invece escluso, e ha rimesso la causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 353 cod. proc. civ..

Si tratta di una sentenza definitiva, immediatamente impugnabile per cassazione: essa non ricade, pertanto, nel campo di applicazione del divieto, dettato dal terzo comma del novellato art. 360 cod. proc. civ., di separata impugnazione in cassazione delle sentenze non definitive su mere questioni, per tali intendendosi le sentenze su questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito che non chiudono il processo davanti al giudice che le ha pronunciate, essendo la trattazione della causa destinata a proseguire dinanzi allo stesso giudice in vista della decisione definitiva (Sez. Un., 22 dicembre 2015, n. 25774).

– Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo mezzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 82, 83 e 182 cod. proc. civ., nonché insufficiente motivazione) ci si duole che il giudice del gravame abbia accolto l’eccezione di nullità della procura, senza considerare che la procura, ancorché raccolta al di fuori del territorio nazionale, era stata conferita, con riferimento ad un giudizio pendente in Italia, ad un avvocato designato per la rappresentanza e la difesa in giudizio, conformemente alle norme della legge processuale italiana. Si lamenta, inoltre, che la Corte d’appello, nell’accogliere l’eccezione di nullità della procura al difensore, non abbia assegnato alla parte un termine perentorio per la rinnovazione della stessa, omettendo così di procedere nel senso previsto ed imposto dall’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ..

2.1. – La censura è in parte infondata ed in parte inammissibile.

2.1.1. – Come risulta per tabulas dal testo della procura stesa a margine della comparsa di costituzione depositata dinanzi al Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Salò, il 6 maggio 2006, questa è stata conferita in Madrid il 28 marzo 2006 ed è stata autenticata ad opera dei difensori italiani, gli avvocati Maurizio Temesio e Raffaele Marrocco.

Correttamente la Corte d’appello ha escluso la validità dell’autenticazione compiuta dagli avvocati italiani.

Infatti, la sottoscrizione della procura alle liti rilasciata all’estero non deve essere semplicemente legalizzata, ma autenticata da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge dello Stato estero ad attribuirle pubblica fede; essa, pertanto, non può essere autenticata dal difensore italiano della parte, giacché tale potere di autenticazione non si estende oltre i limiti del territorio nazionale (Sez. Un., 16 ottobre 1985, n. 5075; Sez. I, 3 giugno 2003, n. 8867; Sez. III, 13 marzo 2007, n. 5840; Sez. II, 14 novembre 2008, n. 27282; Sez. II, 25 marzo 2013, n. 7473).

2.1.3. – Quanto alla mancata assegnazione di un termine alla convenuta Ecopiedra per il rilascio di una nuova e valida procura, non occorre prendere posizione sulla questione, oggetto di contrastanti indirizzi, se l’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo, che qui viene in considerazione ratione temporis, anteriore alla modifica introdotta dall’art. 46 della legge 18 giugno 2009, n. 69) trovi applicazione anche nel caso di vizio della procura alle liti (in senso affermativo: Sez. I, 4 novembre 2015, n. 22559; in senso contrario: Sez. II, 23 maggio 2014, n. 11566; Sez. II, 21 gennaio 2015, n. 1055).

È infatti assorbente considerare che nella specie la stessa parte convenuta nel giudizio dinanzi al Tribunale si è attivata di sua iniziativa per il rilascio di una nuova e valida procura, che è stata conferita a margine della memoria depositata in data 5 giugno 2007. Sicché la questione che rileva è, non già quella, posta con il motivo, della assegnazione di un termine alla parte per il rilascio di una nuova procura, bensì quella, sulla quale il motivo non si sofferma, della retroattività sanante del rilascio della procura valida rispetto a quella invalida.

È pertanto astratta, e non ha ragione di porsi, la denuncia, articolata con il mezzo, del non avere il giudice del merito provveduto ad assegnare alla convenuta Ecopiedra un termine perentorio per il conferimento di un nuovo mandato alle liti.

– Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 5 del regolamento CE del Consiglio n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, e dell’art. 31 della Convenzione di Vienna 11 agosto 1980. La ricorrente ricorda che il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in altro Stato contraente davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; e poiché tale luogo, nel caso della compravendita di beni, è quello, situato in uno Stato membro, nel quale i beni sono stati o avrebbero dovuto essere stati consegnati in base al contratto, nel caso di specie la trasmissione della signoria sui beni è avvenuta in Spagna al momento della consegna degli stessi al vettore incaricato di recarli all’acquirente.

Con il terzo motivo, la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 4 della Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, adottata a Roma il 19 giugno 1980, resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 18 dicembre 1984, n. 975. Ad avviso della ricorrente, si sarebbe dovuto avere riguardo al criterio del collegamento più stretto indicato dalla norma di diritto internazionale privato, ossia alla sede della parte che ha fornito la prestazione caratteristica (produzione e fornitura della merce), che nel nostro caso sarebbe la Spagna, ove ha sede il produttore Ecopiedra.

3.1. – I motivi – da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione – sono infondati.

3.2. – L’art. 5 del regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 abrogato dall’art. 80 del regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2012, n. 1215/2012, ma applicabile ratione temporis – prevede, per quanto qui interessa, che ‘la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro: 1) a) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; b) ai fini dell’applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è: – nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto’.

3.3. – Già con la sentenza 5 ottobre 2009, n. 21191, queste Sezioni Unite hanno affermato il principio in virtù del quale, in tema di vendita internazionale di cose mobili, qualora il contratto abbia ad oggetto merci da trasportare, il ‘luogo di consegna’ va individuato in quello ove la prestazione caratteristica deve essere eseguita e come ‘luogo di consegna principale’ va riconosciuto quello ove è convenuta l’esecuzione della prestazione ritenuta tale in base a criteri economici, ossia il luogo di recapito finale della merce, ove i beni entrano nella disponibilità materiale e non soltanto giuridica dell’acquirente; con la conseguenza che sussiste la giurisdizione del giudice di tale Stato rispetto a tutte le controversie reciprocamente nascenti dal contratto, dovendosi ritenere che la disciplina stabilita dal regolamento (CE) n. 44 del 2001 prevalga sulle disposizioni dettate, in materia, dalla Convenzione di Vienna. L’art. 31 di detta Convenzione, relativo al luogo in cui il vettore, eventualmente incaricato, abbia preso in consegna la merce, nonché il successivo art. 57 della medesima Convenzione, relativo all’individuazione del luogo di pagamento del prezzo al venditore, vanno pertanto interpretati nel senso che contengono una regula iuris idonea a disciplinare i rapporti obbligatori delle parti, ma non la giurisdizione.

A tale orientamento si è data continuità con l’ordinanza 2 maggio 2012, n. 6640, con l’ordinanza 21 gennaio 2014, n. 1134, con la sentenza 19 giugno 2014, n. 13941, con l’ordinanza 14 novembre 2014, n. 24279, e con la sentenza 7 novembre 2015, n. 24244. Con tali pronunce si è ribadito che, in tema di vendita internazionale di cose mobili, il giudice chiamato a decidere sulla propria giurisdizione deve applicare il criterio del luogo di esecuzione della prestazione di consegna, di cui all’art. 5, punto 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, che va individuato, qualora dall’esame del complesso delle clausole contrattuali non risulti una sua chiara identificazione, non in base al diritto sostanziale applicabile al contratto, ma nel luogo della consegna materiale (e non soltanto giuridica) dei beni, mediante la quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente dei beni stessi alla destinazione finale dell’operazione di vendita.

3.4. – A tale approdo la giurisprudenza di questa Corte è pervenuta alla luce dell’orientamento elaborato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea.

In particolare, con la sentenza del 25 febbraio 2010, C-381/08, Car Trim, la Corte ha dichiarato che ‘L’art. 5, punto 1, lett. b), primo trattino, del regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato nel senso che, in caso di vendita a distanza, il luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto deve essere determinato sulla base delle disposizioni di tale contratto. Se non è possibile determinare il luogo di consegna su tale base, senza far riferimento al diritto sostanziale applicabile al contratto, tale luogo è quello della consegna materiale dei beni mediante la quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente di tali beni alla destinazione finale dell’operazione di vendita’. E ciò sul rilievo che il luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere materialmente consegnati all’acquirente alla destinazione finale degli stessi risponde meglio alla genesi, agli obiettivi e al sistema del regolamento (punto 60) e che tale criterio presenta un alto grado di prevedibilità e risponde parimenti ad un obiettivo di prossimità, in quanto garantisce l’esistenza di una stretta correlazione tra il contratto e il giudice chiamato a conoscerne (punto 61).

Con la successiva sentenza del 9 giugno 2011, C-87/10, Electrosteel Europe SA, la Corte di giustizia, nel ribadire tali principi, ha precisato che ‘Al fine di verificare se il luogo di consegna sia determinato in base al contratto, il giudice nazionale adito deve tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto che siano idonei a identificare con chiarezza tale luogo, ivi compresi i termini e le clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms (International Commerciai Terms), elaborati dalla Camera di commercio internazionale, nella versione pubblicata nel 2000’.

3.5. – Alla stregua del principio già affermato da questa Corte regolatrice, versandosi in fattispecie di mancanza di previsioni contrattuali circa il luogo di consegna dei beni compravenduti (come dà atto la stessa ricorrente, la quale ha dedotto, a pag. 13 del ricorso, che ‘mai le parti si sono determinate a precise pattuizioni volte ad identificare il luogo di consegna delle merci, che come da pacifiche risultanze… vennero consegnate in Madrid ad autotrasportatore italiano inviato e retribuito da Geopietra’), correttamente è stato dichiarato che la giurisdizione spetta al giudice italiano, essendo in Italia il luogo nel quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire, alla destinazione finale dell’operazione di vendita, e con la consegna materiale della merce, il potere di disporre effettivamente dei beni stessi.

– Il ricorso è rigettato e va dichiarata la giurisdizione del giudice italiano.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice italiano. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi euro 4.200, di cui euro 4.000 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge.

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