Truffa aggravata per il conseguimento di una pensione d’invalidità

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 27 maggio 2019, n. 23185.

La massima estrapolata:

In tema di truffa aggravata per il conseguimento di una pensione d’invalidità, qualora le erogazioni pubbliche a versamento rateizzato siano riconducibili ad un’originaria ed unica condotta fraudolenta, destinata a produrre effetti con cadenza periodica, la loro percezione conserva rilevanza penale anche in assenza di successive verifiche da parte dell’ente previdenziale e la consumazione del reato si realizza al momento dell’ultima percezione indebita. (Fattispecie in cui, avendo l’agente ottenuto, mediante la simulazione di uno stato di cecità, la concessione di una pensione d’invalidità, limitandosi in seguito a percepire il trattamento previdenziale, la Corte ha escluso la configurabilità della meno grave ipotesi di cui all’art. 316-ter cod. pen., attesa l’avvenuta induzione in errore della persona offesa e la natura fraudolenta della condotta).

Sentenza 27 maggio 2019, n. 23185

Data udienza 2 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VERGA Giovanna – Presidente

Dott. ALMA Marco Mar – Consigliere

Dott. PELLEGRINO Andr – rel. Consigliere

Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere

Dott. MONACO Marco Mar – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
(OMISSIS), n. ad (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall’avv. (OMISSIS), di fiducia;
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, terza sezione penale, n. 5435/2013, in data 16/11/2018;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere, Dott. Andrea Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Seccia Domenico, che ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 16/11/2018, la Corte di appello di Torino confermava la pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di Verbania in data 14/03/2013, con la quale (OMISSIS) era stato condannato alla pena di anni due di reclusione per il reato di cui all’articolo 81 cpv. c.p., articolo 640-bis c.p., per aver, con piu’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con artifici e raggiri consistiti nel simulare uno stato di cecita’ assoluta, indotto in errore l’INPS in ordine al proprio diritto di percepire la pensione di invalidita’ per menomazione visiva e relativa indennita’ di accompagnamento, procurandosi cosi’ l’ingiusto profitto, con corrispondente danno della persona offesa, pari ad Euro 158.255,93 (in (OMISSIS)).
2. Avverso detta sentenza, nell’interesse di (OMISSIS), viene proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p., per lamentare:
– inosservanza, ovvero in subordine erronea applicazione, dell’articolo 640-bis c.p. (primo motivo);
– inosservanza dell’articolo 521 c.p.p., con conseguente nullita’ della sentenza ex articolo 522 c.p.p., comma 2, (secondo motivo);
– mancanza di motivazione (terzo motivo).
Nella trattazione congiunta delle doglianze, il ricorrente censura le valutazioni dei giudici di merito che hanno ritenuto come l’imputato avesse simulato la propria cecita’ nel (OMISSIS) (data di concessione della pensione d’invalidita’) e che all’epoca della commissione dei fatti contestati – (OMISSIS) – la situazione fosse esattamente identica a quella di dodici anni prima. La conseguenza e’ che, nel periodo in contestazione, qualunque azione, omissione o contegno tenuto dall’imputato non ha in alcun modo inciso in senso causalmente efficiente sull’INPS ai fini dell’ottenimento di prestazioni assistenziali indebite. Di tal che si verserebbe nella diversa figura di reato di cui all’articolo 316-ter c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile proponendo censure del tutto aspecifiche e, comunque, manifestamente infondate.
2. Invero, il ricorrente si e’ per lo piu’ limitato a riprodurre le medesime questioni gia’ devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese, con motivazione del tutto coerente e adeguata che non e’ stata in alcun modo sottoposta ad autonoma e argomentata confutazione avendo la parte preferito di reiterare pedissequamente i propri precedenti rilievi. Costituisce ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni gia’ discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.
2.1. La mancanza di specificita’ del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericita’, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non puo’ ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita’ che conduce, a norma dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), alla inammissibilita’ della impugnazione (cfr., Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo non mass.; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22/02/2002, Palma, Rv. 221693).
2.2. Fermo quanto precede, trattando congiuntamente tutti i profili di doglianza tra loro strettamente collegati, evidenzia il Collegio come il ricorrente non contesti la carenza dei requisiti per la fruizione della pensione d’invalidita’ per menomazione visiva ammettendo che il (OMISSIS) nel (OMISSIS) avesse simulato la cecita’, ma assuma, a proprio discarico, che fu da tale epoca che l’INPS cadde in errore, non essendo state fatte successivamente al (OMISSIS) visite di revisione periodica delle condizioni cliniche del beneficiario: da qui la propria conclusione secondo la quale si doveva escludere che qualsivoglia azione, omissione o contegno attribuito per l’epoca oggetto di imputazione ((OMISSIS)-(OMISSIS)) abbia potuto incidere in senso causalmente efficiente sull’induzione in errore dell’INPS e sull’ottenimento delle prestazioni.
2.3. Gia’ il giudice d’appello ha riconosciuto come la fattispecie possa essere inquadrata nella figura della c.d. truffa a consumazione prolungata, chi si ha quando l’agente palesa sin dall’inizio la volonta’ di realizzare un evento destinato a durare nel tempo, allorche’ pone in essere una originaria ed unica condotta fraudolenta destinata a produrre i suoi effetti con cadenza periodica nel tempo (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 57287 del 30/11/2017, Trivellini, Rv. 272250; Sez. 2, n. 53667 del 02/12/2016, Bellucci, Rv. 269381).
2.4. Ferma l’avvenuta induzione in errore della persona offesa e la natura fraudolenta della condotta posta in essere dal ricorrente che consentono la sussunzione del fatto nell’alveo del delitto di cui all’articolo 640 bis c.p. e non nella diversa figura delittuosa di cui all’articolo 316 ter c.p. (nel quale, come e’ noto, la condotta non ha natura fraudolenta in quanto la presentazione delle dichiarazioni o dei documenti attestanti cose non vere costituisce fatto strutturalmente diverso dagli artifici e raggiri e, inoltre, mancanza l’induzione in errore: cfr., Sez. 2, n. 46064 del 19/10/2012, Santannera, Rv. 254354) e l’omessa trattazione nel ricorso del “paragrafo” di doglianza in ordine alla pretesa violazione dell’articolo 521 c.p.p. e articolo 522c.p.p., comma 2, che la parte si limita ad enunciare senza argomentare alcunche’ (circostanza che, ovviamente, esonera da ogni pronuncia sul punto), evidenzia il Collegio che, come riconosciuto dalla Corte territoriale, con motivazione del tutto congrua e priva di vizi logico-giuridici “… la richiesta di pensione di invalidita’ per lo stato di cieco civile fu formulata nell’anno (OMISSIS), che gli unici accertamenti successivi a quelli del (OMISSIS) furono quelli, strumentali, dell’anno (OMISSIS), e poi non vi fu null’altro fino al (OMISSIS), allorquando (OMISSIS) fu invitato alla visita straordinaria, a seguito degli accertamenti della Guardia di Finanza… “: il tutto rende logica ed evidente la conseguenza che l’incasso delle somme non dovute fu frutto di un un’unica condotta originaria di simulazione di cecita’, avvenuta in occasione del riconoscimento dell’invalidita’, cui seguirono pagamenti periodici, con la conseguente applicazione del regime della truffa a consumazione prolungata, con consumazione al momento dell’ultima percezione indebita.
3. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro duemila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

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