Valutazione della condotta colposa dell’ucciso ed idoneità a concausare il danno

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 34625.

Valutazione della condotta colposa dell’ucciso ed idoneità a concausare il danno

In caso di domanda di risarcimento del danno iure proprio proposta dai congiunti della vittima di un sinistro stradale mortale, l’idoneità della condotta colposa dell’ucciso a concausare il danno deve essere apprezzata verificando, sulla base delle allegazioni e delle prove assunte a presupposto del giudizio di fatto, l’effettiva incidenza sull’evento morte della trasgressione della regola cautelare – generica o specifica – allo stesso ascritta.

Sentenza|| n. 34625. Valutazione della condotta colposa dell’ucciso ed idoneità a concausare il danno

Data udienza 23 giugno 2023

Integrale

Tag/parola chiave:Circolazione stradale – Responsabilita’ civile da incidenti stradali – In genere danni patiti iure proprio dai congiunti della vittima di un sinistro stradale mortale – Condotta colposa dell’ucciso – Idoneità a concausare il danno – Valutazione – Criteri.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. TASSONE Stefania – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 908/2022 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), (la prima dei quali anche in proprio, nonche’ entrambi quali esercenti la responsabilita’ genitoriale sui figli minorenni (OMISSIS), e (OMISSIS)); (OMISSIS); (OMISSIS), e (OMISSIS), (il primo dei due anche in proprio, e ambedue in qualita’ di esercenti la responsabilita’ genitoriale sulla figlia minore (OMISSIS)), domiciliati “ex lege” in Roma, piazza Cavour, presso la cancelleria di questa Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.P.A., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

Avverso la sentenza n. 1526/21 della Corte d’appello di Bologna, depositata il 14/06/2021;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 23/06/2023 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VITIELLO Mauro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso limitatamente al secondo motivo, dovendo il primo dichiararsi inammissibile;

uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

Valutazione della condotta colposa dell’ucciso ed idoneità a concausare il danno

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS), e con la medesima (OMISSIS) e (OMISSIS) (la prima dei quali anche in proprio, nonche’ entrambi quali esercenti la responsabilita’ genitoriale sui figli minorenni (OMISSIS) e (OMISSIS)), cosi’ come (OMISSIS), oltre a (OMISSIS) e (OMISSIS) (il primo dei quali anche in proprio, ambedue in qualita’ di esercenti la responsabilita’ genitoriale sulla figlia minore (OMISSIS)), ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1526/21, del 14 giugno 2021, della Corte d’appello di Bologna, che – accogliendo parzialmente il gravame proposto dalla societa’ (OMISSIS) S.p.a. avverso la sentenza n. 2686/14, del 12 agosto 2014, del Tribunale di Bologna – provvedeva nei termini di seguito indicati.

In particolare, il giudice di appello ha ritenuto sussistente il concorso di colpa di (OMISSIS), nella misura del 20%, nella causazione del sinistro stradale in cui il medesimo perse la vita, rideterminando, per l’effetto, le somme riconosciute ai suoi congiunti a titolo di danno da perdita del rapporto parentale, ponendo, infine, a carico degli appellanti incidentali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) il raddoppio del contributo unificato, in ragione del rigetto del gravame, dagli stessi esperito quanto al diniego del ristoro del c.d. “danno tanatologico”.

2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di aver agito in giudizio per conseguire il risarcimento dei danni conseguenti al decesso – a causa di un sinistro stradale occorso il (OMISSIS) – del predetto (OMISSIS), marito della (OMISSIS), padre di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ nonno di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che di (OMISSIS).

Difatti, dopo che il giudizio penale, celebrato a carico di (OMISSIS), ne aveva accertato la responsabilita’ per il reato di omicidio colposo – aggravato dallo stato di ebrezza – ai danni di (OMISSIS), riconoscendo, altresi’, alle costituite parti civili il diritto al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, la moglie della vittima, nonche’ i due suoi figli (il primo, unitamente alla propria compagna, la seconda, al proprio marito), instauravano tre distinti giudizi civili, poi riuniti, nei confronti del medesimo (OMISSIS), di (OMISSIS) e (OMISSIS) (indicate come comproprietarie, con il primo, del veicolo dallo stesso condotto in occasione del sinistro), oltre che dell’assicuratore per la “RCA”, (OMISSIS) S.p.a..

Il primo giudice – accertata l’esclusiva responsabilita’ del sinistro in capo al (OMISSIS) – condannava costui, in solido con (OMISSIS) e l’ (OMISSIS) (previa dichiarazione, invece, di carenza di legittimazione passiva in capo ad (OMISSIS)), a risarcire il solo danno “iure proprio” subito dai congiunti dell’ucciso, e non pure quello tanatologico fatto valere dagli stessi “iure hereditatis”.

3. Esperito gravame, in via di principalita’, dall’ (OMISSIS), nonche’ in via incidentale dalla (OMISSIS), da (OMISSIS) e da (OMISSIS), il giudice di appello provvedeva nei termini dianzi indicati, con la pronuncia impugnata con il presente ricorso.

3.1. Il primo motivo denuncia – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 1, e degli articoli 115 e 116 c.p.c..

Esso censura la sentenza impugnata per aver ravvisato il concorso di colpa – nella misura del 20% – della vittima del sinistro, dando rilievo alla violazione, da parte dello stesso, dell’articolo 172 C.d.S..

Tuttavia, del tutto ininfluente sulla dinamica del sinistro, secondo i ricorrenti, sarebbe stato il mancato uso della cintura di sicurezza da parte di (OMISSIS), essendo il suo decesso avvenuto per sfondamento toracico (come accertato dalla consulenza tecnica svolta dal Pubblico Ministero in sede penale, documento ritenuto dal giudice civile di appello del tutto idoneo all’accertamento dei fatti di causa, tanto da valutare “superflue le istanze di rimessione in istruttoria formulate dall’appellante principale”), nonche’ essendosi sostanziate “le deformazioni strutturali riportate dall’autovettura del (OMISSIS) a seguito dell’urto (…) in una contrazione dell’abitacolo che ha reso inevitabile la compressione del torace da parte del volante dell’auto”. L’una come l’altra circostanza, pertanto, evidenzierebbero che “l’evento morte si sarebbe realizzato con altissima probabilita’ anche qualora il conducente avesse regolarmente allacciato la cintura di sicurezza”.

3.2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 113, comma 1 quater, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Viene lamentata l’illegittimita’ della condanna al pagamento di una somma pari al doppio del contributo unificato, disposta a carico degli appellanti incidentali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avendo costoro rinunciato al gravame inizialmente esperito per il risarcimento “iure hereditatis” del danno tanatologico patito dal loro dante causa (OMISSIS).

4. Sono rimasti solo intimati i (OMISSIS), la (OMISSIS) e l’ (OMISSIS).

5. La trattazione del ricorso, inizialmente destinata alla (ormai soppressa) Sezione Sesta di questa Corte, e’ stata rinviata in pubblica udienza, con ordinanza interlocutoria del 19 dicembre 2022, n. 37050, per il rilievo nomofilattico della questione.

6. I ricorrenti hanno presentato memoria.

7. Il Collegio si e’ riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Il ricorso va accolto, in relazione a entrambi i suoi motivi.

8.1. Il primo motivo, infatti, e’ fondato.

8.1.1. Nello scrutinarlo, occorre muovere dalla constatazione che il solo danno del quale si discuteva innanzi alla Corte felsinea – dopo che alcuni degli attori, ed esattamente (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avevano rinunciato al gravame esperito in via incidentale, con il quale avevano lamentato il mancato riconoscimento del danno c.d. “tanatologico”, patito dal loro congiunto (OMISSIS) – era quello da perdita del rapporto parentale.

In relazione a tale “thema decidendum”, interveniva in appello – in parziale riforma della sentenza resa in prime cure – il riconoscimento della “concausazione” del danno suddetto, in una misura stimata del 20%, da parte dello stesso (OMISSIS), in ragione dell’inosservanza dell’obbligo di indossare la cintura di sicurezza, in occasione dello scontro tra veicoli in cui egli rimase ucciso.

Nel pervenire a tale conclusione (sulla base di un ragionamento viziato, pero’, da un non corretto “modus operandi”, come meglio si dira’ piu’ avanti), la sentenza impugnata si e’ uniformata, in via di premessa, all’orientamento di questa Corte secondo cui il risarcimento del danno patito “iure proprio” dai congiunti di persona deceduta per colpa altrui deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di colpa ascrivibile alla stessa vittima dell’illecito (si vedano, tra le pronunce all’origine di tale indirizzo Cass. Sez. 3, sent. 20 marzo 1959, n. 849; Cass. Sez. 3, sent. 7 agosto 1963, n. 2223, Rv. 263405-01; Cass. Sez. 3, sent. 18 febbraio 1971, n. 430, Rv. 350030-01; per piu’ recenti applicazioni del principio si vedano Cass. Sez. 3, sent. 26 maggio 2014, n. 11698, Rv. 631111-01; Cass. Sez. 3, sent. 23 ottobre 2014, n. 22514, Rv. 633071-01; Cass. Sez. 3, sent. 4 novembre 2014, n. 23426, Rv. 633334-01).

Si tratta, peraltro, di un indirizzo che trova fondamento nell’articolo 1227 c.c., comma 1, sebbene il richiamo a tale norma – come puntualizzato da questa Corte, con arresto al quale si intende dare, qui, ulteriore continuita’ – debba essere inteso “non in termini sussuntivi, posto che il congiunto del danneggiato che agisce iure proprio non e’ equiparabile al creditore che ha concorso a cagionare il danno, con il proprio fatto colposo (il fatto colposo e’ del danneggiato, non del congiunto)”, sicche’ cio’ “che trova applicazione e’ il principio di causalita’, di cui l’articolo 1227, rappresenta il corollario, in base al quale al danneggiante non puo’ farsi carico di quella parte di danno che non e’ a lui causalmente imputabile, secondo il paradigma della causalita’ del diritto civile, la quale conferisce rilevanza alla concausa umana colposa” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 17 febbraio 2017, n. 4208, Rv. 643137-01).

E’, tuttavia, proprio il carattere “colposo” della condotta della vittima del sinistro a porsi come presupposto necessario affinche’ essa possa essere apprezzata come “concausa” del danno patito, “iure proprio”, dai suoi congiunti. Difatti, mentre in ambito penale vige la regola dell’irrilevanza delle cause concorrenti, nel senso che esse non sono idonee ad escludere la responsabilita’ dell’autore dell’illecito (articolo 41 c.p., comma 1), giacche’ “la causalita’ penale e’ orientata nella direzione dell’evento”, la causalita’ civile, per contro, “guarda al danno, da cui l’incidenza della concausa umana colposa” (cosi’, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 4208 del 2017, cit.).

In questo quadro, pertanto, “la colpa, cui fa riferimento dell’articolo 1227, comma 1, va intesa non nel senso di criterio di imputazione del fatto (perche’ il soggetto che danneggia se stesso non compie un atto illecito di cui all’articolo 2043 c.c.), bensi’ come requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato” (in tal senso, peraltro, gia’ Cass. Sez. 3, sent. 3 dicembre 2002, n. 17152, Rv. 558933-01), ovvero, secondo quanto affermato da una certa dottrina, “come criterio di selezione delle concause rilevanti ai fini della riduzione del risarcimento”, giacche’ “la concausa umana rilevante” e’ soltanto “quella colposa, dovendosi derubricare quella non colposa a concausa naturale” (cfr., ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 4208 del 2017, cit.), con la conseguenza che quest’ultima “non giustifica una riduzione, ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, del risarcimento dovuto dal danneggiante” (in questo senso anche Cass. Sez. 3, ord. 15 gennaio 2020, n. 515, Rv. 656809-02).

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D’altra parte, espressione “del medesimo principio causalistico e’ la previsione del regresso fra responsabili solidali in base alla gravita’ della colpa e all’entita’ delle conseguenze che ne sono derivate, di cui all’articolo 2055 c.c., comma 2”, sicche’ tale norma e quella di cui all’articolo 1227 c.c., comma 1, “compongono cosi’ un unitario sistema di rilevanza nella causalita’ di diritto civile della concausa umana colposa”, in base al quale il “cagionare” un evento dannoso, nella disciplina della responsabilita’ extracontrattuale, “non puo’ essere inteso in termini puramente naturalistici, ma subisce l’intervento del principio normativo di rilevanza della concausa umana colposa” espresso, appunto, da tale plesso normativo e implicante “il frazionamento della responsabilita’ secondo l’efficienza dei singoli apporti” (in tal senso, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 4208 del 2017, cit.).

Da quanto precede deriva che la “diminuzione del risarcimento del danno patito iure proprio dai congiunti di persona deceduta per colpa altrui, in presenza di fatto colposo del deceduto, trova pertanto fondamento normativo direttamente nella disciplina del fatto illecito, ed in particolare nell’articolo 2054, per l’ipotesi della circolazione stradale, dovendo il “cagionare” o il “produrre il danno” essere intesi in termini parziali laddove concorra la concausa umana colposa, sulla base di una lettura unitaria del complesso normativo derivante dall’articolo 1227 c.c., comma 1, articolo 2054 c.c., e articolo 2055 c.c., comma 2″ (cosi’, conclusivamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 4208 del 2017, cit.).

8.1.2. Si e’ visto, dunque, come sia il carattere “colposo” della condotta della vittima del sinistro a porsi quale presupposto necessario affinche’ essa possa ritenersi “concausa” – in una misura percentuale che spetta al giudice di merito stabilire, sulla base di un accertamento di fatto che resta sottratto al sindacato di questa Corte, sempre che sia “caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico” (da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 5 giugno 2018, n. 14358, Rv. 649340-01) – del danno subito, “iure proprio”, dai suoi congiunti.

Tanto premesso, tuttavia, affinche’ possa dirsi che tale contegno “colposo” abbia effettivamente concorso alla “causazione” di tale tipologia di pregiudizio, occorre, pur sempre, accertare che la colpa ascrivibile alla vittima del sinistro non si sostanzi nella mera trasgressione di una regola cautelare (generica o – come nella specie – specifica) alla cui osservanza il medesimo risultava tenuto, ma che tale violazione abbia effettivamente inciso nell’eziologia del sinistro rivelatosi mortale. Evenienza da ritenersi integrata solo quando l’evento morte costituisca la concretizzazione di quello specifico rischio che l’osservanza di quella regola cautelare tendeva, appunto, a neutralizzare.

Orbene, nel valutare tale profilo, il giudice di merito dovra’ guardarsi dal rischio – gia’ prospettato da questa Corte in relazione alla verifica del comportamento, tenuto dal preteso responsabile del danno, a porsi come causa dello stesso, ma del pari ipotizzabile allorche’ si tratti di vagliare l’idoneita’ del contegno della vittima di un sinistro stradale mortale ad integrare concausa delle conseguenze dannose scaturite dallo stesso – “di confondere impropriamente (segnatamente sul piano linguistico-concettuale, e dunque sul terreno operativo) le prospettive di valutazione concernenti, da un lato, l’accertamento del nesso di causalita’”, e, dall’altro, l’accertamento della colpa” dello stesso soggetto (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 29 settembre 2021, n. 26304, Rv. 662534-01).

Difatti, se “la prima indagine (quella sul nesso di causalita’ nell’ambito della responsabilita’ civile) deve ritenersi necessariamente affidata, nell’individuazione dello standard probatorio della relazione causale investigata, al criterio del “piu’ probabile che non””, l’altra indagine, ovvero quello sulla colpa, “attiene invece alla valutazione dell’attendibilita’ degli elementi probatori utilizzati ai fini della ricostruzione del comportamento” esaminato, e in particolare “alla correttezza dell’inferenza critica che, sul piano logico, autorizza l’affermazione della concreta sussistenza di un determinato fatto ignorato (il comportamento difforme dalla regola cautelare) quale conseguenza logicamente attribuibile alla preliminare verificazione di fatti certi” (cosi’, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. 26304 del 2021, cit.).

Fatta applicazione di tali principi al caso di specie, deve rilevarsi che la Corte felsinea si e’ “appagata” della mera verifica dell’inosservanza, da parte del defunto (OMISSIS), dell’obbligo di indossare la cintura di sicurezza (sancito dall’articolo 172 C.d.S.), senza, invece, indagarne l’effettiva incidenza che tale violazione ha determinato nella verificazione del sinistro mortale, e cio’ – come, appunto, imposto da questa Corte – attraverso la necessaria “valutazione dell’attendibilita’ degli elementi probatori utilizzati”. Nella specie, infatti, non e’ in contestazione che l’accertamento di fatto, gia’ compiuto in sede penale dal consulente del Pubblico Ministero, sia stato assunto a riferimento della valutazione della dinamica del sinistro, se e’ vero che il giudice di appello – a fronte delle risultanze di tale documento – ha ritenuto “superflue le istanze di rimessione in istruttoria formulate dall’appellante principale”. Tuttavia, poiche’ tali risultanze hanno evidenziato che “le deformazioni strutturali riportate dall’autovettura del (OMISSIS) a seguito dell’urto” ebbero a sostanziarsi “in una contrazione dell’abitacolo che ha reso inevitabile la compressione del torace da parte del volante dell’auto”, l’esito di tale indagine tecnica e’ stata nel senso che “l’evento morte si sarebbe realizzato con altissima probabilita’ anche qualora il conducente avesse regolarmente allacciato la cintura di sicurezza”. Cio’ nondimeno, pur muovendo da tale ricostruzione di fatto, la Corte felsinea e’ giunta egualmente alla conclusione che la condotta di (OMISSIS) potesse intendersi come concausa “colposa” – nel senso in precedenza gia’ chiarito – dei danni patiti “iure proprio” dai suoi congiunti, esito, questo, che stride con il giudizio di fatto da essa assunto a presupposto del giudizio di diritto che essa era chiamata a compiere.

Valutazione della condotta colposa dell’ucciso ed idoneità a concausare il danno

In questo modo, pertanto, risulta integrata la violazione dell’articolo 2054 c.c., lamentata dai ricorrenti, essendo il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) sussistente “quando il giudice di merito” – dopo avere individuato e ricostruito, “sulla base delle allegazioni e delle prove offerte dalle parti e comunque all’esito dello svolgimento dell’istruzione cui ha proceduto, la “quaestio facti”, cioe’ i termini ed il modo di essere della c.d. fattispecie concreta dedotta in giudizio” – tragga da essa conseguenze giuridiche erronee (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 29 agosto 2019, n. 21772, Rv. 655084-01). Difatti, in un simile caso, “la valutazione cosi’ effettuata dal giudice di merito e la relativa motivazione, non inerendo piu’ all’attivita’ di ricostruzione della “quaestio facti” e, dunque, all’apprezzamento dei fatti storici in funzione di essa” (apprezzamento, nel caso che qui occupa, indiscusso, visto che il giudice di appello ha ritenuta superflua ogni ulteriore indagine, rispetto a quella condotta dai consulenti tecnici del Pubblico Ministero in sede penale), “bensi’ all’attivita’ di qualificazione “in iure” della “quaestio” per come ricostruita, risulta espressione di un vero e proprio giudizio normativo”, sicche’ “il relativo ragionamento” da esso operato, “connotandosi come ragionamento giuridico (espressione del momento terminale del broccardo “da mihi factum dabo tibi ius”) e’ controllabile e deve essere controllato dalla Corte di Cassazione nell’ambito del paradigma del n. 3) dell’articolo 360 c.p.c.” (cosi’, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 21772 del 2019, cit.; in senso analogo, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 13 gennaio 2021, n. 457, non massimata sul punto).

8.1.3. Il primo motivo di ricorso va, quindi, accolto con rinvio alla Corte d’appello di Bologna per la decisione nel merito, da compiersi sulla base del seguente principio di diritto:

“in caso di domanda di risarcimento del danno “iure proprio” proposta dai congiunti della vittima di un sinistro stradale mortale, l’idoneita’ della condotta colposa dell’ucciso a contribuire alla concausazione del danno deve essere apprezzata verificando, sulla base degli elementi probatori assunti a presupposto del giudizio fatto, l’effettiva incidenza avuta sull’evento morte dalla trasgressione della regola cautelare – generica o specifica – allo stesso ascritta”.

8.2. Anche il secondo motivo di ricorso – non assorbito dall’accoglimento del primo, concernendo l’appello incidentale proposto, e poi abbandonato, da taluni dei gia’ attori – e’ fondato.

8.2.1. In presenza, infatti, di avvenuta rinuncia al mezzo esperito da parte di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per il risarcimento del danno tanatologico patito dal loro dante causa (OMISSIS), risulta illegittima la condanna degli stessi al pagamento di somma pari al doppio del contributo unificato, mancando il presupposto costituito dal rigetto (o dalla declaratoria di inammissibilita’) dell’impugnazione proposta.

9. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per la decisione nel merito, alla stregua del principio sopra meglio indicato, oltre che per la liquidazione delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e per l’effetto cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimita’.

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