In ordine al trasferimento di una farmacia

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 29 ottobre 2018, n. 6130.

La massima estrapolata:

Il trasferimento di una farmacia è soggetto ad autorizzazione dell’autorità competente, la quale deve verificare, fra l’altro, che il locale indicato per il trasferimento sia, peraltro, situato in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona.

Sentenza 29 ottobre 2018, n. 6130

Data udienza 18 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4441 del 2018, proposto da Ma. Pe., rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Ca., Cl. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Cl. Ro. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Fe. in Roma, via (…);
Azienda Sanitaria Provinciale n. 5 di Reggio Calabria, Ordine Provinciale dei Farmacisti di Reggio Calabria non costituiti in giudizio;
nei confronti
Fa. Ce. de. do. Al. Sa. e Ga. An. Ma. S.n. c. e altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro – tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Me. Fe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Be. in Roma, piazza (…);
Fa. do. Ga. non costituito in giudizio;
per l’esecuzione
del decreto del Capo dello Stato del 23.5.2016 concernente il trasferimento della farmacia di cui la ricorrente è titolare in altro sito della medesima zona di pertinenza.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018 il Cons. Umberto Maiello e uditi per le parti gli avvocati Al. Ca., Pa. Ma. Lo., su delega dell’avv. Sa. Sa., e Me. Fe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il mezzo in epigrafe la ricorrente agisce per l’esecuzione, ai sensi dell’articolo 112 c.p.a., del decreto del Capo dello Stato del 23.5.2016 con il quale, su conforme parere del CdS, Sezione II, è stato accolto il ricorso straordinario proposto avverso la delibera del Commissario Straordinario del Comune di (omissis) n. 74 R.G. del 26 febbraio 2013, con l’allegato verbale “Trasferimento della farmacia rurale di (omissis)” del 15 febbraio 2013, pubblicata all’Albo pretorio il 28 febbraio 2013 per quindici giorni consecutivi, avente ad oggetto “Perimetrazione abitato di (omissis) – Presa atto verbale 15.02.2013”, la comunicazione del Comune di (omissis) del 28/02/2013, avente ad oggetto “istanza di trasferimento dei locali Farmacia rurale sita in (omissis) – via (omissis)”, nonché il parere del direttore generale dell’ASP n. 5 di Reggio Calabria prot. 11118/D6 del 7/2/2013.
2. La ricorrente, quale titolare della farmacia rurale n. (omissis) nel Comune di (omissis), presentava istanza di trasferimento dei locali della suddetta farmacia presso il nuovo indirizzo sito all’angolo tra via (omissis) e via (omissis).
2.1. Il direttore generale dell’ASP n. 5 di Reggio Calabria, all’uopo compulsato dal Comune di (omissis), con nota prot. 11118/DG del 7/2/2013, esprimeva parere favorevole al trasferimento a condizione che i nuovi locali rientrassero nella sede assegnata alla farmacia rurale n. (omissis), identificata nell’abitato di (omissis), secondo quanto previsto dalla pianta organica approvata con deliberazione della Giunta regionale n. 5027 del 28/09/1990.
2.2. Quindi, con verbale del 15 febbraio 2013, il Comune di (omissis) procedeva a delimitare l’abitato di (omissis) e con delibera del Commissario Straordinario del Comune di (omissis) n. 74 R.G. del 26 febbraio 2013, si prendeva atto del predetto verbale.
2.3. Orbene, sulla scorta delle suddette risultanze, il Comune di (omissis) respingeva l’istanza affermando che il luogo indicato dalla ricorrente, via (omissis) angolo via (omissis), non era ricompreso (così come le vie summenzionate) nell’abitato di (omissis).
3. Il suddetto arresto decisorio veniva però superato dal decreto del Capo dello Stato del 23.5.2016 che, recependo il parere della II sezione del Consiglio di Stato n. 56/2016, accoglieva il ricorso straordinario proposto dalla dr.ssa Pe. avverso gli atti sopraindicati.
3.1. Segnatamente, con la suindicata decisione si rilevava che il confine a sud della zona assegnata alla ricorrente dovesse identificarsi con la via di (omissis) all’uopo evidenziando che:
– la pianta organica approvata con delibera di Giunta regionale n. 5027 del 28/09/1990 assegna alla farmacia della ricorrente la zona dell’abitato di (omissis), senza specificarne nel dettaglio i confini territoriali;
– la pianta organica del 1990, viceversa, dettaglia i confini delle sedi farmaceutiche n. (omissis), individuando come limite a nord delle predette zone la via di (omissis), di talchè, se si accogliesse la delimitazione della zona assegnata alla farmacia della ricorrente fatta dal Comune con gli impugnati atti, si avrebbe uno spazio vuoto, cioè non assegnato ad alcuna farmacia, nell’area compresa tra la suddetta via di (omissis) e l’abitato di (omissis).
4. Lamenta la ricorrente che il richiamato decisum, nonostante i suoi solleciti, non risulta aver avuto esecuzione e chiede l’adozione di congrue misure di ottemperanza all’uopo rilevando che, nel frattempo, l’unico immobile disponibile ed idoneo allo scopo, per il trasferimento della farmacia, rinvenuto nell’abitato di (omissis), risulta quello di via (omissis).
4.1. Rappresenta, altresì, che il Comune di (omissis) ha adottato, in data 31 gennaio 2018, l’ordinanza n. 6 con la quale ha disposto l’immediata sospensione del trasferimento della farmacia della dott.ssa Pe. Ma. nel nuovo sito di via (omissis), nonostante che l’ASP n. 5 di Reggio Calabria avesse ritenuto legittimo tale trasferimento (n. d.r.la ricorrente aveva già reso operativo il trasferimento pur in mancanza della relativa autorizzazione), avviando, con l’ordinanza in questione, il procedimento di revisione che si è realizzato con la delibera della Giunta comunale n. 72 del 23.3.2018 di modifica della vigente pianta organica approvata nel 1990. Tale delibera, piuttosto che realizzare le finalità istituzionali assegnate dalla legislazione di settore, si sarebbe preoccupata soltanto di vanificare gli effetti del giudicato formatosi sulla decisione presidenziale sopra citata.
Ed, invero, alcuna nuova sede sarebbe stata prevista ed, inoltre, sarebbe stata sensibilmente ridotta l’area della zona della farmacia n. (omissis) con conseguente decurtazione del numero di abitanti che afferivano alla sede farmaceutica n. (omissis), già particolarmente contenuto.
Il suddetto deliberato non solo avrebbe determinato stridenti sperequazioni tra una farmacia e l’altra nell’ambito del rapporto territorio farmaceutico/abitanti, ma non avrebbe neppure affrontato l’aspetto più eclatante e antigiuridico riguardante la distanza minima di mt 200. Ed, invero, le farmacie delle zone nn. (omissis) non rispetterebbero la distanza minima di 200 metri.
Sulla scorta di tali premesse la ricorrente, con la domanda in epigrafe, chiede l’adozione delle seguenti misure di ottemperanza:
– ordinarsi l’esecuzione del decreto qui posto in esecuzione, dichiarando nulli tanto l’ordinanza sindacale del 31.1.2018 di sospensione del trasferimento della farmacia della ricorrente in via (omissis), che il verbale di contravvenzione n. 3/2018 della Polizia municipale e la delibera di Giunta comunale n. 72/2018 di revisione della vigente pianta organica delle farmacie, approvata dalla Giunta regionale il 28.9.1990 con atto n. 5027,
– nominarsi il Commissario ad acta e condannare il Comune di (omissis) al pagamento delle cd. penalità di mora;
– in subordine, la conversione dell’azione ex art. 32 comma 2, primo periodo c.p.a. per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione.
4.2. Resistono in giudizio il Comune di (omissis) e altri, che hanno concluso per l’inammissibilità e/o l’infondatezza del ricorso, evidenziando, peraltro, in apice, come la ricorrente abbia mutato l’oggetto della sua istanza, cambiando l’ubicazione dei locali ed attuando, di fatto, senza alcuna autorizzazione, il trasferimento della farmacia presso una sede diversa da quella apprezzata nella decisione qui posta in esecuzione, di talchè l’azione per ottemperanza non sarebbe proponibile né sarebbe consentita la conversione del rito, operante solo nello stesso grado di giudizio.
4.3. A tali rilievi replica la ricorrente all’uopo evidenziando che questo Consiglio di Stato, con il decreto posto in esecuzione, ha ritenuto legittimo il trasferimento di tale farmacia purché avvenga in una qualsiasi area territoriale dell’ambito di (omissis), così come descritta, con le relative strade, inclusa la via (omissis) come si evince nel certificato del 16.7.2017 dell’ufficio anagrafe dello stesso Comune.
All’udienza del 18.10.2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto, con le precisazioni di seguito esposte quanto alla possibile conversione della domanda.
5.1. Com’è noto, tenuto conto della natura sostanzialmente giurisdizionale dell’atto che decide il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, deve ritenersi ammissibile, ai fini della sua esecuzione, il ricorso per ottemperanza innanzi al Consiglio di Stato (cfr. Adunanza Plenaria Cons. Stato, 6 maggio 2013, nn. 9 e 10) con radicamento della competenza in unico grado del Consiglio di Stato ai sensi del combinato disposto dell’art. 112, comma 2, lett. b) e 113, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2010.
5.2. Vale, altresì, soggiungere, sempre in via preliminare, come non abbia pregio l’eccezione di inammissibilità sollevata dalle parti appellate e fondata sul fatto che le ragioni di doglianza introdotte con il mezzo in epigrafe afferiscono alla legittimità della nuova valutazione e, come tali, avrebbero dovuto essere proposte nella ordinaria sede di legittimità, dinanzi al TAR territorialmente competente, e non già dinanzi al giudice dell’ottemperanza, dovendosi peraltro escludere la praticabilità dell’opzione subordinata di una conversione dell’azione ex articolo 32 del c.p.a. con trasmissione degli atti al giudice competente.
Sul punto, deve di contro rilevarsi che il rimedio dell’ottemperanza involge, oltre che i casi di pura inerzia dell’Amministrazione, che lascia del tutto inattuati i “dicta” del giudice, anche i casi di violazione o elusione del giudicato per effetto di un rinnovato esercizio del potere ove confluito in atti che si pongono frontalmente in contrasto con il contenuto precettivo di un decisum oramai incontrovertibile ovvero che, pur apparentemente con esso compatibili, ne mortificano il principio informatore.
Tanto premesso, e fermo restando che il ricorrente ha dedotto la nullità degli atti qui gravati per violazione e/o elusione del giudicato formatosi sul decreto decisorio del ricorso straordinario in esecuzione, deve ritenersi che le eccezioni sollevate dalle parti intimate introducano, piuttosto, una questione di merito attinente cioè alla fondatezza o meno del gravame, con la conseguenza che l’eventuale inconfigurabilità dell’ipotizzato contrasto con il pregresso giudicato comporterà la reiezione del ricorso siccome infondato.
Peraltro, vale per completezza soggiungere, che, in aderenza ad un autorevole orientamento di questo Consiglio, in siffatte evenienze e sussistendone le condizioni prescritte dalla giurisprudenza di seguito richiamata, è ben possibile accedere, come peraltro lo stesso ricorrente chiede in via subordinata, ad una conversione, in tutto o in parte, dell’azione ai sensi dell’articolo 32 del c.p.a. con conseguente trasmissione degli atti al giudice della cognizione cui resta riservata la competenza dello scrutinio dei motivi di censura che involgono (non già la nullità per violazione o elusione del giudicato ma) la legittimità dell’atto impugnato.
Segnatamente, è stato affermato che “al fine di consentire l’unitarietà di trattazione di tutte le censure svolte dall’interessato a fronte della riedizione del potere, conseguente ad un giudicato, le doglianze relative devono essere dedotte davanti al giudice dell’ottemperanza, sia in quanto questi è il giudice naturale dell’esecuzione della sentenza, sia in quanto egli è il giudice competente per l’esame della forma di più grave patologia dell’atto, quale è la nullità . Questi, in presenza di una tale opzione processuale, è chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa che non impinge nel giudicato, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori; nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall’amministrazione costituisce violazione ovvero elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità, a tale dichiarazione non potrà che seguire l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda. Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità il giudice disporrà la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione. Tale conclusione trova fondamento nell’art. 32, comma 2, primo periodo, c. proc. amm., in base al quale “il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali”, e la conversione dell’azione è ben possibile – ai sensi del secondo periodo del medesimo comma – “sussistendone i presupposti”. Ciò peraltro presuppone che tale azione sia proposta non già entro il termine proprio dell'”actio iudicati” (dieci anni, ex art. 114, comma 1, cui rinvia l’art. 31, comma 4, c. proc. amm.), bensì entro il termine di decadenza previsto dall’art. 41 c. proc. amm.: il rispetto del termine decadenziale per la corretta instaurazione del contraddittorio è reso necessario, oltre che dalla disciplina del giudizio impugnatorio, anche dall’espresso richiamo alla necessità di sussistenza dei “presupposti” (tra i quali occorre certamente comprendere il rispetto del termine decadenziale), effettuato dall’art. 32, comma 2, c. proc. amm. La conversione dell’azione può essere disposta dal giudice dell’ottemperanza e non viceversa, perché solo questo giudice, per effetto degli art. 21 septies, l. 7 agosto 1990, n. 241 e 114, comma 4, lett. b), c. proc. amm., è competente, in relazione ai provvedimenti emanati dall’amministrazione per l’adeguamento dell’attività amministrativa a seguito di sentenza passata in giudicato, per l’accertamento della nullità di detti atti per violazione o elusione del giudicato, e dunque della più grave delle patologie delle quali gli atti suddetti possono essere affetti” (cfr. Consiglio di Stato, ad. plen., 15 gennaio 2013, n. 2).
Si è, dunque, evidenziato che, come è ammissibile la contemporanea proposizione nei confronti del medesimo provvedimento dell’azione di ottemperanza per violazione o elusione del giudicato, in unico grado davanti al Consiglio di Stato, e di impugnazione ordinaria davanti al TAR competente secondo le regole ordinarie (cfr. Sez. IV, 7 aprile 2014, n. 1625), così è del pari consentito devolvere nella medesima impugnativa un’azione di ottemperanza ed una di legittimità . In questa seconda ipotesi il giudice adito è chiamato innanzitutto a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa che non impinge nel giudicato, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori, ed in particolare disponendo, in caso di rigetto della domanda di nullità, la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione (in questo senso, da ultimo: Sez. VI, 14 agosto 2015, n. 3939).
Questo Consiglio ha, altresì, precisato che la conversione del rito prevista dal citato art. 32 presuppone evidentemente che il giudice adito sia competente su entrambe (cfr. in questo senso Sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 356 e 7 aprile 2014, n. 1625).
Essa si sostanzia infatti nella cancellazione del ricorso per ottemperanza dal ruolo degli affari in camera di consiglio e nella contestuale fissazione dell’udienza pubblica per giudizio di merito della domanda di impugnazione, al fine di osservare le forme tassativamente previste dall’art. 87 cod. proc. amm. per le diverse tipologie di azioni esperibili davanti al giudice amministrativo.
In mancanza del suddetto presupposto, ove cioè sussista la competenza del TAR, in applicazione analogica delle norme sul rilievo dell’incompetenza contenute nell’art. 15 del codice del processo, sulla base della eadem ratio consistente nel fatto che questo Consiglio di Stato è stato adito in unico grado ai fini dell’azione di ottemperanza svolta in via principale, oltre che ai fini della salvezza degli effetti sostanziali della domanda e di tutela del diritto d’azione ex art. 24 Cost., la “conversione dell’azione” non può che tradursi nella dichiarazione di incompetenza, nell’indicazione del TAR individuato come giudice competente sulla stessa ai sensi del comma 4 della disposizione da ultimo richiamata, e nel richiamo al termine fissato dalla stessa per la riassunzione della causa davanti a quest’ultimo giudice (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 01/10/2015, n. 4604).
6. Tanto premesso, e venendo alla disamina della res iudicanda, ritiene il Collegio che gli atti gravati non si pongano in rapporto di distonia con il decreto qui posto in esecuzione sì da ritenerne predicabile la nullità .
A tal riguardo occorre rammentare che con il divisato decisum l’organo di prime cure ha annullato il diniego di trasferimento della farmacia presso il nuovo sito ubicato all’angolo tra via (omissis) e via (omissis) sulla premessa che l’ambito di riferimento, individuato nella zona di (omissis), dovesse necessariamente estendere i suoi confini inferiori fino alla via di (omissis).
6.1. In tal modo, la richiamata statuizione ha effettuato una ricognizione con carattere di cogenza della perimetrazione della detta zona e di quelle confinanti alla stregua delle stesse coordinate mutuabili dalla deliberazione della Giunta regionale n. 5027 del 28/09/1990, interpretata alla stregua del diffuso principio giurisprudenziale che esclude in subiecta materia zone bianche.
Di contro, avuto riguardo alla trama argomentativa su cui riposa, vanno esclusi dall’effetto rescissorio del suindicato decreto vincoli conformativi idonei a condizionare, nei contenuti ovvero nelle finalità, l’esercizio pianificatorio del Comune resistente.
6.2. Orbene, prendendo abbrivio da tale premessa deve, anzitutto, rilevarsi come, alla stregua delle sopravvenienze su cui ci si soffermerà in prosieguo, il decreto del Capo dello Stato qui posto in esecuzione non abbia conservato margini di concreta esecuzione dal momento che il bene della vita (id est trasferimento della farmacia all’angolo tra via (omissis) e via (omissis)) solo nominalmente conseguito all’esito del relativo contenzioso non è più attuabile avendo il ricorrente individuato un’ulteriore e distinta sede rispetto a quella fatta oggetto di accertamento, facendo, dunque, venir meno l’oggetto dell’originario procedimento, al quale, dunque, se ne è sovrapposto uno del tutto nuovo, mai dedotto nel precedente contenzioso.
6.3. Né è possibile ritenere che il decreto decisorio abbia sancito un diritto intangibile del ricorrente a trasferirsi a proprio piacimento, e cioè anche prescindendo dal prescritto vaglio delle autorità preposte, all’interno del perimetro della zona (omissis) come perimetrata in prime cure, atteso che tale facoltà, pur ampiamente garantita dall’ordinamento, necessita pur sempre del formale riconoscimento consacrato nel relativo provvedimento di autorizzazione che, evidentemente, verrà rilasciata per specifici e compiutamente individuati locali.
La Sezione ha, più volte, chiarito che:
– lo scopo della perimetrazione della zona è quello di delimitare la libertà di scelta del farmacista, nel senso che questi è, in linea di massima e salvo eccezioni, libero di scegliere l’ubicazione del proprio esercizio, purché rimanga all’interno di quel perimetro;
– a fronte di tale libertà di scelta, i titolari delle zone contigue non hanno tutela, ferma la distanza minima obbligatoria di duecento metri tra esercizi concorrenti (cfr. Cons. Stato, III, n. 5357/2013 e n. 3681/2014);
– laddove sussistano le condizioni previste dalla normativa vigente in particolare per quanto riguarda l’idoneità dei locali ed il limite delle distanze, il procedimento di autorizzazione al trasferimento è orientato in un senso sostanzialmente vincolato (Cons. Stato, sez. III, n. 24/2015);
– l’eventuale diniego dell’autorizzazione può essere motivato dalla scarsa funzionalità della ubicazione prescelta – ad esempio perché eccentrica e marginale rispetto alla zona di competenza, e quindi non rispondente alle esigenze della relativa popolazione (Cons. Stato, sez. III, n. 6810/2011, n. 1858/2013 e n. 4588/2012).
La Sezione ha ulteriormente precisato che la libertà di trasferimento del farmacista all’interno della zona di competenza non è incondizionata.
Il trasferimento è soggetto ad autorizzazione dell’autorità competente, la quale deve verificare, fra l’altro, che il locale indicato per il trasferimento della farmacia sia, peraltro, situato in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 19/06/2018 n. 3744; 18 gennaio 2018, n. 327; 13 aprile 2013, n. 2019).
Quale diretto corollario dei principi suesposti deve, dunque, concludersi nel senso che il riconoscimento contenuto nel decreto qui azionato della facoltà di trasferimento nel nuovo sito ubicato all’angolo tra via (omissis) e via (omissis) non può significare, con la pretesa automaticità, anche riconoscimento alla via (omissis).
6.4. Occorre, poi, soggiungere che la statuizione contenuta nel richiamato decreto era inscindibilmente ancorata alla premessa da cui traeva diretto alimento, e cioè la perdurante validità della delibera di pianta organica approvata con deliberazione della Giunta regionale n. 5027 del 28/09/1990, della quale, come sopra già anticipato, integrava, per la zona di (omissis), la perimetrazione dei confini a sud siccome solo genericamente enunciati.
La suddetta pianta organica, viceversa, evidenziava in dettaglio i confini delle sedi farmaceutiche n. (omissis), individuando come limite a nord delle predette zone la via di (omissis), di talchè, onde scongiurare il rischio di spazi vuoti, l’organo di prime cure riteneva che i confini della zona (omissis) dovessero essere individuati nella suddetta via di (omissis).
La suddetta decisione, per i profili qui in rilievo, esplica, dunque, una valenza ricognitiva dell’esistente e, dunque, salvo che per la preclusione a creare zone bianche, non interferisce con le valutazioni che presiedono alla formazione della pianta organica e alla definizione degli ambiti delle singole zone in cui essa si articola, collocandosi tale aspetto al di fuori del nucleo imperativo della suddetta statuizione.
6.5. Orbene, in mancanza di ulteriori vincoli riferiti anche indirettamente al potere di pianificazione, ritiene il Collegio che le successive determinazioni del Comune di (omissis) di revisione delle zone comunali, pur occasionate dalla richiamata decisione, non possono dirsi conformate, quanto al relativo contenuto, dal pregresso giudicato siccome non esteso anche ai profili qui in rilievo, di talchè, per tali distinti aspetti, la relativa regula iuris non può che essere essere mutuata dal quadro normativo vigente.
In altri termini, l’opzione del Comune resistente di rivedere, dettagliandoli, i confini delle zone in cui è articolato il territorio comunale non incontra alcuna preclusione nel contenuto precettivo della precedente decisione vieppiù se, com’è nel caso di specie, tale decisione non è limitata solo alla zona 5 ma involge l’intero territorio e, dunque, tutte le zone in cui il suddetto territorio è suddiviso, salvaguardando, peraltro, (circostanza comunque non dirimente) finanche il confine di via dromo sud.
A tal riguardo, in mancanza di vincoli rinvenienti dal precedente giudicato, si riespande l’ampia discrezionalità di cui l’Amministrazione gode in subiecta materia.
L’articolo 2 della legge 475 del 1968, all’articolo 2, si limita, invero, a prevedere che il comune, sentiti l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un’equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate (comma 1). Il numero di farmacie spettanti a ciascun comune è sottoposto a revisione entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base alle rilevazioni della popolazione residente nel comune, pubblicate dall’Istituto nazionale di statistica (comma 2).
Segnatamente, la scelta del legislatore statale di attribuire ai Comuni il compito di individuare le zone in cui collocare le farmacie risponde all’esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio corrispondente agli effettivi bisogni della collettività alla quale concorrono plurimi fattori diversi dal numero dei residenti, quali in primo luogo l’individuazione delle maggiori necessità di fruizione del servizio che si avvertono nelle diverse zone del territorio, le correlate valutazioni di situazioni ambientali, topografiche e di viabilità, le distanze tra le diverse farmacie.
7. Com’è noto, i vizi di violazione e di elusione del giudicato non sono configurabili quando la pronuncia del giudice comporti ‘margini liberi di discrezionalità ‘, in relazione ai quali l’amministrazione può imporre nuovamente l’assetto di interessi che più ritiene congruo per l’interesse pubblico affidato alle sue cure, salvo il rispetto delle statuizioni di natura conformativa derivanti dall’impianto motivazionale del giudicato, al di fuori delle quali una situazione di inottemperanza non è neppure configurabile (cfr. CdS sentenze 3 giugno 2015, n. 2732, 13 maggio 2014, n. 2449).
In altri termini, deve escludersi che qualunque ulteriore esercizio del potere amministrativo, che sia collegato in qualunque modo ad una precedente pronuncia giurisdizionale, sia sempre e comunque sottoponibile al sindacato di merito del giudice dell’ottemperanza (in questo senso, da ultimo, Sez. IV, 20 marzo 2015, n. 1511, 19 gennaio 2012, n. 229, 31 dicembre 2009, n. 9296; Sez. V, 20 aprile 2012, n. 2348; Sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 899).
A fronte di quanto fin qui evidenziato deve, dunque, ritenersi che le pretese attoree si collochino all’esterno dei limiti ontologici propri del giudizio di ottemperanza.
7.1. Conclusivamente, il ricorso, non ravvisandosi profili di nullità o elusione del giudicato, va respinto, imponendosi, per il resto, in ossequio ai principi citati in premessa, convertirsi l’azione qui proposta in azione di annullamento con conseguente declaratoria di incompetenza in favore del TAR Calabria, Sezione di Reggio Calabria, presso il quale l’azione di impugnazione potrà essere riassunta nelle forme e nel termine previsti dall’art. 15, comma 4, cod. proc. amm.
Va, infine, dichiarato il difetto di giurisdizione rispetto al verbale di contravvenzione n. 3/2018 elevato dai VVU per mancata ottemperanza all’ordinanza sindacale contingibile ed urgente del 31.1.2018 di sospensione del trasferimento della farmacia della ricorrente in via (omissis).
Ed, invero, è di tutta evidenza che la posizione giuridica di chi deduca di essere stato sottoposto a sanzione pecuniaria in casi e modi non stabiliti dalla legge ha consistenza di diritto soggettivo e, pertanto, la cognizione della relativa controversia va riservata al giudice ordinario dinanzi al quale la controversia andrà riassunta nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, ex art. 11 c.p.a..
Di ciò il Collegio ha informato le parti nel corso dell’udienza di discussione ai sensi dell’articolo 73 del c.p.a.
Quanto al governo delle spese di giudizio, la novità e l’obiettiva controvertibilità della questioni affrontate ne giustificano la compensazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, in parte dichiara l’incompetenza di questo Consiglio di Stato, indicando come giudice competente il TAR per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria, presso il quale l’azione di impugnazione potrà essere riassunta nelle forme e nel termine previsti dall’art. 15, comma 4, cod. proc. Amm ed, in parte, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere, Estensore