Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|17 ottobre 2022| n. 30438.

Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale

L’usucapione speciale per la piccola proprietà rurale, disciplinata dall’articolo 1159-bis del Cc, richiede l’accertamento di un diritto che postula requisiti specifici, quali la classificazione rurale del fondo, l’annessione di un fabbricato, l’insistenza in un territorio classificato montano e un’attribuzione reddituale non superiore a determinati limiti stabiliti dalla legge. Tale domanda, non immanente in ogni domanda di usucapione ordinaria, ove proposta per la prima volta in appello, può reputarsi ammissibile solo se le condizioni costitutive del diritto siano state oggetto di specifiche allegazioni e prove già introdotte ritualmente in causa, dovendosene altrimenti dichiarare la tardività.

Sentenza|17 ottobre 2022| n. 30438. Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale

Data udienza 13 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 28450-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), pal. D, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 94/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 26.01.2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13.09.2022 dal Consigliere CRISTINA AMATO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE RENZIS LUISA, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale

FATTI DI CAUSA

1. Con atto notificato il 18.10.2015, (OMISSIS) e (OMISSIS) citavano, dinanzi al Tribunale di Catanzaro, (OMISSIS) (fratello germano dell’attore), chiedendo l’accertamento della loro proprieta’ (in regime di comunione legale) di un primo fondo rustico (partita (OMISSIS), are 18 e centiare 40), nonche’ della quota di 1/6 di un secondo fondo rustico (partita (OMISSIS), are 7), entrambi siti nel Comune di Badolato; chiedevano, altresi’, l’accertamento dell’inesistenza di qualsiasi diritto del convenuto sui detti fondi, nonche’ la condanna del medesimo – in quanto occupante sine titulo – al rilascio degli stessi.
Nella resistenza di (OMISSIS), che – in via riconvenzionale – chiedeva l’accertamento dell’avvenuto acquisto della proprieta’ dei detti cespiti per usucapione, il Tribunale di Catanzaro, con sentenza n. 140 del 2013, accoglieva la domanda di rivendicazione; rigettava la domanda di restituzione di detti terreni, risultando che gli attori erano meri nudi proprietari di essi;
accoglieva la domanda negatoria proposta dagli attori, dichiarando l’inesistenza dei diritti vantati da (OMISSIS) su detti beni;
rigettava la domanda riconvenzionale di usucapione proposta dal convenuto, condannandolo al pagamento delle spese di lite.
2. Avverso detta sentenza proponeva appello il (OMISSIS), insistendo per il rigetto delle domande attoree e per l’accoglimento della domanda riconvenzionale di usucapione, che riformulava ai sensi dell’articolo 1159-bis c.c..
Proponevano appello incidentale anche (OMISSIS) e (OMISSIS), insistendo per l’accoglimento della domanda di condanna del convenuto alla restituzione dei fondi, avendo essi acquistato – medio tempore – la piena proprieta’ dei medesimi, in seguito al decesso dell’usufruttuario, (OMISSIS) (padre delle parti in causa).
La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza n. 94 del 2017, rigettava l’appello principale e, in accoglimento dell’appello incidentale, condannava (OMISSIS) al rilascio dei fondi.
3. – Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di quattro motivi.
Ha resistito con controricorso (OMISSIS).
(OMISSIS), ritualmente intimata, non ha svolto attivita’ difensiva.

Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va rigettata l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso formulata dal controricorrente sul presupposto della sua tardivita’, per essere stato il ricorso notificato via PEC alle ore 23:00:58 del 24.11.2017, ultimo giorno utile del termine breve di 60 giorni per impugnare, decorrente dalla notificazione della sentenza di appello.
Infatti, la Corte costituzionale, con sentenza n. 75 del 2019, ha dichiarato l’illegittimita’ del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-septies conv. con modif., dalla L. n. 221 del 2012, nella parte in cui tale norma prevedeva che la notifica eseguita con modalita’ telematiche, la cui ricevuta di accettazione e’ generata dopo le ore 21:00 ed entro le ore 24:00, si perfeziona, per il notificante, alle ore 7:00 del giorno successivo, anziche’ al momento di generazione della predetta ricevuta.
Per effetto di tale pronuncia, l’applicazione della regola generale di scindibilita’ soggettiva degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario comporta che il termine per notificare il ricorso per cassazione a mezzo PEC viene a scadere allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno, essendo altrimenti impedito al ricorrente di utilizzare appieno il tempo per approntare la propria difesa (ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 29584 del 22.10.2021).
Nel caso di specie, poiche’ la ricevuta di accettazione per il soggetto notificante si e’ perfezionata prima delle ore 24:00 dell’ultimo giorno utile per la notificazione, il ricorso deve ritenersi tempestivo.

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2. Verificata la tempestivita’ del ricorso, puo’ passarsi all’esame dei motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce l’omessa e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, con conseguente violazione e falsa applicazione degli articoli 948 e 2967 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Secondo il ricorrente, dalla qualificazione dell’azione promossa dagli attori come azione di rivendicazione sarebbe derivata la necessita’ dell’assolvimento dell’onere della probatio diabolica a carico dei medesimi, ossia dell’esibizione dei titoli di proprieta’ dei danti causa dell’attore fino al primo incontestabile proprietario.
Premesso che il motivo e’ inammissibile nella parte in cui deduce il vizio di motivazione (“omessa e contraddittoria motivazione”) secondo un paradigma censorio non piu’ attuale, la censura risulta inammissibile ex articolo 360-bis c.p.c., n. 1) anche nella parte in cui deduce violazione di legge.
Questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire – con un orientamento consolidato rispetto al quale il ricorrente non offre argomenti per superarlo – che il rigore del principio secondo il quale l’attore in rivendica deve provare la sussistenza dell’asserito diritto di proprieta’ sul bene anche attraverso i propri danti causa fino a risalire ad un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell’usucapione, risulta attenuato in caso di mancata contestazione da parte del convenuto dell’originaria appartenenza del bene ad un comune dante causa, ben potendo in tale ipotesi il rivendicante assolvere l’onere probatorio su di lui incombente limitandosi a dimostrare di avere acquistato tale bene in base ad un valido titolo di acquisto (ex plurimis: Cass., Sez. 2, 19.10.2021, n. 28865; Cass., Sez. 2, 20.01.2017, n. 1607; Cass., Sez. 2, 18.01.2016, n. 694; Cass., Sez. 2, 05.11.2010, n. 22598; Cass., Sez. 2, 17.10.2007, n. 21829; Cass., Sez. 2, 22.07.2005, n. 15388).
La Corte distrettuale ha fatto buon governo di tale principio, verificando, altresi’, l’idoneita’ dei titoli prodotti dagli attori. Si tratta dell’atto di compravendita dei fondi di cui e’ causa (atto notarile del 14.02.1994) e dell’atto di donazione del 25.02.1983 col quale la dante causa degli attori, (OMISSIS) (sorella di (OMISSIS)), aveva ricevuto i cespiti dai genitori.
Poiche’ la sentenza impugnata ha deciso la causa in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo non offre elementi per mutare orientamento, il motivo va dichiarato inammissibile ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1).
Per la medesima ragione e’ inammissibile la doglianza – peraltro del tutto priva di specificita’ – circa l’erroneita’ della qualificazione della domanda attorea come rivendicazione, piuttosto che come azione di restituzione (con conseguente difetto di legittimazione attiva degli attori), essendosi la Corte territoriale conformata alla giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. Cass., Sez. 2, n. 4416 del 26/02/2007; Sez. 2, n. 26003 del 23/12/2010).

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2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e la violazione e falsa applicazione degli articoli 948 e 2967 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere gli attori assolto l’onere di provare la titolarita’ del diritto azionato in rivendicazione. Secondo il ricorrente, i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) non avrebbero dimostrato il loro valido titolo di acquisto, non avendo fornito elementi utili a ricostruire la data di acquisto dei beni oggetto di causa da parte dei genitori donanti in favore della figlia (OMISSIS); ne’ avrebbero fornito prova della mancata interruzione dell’appartenenza del bene in capo all’attore e ai suoi danti causa, per effetto del prolungato possesso dell’attuale ricorrente.
Anche questo motivo e’ inammissibile.
Innanzitutto va rilevato che, nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 5, (applicabile, ai sensi del Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e quindi applicabile anche al giudizio in esame), il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilita’ del motivo di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per difetto di specificita’, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (ex plurimis: Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994). Nella specie, il ricorrente non ha indicato le ragioni di diversita’ fra le due pronunce e, inoltre, non ha minimamente richiamato il fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte distrettuale. Il motivo e’, dunque, inammissibile per difetto di specificita’ laddove denuncia l’omesso esame di fatto decisivo.
Il motivo e’ inammissibile anche con riferimento alla dedotta violazione di legge, risultando sotto tale profilo del tutto sovrapponibile al primo motivo.
Premesso che la censura sollecita una rivalutazione delle risultanze istruttorie non ammessa in sede di legittimita’, non puo’ che ribadirsi che la decisione impugnata e’ conforme alla giurisprudenza della Corte (in tema di attenuazione dell’onere probatorio) e il ricorrente non offre argomenti per superarla; dal che l’inammissibilita’ del motivo ai sensi dell’articolo 360-bis n. 1, c.p.c.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1159-bis e 2967 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di Appello dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale di acquisto della proprieta’ per usucapione speciale proposta per la prima volta in appello.
Il motivo, come i precedenti, risulta inammissibile, avendo la Corte territoriale deciso in modo conforme alla giurisprudenza di questa Suprema Corte, senza che il ricorrente abbia offerto elementi per mutare l’orientamento della stessa.
In particolare, la pronuncia impugnata e’ conforme all’insegnamento di questa Corte, secondo cui l’usucapione speciale per la piccola proprieta’ rurale, disciplinata dall’articolo 1159-bis c.c., richiede l’accertamento di un diritto che postula requisiti specifici, quali la classificazione rurale del fondo, l’annessione di un fabbricato, l’insistenza in un territorio classificato montano e un’attribuzione reddituale non superiore a determinati limiti stabiliti dalla legge. Tale domanda, non immanente in ogni domanda di usucapione ordinaria, ove proposta per la prima volta in appello, puo’ reputarsi ammissibile solo se le condizioni costitutive del diritto siano state oggetto di specifiche allegazioni e prove gia’ introdotte ritualmente in causa, dovendosene altrimenti dichiarare la tardivita’ (ex plurimis: Cass., Sez. 2, 20.11.2019, n. 30251; Cass., Sez. 2, 19.01.2022, n. 1622; Cass., Sez. 2, 30.01.2020, n. 2193; Cass., Sez. 6-2, 31.03.2011, n. 7543).
Nella specie, la Corte di Appello ha rilevato che il convenuto nel giudizio di primo grado nulla aveva dedotto in ordine – tra l’altro alla sussistenza di fabbricati annessi ai fondi. Esattamente, percio’, il giudice di appello, in mancanza della tempestiva allegazione e prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie normativa, ha dichiarato la domanda inammissibile.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, infine, l’omessa e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, con conseguente violazione e falsa applicazione degli articoli 1158 e 2967 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Lamenta il ricorrente che la Corte distrettuale avrebbe erroneamente valutato le prove testimoniali.
Anche il quarto motivo e’ inammissibile, sia perche’ deduce il vizio di motivazione (“omessa e contraddittoria motivazione”) secondo un paradigma censorio ormai non piu’ consentito, sia perche’ sollecita un’inammissibile revisione delle risultanze probatorie.
E’ opportuno ricordare il principio secondo cui “In relazione alla domanda di accertamento dell’intervenuta usucapione della proprieta’ di un fondo destinato ad uso agricolo non e’ sufficiente, ai fini della prova del possesso uti dominus del bene, la sua mera coltivazione, poiche’ tale attivita’ e’ pienamente compatibile con una relazione materiale fondata su un titolo convenzionale o sulla mera tolleranza del proprietario e non esprime, comunque, un’attivita’ idonea a realizzare esclusione dei terzi dal godimento del bene che costituisce l’espressione tipica del diritto di proprieta’” (sull’insufficienza della sola coltivazione del fondo, e sull’esigenza di condurre un accertamento in fatto esteso alla valutazione dell’intero complesso dei poteri esercitati sul bene, cfr. di recente: Cass., Sez. 6-2, 05.03.2020, n. 6123; sulla prova degli elementi costitutivi dell’usucapione: Cass., Sez. 2, 23.04.2014, n. 9216; Cass., Sez. 2, 23.04.2011, n. 9325).
La Corte distrettuale si e’ conformata a tale principio, ritenendo, con motivazione esente da errori logici e giuridici, non raggiunta la prova del possesso ad usucapionem.
Per il resto il motivo, anche laddove deduce violazione di legge, si riduce ad una contestazione della valutazione delle prove e dell’accertamento in fatto, inammissibili dinanzi al giudice di legittimita’.
3. In definitiva, poiche’ tutti i motivi sono inammissibili, l’intero ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
4. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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