Vizio di motivazione apparente della sentenza denunziabile in sede di legittimità

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 gennaio 2023| n. 1885.

Vizio di motivazione apparente della sentenza denunziabile in sede di legittimità

Il vizio di motivazione apparente della sentenza denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. si verifica quando la sentenza, pur graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione. Ciò avviene quando le argomentazioni risultino obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento così da non raggiungere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. L’apparenza della motivazione comporta la nullità della sentenza.

Ordinanza|20 gennaio 2023| n. 1885. Vizio di motivazione apparente della sentenza denunziabile in sede di legittimità

Data udienza 13 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche – Unico grado sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati – Sindacato limitato all’accertamento dei vizi possibili dello svolgimento della funzione pubblica – Figure sintomatiche dell’eccesso di potere – Verifica della ragionevolezza e proporzionalità della scelta rispetto al fine – Esclusione – Ragioni di merito

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Primo Presidente f.f.

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sezione

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 1456-2022 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, (OMISSIS), presso la sede dell’Avvocatura regionale, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 160/2021 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 17/09/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2022 dal Consigliere ROBERTA CRUCITTI.

Vizio di motivazione apparente della sentenza denunziabile in sede di legittimità

FATTI DI CAUSA

Nella controversia originata dall’impugnazione da parte della (OMISSIS) s.r.l. della Det. di decadenza (n. G13852 del 12 ottobre 2017) con la quale la Regione Lazio aveva disposto, nei confronti della Societa’, la revoca della concessione di area demaniale situata nel Comune di Roma, in sinistra idraulica del fiume Tevere in localita’ (OMISSIS), nonche’ del provvedimento di ripresa in possesso del bene demaniale, delle procedure volte al recupero delle somme non pagate a titolo di canone concessorio e dell’avviso di pubblicazione della disponibilita’ dell’area demaniale, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (d’ora in poi, per brevita’, (OMISSIS)), con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava il ricorso.
In particolare, il (OMISSIS) rilevava che la Societa’, per godere appieno della concessione demaniale, avrebbe dovuto ottenere da Roma Capitale un permesso di costruire che, pero’, malgrado l’originaria richiesta, risalente al 2012, e varie diffide negli anni, non era ancora stato ottenuto alla data della decisione.
Riteneva, ancora, legittimo l’articolo 13 del regolamento comunale nella parte in cui disponeva la limitazione del canone a soli tre anni in quanto quel termine di comporto funge da sollecitazione all’interessato per la conclusione dei procedimenti necessari ad ottenere i provvedimenti indispensabili per lo svolgimento di un’attivita’.
Avverso la sentenza ricorre la (OMISSIS) s.r.l., affidandosi a tre motivi.
La Regione Lazio resiste con controricorso.
Il ricorso e’ stato avviato per la trattazione, ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c., in camera di consiglio, in prossimita’ della quale la ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo – rubricato: nullita’ del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’articolo 132 c.p.c., all’articolo 118 disp. att. c.p.c., all’articolo 111 Cost., agli articoli 115 e 116 c.p.c. – la ricorrente denuncia la sentenza impugnata di nullita’, in quanto affetta da error in procedendo, per essere la motivazione meramente apparente.
In particolare, la Societa’, riportati per esteso i primi due motivi del ricorso proposto innanzi al (OMISSIS), evidenzia come tale Giudice, anziche’ pronunciarsi in riferimento alle censure poste dalla ricorrente (relative all’eccezione di inademplenti non est adimplendum e se l’omessa corresponsione del canone concessorio fosse motivo legittimante la declaratoria di decadenza disposta dall’Amministrazione), avrebbe argomentato tutt’altro, seguendo un iter logico-giuridico avulso sia dalle motivazioni poste alla base del provvedimento a suo tempo impugnato sia dalle censure proposte in ricorso dalla MA. Gi. s.r.l.
1.1 La censura e’ infondata. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (v., tra le altre di recente, Cass. n. 6758 del 01/03/2022) ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 quando essa, benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cosi’ da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6.
Esclusa (da Sez. U, sentenza n. 8053 del 07/04/2014) qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, come ripetutamente affermato anche in seguito da queste Sezioni Unite (Sez. U ordinanza n. 32000 del 28.10.2022; Sez. U, ordinanza n. 11453 del 8.4.2022; Sez. U, sentenza n. 41989 del 30.12.2021; Sez. U, sentenza n. 40543 del 17.12.2021), una motivazione puo’ dirsi “apparente”, e comportare la nullita’ della sentenza, soltanto quando sia “impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del suo ragionamento” (cosi’ Cass. Sez. U. n. 40543/21, cit.).
1.2 Nel caso in esame, la sentenza, sia pure nella sua stringatezza, esplicita il percorso motivazionale seguito dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche il quale ha ritenuto legittimo, da un canto, il provvedimento di revoca, a fronte del mancato ottenimento da parte della concessionaria del permesso a costruire, e, dall’altro, legittimo anche il termine di tre anni fissato dal regolamento comunale perche’ di comporto e di sollecitazione all’interessato per la conclusione dei procedimenti necessari ad ottenere i provvedimenti indispensabili per lo svolgimento di un’attivita’.
Appare, inoltre, evidente che il (OMISSIS), nell’evidenziare il lungo lasso di tempo trascorso dalla prima richiesta e dall’ultima diffida esperite dalla Societa’, senza che il permesso di costruire fosse stato ottenuto, ha ritenuto inesistente l’invocato factum principis e abbia, al contrario, ritenuto che la ricorrente non avesse fatto quanto in suo potere per ottenere il necessario, ai fini del permanere della concessione, permesso.
2. Con il secondo motivo, articolato in subordine, la ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la erronea e/o falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, articoli 1, 2, 3, 6 e 21 quinquies, nonche’ del principio di legittimita’ dell’azione amministrativa laddove il (OMISSIS) aveva integrato il provvedimento decadenziale impugnato con una motivazione del tutto assente nell’atto, imputando l’inadempimento della Regione Lazio e il conseguente arresto del procedimento di permesso a costruire all’istante (OMISSIS) s.r.l., pur evidenziando che quest’ultima aveva piu’ volte sollecitato in tal senso le Amministrazioni medesime.
3. Con il terzo motivo di ricorso – rubricato: violazione o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 111 Cost., comma 8, per eccesso di potere giurisdizionale. Violazione del principio costituzionale di separazione dei poteri ed eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nella sfera riservata alla discrezionalita’ dell’Amministrazione – si censura l’argomentazione svolta dal (OMISSIS) sub G1) e G2) della sentenza impugnata, rilevando che, con la stessa, si sia integrato, illegittimamente, il provvedimento emesso dalla Regione Lazio, sostituendo le proprie valutazioni a quelle svolte dalla pubblica amministrazione.
4. Le censure possono trattarsi congiuntamente, in quanto connesse, e sono infondate.
Per la giurisprudenza di queste Sezioni Unite (cfr. Cass., Sez. Un. 29/04/2021 n. 11291) “l’ambito del sindacato del Tribunale superiore delle acque pubbliche, qualora sia chiamato a pronunciarsi in unico grado sulla legittimita’ dei provvedimenti amministrativi impugnati, e’ limitato all’accertamento dei vizi possibili dello svolgimento della funzione pubblica, compresi quelli denotati dalle figure sintomatiche dell’eccesso di potere; esso attiene quindi alla verifica della ragionevolezza e proporzionalita’ della scelta rispetto al fine e non si estende alle ragioni di merito, dovendosi arrestare dinanzi non solo alle ipotesi di scelte equivalenti ma anche a quelle meno attendibili, purche’ congruenti con il fine da raggiungere e con le esigenze da governare”.
4.1 Alla luce di tale principio deve escludersi che il (OMISSIS) abbia integrato l’atto amministrativo e/o invaso la sfera di discrezionalita’ della pubblica amministrazione.
Con la sentenza impugnata il (OMISSIS) ha, infatti, posto quale primo presupposto, attestante un inadempimento all’atto concessorio e come tale legittimante l’adozione del provvedimento amministrativo di revoca, la circostanza di fatto che, a distanza di otto anni dalla richiesta e di tre dall’ultima diffida da parte della Societa’, alla data della decisione (4 novembre 2020), non era ancora stato ottenuto da Roma Capitale l’indispensabile permesso a costruire, cosi’, implicitamente, disattendendo le contrarie eccezioni difensive tese a imputare tale ritardo alla Regione e a giustificare il mancato pagamento dei canoni posto a base del provvedimento di revoca. Inoltre, il (OMISSIS), oltre a imputare alla Societa’ il mancato agere, ha espressamente ritenuto legittimo il termine di limitazione dei canoni di tre anni, ritenendolo termine di comporto che funge anche da sollecitazione all’interessato per la conclusione dei provvedimenti indispensabili per lo svolgimento di un’attivita’ laddove un termine piu’ ampio si risolverebbe in un ingiustificato privilegio per il soggetto destinatario di un atto di concessione esonerandolo dallo svolgimento delle predette attivita’.
4.2. Appare, pertanto, evidente che il (OMISSIS), con la sentenza impugnata, si e’ limitato al riscontro di legittimita’ dei provvedimenti impugnati, interpretando la normativa di riferimento, analizzandola e rapportandola ai fatti e agli atti inerenti la vicenda, senza alcuna interferenza dell’attivita’ giurisdizionale nell’ambito di competenza dell’Amministrazione.
5.Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso va, pertanto, rigettato con la condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento in favore della Regione Lazio delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
6. L’esito del ricorso comporta la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna la (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, alla refusione in favore della controricorrente delle spese liquidate in complessivi Euro 5.200,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfetario nella misura del 15% per cento e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma, dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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