La violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 26 giugno 2020, n. 19365.

Massima estrapolata:

Sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice di appello, in riforma della sentenza di primo grado, condanni l’imputato per il reato di bancarotta per distrazione, così riqualificando l’originaria imputazione di bancarotta preferenziale, trattandosi di fatto significativamente e sostanzialmente diverso da quello contestato con l’originaria imputazione, con conseguente difetto della concreta possibilità di esercizio dei correlati poteri difensivi dell’imputato, imponendosi l’applicazione – previo annullamento della sentenza impugnata e di quella di primo grado – del disposto di cui all’art. 521, comma 2, cod. proc. pen., che prevede l’invio degli atti al pubblico ministero.

Sentenza 26 giugno 2020, n. 19365

Data udienza 5 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Processo penale – Bancarotta – Sentenza – Esclusione della fattispecie specifica – Affermazione della fattispecie generale – Nuovi presupposti che non sono stati oggetto di contraddittorio – Annullamento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. RICCARDI Giusep – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/04/2018 della Corte di Appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Tassone Kate, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alle pene accessorie ed il rigetto nel resto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 12/04/2018 la Corte di Appello di Venezia ha confermato l’affermazione di responsabilita’ pronunciata dal Tribunale di Treviso il 28/05/2013 nei confronti di (OMISSIS) per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, concedendo, in parziale riforma, la sospensione condizionale della pena.
La contestazione riguardava le condotte di distrazione poste in essere da (OMISSIS), in qualita’ di Presidente del C.d.A. della “(OMISSIS) s.r.l.” fino al 30.7.2006, e poi di liquidatore fino alla data del fallimento, dichiarato il (OMISSIS), concernenti:
1) il saldo della scheda di cassa pari ad Euro 743,86;
2) i beni strumentali per un valore di Euro 115.699,36;
3) il prelievo di Euro 106.588,93 dal saldo del conto cassa, originariamente contestato come bancarotta preferenziale;
4) il pagamento di Euro 163.959,13 in favore della ” (OMISSIS) s.r.l.”, della quale l’imputato era socio e presidente del C.d.A., nonostante la fallita vantasse crediti pari ad Euro 372.154,79, originariamente contestato come bancarotta preferenziale.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo tre motivi.
2.1. Vizio di motivazione in relazione all’elemento oggettivo: nonostante le puntuali censure proposte con l’appello, la Corte distrettuale ha riprodotto le motivazioni del Tribunale, non assolvendo, se non in modo apparente, all’obbligo di motivazione; in particolare, la Corte non ha valutato gli elementi probatori a discarico forniti, sulla base dei quali era emerso che l’autore delle distrazioni era l’amministratore di fatto (OMISSIS), secondo quanto riferito, con specifico riferimento alle quattro condotte contestate, dai diversi testimoni ( (OMISSIS), che ha riferito che la cassa era nella disponibilita’ del (OMISSIS), e che i beni strumentali erano stati portati nel magazzino piccolo dei Magazzini Generali, cosi’ come che i prelievi ed i pagamenti erano stati effettuati dal medesimo).
Lamenta che la Corte abbia affermato la responsabilita’ penale sulla base di un concorso omissivo ex articolo 40 cpv. c.p., nonostante il delitto fosse stato contestato a titolo commissivo.
2.2. Vizio di motivazione in relazione al dolo, la cui sussistenza e’ stata affermata sulla base di laconici cenni fondati sul ruolo di Presidente del C.d.A. e poi di liquidatore, senza valutare gli argomenti proposti con l’appello, con i quali si sottolineava la totale estraneita’ rispetto alle operazioni contestate ed il ruolo gestionale assunto dal (OMISSIS).
2.3. Violazione di legge processuale in relazione all’articolo 521 c.p.p., in quanto i fatti contestati ai nn. 3 e 4 dell’imputazione come bancarotta fraudolenta preferenziale sono stati riqualificati come bancarotta fraudolenta per distrazione senza trasmissione degli atti al PM, pur trattandosi di “fatti diversi”; la riqualificazione avrebbe determinato un mutamento del fatto, in quanto per la bancarotta preferenziale e’ necessario il dolo specifico ed il credito deve essere reale, ed una compromissione del diritto di difesa, il cui esercizio e’ stato articolato con riferimento agli elementi della bancarotta preferenziale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente va rilevato che la richiesta di rinvio dell’udienza proposta dal difensore del ricorrente, Avv. (OMISSIS), in considerazione dell’adesione all’astensione proclamata dall’Unione Camere Penali Italiane e’ stata rigettata, in quanto non conforme al c.d. codice di autodisciplina, considerando l’imminente scadenza del termine massimo di prescrizione, che decorrera’ il 17/01/2020.
2. Oltre alla illegalita’ sopravvenuta delle pene accessorie fallimentari, che va rilevata d’ufficio, il ricorso e’ parzialmente fondato limitatamente alla doglianza concernente il dolo del concorso omissivo ed al terzo motivo.
3. I primi due motivi, nella parte in cui lamentano una erronea valutazione nella ricostruzione dei fatti, sono inammissibili, in quanto propongono doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realta’, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita’, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., sono in realta’ dirette a richiedere a questa Corte, addirittura mediante richiami parziali ed arbitrariamente selezionati del testimoniale, un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla effettiva partecipazione dell’imputato alle condotte distrattive accertate.
Il controllo di legittimita’, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia’ il rapporto tra prova e decisione; sicche’ il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia’ nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, e’ estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione e’ giudice della motivazione, non gia’ della decisione, ed esclusa l’ammissibilita’ di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita’ (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta’.
4. E’, tuttavia, fondata la doglianza concernente il dolo, avendo la Corte territoriale omesso di integrare la motivazione sull’elemento psicologico dell’amministratore di diritto che concorre, a titolo omissivo ex articolo 40 cpv. c.p., con l’amministratore di fatto, nonostante l’imputazione fosse stata formulata in termini di concorso commissivo, in conformita’ al principio secondo cui, in caso di concorso ex articolo 40 c.p., comma 2, dell’amministratore formale nel reato commesso dall’amministratore di fatto, ad integrare il dolo del primo e’ sufficiente la generica consapevolezza che il secondo compia una delle condotte indicate nella norma incriminatrice, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi, potendosi configurare l’elemento soggettivo sia come dolo diretto, che come dolo eventuale (Sez. 5, n. 50348 del 22/10/2014, Serpetti, Rv. 263225).
Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame in ordine al profilo del dolo del concorso omissivo dell’amministratore di diritto.
5. Il terzo motivo, concernente la violazione dell’articolo 521 c.p.p., e’, altresi’, fondato.
5.1. Sebbene nell’ipotesi inversa sia stato affermato che non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice di appello, in parziale riforma della sentenza di condanna di primo grado relativa al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, riqualifichi il fatto come bancarotta preferenziale, in quanto l’atto dispositivo tipico di tale fattispecie criminosa costituisce una “species” del piu’ ampio “genus” di sottrazioni di risorse del patrimonio della societa’, che caratterizza la bancarotta per distrazione (Sez. 5, n. 27141 del 27/03/2018, Del Rosso, Rv. 273480; Sez. 5, n. 31680 del 22/05/2015, Cantoro, Rv. 264673), al contrario, nell’ipotesi di riqualificazione della meno grave fattispecie di bancarotta preferenziale nel piu’ grave reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, questa Corte ha gia’ affermato che sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice di appello, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado dal reato di bancarotta preferenziale, condanni l’imputato per il reato di bancarotta per distrazione, trattandosi di fatto significativamente e sostanzialmente diverso da quello contestato con l’originaria imputazione, con conseguente difetto della concreta possibilita’ di esercizio dei correlati poteri difensivi dell’imputato, cosicche’ si impone l’applicazione – previo annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e di quella di primo grado – del disposto di cui all’articolo 521 c.p.p., comma 2, che prevede l’invio degli atti al P.M. (Sez. 5, n. 9347 del 30/01/2013, Baj, Rv. 255230).
5.2. Cio’ posto, va, dunque, evidenziato il vizio di motivazione nel quale e’ incorsa la Corte territoriale sostenendo la tesi dell’essere, l’originaria contestazione delle condotte di cui ai nn. 3 e 4 dell’imputazione, attinente in realta’ al reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.
Invero, oltre al richiamo, contenuto nell’imputazione, dell’articolo 216, comma 1, nn. 1 e 3 L. Fall., va rilevato che, anche sotto il profilo descrittivo dell’accusa, la condotta relativa ai beni indicati ai nn. 1 e 2 e’ stata individuata come “distrazione”, mentre la condotta descritta ai nn. 3 e 4 e’ stata qualificata come “esecuzione, allo scopo di favorire a danno dei creditori taluno di essi, di pagamenti”.
Ebbene, nel caso di specie deve ritenersi che il giudizio (da parte del giudice dell’appello e dello stesso giudice di primo grado), ed il conseguente addebito di responsabilita’, siano stati espressi con riferimento ad una fattispecie di reato (bancarotta fraudolenta per distrazione) diversa da quella oggetto della imputazione (bancarotta preferenziale): e diversa non solo quanto a qualificazione giuridica ma, ancora prima, quanto al fatto di rilevanza penale individuato e contestato.
Infatti, mentre la bancarotta fraudolenta per distrazione punisce le iniziative che si risolvono in un depauperamento del patrimonio sociale in danno degli interessi della massa dei creditori della societa’, a prescindere dall’attualita’ o meno del suo stato di decozione, la bancarotta preferenziale si limita a sanzionare, in termini oltretutto di gravita’ sensibilmente attenuata, quei comportamenti che si risolvono, in presenza di uno stato di decozione della societa’, nel pagamento di alcuni creditori, con danno prevedibile o reale per tutti gli altri: comportamenti, in quest’ultimo caso, che, mutuando a fini meramente descrittivi le categorie amministrativistiche, si direbbe che danno luogo ad uno “sviamento di potere” da parte dell’organo di amministrazione, nell’esercizio del potere discrezionale – pur riconosciutogli dalla legge – di gestione della situazione debitoria della societa’, laddove le prime costituirebbero una ipotesi di “violazione di legge”, perche’ esplicative di un potere ablativo, di tipo opportunistico, semplicemente non riconosciuto dalla legge.
Cio’ posto, va chiarito che, nel passaggio da una imputazione per un reato di bancarotta fraudolenta ad altro previsto dagli articoli 216 e 217 L. Fall., non necessariamente e non sempre si determina la violazione dedotta.
5.3. Nell’evidenziare che non viene in rilievo, nella fattispecie, una violazione dell’articolo 6 CEDU, che riguarda il divieto di un mutamento dell’accusa “a sorpresa”, concernente la âEuroËœdiversa qualificazione giuridica del fatto’, non gia’, come nella specie, l’ipotesi del “fatto diverso”, va affrontata la questione della violazione dell’articolo 521 c.p.p., comma 2.
Tale norma infatti prevede, quando in discussione non e’ la cornice giuridica diversa, ma un fatto-reato diverso, il regresso del processo alla fase delle indagini preliminari, dovendosi, in tal caso, reinvestire il PM per quanto di sua competenza in ordine alla modifica del capo di imputazione – di suo esclusivo dominio riguardo alla identificazione del fatto di rilievo penale ovviamente passando per l’annullamento della sentenza di primo grado (Sez. 4, n. 18135 del 09/02/2010, C., Rv. 247534).
Orbene, le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perche’, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione e’ del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso Inter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051).
Si tratta di un principio che e’ stato ritenuto – proprio nella sentenza appena citata- non ostativo al passaggio dalla contestazione del delitto di bancarotta post-fallimentare a quello – cosi’ qualificato dalla S.C. – di bancarotta pre-fallimentare; ugualmente costante, d’altra parte, e’ la giurisprudenza, anche di legittimita’, che, come gia’ evidenziato, si e’ trovata ad operare l’addebito di bancarotta preferenziale a fronte di una imputazione per bancarotta per distrazione (Sez. 5, n. 27141 del 27/03/2018, Del Rosso, Rv. 273480; Sez. 5, n. 31680 del 22/05/2015, Cantoro, Rv. 264673).
Gli orientamenti appena richiamati, dunque, sembrano muoversi sul terreno, dichiarato, della pretesa (e poi negata) violazione dell’articolo 521 c.p.p., escludendo, implicitamente, che, nel passaggio da una ipotesi di bancarotta per distrazione a quella preferenziale ovvero a quella post-fallimentare, possa trattarsi di un mero mutamento di qualificazione giuridica del medesimo fatto accertato.
In tal senso, dunque, si ammette la sussistenza, in concreto, se non di una parziale coincidenza riconducibile alla nozione di “continenza”, quantomeno di una non sostanziale immutazione del tema accusatorio, allorquando si disponga il mutamento dalla contestazione di bancarotta fraudolenta per distrazione a quella, meno grave, di bancarotta preferenziale, ove “il piu'” puo’ contenere “il meno”, e ove, pur con le opportune cautele che devono contrassegnare l’accertamento del diverso elemento psicologico che caratterizza ciascuna delle due fattispecie, puo’ non determinarsi alcuna sostanziale lesione dei diritti difensivi, se le prove dichiarative o quelle documentali ammesse al contraddittorio abbiano avuto ad oggetto, in maniera esplicita e chiara, anche lo specifico tema qualificante e specializzante della figura di reato meno grave, poi concretamente addebitato.
Ma proprio alla luce di tale considerazione non puo’ dirsi il contrario e cioe’ che la condotta di natura puramente distrattiva sia sovrapponibile al pagamento preferenziale.
Ed infatti, nella verifica del rispetto della necessita’ di chiarezza della contestazione, va evidenziata invece la ambiguita’ in cui viene a trovarsi la difesa, la quale fa affidamento sul tema – tutto appannaggio, oltretutto, dell’onere probatorio del P.M. che lo ha fissato – della riconosciuta esistenza di un credito legittimo verso la societa’ fallenda, indebitamente poi soddisfatto in via diretta anziche’ mediante la insinuazione nel fallimento.
Un punto di partenza che rende automaticamente superfluo quello della dimostrazione, ad opera della difesa stessa, del titolo del pagamento che si contesta all’imputato, titolo che, gia’ nella formulazione dell’imputazione, si da’ per individuato come esistente e legittimo.
Con la conseguenza che il pregiudizio per la difesa va individuato, nel caso di specie, in relazione alla possibilita’ di dimostrare la esistenza di un credito liquido ed esigibile a fronte del depauperamento del patrimonio societario.
Va, infine, aggiunto che la contestazione della fattispecie di bancarotta fraudolenta preferenziale impone, altresi’, la necessita’ della verifica del dolo specifico richiesto dall’articolo 216, comma 3, L. Fall., ovvero dello scopo di favorire taluno dei creditori; elemento normativo che, al contrario, non e’ previsto dall’articolo 216, comma 1, n. 1, L. Fall., in relazione alle condotte distrattive.
5.4. In conclusione, l’affermazione, da parte del giudice dell’appello, che i fatti accertati debbono inquadrarsi nella condotta distrattiva, di tipo “generale”, per mancanza dei presupposti che qualificano quella piu’ specifica, originariamente contestata dal PM, ha dato luogo all’addebito di un fatto sensibilmente e sostanzialmente diverso da quello oggetto di imputazione, in ordine al quale ha fatto difetto la concreta possibilita’ di esercizio dei correlati poteri difensivi dell’imputato; e tale diverso inquadramento e’ stato affermato, come gia’ evidenziato supra § 5.1., in maniera assertiva, senza una adeguata motivazione, che, ove articolata, avrebbe imposto al giudice di appello la trasmissione degli atti al giudice di primo grado, ai sensi dell’articolo 604 c.p.p., comma 1, limitatamente alle condotte descritte ai nn. 3 e 4 dell’imputazione.
6. Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia, anche con riferimento all’illegalita’ sopravvenuta delle pene accessorie inflitte nella misura fissa di 10 anni (Corte Cost., n. 222 del 05/12/2018; Sez. U, n. 28910 del 28/02/2019, Suraci).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.

 

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