Trasferimento di beni immobili e l’atto scritto richiesto ad substantiam

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 18 aprile 2019, n. 10846.

La massima estrapolata:

Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, ad integrare l’atto scritto richiesto ad substantiam, non è sufficiente un qualsiasi documento, ma occorre che questo contenga la manifestazione di volontà di concludere il contratto e sia posto in essere dalle parti al fine specifico di esprimere tale volontà. Ne consegue che non vale ad integrare la necessaria forma scritta una dichiarazione di quietanza, la quale dà la prova dell’avvenuto pagamento, ma non pone in essere il contratto, presupponendone, invece, l’esistenza.

Ordinanza 18 aprile 2019, n. 10846

Data udienza 9 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5315/2015 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), con domicilio in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), con domicilio in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza non definitiva n. 563/2012 e della sentenza definitiva n. 959/2014 della Corte di appello di Genova, depositate rispettivamente in data 1l9.5.2012 e 12.7.2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.1.2019 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), hanno convenuto in giudizio (OMISSIS), chiedendo la condanna al rilascio del loro immobile sito in (OMISSIS), e per ottenere il risarcimento del danno da occupazione abusiva a far data dal 26.4.2002.
(OMISSIS) ha dedotto di aver acquistato l’immobile dalla precedente titolare e di aver versato il prezzo; ha spiegato riconvenzionale per far accertare la validita’ dell’acquisto e l’inadempimento delle attrici alla stipula del rogito notarile necessario alla trascrizione dell’atto; in via subordinata ha chiesto la condanna delle controparti alla restituzione di Euro 12.911,00, pari al prezzo versato, maggiorato dagli interessi.
Il Tribunale di Genova ha respinto la domanda principale ed in accoglimento della riconvenzionale, ha dichiarato il (OMISSIS) proprietario dell’immobile, ma la sentenza e’ stata riformata dalla Corte di appello di Genova che, con sentenza non definitiva n. 563/2012, ha ritenuto che i documenti prodotti dal (OMISSIS) per provare il perfezionamento della vendita immobiliare costituissero delle semplici dichiarazioni di versamento del prezzo, inidonee a produrre effetti traslativi.
Con successiva sentenza n. 959/2014, il giudice distrettuale ha liquidato il danno da occupazione sine titulo in Euro 2795,65 oltre accessori in favore di (OMISSIS) e ha ordinato la restituzione di Euro 4406,00 oltre accessori, regolando le spese.
Per la cassazione di entrambe le sentenze di appello, (OMISSIS) ha proposto ricorso in due motivi.
(OMISSIS) ha depositato controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo deduce la violazione degli articoli 1362 e ss., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte distrettuale abbia erroneamente escluso che i documenti prodotti a sostegno della domanda riconvenzionale spiegata in primo grado dimostrassero il perfezionamento delle vendita nel rispetto del requisito della forma scritta, sebbene contenessero l’indicazione dell’importo versato, la causale del pagamento, i soggetti contraenti e recassero le firme delle parti, trascurando che la forma deve ritenersi osservata non solo se la volonta’ negoziale sia contenuta in un documento unico, ma anche quando gli elementi essenziali del contratto risultino da una pluralita’ di documenti, pur se sottoscritti in tempi diversi.
La Corte di merito avrebbe dovuto sondare la reale volonta’ delle parti evincibile dagli atti e tener conto anche del loro comportamento complessivo, considerando che il ricorrente era stato immesso nel possesso del bene e lo aveva posseduto per un lungo tempo.
Il motivo non puo’ ricevere accoglimento.
La Corte distrettuale, senza affatto escludere che il contratto di vendita immobiliare possa perfezionarsi pur in assenza di dichiarazioni contestuali, purche’ redatte in forma scritta, ha nello specifico apprezzato il contenuto dei sette documenti prodotti in giudizio e, pur rilevando che essi menzionavano l’immobile controverso, l’importo rateizzato del prezzo complessivo e la causale “per acquisto”, ha ritenuto che costituissero mere attestazioni di versamento riferibili ad un accordo precedente non formalizzato per iscritto e quindi nullo.
Ha rilevato che detta documentazione non conteneva alcun elemento che provasse la volonta’ dell’alienante di vendere l’immobile e quello dell’acquirente di accettare l’acquisto e che, in particolare, l’atto del 24.11.1999 comprovava il pagamento di un acconto di Lire 2.000.000 sul maggior importo di Lire 5.000.000, richiamando un contratto preesistente di cui erano rimasti ignoti la natura giuridica ed il contenuto.
Ha concluso, percio’, che i documenti erano attinenti alla mera esecuzione di un contratto invalido per carenza della forma ad substantiam e cio’ anche a considerare il valore ricognitivo delle dichiarazioni ivi contenute.
Non si ravvisa, quindi, alcuna violazione dei canoni di interpretazione negoziale, poiche’ la sentenza impugnata, proprio procedendo dall’esame letterale delle scritture e dal loro contenuto complessivo, ne ha accertato il valore di quietanze (desumibile dalle formule impiegate: ricevo in acconto; ricevuto dal (OMISSIS) l’importo, ricevo a saldo), osservando che non era rinvenibile alcuna manifestazione di volonta’ direttamente volta allo scambio di proposta ed accettazione e che le scritture richiamavano implicitamente un accordo preesistente non perfezionato per iscritto. Non poteva rilevare sul piano interpretativo che il Benevento fosse stato immesso nel possesso, poiche’ tale condotta era compatibile anche con la stipula di una vendita nulla, la cui esecuzione era, inoltre, inidonea a convalidare il negozio.
La pronuncia e’, per altro verso, conforme all’orientamento di questa Corte secondo cui nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, ad integrare l’atto scritto, richiesto “ad substantiam”, non e’ sufficiente un qualsiasi documento, ma occorre che lo scritto contenga la manifestazione di volonta’ di concludere il contratto e sia posto in essere dalle parti al fine specifico di manifestare tale intento negoziale.
Non vale ad integrare la necessaria forma scritta una dichiarazione di quietanza, la quale da’ la prova dell’avvenuto pagamento e presuppone la conclusione del contratto senza porre in essere il contratto stesso (Cass. 5158/2012; Cass. 12673/1997: Cass. 10649/1994).
Per altro verso, il giudizio espresso dal giudice di merito secondo cui un dato documento non contenga gli estremi costitutivi del contratto di vendita involge un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimita’, salvo che per vizi di motivazione (Cass. 1356/1966).
2. Il secondo motivo censura l’omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 lamentando che la sentenza impugnata, pur avendo dato atto che i documenti prodotti dal ricorrente contenevano tutti gli elementi essenziali del contratto, abbia, in modo palesemente contraddittorio, ritenuto che costituissero mere quietanze, senza peraltro apprezzare il fatto che la volonta’ negoziale delle parti era desumibile dal loro comportamento successivo e dall’avvenuta immissione in possesso del ricorrente.
Il motivo e’ inammissibile.
Occorre premettere che, sebbene la sentenza non definitiva n. 563/2012 sia stata depositata in data 19.5.2012, essa e’ stata impugnata in cassazione unitamente alla sentenza definitiva depositata dopo l’11.9.2012, per cui entrambe le decisioni ricadono nella nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come risultante dalle modifiche introdotte dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 convertito con L. n. 134 del 2012, dovendosi ritenere che anche la prima pronuncia sia stata depositata nella data di quella definitiva, essendo parte inscindibile della statuizione relativa all’intera controversia (Cass. 20958/2018; Cass. 23363/2012).
La norma, nella nuova formulazione, contempla un vizio della decisione, diverso e autonomo da quelli afferenti alla motivazione, consistente nell’omesso esame di un dato accadimento oggettivo, risultante dagli atti processuali o dalla sentenza ed avente carattere decisivo.
Inoltre, proprio per effetto della portata sistematica delle novita’ introdotte, il controllo sulla motivazione, esperibile ove sia censurata la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4 risulta circoscritto nei limiti di garanzia del minimo costituzionale ai sensi dell’articolo 111 Cost.e comunque nei casi tipizzati dalla giurisprudenza di questa Corte, che non includono anche la contraddittorieta’ ed insufficienza della motivazione stessa (Cass. 23940/2017; Cass. 21257/2014; Cass. 13928/2015; Cass. s.u. 8053/2014).
Per completezza va osservato che, nello specifico, non e’ ravvisabile alcuna insuperabile contraddittorieta’ nell’affermazione della Corte di merito secondo cui la documentazione, pur contenendo i termini dell’accordo, comprovasse esclusivamente l’effettuazione di pagamenti rateali senza esprimere direttamente la volonta’ negoziale delle parti, poiche’ l’indicazione dei termini dell’accordo ben potevano essere riprodotti nelle ricevute di pagamento, senza mutarne la natura giuridica, restando irrilevante, per quanto detto, che, in assenza della necessaria forma scritta, il contratto, benche’ nullo, avesse avuto esecuzione.
Il ricorso e’ respinto con aggravio di spese secondo soccombenza. Sussistono le condizioni per dare atto che il ricorrente e’ tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 2000,00 per compenso, ed Euro 200,00 per esborsi, per il presente giudizio di legittimita’, nonche’ ad Euro 1500,00 per il procedimento ex articolo 367 c.p.c., oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali in misura del 15%.
Si da’ atto che il ricorrente e’ tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

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