Violazione di domicilio e scriminante dell’errore sul fatto

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|2 dicembre 2021| n. 44627.

Violazione di domicilio e scriminante dell’errore sul fatto.

In tema di violazione di domicilio, ai fini dell’applicabilità della scriminante putativa di cui all’art. 47 cod. pen., non si può ritenere automaticamente sussistente, in virtù di una relazione sentimentale conflittuale, il consenso preventivo e indiscriminato all’ingresso nella abitazione del titolare dello “ius excludendi”.

Sentenza|2 dicembre 2021| n. 44627. Violazione di domicilio e scriminante dell’errore sul fatto

Data udienza 16 settembre 2021

Integrale

Tag – parola: Atti persecutori – Aggravante del pregresso legame affettivo – Presenza di figlio minore – Violazione di domicilio – Lesioni aggravate – Ricostruzione dei fatti – Valutazione prova testimoniale – Dichiarazioni della p.o. – Attendibilità – Non censurabile in sede di legittimità salvo che la motivazione sia contraddittoria e illogica

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTEMBRE Antonio – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta Mar – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – rel. Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS)
avverso la sentenza del 23/07/2020 della CORTE APPELLO di GENOVA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BRANCACCIO MATILDE;
udito il Sostituto Procuratore Generale ODELLO LUCIA che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore:
L’avvocato (OMISSIS) deposita nomina e chiede l’accoglimento del ricorso.

Violazione di domicilio e scriminante dell’errore sul fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, emessa dal Tribunale di Genova il 3.3.2020, ha disapplicato la contestata recidiva, riducendo la pena finale inflitta a (OMISSIS) ad anni due e mesi due di reclusione in relazione al delitto di atti persecutori, aggravato dal pregresso legame affettivo nonche’ dall’essere state le condotte commesse anche in presenza del figlio minore della vittima, nonche’ per i delitti di violazione di domicilio e lesioni aggravate dal nesso teleologico ed ai sensi dell’articolo 576, comma 1, n. 5.1, commessi ai danni di (OMISSIS), con la quale aveva avuto una relazione sentimentale alla cui fine non si era rassegnato. L’imputato e’ stato, invece, assolto dal delitto di violenza sessuale nei riguardi della medesima vittima. La pena inflitta, come ha rimarcato la Corte d’Appello, non ha tenuto conto della condanna, pur disposta, per i reati satellite (violazione di domicilio e lesioni aggravate), non aumentando la sanzione ex articolo 81 cpv. c.p., ma solo per le aggravanti ritenute con riguardo al delitto di atti persecutori.
La condotta dell’imputato si e’ dispiegata, secondo la contestazione che ha trovato conferma in dibattimento, attraverso ripetute minacce alla vittima ed ai suoi familiari (anche mediante telefono, oltre che personalmente), appostamenti nei pressi dell’abitazione della persona offesa e dei suoi parenti, molestie ripetute e varie. In un’occasione, al centro della contestazione di lesioni aggravate, la vittima e’ stata percossa con pugni al volto, al capo ed alla schiena, in particolare, anche mediante il manico di una scopa, con una prognosi di sette giorni di malattia derivatane.
2. Propone ricorso l’imputato avverso il provvedimento citato, tramite il difensore deducendo quattro differenti motivi di censura.

 

Violazione di domicilio e scriminante dell’errore sul fatto

2.1. Il primo argomento difensivo eccepisce vizio di motivazione per travisamento di una prova acquisita nel processo, nel corso dell’incidente probatorio, ed ignorata dai giudici di merito poiche’ ritenuta, invece, non acquisita nel contraddittorio tra le parti; prova costituita dal supporto USB all’interno del quale sono state registrate le conversazioni ed i dati delle telefonate intercorse tra l’imputato e la persona offesa, con la relativa consulenza tecnica di parte.
Da tale prova emergerebbe l’innocenza dell’imputato, tanto che il Procuratore Generale, in sede di udienza d’appello, ha richiesto l’assoluzione parziale dell’imputato, proprio avendo esaminato i risultati della prova documentale contenuta nel supporto USB.
2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia vizio di motivazione in relazione alla mancata ammissione di una prova decisiva, rappresentata dagli ulteriori documenti prodotti dal ricorrente prima della chiusura dell’istruttoria dibattimentale, che, unitamente alla prova documentale gia’ acquisita in incidente probatorio ma non valutata, avrebbero condotto all’assoluzione dell’imputato.
2.3. Il terzo motivo di ricorso deduce vizio di motivazione manifestamente illogica in relazione alla valutazione della testimonianza della persona offesa, ritenuta inattendibile rispetto al narrato della violenza sessuale subita – contestazione per cui vi e’ stata assoluzione sin dal primo grado proprio in ragione di tale valutazione negativa di attendibilita’ – ed invece considerata credibile quanto ai contenuti accusatori relativi al delitto di atti persecutori. Non si e’ tenuto conto, in particolare, del comportamento ambiguo, accomodante, non realmente di opposizione, tenuto dalla vittima del reato, rispetto alla condotta del ricorrente: i due avevano un rapporto sentimentale conflittuale ma non per questo penalmente rilevante.

 

Violazione di domicilio e scriminante dell’errore sul fatto

2.4. Infine, un ultimo argomento di censura attinge la condanna per il reato di violazione di domicilio, in relazione alla quale si invoca il vizio di violazione di legge rispetto alla disposizione incriminatrice, che prevede, ai fini della configurabilita’ della fattispecie, l’ingresso, ovvero il trattenersi, nell’abitazione altrui, senza il consenso del titolare del diritto. Nel caso di specie, invece, l’imputato, con un errore rilevante ai sensi dell’articolo 47 c.p., ha ritenuto di poter legittimamente introdursi nella casa della vittima, all’epoca ancora sua fidanzata, allontanandosene, peraltro, immediatamente, una volta invitato ad uscire dall’appartamento.

 

Violazione di domicilio e scriminante dell’errore sul fatto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Il primo motivo di censura e’ generico.
Il ricorrente non ha ne’ spiegato ne’ illustrato in alcun modo le ragioni che rendono rilevante la prova che si lamenta omessa, o men che meno decisiva poiche’ condurrebbe all’assoluzione dell’imputato, secondo la difesa.
Anzi, neppure vengono indicati nel motivo di ricorso i contenuti della prova documentale, genericamente facendosi riferimento al dato neutro di per se’ delle “conversazioni e dati esteriori delle telefonate intercorse tra l’imputato e la persona offesa”, fidando che l’allegazione possa sostituire la prospettazione delle ragioni di censura, in tal modo, contemporaneamente, incorrendo nel vizio di genericita’ intrinseca, con violazione dell’articolo 581 c.p.p., e travalicando i confini del vizio di motivazione sindacabile in sede di legittimita’, chiedendo al Collegio di formulare valutazioni di merito non consentite.
La Corte d’Appello, in ogni caso, ha fornito la propria ricostruzione di quanto accaduto processualmente (cfr. pag. 8 e pag. 10). In sintesi, la documentazione difensiva, composta da memorie, chiavetta usb e telefono dell’imputato (dai quali andavano estrapolati i contenuti), non sarebbe stata ritualmente acquisita nel contraddittorio tra le parti in dibattimento e di essa, pertanto, a prescindere dal suo inserimento materiale nel fascicolo, non si e’ tenuto conto.
La valutazione essenziale e dirimente del giudice d’appello fa riferimento, pero’, ad un difetto di specificita’ circa le ragioni di necessita’ o indispensabilita’ di una rinnovazione istruttoria con riguardo alla prova che si lamenta omessa e di cui, comunque, la Corte territoriale attesta non esservi traccia materiale nel fascicolo del dibattimento (neppure in copia, cfr. pag. 9 e 10 della sentenza impugnata).
Invero, ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., comma 3, la rinnovazione istruttoria e’ disposta solo se il giudice d’appello la ritiene “assolutamente necessaria”, evenienza che, evidentemente, e’ stata esclusa dalla Corte territoriale per la pienezza dei risultati probatori sulla configurabilita’ del reato – di cui da’ ampiamente atto la motivazione – e anche alla luce dell’aspecificita’ delle ragioni prospettate dalla difesa dell’imputato (vi e’ il richiamo, anzi, ad un passaggio del giudizio di primo grado da cui si evince che la stessa difesa prospetta soltanto un mero ed eventuale “interesse” alla prova che oggi si lamenta omessa: cfr. pag. 9 della sentenza d’appello).

 

Violazione di domicilio e scriminante dell’errore sul fatto

2.1. La seconda eccezione proposta dalla difesa e’ ancor piu’ generica.
Non sono stati indicati, infatti, in alcun modo, i contenuti della prova costituita da una non meglio specificata documentazione prodotta prima della chiusura dell’istruttoria dibattimentale, della quale si afferma del tutto apoditticamente la “decisivita’” ai fini dell’assoluzione dell’imputato.
2.3. Il terzo motivo di ricorso si rivela anch’esso generico e, peraltro, formulato attraverso una rilettura non consentita in sede di legittimita’ di aspetti probatori valutati dal giudice di merito secondo parametri motivazionali non afflitti da vizi di contraddittorieta’, manifesta illogicita’ o carenza.
Il Collegio condivide, infatti, l’orientamento pacificamente accolto dalla Cassazione secondo cui, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche’ sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 9106 del 12/2/2021, Caradonna, Rv. 280747 e Sez. 6, n. 13809 del 17/3/2015, 0., Rv. 262965).
In particolare, poi, in tema di valutazione della prova testimoniale, l’attendibilita’ della persona offesa dal reato e’ questione di fatto, non censurabile in sede di legittimita’, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo “id quod plerumque accidit”, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilita’ (cfr., tra le piu’ recenti espressioni di tale consolidato orientamento, Sez. 4, n. 10153 del 11/2/2020, C., Rv. 278609).
Nella fattispecie all’esame del Collegio, non si e’ dinanzi ad una delle condizioni che consentono l’espansione del sindacato della Corte di cassazione, poiche’ i giudici di merito, coerentemente tra loro, hanno valutato credibile la vittima del reato e hanno dettagliatamente analizzato ciascuna delle prove dichiarative assunte e provenienti da una pletora di persone a conoscenza di passaggi cruciali della vicenda, oltre che da costei; sono stati esaminati, altresi’, anche i risultati degli accertamenti di polizia giudiziaria riguardo alle lesioni subite dalla vittima per la violenza nei suoi confronti da parte del ricorrente.
Ed e’ stata, infine, adeguatamente motivata la scissione della valenza probatoria tra le dichiarazioni della persona offesa relative alla violenza sessuale, contestazione da cui l’imputato e’ stato assolto, e le dichiarazioni della vittima riferite al reato di stalking.
La cifra distintiva, peraltro, e’ stata ritrovata, dal giudice di primo grado, nel diverso peso degli elementi di conforto al racconto della persona offesa sulla complessiva campagna persecutoria ed allo stesso tenore, genuino e sofferto, delle dichiarazioni di quest’ultima – che ha visto l’apporto di numerose testimonianze di contorno, oltre quella, pure pienamente valorizzabile (cfr. Sez. U, n. 41461 del 19/7/2012, Bell’Arte, Rv. 253214), della vittima – rispetto alle dichiarazioni aventi ad oggetto il reato inizialmente contestato di violenza sessuale.

 

Violazione di domicilio e scriminante dell’errore sul fatto

Ed e’ senza dubbio logica la conclusione che, nell’ambito di un rapporto sentimentale ambiguo e caratterizzato dalla prevaricazione violenta e costante dell’imputato sulla personalita’ della vittima, descritta nelle sentenze di merito – e facendo leva sulla poderosa piattaforma probatoria al riguardo – come persona fragile e intimorita fortemente dal compagno, taluni momenti di riavvicinamento personale tra i due non possano spiegare alcuna valenza rispetto alla configurabilita’ del reato abituale previsto dall’articolo 612-bis c.p. (in linea con la giurisprudenza di questa Corte: cfr., tra tutte, Sez. 5, n. 17240 del 20/1/2020, I., Rv. 279111); ne’ tantomeno sporadiche occasioni di non conflittualita’ possono minare la prova di una lunga, complessiva campagna persecutoria.
Viceversa, i temporanei riavvicinamenti possono avere incidenza sul narrato relativo a singoli episodi di violenza sessuale eventualmente denunciati, come quello in relazione al quale vi e’ stata assoluzione per la scarsa verosimiglianza di alcuni particolari raccontati dalla vittima.
2.3. Anche l’ultimo motivo di ricorso adduce ragioni inammissibilek di censura perche’ manifestamente infondate e implicanti una scelta di merito per il Collegio, in mancanza di denuncia di manifeste illogicita’ delle pronunce di merito che hanno accertato la sussistenza dei caratteri di configurabilita’ della fattispecie di violazione di domicilio a carico dell’imputato.
Del resto, il fatto che vi fosse o vi fosse stato un rapporto sentimentale tra persecutore e vittima non autorizzava il primo, neppure nel momento iniziale dell’ingresso in casa, a ritenere di poter entrare nell’abitazione in esclusiva disponibilita’ della sua fidanzata senza l’autorizzazione specifica di costei (o, peggio, contro la sua volonta’), tanto piu’ in presenza di un rapporto smaccatamente conflittuale.
Sicche’, anche il riferimento all’ipotesi prevista dall’articolo 47 c.p., e’ fuori fuoco, poiche’, in generale, in tema di violazione di domicilio, non si puo’ ritenere automaticamente sussistente, in virtu’ di una relazione sentimentale tra due persone, il consenso preventivo ed indiscriminato all’ingresso nell’abitazione altrui.
Il motivo e’, altresi’, generico e manifestamente infondato, poiche’ in ogni caso il ricorrente si e’ limitato ad invocare apoditticamente la scriminante putativa prevista dall’articolo 47 c.p..
Deve essere enunciato, pertanto, il principio secondo cui, in tema di violazione di domicilio, ai fini dell’applicabilita’ dell’articolo 47 c.p., non si puo’ ritenere automaticamente sussistente, in virtu’ di una relazione sentimentale conflittuale tra due persone, il consenso preventivo ed indiscriminato all’ingresso nell’abitazione altrui.
3. Alla declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonche’, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilita’ (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000.
3.1. Deve essere disposto, altresi’, che siano omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione del provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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