Vaglio in ordine alla sussistenza dei presupposti processuali

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 17 febbraio 2020, n. 1216.

La massima estrapolata:

Il giudice d’appello può svolgere anche d’ufficio un vaglio in ordine alla sussistenza dei presupposti processuali – intesi come il complesso delle condizioni attinenti alla regolare costituzione del processo – ovvero delle condizioni dell’azione – intese, queste ultime, come il complesso delle circostanze che consentono al giudice di entrare nel merito della domanda.

Sentenza 17 febbraio 2020, n. 1216

Data udienza 23 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8208 del 2013, proposto da
Fr. Gi. Pa., rappresentata e difesa dagli avvocati Ro. Pa., Va. Zi. ed Au. Zi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fi. La. in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per Calabria di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Si. Sa. non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria n. 775/2013.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2020 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Va. Fe. e La. Fi., in delega di Zi. Fi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – L’appellante ha partecipato al concorso per esami e titoli indetto con decreto della Direzione Generale per il personale scolastico del 13 luglio 2011, per il reclutamento di Dirigenti Scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi.
La stessa, avendo superato la preselezione prevista dal Bando, ha partecipato alle prove scritte svoltesi nei giorni 14 e 15 dicembre 2011.
2 – All’esito delle prove, ha conseguito un punteggio totale pari a sedici punti, che ne ha comportato l’esclusione dalla prova orale, per accedere alla quale era necessario conseguire un punteggio minimo di 21 punti.
3 – A seguito dell’accesso agli atti della procedura, l’appellante ha avuto contezza: del verbale della commissione, corredato delle griglie di valutazione delle prove, del proprio elaborato e di quello altri venti candidati.
4 – Con il ricorso notificato in data 25 maggio 2012, l’appellante ha impugnato la graduatoria di ammissione alle prove orali, pubblicata in data 30 marzo 2012, nella parte in cui veniva esclusa; il verbale n. 31 del 22 marzo 2012, con il quale la Commissione le aveva attribuito un punteggio pari a 16; il verbale n. 6 del 19 gennaio 2012, nel quale la Commissione aveva predeterminato i criteri di valutazione delle prove.
5 – In data 10 luglio 2012 è stata pubblicata dall’Ufficio Scolastico Regionale la graduatoria definitiva del concorso con i vincitori.
Giova rilevare sin da ora che tale provvedimento non è mai stato impugnato.
6 – Il T.A.R. per la Calabria, con la sentenza n. 775 del 2013, ha respinto il ricorso.
Con l’appello si deduce la carenza motivazionale di tale sentenza.
7 – Durante la discussione orale della causa, il Collegio, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., ha indicato alle parti l’eventuale improcedibilità del ricorso, stante la mancata impugnazione della graduatoria definitiva del concorso.
8 – Tale prognosi deve ritenersi fondata, dovendosi rilevare la sopravvenuta carenza di interesse della originaria ricorrente alla coltivazione del gravame.
L’appellante, infatti, si è limitata all’impugnazione: a) della graduatoria di ammissione alle prove orali; b) del verbale n. 31 del 22 marzo 2012, con il quale la Commissione le aveva attribuito un punteggio pari a 16; c) del verbale n. 6 del 19 gennaio 2012, nel quale la Commissione aveva predeterminato i criteri di valutazione delle prove.
Come già evidenziato, l’appellante non ha successivamente esteso la sua impugnazione alla graduatoria definitiva del concorso ed alla nomina dei vincitori, obliterando così il principio generale dell’irrilevanza dell’impugnazione dei soli atti endoprocedimentali lesivi non accompagnata dall’impugnazione successiva dei provvedimenti conclusivi del procedimento.
Questi ultimi – consolidatisi a causa della mancata impugnazione, anche se in ipotesi viziati in via derivata – non risultano travolti dall’annullamento degli atti intermedi, ne consegue che la loro mancata impugnazione elimina in radice l’utilità ricavabile dal soggetto insorto solo avverso gli atti infra procedimentali (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2014, n. 5463).
8.1 – Per scrupolo, si ricorda che la giurisprudenza amministrativa ha costantemente ritenuto che il giudice d’appello può svolgere anche d’ufficio un vaglio in ordine alla sussistenza dei presupposti processuali – intesi come il complesso delle condizioni attinenti alla regolare costituzione del processo – ovvero delle condizioni dell’azione – intese, queste ultime, come il complesso delle circostanze che consentono al giudice di entrare nel merito della domanda (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2555 VI Sez. n. 4326 del 10 settembre 2008 Cons. Stato, Sez. VI, sent. 2 novembre 1999, n. 1662; id., Sez. IV, sent. 4 settembre 1995, n. 687).
Ancora di recente, dopo l’entrata in vigore del c.p.a. (D. Lgs n. 104 del 2010), è stato ribadito che nel processo amministrativo non può essere precluso al giudice di appello di rilevare ex officio la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado, né può ritenersi che, sul punto, si possa formare un giudicato implicito, preclusivo alla deduzione officiosa della questione; in sostanza il giudice amministrativo, in qualsiasi stato e grado, ha il potere e il dovere di verificare se ricorrono le condizioni cui la legge subordina la possibilità che egli si pronunci nel merito, né l’eventuale inerzia di una delle parti in causa, nel rilevare una questione rilevabile d’ufficio, lo priva dei relativi poteri-doveri officiosi, atteso che la legge non prevede che la mancata presentazione di parte di un’eccezione processuale degradi la sua rilevabilità d’ufficio in irrilevabilità, che equivarrebbe a privarlo dell’autonomo dovere di verifica dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 settembre 2017, n. 4215; sez. VI, 21 luglio 2016, n. 3303).
9 – Per le ragioni esposte, il ricorso introduttivo deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, dovendosi in tal senso riformare la sentenza di primo grado.
10 – Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate, considerato l’esito del giudizio ed il tempo trascorso dagli eventi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, in riforma della sentenza impugnata, dichiara l’improcedibilità del ricorso originario, compensando integralmente le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Bernhard Lageder – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
Francesco De Luca – Consigliere

 

 

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