Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa devono prevedere la clausola di revisione del prezzo

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 18 ottobre 2019, n. 7077.

La massima estrapolata:

Come noto, tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa devono prevedere la clausola di revisione del prezzo (articolo 6 della legge 537/1993, sostituito dall’articolo 44 della legge 724/1994, come trasfuso negli articoli 115 e 244 del Dlgs 163/2006). La disposizione normativa ha carattere imperativo ed è posta nell’interesse pubblico per evitare che le prestazioni derivanti dai medesimi contratti possano subire nel tempo un decremento qualitativo a causa della eccessiva onerosità della prestazione.

Sentenza 18 ottobre 2019, n. 7077

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2764 del 2019, proposto dalla Si. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Br., presso il cui studio in Roma, via (…) è elettivamente domiciliata,
contro
l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pa. Be., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
in parte qua, della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sez. III-quater, n. 9518 del 20 settembre 2018, che ha accolto in parte il ricorso proposto per la declaratoria della nullità dell’art. 6 del Capitolato d’appalto relativo alla conduzione del servizio di gestione ordinaria e straordinaria, manutenzione degli impianti termici di condizionamento, di distribuzione e sollevamento dell’acqua fredda degli edifici del Policlinico Umberto I.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la memoria difensiva dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I del 9 settembre 2019;
Viste le memorie di replica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I e della Si. s.p.a., entrambe del 18 settembre 2019;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2019 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. In data 30 dicembre 1996, la Si. s.p.a. (già Te. As. s.p.a.) ha stipulato con l’Università Sapienza di Roma – cui è subentrata, con atto del 5 maggio 1999, per le strutture di propria pertinenza, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I (d’ora in poi, Policlinico Umberto I) – un contratto per la gestione e manutenzione degli impianti termici, di condizionamento ed idrici. Tale contratto, di originaria durata triennale, è stato dapprima rinnovato fino al 30 settembre 2004 e poi prolungato, con successivi atti, fino al 15 novembre 2012.
Tutti gli atti con i quali il contratto è stato prolungato rimandavano, per la relativa disciplina, al Capitolato che negava la revisione prezzi.
La Si. s.p.a. ha quindi formalmente richiesto al Policlinico Umberto I la revisione prezzi a partire dal 1° ottobre 2004, in attuazione dell’art. 6, comma 4, l. n. 537 del 1993, come novellato dall’art. 44, l. n. 724 del 1994. Il Policlinico ha sempre respinto la richiesta, supportando il diniego con l’espressa previsione dell’art. 6 del Capitolato.
2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Lazio, sede di Roma, la Si. s.p.a. ha impugnato il diniego opposto dal Policlinico Umberto I alla richiesta di revisione dei prezzi contrattuali.
Ha, in particolare, chiesto: a) la declaratoria di nullità dell’art. 6 del Capitolato d’appalto, nella parte in cui dispone che “tutti i corrispettivi offerti si intendono fissi ed invariabili per tutta la durata dell’appalto. Non si farà luogo pertanto alla revisione prezzi”; b) l’accertamento e la declaratoria del proprio diritto alla revisione del prezzo; c) la condanna dell’A.O.U. Policlinico Umberto I a porre in essere i dovuti accertamenti istruttori; d) la condanna dello stesso Policlinico Umberto I al pagamento della somma dovuta, a titolo di revisione del prezzo contrattuale maturata nel periodo 1 ottobre 2004 – 15 novembre 2012, quantificata in Euro 7.199.533,88, oltre IVA, ovvero, in subordine, alla diversa somma risultante dall’istruttoria.
3. Con sentenza n. 9518 del 20 settembre 2018, il Tar Lazio ha accolto solo in parte le richieste della ricorrente, dichiarando la nullità dell’art. 6 del Capitolato d’appalto, nella parte in cui negava la revisione dei prezzi ed ordinando all’Amministrazione resistente di svolgere l’attività istruttoria volta all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, ma solo per il periodo compreso dal 1° ottobre 2008 alla fine del rapporto contrattuale (15 novembre 2012). Ha respinto, invece, la domanda volta all’accertamento del diritto della società alla revisione dei prezzi e alla condanna del Policlinico Umberto I al pagamento del relativo importo, qualificando la posizione dell’appaltatore quale interesse legittimo.
4. La citata sentenza n. 9518 del 20 settembre 2018 è stata impugnata con appello notificato il 5 giugno 2018 e depositato il successivo 20 giugno, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6, l. n. 537 del 1993, come novellato dall’art. 44, l. n. 724 del 1994; la violazione del riparto dell’onere della prova; la violazione del principio della buona fede contrattuale e dell’interpretazione del contratto alla luce della volontà delle parti.
Ha affermato, in particolare, che non è condivisibile l’assunto del giudice di primo grado secondo cui la revisione dei prezzi trova applicazione solo in caso di proroghe contrattuali e non nella diversa ipotesi di rinnovo e che nel caso di specie, per il periodo ottobre 2004 – settembre 2008, ci fosse stata una rinegoziazione del contratto, con contestuale rinegoziazione del prezzo (v. atto del 17 febbraio 2004, con il quale si è proseguito il rapporto contrattuale per il periodo 1 ottobre 2004 – 30 settembre 2007 e atto del 29 settembre 2008, con il quale si è proseguito il rapporto contrattuale per il periodo 1 ottobre 2007 – 30 settembre 2008). Sarebbe stata, infine, distorta la normativa in tema di revisione del prezzo riconoscendo, di fatto, un indebito arricchimento del Policlinico Umberto I.
5. Si è costituito in giudizio il Policlinico Umberto I di Roma, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.
6. Alla pubblica udienza del 10 ottobre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare il Collegio dà atto, come comunicato alle parti ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., che non terrà conto, al fine del decidere, della memoria di replica depositata dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I (d’ora in poi, Policlinico Umberto I) in data 18 settembre 2018, alle ore 17.22, atteso che sino a tale momento la Si. non aveva depositato alcuno scritto né documentazione (oltre, naturalmente, all’atto di appello) in relazione ai quali l’Amministrazione non si fosse già difesa con la memoria del 9 settembre 2019. Né rileva che anche la società abbia depositato memoria di replica, essendo tale deposito avvenuto successivamente a quello del Policlinico (lo stesso 18 settembre ma alle ore 19.04).
Ed invero, ai sensi del comma 1 del citato art. 73, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. q), d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195, le repliche sono ammissibili solo ove conseguenti ad atti della parte resistente ulteriori rispetto a quelli di risposta alle iniziative processuali della stessa parte ricorrente (ricorso, motivi aggiunti, memorie, documenti, ecc.); la ratio legis si individua nell’impedire la proliferazione degli atti difensivi, nel garantire la par condicio delle parti, nell’evitare elusioni dei termini per la presentazione delle memorie e, soprattutto, nel contrastare l’espediente processuale della concentrazione delle difese nelle memorie di replica, con la conseguente impossibilità per l’avversario di controdedurre per iscritto (Cons. St., sez. V, 11 luglio 2014, n. 3561).
2. Come esposto in narrativa, l’impugnata sentenza del Tar Lazio – dopo aver dichiarato la propria giurisdizione esclusiva, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), punto 2, c.p.a. – ha accolto in parte le pretese della Si. s.p.a., che aveva chiesto la revisione prezzi dal 1° ottobre 2004, data della prima proroga, sino al 15 novembre 2012, data di scadenza del contratto stipulato con l’Università La Sapienza – alla quale è subentrata, con atto del 5 maggio 1999, per le strutture di propria pertinenza, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I – per la gestione e manutenzione degli impianti termici, di condizionamento ed idrici del Policlinico Umberto I, della Città Universitaria e delle sedi distaccate.
Il Tar ha dichiarato la nullità dell’art. 6 del Capitolato d’appalto nella parte in cui dispone che “tutti i corrispettivi offerti si intendono fissi ed invariabili per tutta la durata dell’appalto. Non si farà luogo pertanto alla revisione prezzi”. La disposizione si pone, infatti, in violazione dell’art. 6, l. 24 dicembre 1993, n. 537, nel testo sostituito dall’art. 44, l. 23 dicembre 1994, n. 724, come trasfuso negli artt. 115 e 244, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa devono prevedere la clausola di revisione del prezzo. Tale disposizione normativa ha carattere imperativo ed è posta nell’interesse pubblico per evitare che le prestazioni derivanti dai medesimi contratti possano subire nel tempo un decremento qualitativo a causa della eccessiva onerosità della prestazione.
Il Tar ha limitato temporalmente l’obbligo dell’Amministrazione intimata di provvedere alla verifica dei presupposti per la revisione del compenso contrattuale sul rilievo che la revisione dei prezzi si applica solo alle proroghe contrattuali. Nel caso di specie è soltanto a partire dal 1° ottobre 2008 che il rapporto contrattuale in questione risulta proseguito sulla base di mere proroghe, disposte autoritativamente dalla Amministrazione procedente, agli stessi patti e condizioni, senza la stipula di alcun atto paritetico di natura negoziale.
La Si. ha quindi impugnato tale sentenza per la parte in cui nega il diritto all’istruttoria volta alla quantificazione del compenso revisionale per il periodo ottobre 2004 – settembre 2008, affermando che nei contratti “ad esecuzione periodica o continuativa” la revisione è sempre dovuta, indipendentemente dal titolo del prolungamento del termine finale.
L’assunto non è suscettibile di positiva valutazione.
Come affermato di recente dalla Sezione (24 gennaio 2019, n. 613) – riprendendo peraltro principi dalla stessa già espressi (27 agosto 2018, n. 5059) – presupposto per l’applicazione della norma di cui all’art. 115, d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo) è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale: laddove la prima consiste nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario; mentre il secondo scaturisce da una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse se non più attuali. Dette specifiche manifestazioni di volontà danno corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario e ancorché privi di alcuna proposta di modifica del corrispettivo.
Laddove ricorra l’ipotesi della rinegoziazione, il diritto alla revisione non può configurarsi in quanto l’impresa che ha beneficiato di una speciale disposizione la quale preveda la possibilità di rinnovo del contratto senza gara a condizione di un prezzo concordato, non può poi anche pretendere di applicare allo stesso contratto il meccanismo della revisione dei prezzi (Cons. St., sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2479 e 1 giugno 2010, n. 3474; id., sez. VI, 25 luglio 2006, n. 4640).
Nel momento in cui le parti confermano il prezzo originario, ciò non può che significare che l’originario assetto di interessi ha conservato le originarie condizioni di equità e sostenibilità economica (su cui non incide, evidentemente, un maggiore o minore margine di lucro), secondo l’autonomo e libero apprezzamento degli stessi interessati (Cons. St., sez. VI, 28 maggio 2019, n. 3478).
Diversamente da quanto afferma l’appellante, relativamente al periodo ottobre 2004 – settembre 2008 si sono avuti veri e propri rinnovi. Come si evince dalla nota dell’8 ottobre 2003 la Si. si è resa “disponibile ad assorbire completamente l’onere economico dell’operazione a fronte di un rinnovo del contratto”.
Nella delibera del Commissario straordinario del 3 novembre 2003, che dispone il primo rinnovo a decorrere dal 30 settembre 2004 per la durata di tre anni, tale nota dell’8 ottobre 2003 è citata nel preambolo proprio al fine di evidenziare la condivisione del contenuto del rapporto rinnovato: la Si. si è resa disponibile a sostituire due generatori accollandosi l’onere economico “a fronte di un rinnovo del contratto” che “avverrebbe agli stessi patti e condizioni del contratto originario e porterebbe la naturale scadenza del 30 settembre 2004 al 30 settembre 2007”.
Non è dunque vero, in punto di fatto, che Si. si è limitata a sottoscrivere un atto unilateralmente predisposto dall’Amministrazione, essendo vero il contrario, e cioè che è stata proprio la società che, pur di continuare il rapporto con il Policlinico, si è dichiarata disponibile a non chiedere alcuna revisione del corrispettivo.
Con un (secondo) atto aggiuntivo del 29 settembre 2008 il Policlinico e Si. hanno proceduto ad un nuovo rinnovo “agli stessi patti, prezzi e condizioni del contratto principale” (art. 6).
In entrambi i casi è, dunque, evidente la volontà della società di rinunciare ad un aumento del corrispettivo in cambio di una continuazione del rapporto contrattuale.
Per qualificare la tipologia contrattuale (rinnovo o proroga) che viene in rilievo nella materia de qua non è rilevante il nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, bensì l’esistenza in concreto, per il rinnovo di una nuova negoziazione e per la proroga del solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario, con la precisazione che la nuova negoziazione può anche concludersi con la conferma delle precedenti condizioni (Cons. St., sez. V, 31 dicembre 2003, n. 9302; sez. VI, 22 marzo 2002, n. 1767).
Agli effetti, quindi, di stabilire la reale volontà della società non rileva, come correttamente afferma l’appellante, il nomen juris dell’atto ma quanto dalla stessa unilateralmente esternato nella nota del’8 ottobre 2003, che ha costituito il presupposto per il primo rinnovo, e poi quanto deciso, unitamente al Policlinico, il 29 settembre 2008; tale concreta volontà delle parti prevale anche sulle norme richiamate nell’atto che esterna e sancisce tale decisione
Non rileva neanche il dato, sul quale l’appellante insiste anche nella memoria di replica, che anche il Policlinico abbia tratto, da tale rinnovo con esclusione della revisione prezzi, la propria convenienza economica. Tale circostanza giustifica il fatto che anche l’Amministrazione abbia ritenuto preferibile fare ricorso al rinnovo anziché esperire una nuova gara per affidare l’appalto, ma non fa venire meno il dato incontrovertibile che è stata proprio la Siriam inizialmente ad offrire di gestire ancora per un triennio gli impianti termici, di condizionamento ed idrici assicurando la relativa manutenzione, agli stessi prezzi del contratto originario. Solo dal 1° ottobre 2008 il Policlinico ha operato proroghe rispetto alle quali non è stata data alla società la possibilità di esprimere la volontà di accettare o meno lo stesso corrispettivo.
Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
L’appello deve dunque essere respinto ma sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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