Traffico di influenze illecite

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|9 novembre 2021| n. 40518.

In tema di traffico di influenze illecite, il reato non è integrato per effetto della mera intermediazione posta in essere mediante lo sfruttamento di relazioni con il pubblico agente, occorrendo che la mediazione possa qualificarsi come “illecita”, tale dovendosi ritenere l’intervento finalizzato alla commissione di un “fatto di reato” idoneo a produrre vantaggi per il privato committente. (In motivazione, la Corte ha precisato che quando l’autore è un pubblico ufficiale, il carattere illecito della mediazione è insito nella stessa “vendita” della funzione per influenzare altri pubblici agenti, rappresentando un atto contrario ai doveri d’ufficio).

Sentenza|9 novembre 2021| n. 40518. Traffico di influenze illecite

Data udienza 8 luglio 2021

Integrale

Tag – parola: Atti contrari ai doveri di ufficio – Corruzione – Assoluzione – Prescrizione per il traffico di influenze illecite – “Mondo di mezzo”

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente
Dott. CALVANESE Ersilia – rel. Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/10/2020 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. LORI Perla, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso per il capo 1) e la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso per il capo 2; nonche’ l’annullamento con rinvio o senza rinvio delle statuizioni relative alle pene accessorie;
udite le parti civili, per Roma Capitale, l’avv. (OMISSIS), per (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) Onlus, quale sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS), l’avv. (OMISSIS), che si sono riportate alle conclusioni scritte, che hanno depositato con la nota spese;
uditi i difensori, avv. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma del 25 febbraio 2019 che aveva ritenuto l’imputato (OMISSIS) responsabile per i reati allo stesso ascritti ai capi 1) e 2) della rubrica, condannandolo alla pena di sei anni di reclusione, alle pene accessorie di all’articolo 32 c.p., comma 3, e articolo 32 quater c.p., alla confisca di 298.500 Euro, nonche’ al risarcimento del danno in favore delle parti civili.
Al capo 1) era stato contestato all’imputato il reato di cui agli articoli 81, 110, 318, 319 e 321 c.p., commesso dal 2009 al 2013, in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – nei cui confronti si era proceduto separatamente. In particolare, (OMISSIS) e’ stato accusato di aver, quale sindaco di (OMISSIS), compiuto atti contrari ai doveri del suo ufficio, vendendo le sue funzioni in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS). Tali atti sono consistiti tra l’altro: nella indicazione di (OMISSIS) quale componente del CDA dell'(OMISSIS) s.p.a., controllata da (OMISSIS); nell’intervento per la nomina di (OMISSIS) quale Direttore generale dell'(OMISSIS) s.p.a; nel porre le strutture del suo ufficio a disposizione di (OMISSIS) e (OMISSIS); nonche’ nell’intervento per l’erogazione dal Comune di Roma di finanziamenti a (OMISSIS) s.p.a. finalizzati al pagamento di crediti a soggetti economici riconducibili a (OMISSIS) e (OMISSIS). Secondo l’imputazione, lo stesso (OMISSIS) avrebbe inoltre concorso nella vendita delle funzioni di (OMISSIS), sia formali (quale componente del CDA e AD di (OMISSIS) s.p.a. sino al 4 agosto 2011; quale consigliere del sindaco fino a giugno 2013) che di fatto (amministratore di fatto di (OMISSIS) s.p.a. fino a giugno 2013), attraverso il compimento da parte di questi di atti contrari ai doveri di ufficio in favore di (OMISSIS) (tra i quali gli accordi presi con (OMISSIS) circa il contenuto dei provvedimenti di assegnazione delle gare indette da (OMISSIS), prima della loro aggiudicazione, tra le quali quella per l’assegnazione della raccolta differenziata per il Comune di Roma n. 18/11, aggiudicata il 5 dicembre 2012; gli interventi sui competenti organi di (OMISSIS) per lo sblocco dei crediti vantati dalle imprese di (OMISSIS).
Al capo 2) era stato altresi’ contestato all’imputato il reato di cui alla L. n. 195 del 1974, articolo 7, commi 2 e 3, L. n. 659 del 1981, articolo 4, comma 1, articolo 110 c.p., perche’ in concorso tra loro, (OMISSIS), quale amministratore di fatto della cooperativa (OMISSIS), in accordo con (OMISSIS), erogava nel 2014 ad (OMISSIS), consigliere comunale presso il Comune di (OMISSIS), la somma di almeno 10.000 (OMISSIS)o, che riceveva tramite la Fondazione Nuova Italia, con bonifico senza la deliberazione dell’organo sociale competente per finanziare una cena elettorale per le elezioni Europee, mascherando la elargizione come finanziamento alla Fondazione, che per statuto, non poteva finanziare campagne elettorali.
1.1. In primo grado il Tribunale aveva ritenuto l’imputato (OMISSIS) responsabile di entrambi i reati.
1.1.1. Quanto in particolare al capo 1), il Tribunale aveva riqualificato tutti i fatti di cui al capo 1) ai sensi dell’articolo 319 c.p., quale unico reato permanente di stabile asservimento della funzione di Sindaco agli interessi privati delle cooperative facenti riferimento a (OMISSIS), anche attraverso la commissione di atti contrari ai doveri di ufficio fino affili. giugno 2013 (data di cessazione della carica di Sindaco), remunerato con erogazioni effettuate fino al 3 settembre 2014 dalle suddette cooperative.
Il primo Giudice, nel rilevare la sovrabbondanza del capo di imputazione, aveva evidenziato come la contestazione avesse in definitiva ad oggetto la vendita da parte dell’imputato, dietro il pagamento di somme di danaro, della propria funzione di Sindaco del Comune di (OMISSIS), assunta il 29 aprile 2008 e svolta fino al 12 giugno 2013, attraverso il compimento di una serie di atti contrari ai propri doveri, nonche’ di quella svolta da (OMISSIS), in seno ad (OMISSIS) s.p.a., dapprima nelle qualita’ formali da questi rivestite fino al 4 agosto 2011 e poi di amministratore di fatto della predetta societa’, attraverso il compimento di specifici atti contrari, previo concerto tra loro e in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il Tribunale aveva inoltre precisato che (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati condannati per lo stesso titolo di reato con sentenza non ancora irrevocabile, emessa dalla Corte di appello di (OMISSIS) dell’11 settembre 2018, che aveva invece assolto (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre per i restanti imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) si era proceduto separatamente.
Il Tribunale aveva escluso con riferimento alle nomine di (OMISSIS) e (OMISSIS) che per tali atti di alta amministrazione fosse stata raggiunta la prova di una consapevole partecipazione dell’imputato ad un sistema di nomine fortemente condizionate dagli interessi criminali di (OMISSIS) e (OMISSIS).
Cosi’ delimitata la condotta, il Tribunale aveva ritenuto che i fatti per i quali era stata accertata la responsabilita’ dell’imputato avevano ad oggetto le vicende illecite relative alla gara n. 18/11 indetta da (OMISSIS) s.p.a. e al pagamento dei crediti vantati dalle cooperative riconducibili a (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.p.a.
Fatti che, secondo il Tribunale, dovevano qualificarsi nello schema del reato di corruzione propria, avendo comportato il compimento di plurimi atti contrari ai doveri di pubblici ufficiali coinvolti non identificati con il concorso del Sindaco (OMISSIS), che si era adoperato personalmente perche’ fossero assicurati gli interessi delle cooperative di (OMISSIS), favorendole attraverso l’aggiudicazione della gara di rilevantissimo importo e il pagamento preferenziale dei crediti vantati nei confronti delle suddette societa’.
Il concorso del sindaco si era realizzato attraverso la delega di poteri di fatto conferita a (OMISSIS) che, grazie al controllo della societa’ (OMISSIS), aveva potuto condizionare l’esito della gara in favore di (OMISSIS) e nel consentire, anche adoperandosi in prima persona, il piu’ sollecito pagamento dei crediti delle cooperative (per (OMISSIS) s.p.a. anche favorendo lo sblocco dei pagamenti da parte del Comune in favore di detta societa’ al solo scopo di finanziarla perche’ provvedesse a pagare (OMISSIS)) in cambio di lauti compensi versati, in parte, nelle casse della Fondazione (OMISSIS) e, in parte, in contanti nelle mani di (OMISSIS).
Cosi’ facendo, l’imputato era venuto meno ai doveri propri della carica di sindaco acconsentendo a che un soggetto ( (OMISSIS)), privo di cariche formali, potesse gestire una delle principali aziende del Comune di (OMISSIS), assecondandone un utilizzo strumentale per finalita’ di arricchimento personale, concorrendo nel compimento degli atti contrari ai doveri di ufficio posti in essere di volta in volta dai funzionari competenti, ancorche’ non identificati.
La partecipazione del sindaco (OMISSIS) al reato di corruzione veniva a configurarsi, secondo il Tribunale, come quella di concorrente “intraneo”, essendo oggetto del mercimonio proprio l’esercizio dei suoi poteri pubblici attraverso i quali era stato consentito all’imprenditore (OMISSIS) di aggiudicarsi la gara e di riscuotere ingenti crediti verso (OMISSIS) e (OMISSIS), grazie all’intervento diretto e personale del sindaco.
Tale intervento si sarebbe espletato attraverso l’influenza esercitata in seno al Comune nella veste non di carica politica, ma di pubblico ufficiale, che allo stesso competeva nel compimento degli atti correlati al potere di nomina e revoca degli amministratori delle societa’ controllate dal Comune di (OMISSIS), come (OMISSIS), e nella condivisione del potere di fatto che, grazie al suo beneplacito, (OMISSIS) era stato in grado di esercitare in (OMISSIS), nonche’ nell’ambito dell’organizzazione del Comune sotto il profilo dell’ingerenza esercitata sui funzionari degli uffici competenti ad autorizzare lo sblocco dei pagamenti.
Il Tribunale aveva ritenuto provato sulla base delle emergenze processuali che l’accordo corruttivo raggiunto dall’imputato con (OMISSIS), con il concorso di (OMISSIS), avesse contemplato dazioni di danaro effettuate anche mediante versamenti sui conti correnti della Fondazione (OMISSIS) e della Fondazione per la (OMISSIS). In particolare, il Tribunale aveva accertato che la Fondazione (OMISSIS) fosse per l’imputato il “portamonete” necessario per finanziare la propria attivita’ politica, nonche’ un “salvagente” per assicurarsi un sostentamento economico personale, una volta terminata la carica di sindaco.
1.2. In sede di appello, la Corte territoriale, nel confermare il giudizio di condanna effettuato dal primo giudice per entrambi i reati, si e’ confrontata con la sentenza della Corte di cassazione n. 18125 del 2020, nel frattempo intervenuta per le posizioni degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), concorrenti nel medesimo reato sub 1) (in tale processo identificato come “capo 11 del primo decreto”).
All’esito del giudizio di cassazione era stata confermata la condanna di costoro per tale capo, previa riqualificazione dei fatti da corruzione propria in traffico di influenze illecite di cui all’articolo 346 bis c.p..
Secondo la Corte di appello, tale pronuncia aveva determinato il definitivo accertamento dei fatti nella loro materialita’ nei confronti degli altri protagonisti delle vicende descritte al capo 1), pur limitatamente all’opera di mediazione svolta da (OMISSIS) e alle somme direttamente ricevute dallo stesso per garantire l’aggiudicazione della gara n. 18/11 e per favorire lo sblocco dei crediti vantati dal gruppo (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS). Diversamente, nel presente procedimento erano stati accertati i fatti direttamente contestati all’imputato (OMISSIS), ovvero l’aver ricevuto versamenti illeciti da (OMISSIS) quale prezzo/profitto delle condotte poste in essere come pubblico ufficiale in suo favore. In tale prospettiva, si giustificava, ad avviso dei giudici dell’appello, la riqualificazione nell’altro procedimento della condotta ai sensi dell’articolo 346 bis c.p., avendo la Suprema Corte escluso la titolarita’ in capo a (OMISSIS) di pubblici poteri, anche solo di fatto, che non veniva ad incidere quindi sulla qualificazione ai sensi dell’articolo 319 c.p., dei fatti ascritti all’imputato (OMISSIS).
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunciando, a mezzo dei difensori di fiducia, avv. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS), i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 81, 110, 318 e 319 c.p., articoli 191 e 192 c.p.p., e alla ritenuta responsabilita’ del ricorrente per il reato di corruzione propria; motivazione viziata sui punti decisivi della controversia e travisamento del risultato probatorio; violazione del divieto di doppia presunzione, circolarita’ della prova, dei principi che governano la regola della credibilita’ frazionata e del divieto di inutilizzabilita’.
2.1.1. La sentenza impugnata e’ giunta alla conferma del giudizio di responsabilita’ dell’imputato per il capo 1) attraverso una “prova di sistema generica”, ricavata dagli avvenimenti occorsi nell’ambito della amministrazione capitolina negli anni di riferimento, cosi’ da attingere dal parallelo processo principale prove inutilizzabili a carico, ritenendo tutte le condotte poste in essere da (OMISSIS) e (OMISSIS) ivi contestate riconducibili ad atti contrari ai doveri di ufficio e quindi inquadrabili nel reato di corruzione propria.
La Corte di appello, pur ammettendo che i pagamenti dei crediti vantati dal gruppo (OMISSIS) potessero iscriversi nella fattispecie di cui all’articolo 318 c.p., ha ritenuto sufficiente, per qualificare la condotta come corruzione propria, la vicenda della alterazione della gara n. 18/2011, eludendo sia le regole esegetiche della giurisprudenza di legittimita’ sulla individuazione del patto corruttivo, del suo oggetto specifico e della riferibilita’ ad un atto contrario ai doveri di ufficio, sia la riqualificazione dei fatti ai sensi dell’articolo 346 bis c.p., operata dalla Corte Suprema con la sentenza n. 18125 del 2020 per il coimputato (OMISSIS).
La sentenza impugnata, oltre ad identificare erroneamente l’atto contrario in doveri di ufficio in mere segnalazioni (per il pagamento dei crediti verso le societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS)) e a presumere un intervento non provato del ricorrente (quanto alla suddetta gara), ha omesso di confrontarsi con le prove indicate nel IV motivo di appello, in parte travisandole e in parte fornendone una diversa e immotivata lettura.
2.1.2. I rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte di appello ha ritenuto sussistente la condotta corruttiva desumendola dal rapporto di fiducia intercorrente tra (OMISSIS) e (OMISSIS), cosi’ violando i criteri di derivazione inferenziale ex articolo 192 c.p.p., e basandosi al piu’ su sospetti, nonche’ dai rapporti personali esistenti tra il primo e (OMISSIS), desumendoli anche da prove inutilizzabili, in quanto tratte dalla sentenza n. 18125 del 2021.
La condivisione della strategia criminale tra i due coimputati si presenta come mera presunzione, che muove da un fatto noto (la relazione fiduciaria tra i due) per risalire ad un fatto ignoto (l’esercizio di un potere mediato del Sindaco attraverso il suo consulente) e da questo ad un ulteriore fatto ignoto (la natura corruttiva dell’accordo tra costoro) sulla base del canone della mera evidenza.
2.1.3. La relazione con (OMISSIS) e i versamenti alla Fondazione (OMISSIS).
La Corte di appello ha fatto discendere la prova del rapporto corruttivo tra (OMISSIS) e il ricorrente dalla circostanza di natura congetturale che il primo, che aveva rapporti illeciti con (OMISSIS) dal 2009 fino alla gara n. 18/2011 – ovvero quando non era piu’ AD di (OMISSIS) – non poteva aver conservato tale potere senza il consenso e la legittimazione del Sindaco con cui aveva un rapporto fiduciario, confidenziale e professionale da molti anni.
Quanto ai pagamenti effettuati dal gruppo (OMISSIS) in favore della Fondazione per le cene elettorali, la sentenza impugnata finisce per identificare il sistema del finanziamento politico come antecedente fattuale e ancor prima logico dei fenomeni corruttivi.
La Corte di appello ha affermato senza alcun supporto probatorio che i contributi elargiti dal Gruppo (OMISSIS) non avessero altra ragione se non il conseguimento di benefici e favori di natura corruttiva, pur avendo ammesso la legittima possibilita’ che la campagna elettorale sia finanziata da soggetti privati con cene elettorali (lo stesso (OMISSIS) aveva dichiarato in udienza di aver contribuito alle campagne elettorali di vari esponenti di diverse e contrapposte aree politiche).
Inoltre, molte vicende si incrociano cronologicamente, per cui e’ esercizio congetturale abbinare i versamenti all’una o all’altra (cosi’ la vicenda dello sblocco dei crediti delle cooperative verso (OMISSIS) e la gara n. 18/11).
La sentenza illogicamente poi considera come corrispettivo corruttivo il contributo per la cena del 19 aprile 2013, ancorche’ lo stesso non sia stato versato alla Fondazione, bensi’ sul conto del mandatario elettorale, ovvero non schermandosi, cosi’ rendendo manifesto coram populo la gratitudine del corruttore per l’atto contrario ai doveri di ufficio.
La Corte di appello ha omesso di considerare le dichiarazioni rese da (OMISSIS) che avevano chiarito il senso per la delusione manifestata per la mancata conferma del ricorrente quale Sindaco (ovvero la perdita dei punti di riferimento dell’Amministrazione (OMISSIS) e non della figura fisica del sindaco) e avevano escluso che il ricorrente fosse soggetto “comprato” da costui.
2.1.4. L’identificazione tra (OMISSIS) e la Fondazione (OMISSIS).
La Corte di appello ha preteso di dimostrare, con l’ipotizzata identificazione del ricorrente con la suddetta Fondazione, che i contributi all’attivita’ dell’ente fossero in realta’ finanziamenti elettorali per il ricorrente e corrispettivi illeciti per i favori concessi nell’ambito dell’ipotizzato patto corruttivo.
E cio’ in presenza di una evidente semplificazione probatoria in violazione del divieto di doppia presunzione gia’ evidenziato e di un ragionamento circolare non consentito dall’articolo 192 c.p.p., e dalla regola del ragionevole dubbio.
La sentenza, inoltre, incorre nel vizio di omessa motivazione in relazione ai decisivi rilievi dell’atto di appello sul punto, che venivano a smentire l’assunto che l’ente si identificasse con il ricorrente.
Sono stati pretermessi gli elementi di prova dimostrativi dell’estraneita’ del ricorrente dalla gestione e contabilita’ dell’ente (come la telefonata tra il ricorrente e (OMISSIS) che rivelava la mancata conoscenza da parte del primo dei versamenti effettuati), che era invece riservata al segretario (OMISSIS).
La sentenza impugnata, per contro, ha valorizzato documentazione riferita ad un periodo successivo a quello della sindacatura, allorquando i contributi erano assai meno frequenti e nel quale il ricorrente aveva piu’ tempo a disposizione e poteva seguire personalmente la raccolta dei contributi necessari alla vita della fondazione.
2.1.5. Le singole contestazioni. La vicenda corruttiva (OMISSIS) s.p.a..
Quanto a tale vicenda, l’oggetto dell’indagine e’ stato spostato inammissibilmente, rispetto all’imputazione, dallo sblocco dei finanziamenti del Comune di (OMISSIS) verso (OMISSIS) al saldo del gruppo (OMISSIS) e la condotta del ricorrente e’ stata descritta in termini di intermediazione e, cio’ nonostante, qualificata ai sensi dell’articolo 319 c.p..
La Corte di appello ha dimostrato senza alcuna prova che la societa’ municipalizzata (OMISSIS) fosse uno strumento nelle mani del Sindaco, che era capace di condizionarne l’attivita’.
2.1.6. Violazione di legge in ordine a tutte le ipotesi contestate.
La motivazione sulla vicenda e’ affetta dal vizio di violazione di legge nella misura in cui non individua, ai fini della responsabilita’ del ricorrente per il reato di corruzione propria, alcuna connessione tra i presunti atti antidoverosi e la funzione.
La medesima condotta contestata a carico di (OMISSIS) e’ stata qualificata dalla Suprema Corte ai sensi dell’articolo 346 bis c.p., posto che non e’ stata ravvisata nella mediazione offerta da costui alcuna ipotesi corruttiva.
Non risulta provata alcuna condotta (l’accordo corruttivo) ricadente su un preciso oggetto (la funzione o lo specifico atto favorevole al privato).
Non si e’ stabilito tra quali soggetti sarebbe incorso il patto corruttivo e non sono stati individuati i funzionari competenti per i singoli atti contrari ai doveri di ufficio (gli unici individuati, (OMISSIS) e (OMISSIS), sono stati ritenuti estranei ai fatti ipotizzati) e manca la prova che sia stato eseguito da parte di funzionari comunali un ordine illegittimo emanato dal ricorrente.
La Corte di appello ha manifestato resistenza a recepire la sentenza della Suprema Corte emessa nel procedimento principale, dando luogo ad una incompatibilita’ tra i due giudizi in ordine all’elemento costitutivo del reato di corruzione (lo scambio corruttivo). L’inquadramento della vicenda nel fuoco dell’articolo 346 bis c.p. – per la clausola di sussidiarieta’ in essa contenuta veniva ad escludere l’ipotesi corruttiva o quantomeno rendeva non piu’ possibile inquadrare la condotta del ricorrente nel reato di corruzione.
Irrilevante era lo stralcio della sua posizione dal procedimento a carico dei restanti coimputati posto che nell’altro procedimento si e’ giudicata la medesima relazione trilaterale tra (OMISSIS), (OMISSIS) e il ricorrente. La Suprema Corte ha fatto riferimento alle utilita’ versate a (OMISSIS) mediante versamenti alla Fondazione o ricevuti da questi “in proprio” e quindi al preteso scambio corruttivo (sono state considerate di pertinenza di (OMISSIS) anche le dazioni veicolate per il tramite della Fondazione).
La Corte di appello ha ritenuto dirimente la assenza del ricorrente nel procedimento principale, come se dalla scelta di separazione dei procedimenti dovesse derivare una conseguenza anche sul piano della identificazione della condotta contestata.
Si era invece in presenza non di una mera riqualificazione di un medesimo fatto storico, ma dell’esplicita esclusione di un elemento costitutivo del reato di corruzione.
Ulteriore vizio e’ di aver inquadrato la mera segnalazione nell’atto contrario ai doveri di ufficio.
2.1.7. I vizi di motivazione.
Oltre che da violazioni di legge, la sentenza e’ affetta da vizi di motivazione.
Nel considerare il Comune come una sorta di proprieta’ personale del Sindaco, la sentenza non si e’ confrontata con la procedura complessa dei pagamenti di competenza degli uffici di ragioneria e contabilita’.
Sul punto era intervenuta la Suprema Corte nel procedimento principale che ha escluso che l’atto contrario potesse essere identificato nella violazione della par condicio dei creditori.
Il ricorrente si e’ limitato a mere richieste di informazioni, senza che cio’ implicasse un ordine perentorio, comunque destinato a cadere nel vuoto stante le procedure di pagamento esistenti (in tal senso, e’ la deposizione del capo della Ragioneria).
La Corte di appello e’ incorsa nel travisamento della deposizione del Presidente di (OMISSIS), (OMISSIS), che e’ riportata in calce al ricorso.
Anche per il dialogo captato tra (OMISSIS) e (OMISSIS) – prova ritenuta decisiva in ordine al preteso condizionamento del Sindaco su (OMISSIS) – la sentenza ha disatteso l’esito della istruttoria (si riporta anche in tal caso uno stralcio della deposizione di quest’ultimo): erano millanteria le rivelazioni fatte da (OMISSIS) a (OMISSIS).
La Corte di appello non ha valutato le plurime intercettazioni dalle quali emerge il disimpegno del Sindaco al tema in questione, pur dopo l’incontro tra (OMISSIS), (OMISSIS) e il ricorrente del 21 gennaio 2013.
Meramente congetturale e’ il collegamento tra i pagamenti effettuati da (OMISSIS) a febbraio 2013 e la somma di 15.000 (OMISSIS)o (erroneamente indicata come 25.000 sul punto manca la prova – e cronologicamente neppure coincidente con lo sblocco dei pagamenti). Di contro rilevava una captazione in cui risultava che al mese di giugno il gruppo (OMISSIS) ancora doveva dare a (OMISSIS) l’intera somma di 40.000 (OMISSIS)o, non diminuita dell’importo del finanziamento suddetto.
2.1.7. La gara 18/2011 e la vicenda (OMISSIS) s.p.a..
La sentenza impugnata ha attribuito rilievo a vicende (le nomine di (OMISSIS) e (OMISSIS)) che erano state definite da una pronuncia assolutoria quali atti di alta amministrazione, aggirando i confini di quel giudicato e svalutandone la portata e affidando la prova della nomina di (OMISSIS) e l’esito della gara ad una mera intuizione.
Ha ricondotto i versamenti fatti dopo l’aggiudicazione della gara alla Fondazione al ricorrente, nonostante che lo stesso non compaia in alcuna captazione e non abbia partecipato a nessuna riunione o accordo sul tema e che la richiesta dei versamenti provenisse da (OMISSIS).
E’ poi incorsa in contraddizione la’ dove ha ritenuto che i versamenti per lo sblocco dei crediti verso (OMISSIS) siano stati fatti “come al solito” da ditte di estrazione politica affine al ricorrente (dove in altre occasioni si era dimostrato il sinallagma ponendo in evidenza che i pagamenti delle utilita’ provenivano dalla cooperativa effettivamente avvantaggiata)
Anche in tal caso si registra violazione di legge e vizio di motivazione.
Manca la connessione tra i presunti atti antidoverosi (neppure individuati per la gara e identificati in generiche sollecitazioni per la vicenda (OMISSIS)) e l’esercizio della funzione. La Corte di appello ha eluso il tema e ha ancora una volta adottato un metodo di riscontro circolare basato sul versamento dell’utilita’.
Con riferimento alla gara, non e’ emersa alcuna prova dell’apporto materiale o psicologico del ricorrente tale da configurare l’ipotesi concorsuale.
(OMISSIS) ha escluso interventi del ricorrente e contatti finalizzati ad un suo coinvolgimento.
Con riferimento al versamento di 10.000 (OMISSIS)o effettuato da (OMISSIS) il 29 novembre 2012, e’ stato omesso un altro dato probatorio dimostrativo della estraneita’ del ricorrente ai fatti contestati: (OMISSIS) ha fatto dichiarazioni che trovavano riscontro nelle intercettazioni in ordine ai pagamenti effettuati a (OMISSIS) ma per i quali il ricorrente non e’ mai citato.
La Corte di appello ha travisato la tesi difensiva la’ dove ha ritenuto che il ricorrente avesse escluso di conoscere la partecipazione del gruppo (OMISSIS) ai finanziamenti delle cene allestite dalla Fondazione. Erano versamenti non anomali e comunque i dettagli erano noti a (OMISSIS) al quale era demandata la gestione amministrativa dell’ente (ne’ e’ riprova la captazione in cui il ricorrente dimostra la mancata conoscenza dei singoli versamenti anche quando provenienti da soggetti importanti). L’autonomia della gestione dei versamenti da parte di (OMISSIS) e’ dimostrata dal bonifico fatto ad altra Fondazione estranea al ricorrente e della quale il predetto era segretario.
Solo in via presuntiva si puo’ affermare che ogni versamento alla Fondazione corrispondesse ad una dazione illecita (in tal senso sono le dichiarazioni di (OMISSIS) su contributi estranei ad accordi illeciti).
La documentazione relativa al contributo richiesto a (OMISSIS) per le elezioni si riferiva ad un periodo successivo alla dismissione della carica istituzionale in vista delle elezioni Europee.
La sentenza al riguardo e’ incorsa in violazione di legge quanto alla valutazione frazionata delle dichiarazioni di (OMISSIS).
Anche con riferimento alla vicenda dello sblocco dei crediti delle cooperative nei confronti di (OMISSIS), la sentenza impugnata presenta molteplici vizi logici e giuridici: il versamento al Sindaco di utilita’ in cambio di provvedimenti favorevoli e’ mera deduzione autoreferenziale priva di appiglio probatorio.
La Corte di appello ha travisato i dati probatori che davano atto dell’indistinto intervento del ricorrente a favore di altri creditori delle aziende municipalizzate e dei dipendenti delle cooperative e della inefficacia dei solleciti, da chiunque provenienti. Non a caso la Suprema Corte ha inquadrato le medesime condotte nel reato di traffico di influenze illecite.
A riprova dell’estraneita’ del ricorrente agli accordi corruttivi, vi sono tutte quelle captazioni in cui sono emersi accordi circoscritti tra (OMISSIS) e (OMISSIS).
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 81, 110 318 e 319 c.p., articolo 191 c.p.p.; violazione del divieto di inutilizzabilita’.
La Corte di appello e’ pervenuta alla qualificazione giuridica dei fatti facendo ricorso anche alle dichiarazioni rese da (OMISSIS) nel procedimento principale, tuttavia non utilizzabili e il cui contenuto era stato comunque precisato dal medesimo all’udienza del 14 dicembre 2018 (ovvero che (OMISSIS) non era stato “comprato”).
Le condotte contestate al capo 1) sono pacificamente lecite e neppure e’ stata prospettata la vendita di funzioni di un determinato ufficio, atteso che il Sindaco non era titolare di poteri in relazione alla gara n. 18/2011 e al pagamento dei crediti vantati da (OMISSIS), ne’ era ipotizzabile un intervento diretto del Sindaco, in mancanza di un munus per l’adozione degli atti, nella mera sollecitazione compiuta per il pagamento dei crediti.
In ogni caso, andava tenuto presente quanto affermato dalla sentenza n. 18125 del 2020 della Suprema Corte in ordine alla qualificazione delle condotte relative alle vicende (OMISSIS) e (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 346 bis c.p., escludendo ogni forma di corruzione anche in termini di asservimento della funzione.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 81, 110 318 e 319 c.p. e alla ritenuta responsabilita’ per concorso nel delitto di corruzione propria.
La sentenza in ogni caso non offre alcuna prova non solo del concorso dei funzionari ma soprattutto del contributo causale e della consapevolezza del ricorrente rispetto ai patti corruttivi intercorsi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) – soltanto dimostrati in modo congetturale e aspecifico.
Va segnalato che, quanto ai concorrenti nel reato, (OMISSIS) e’ stato assolto, la posizione di (OMISSIS) e’ stata archiviata, e per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) la Suprema Corte ha qualificato i fatti ai sensi dell’articolo 346 bis c.p..
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 81, 110 318 e 319 c.p., articolo 191 c.p.p., e alla qualificazione del fatto come corruzione anziche’ ai sensi dell’articolo 346 bis c.p..
La Suprema Corte con la sentenza n. 18125 del 2020 e’ pervenuta alla derubricazione dei fatti da corruzione a traffico di influenze, condotte entrambe a concorso necessario.
Questa sentenza si e’ occupata della medesima relazione tra (OMISSIS), (OMISSIS) e il ricorrente, nella quale si ipotizzava il concorso di questi ultimi due come soggetti corrotti, e ha affermato che gli scambi (la remunerazione pagata per influenzare in favore di (OMISSIS) le decisioni dei dirigenti di (OMISSIS) e, tramite il Sindaco, di (OMISSIS)) avevano dato luogo soltanto ad un traffico di influenze, difettando l’atto contrario ai doveri di ufficio e l’effettiva corruzione dei funzionari coinvolti (il procedimento per (OMISSIS) quanto al concorso nella turbativa della gara n. 18/2011 e’ stato archiviato; quanto ai crediti vantati verso (OMISSIS) non sono stati indagati i funzionari addetti agli Uffici di ragioneria e contabilita’, ne’ il Presidente della s.p.a. ne’ altri funzionari; per la gara n. 18/2011 (OMISSIS) e’ stato assolto e il ricorrente non e’ stato indagato per la turbativa della suddetta gara).
La stessa sentenza impugnata descrive le condotte ascritte al ricorrente in termini di mera intermediazione, quali segmenti intermedi dell’attivita’ amministrativa per influenzare le decisioni dei funzionari di (OMISSIS), di (OMISSIS) e del Comune in favore di (OMISSIS) (si legge a tal riguardo che (OMISSIS) “intervenne presso” o “sollecito'”).
La circostanza che l’intervento di (OMISSIS) fu esercitato nei confronti del Sindaco di (OMISSIS) quale pubblico ufficiale non e’ decisiva posto che la Suprema Corte ha inquadrato i medesimi fatti nella fattispecie del traffico di influenze e in ogni caso era poi lo stesso ricorrente a sua volta a controfacciarsi con altro pubblico ufficiale funzionalmente competente (una sorta di mediazione di secondo grado).
Una volta cosi’ inquadrata la condotta, allora il Sindaco non sara’ punibile in quanto destinatario finale della mediazione di (OMISSIS) (in tal senso e’ la sentenza a suo carico); e comunque, anche la’ dove sia ritenuto il concorso del ricorrente nella mediazione di (OMISSIS) per influenzare in favore di (OMISSIS) le decisioni dei dirigenti di (OMISSIS) non e’ stata dimostrata la remunerazione del ricorrente o la consapevolezza da parte del ricorrente delle dazioni risultando piuttosto che (OMISSIS) e (OMISSIS) volevano nascondere l’accordo al Sindaco. Residuerebbe soltanto la responsabilita’ per il reato di cui all’articolo 346 bis c.p., per il segmento di condotta di mediazione esercitata dal ricorrente verso i pubblici ufficiali competenti, sempre che risulti adeguatamente motivata la consapevolezza di eseguire un accordo illecito tra (OMISSIS) e (OMISSIS).
2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 81, 110 318 e 319 c.p., e alla ritenuta responsabilita’ per il reato di corruzione propria anziche’ in quello di cui all’articolo 318 c.p..
La Corte di appello, pur ammettendo che le altre condotte potevano ricadere nella fattispecie di cui all’articolo 318 c.p., ha qualificato i fatti nel fuoco dell’articolo 319 c.p., per l’alterazione della gara n. 18/2011 nella quale peraltro il ricorrente non e’ intervenuto in alcun modo.
2.6. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 81 e 110 c.p., L. n. 195 del 1974, articolo 7, L. n. 659 del 1981, articolo 4, articolo 191 c.p.p., e alla ritenuta responsabilita’ per il delitto di finanziamento illecito e alla violazione del divieto di inutilizzabilita’.
2.6.1. La Corte di appello ha ravvisato il delitto in esame in relazione al versamento in danaro per la campagna elettorale delle elezioni Europee del 2014 eseguito dalla cooperativa (OMISSIS) alla Fondazione (OMISSIS), in quanto era assente la delibera dell’organo sociale competente e in ogni caso il finanziamento era stato mascherato sotto una diversa finalita’ (contributo alle finalita’ istituzionali della Fondazione) e una diversa entita’, ancorche’ eseguito da (OMISSIS).
Le argomentazioni sono fallaci: la verifica della mancanza della delibera e’ onere del finanziatore e la condotta del beneficiario potrebbe essere al piu’ colposa in contrasto con la natura dolosa del reato contestato.
L’eventuale concorso del beneficiario nel reato doloso richiedeva quindi la dimostrazione di un previo concerto dei concorrenti: nella specie e’ stata provata soltanto la mera richiesta del finanziamento che non implica che il ricorrente potesse ipotizzare ex ante il difetto di delibera ed essere consapevole della intermediazione dell’ente erogatore (in ogni caso era nota la prossimita’ della cooperativa a (OMISSIS) e quindi non poteva parlarsi di soggetto erogatore “diverso”).
Non risulta dimostrato un previo accordo tra le parti finalizzato ad occultare le forme delle elargizioni e a pianificare il ricorso a strumenti illeciti con la piena consapevolezza del soggetto politico.
Parimenti indimostrata e’ la tesi della interposizione schermante della cooperativa erogatrice: il ricorrente era a conoscenza della prossimita’ tra la cooperativa e (OMISSIS) e in modo contraddittorio si e’ affermato che questi ne fosse l’amministratore di fatto per poi identificarlo solo con la cooperativa “29 giugno”.
2.6.2. In ogni caso e’ censurabile la sentenza impugnata la’ dove esclude che il finanziamento non sia riconducibile alla delibera adottata dalla cooperativa il 24 gennaio 2014.
La Corte di appello ha fondato la prova di tale assunto su intercettazioni non utilizzabili per il reato in esame, come insegna l’arresto delle Sezioni Unite Cavallo del 2020.
A cio’ deve aggiungersi che il disallineamento cronologico non rende inesistente la suddetta delibera sociale e quindi il raggiungimento della finalita’ della normativa. Inoltre, la delibera in questione ha autorizzato un finanziamento da erogare e non ha ratificato un versamento gia’ eseguito. Il che significava che una richiesta gia’ vi era stata e non presa in considerazione della cooperativa e che non occorreva una nuova delibera per un finanziamento di pari importo gia’ deliberato e mai eseguito.
Quanto alla mancata iscrizione in bilancio la sentenza perviene a conclusioni congetturali (non vi sono state verifiche di bilancio e testimonianze a fondamento dell’assunto), come dimostra la modifica della imputazione in data 14 gennaio 2019.
2.7. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 62 bis, 132, 133, 317 bis e 32 quater c.p., articoli 125 e 546 c.p.p., e alla conferma della pena incongrua, del diniego delle circostanze attenuanti generiche e alle pene accessorie.
La motivazione sulla pena (parametrata alla gravita’ della condotta) e sul diniego delle circostanze attenuanti generiche (giustificato dalla assenza di elementi di positiva valutazione) e’ apparente, in quanto inadeguata rispetto agli elementi dedotti dalla difesa.
Quanto alle pene accessorie, andava esclusa (o contenuta in via temporanea) l’interdizione perpetua dai p.u. (gran parte dei fatti era stata compiuta in epoca in cui era applicabile il regime previgente alla L. n. 190 del 2012) e comunque contenuta la durata dell’incapacita’ a contrarre con la p.a..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei limiti di seguito indicati, risultando per il resto l’impugnazione priva di fondamento e in taluni tratti anche inammissibile.
2. Con riferimento al capo 1), deve ritenersi fondato, in via preliminare e indipendentemente da quanto si dira’ in seguito, il motivo con il quale la difesa lamenta le carenze motivazionali della sentenza impugnata con riferimento alla ritenuta responsabilita’ del ricorrente per i fatti relativi alle vicende della gara n. 18/11 indetta da (OMISSIS) s.p.a..
Nella sentenza di primo grado e in quella di appello risulta infatti del tutto vago e indimostrato quale sia stato il ruolo di (OMISSIS) nella suddetta vicenda illecita.
La sentenza di primo grado aveva ricostruito i fatti facendo leva, quanto alla posizione del ricorrente, sulla delega, rilasciata in qualita’ di Sindaco, a (OMISSIS) di poteri di fatto nella societa’ (OMISSIS) che aveva consentito a quest’ultimo, benche’ privo di cariche formali, di gestire come vero e proprio dominus una delle principali societa’ municipalizzate, assecondandone un utilizzo a fini strumentali, e cio’ anche nella gara in esame.
La sentenza di appello, a fronte delle censure difensive che avevano lamentato la mancata dimostrazione della partecipazione del ricorrente al patto illecito di (OMISSIS) e (OMISSIS) per l’alterazione della gara, si e’ limitata ad indicare quale prova a suo carico i bonifici fatti da (OMISSIS) alla Fondazione (OMISSIS) in prossimita’ della aggiudicazione della gara stessa (risalente al 5 dicembre 2012).
Tale ragionamento e’ gravemente carente e il Collegio ritiene che gli atti descritti in sentenza non siano tali da fornire, al di la’ di ogni ragionevole dubbio, la prova della partecipazione del ricorrente al reato contestato.
La Corte di appello ha infatti rinvenuto nella sola ricezione della utilita’ la funzione di “prova” della partecipazione del ricorrente all’accordo criminoso, dando per scontato quello che avrebbe dovuto essere oggetto di una specifica dimostrazione sulla base del consolidato principio secondo cui, ai fini dell’accertamento del delitto di corruzione propria, nell’ipotesi in cui la dazione di denaro o di altra utilita’ in favore del pubblico ufficiale risulti provata, e’ necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio e’ stato la causa della prestazione dell’utilita’ e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la mera circostanza dell’avvenuta prestazione della utilita’ (ex plurimis, Sez. 6, n. 5017 del 07/11/2011, dep. 2012, Rv. 251867).
In altri termini, doveva essere dimostrato che l’unica condotta in definitiva ascrivibile al ricorrente nella vicenda in esame (la delega di poteri di fatto a (OMISSIS) in (OMISSIS)) fosse stata non solo strettamente correlata all’alterazione della gara n. 18/11 in favore di (OMISSIS), ma anche retribuita con la dazione di danaro.
Tali elementi non sono in alcun modo esplicitati nel percorso motivazionale dell’impugnata sentenza, che ha ricollegato in termini del tutto generici il comportamento tenuto dal ricorrente (la delega di poteri a (OMISSIS)) tanto alla alterazione della gara quanto alle somme ricevute attraverso la Fondazione.
Poiche’ non si prospetta alcuna ulteriore possibilita’ di esito di condanna in caso di un nuovo giudizio di rinvio – tenuto conto della ostensione di tutte le prove utili all’accusa a carico dell’imputato – va disposto l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio con riferimento alla parte di imputazione di cui al capo 1) relativa alla vicenda della gara n. 18/11, perche’ l’imputato non ha commesso il fatto.
3. Quanto alle residuali contestazioni del capo 1) per le quali e’ stata ritenuta la penale responsabilita’ del ricorrente – ovvero lo sblocco dei crediti vantati dalle cooperative facenti capo a (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) – il Collegio ritiene che l’esame dei motivi di ricorso debba muovere necessariamente dalla sentenza resa da questa Corte nel procedimento principale che vedeva imputati per i medesimi fatti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
3.1. Come gia’ segnalato nel “ritenuto in fatto”, la Suprema Corte con la sentenza n. 18125 del 2020 ha riqualificato tali vicende illecite ai sensi dell’articolo 346 bis c.p..
La Corte di appello, nel confrontarsi con tale esito, ha ritenuto che esso non avesse spiegato alcuna influenza nel presente procedimento, in quanto il processo principale si era limitato ad esaminare la sola condotta tenuta nell’ambito del Comune e delle societa’ (OMISSIS) ed (OMISSIS) da (OMISSIS), omettendo ogni valutazione sulla posizione del ricorrente, oggetto di provvedimento di stralcio.
La soluzione della Corte territoriale non puo’ essere accolta.
Invero, oggetto del procedimento principale – quanto al capo 11 del primo decreto, esattamente coincidente con il capo 1) del presente procedimento – erano non soltanto gli accordi illeciti intervenuti tra (OMISSIS) da un lato e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dall’altro, ma anche quelli intervenuti tra il ricorrente e questi ultimi “previo concerto con (OMISSIS)”.
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (come dimostra per questi tre ultimi il mancato stralcio delle loro posizioni) in quel procedimento sono stati infatti giudicati (oramai definitivamente, in punto di responsabilita’) anche per le intese illecite con il ricorrente.
Pertanto, quanto emerso all’esito di quel giudizio per tutte le condotte ascritte a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con il suddetto capo (corrispondente al capo 1 di questo procedimento) costituiva un dato oggettivo con il quale la Corte di appello avrebbe dovuto correttamente confrontarsi al fine di prevenire conclusioni inconciliabili con riferimento ai “fatti” posti a fondamento delle rispettive decisioni.
Come gia’ affermato da questa Corte (Sez. 5, n. 23226 del 12/02/2018, Rv. 273207), il principio di non contraddittorieta’ del sistema trova espressione, oltre che nella regola di cui all’articolo 587 c.p.p., dell’estensione degli effetti favorevoli dell’impugnazione (che presuppone l’unicita’ della sentenza di condanna a fronte della mera contingenza di un’occasionale separazione delle diverse posizioni), nell’esigenza di prevenire il contrasto fra giudicati: la inconciliabilita’ tra i giudicati non e’ solo un aspetto tipico del giudizio di revisione, ma rappresenta un virus sistematico da prevenire, posto che, allorche’ si concretizza, pone in crisi i principi costituzionali di uguaglianza e le stesse ricadute della presunzione di non colpevolezza, la’ dove il definitivo accertamento relativo ai coimputati venga a minare in tutto o in parte la stessa configurabilita’ in fatto o in diritto dell’ipotesi di accusa.
Nell’arresto ora citato, la Suprema Corte ha evidenziato che non e’ ragionevole che l’elasticita’ del vincolo esercitato dalla sentenza irrevocabile penale versata in atti ex articolo 238 bis c.p.p., sull’esplicazione del libero convincimento razionalmente motivato possa condurre a pronunce di per se’ suscettibili di eliminazione dal novero degli accertamenti giudiziari attraverso l’impugnazione straordinaria per revisione e quindi, in certa misura, patologiche; in tal caso, la logica razionale e le esigenze di non contraddizione del sistema impongono di prevenire il contrasto di giudicati, sempre che esso verta sui fatti posti a fondamento delle decisioni e non sulle valutazioni giuridiche dei fatti.
Questo principio non puo’ non influire anche sulla soluzione della questione sottoposta dalla difesa in questa sede.
Con riferimento alle vicende dello sblocco dei crediti vantati dalle cooperative facenti capo a (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS), la ricostruzione dei giudici di merito del procedimento principale, che ha portato in sede di legittimita’ ad una diversa qualificazione dei fatti, e’ che non solo (OMISSIS) non ha concluso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), alcun accordo corruttivo, essendosi limitato ad una mediazione illecita (non essendo tra l’altro, qualificabile come funzionario, neppure di fatto) lautamente remunerata da costoro per influenzare il pagamento di detti crediti, ma che alcun accordo corruttivo – avente il medesimo oggetto – e’ stato accertato essere stato concluso da parte di costoro con (OMISSIS).
Nel riqualificare i fatti in esame ai sensi dell’articolo 346 bis c.p., la sentenza della Corte di cassazione n. 18125 del 2020 ha precisato che il limite all’applicazione della suddetta disposizione, in base alla espressa clausola, e’ che non vi sia un’effettiva corruzione dei soggetti pubblici con i quali il mediatore ha i rapporti effettivi e che nel caso in oggetto, non era stata prospettata “alcuna ipotesi di corruzione” dei soggetti rispetto ai quali era stata offerta la attivita’ di mediazione illecita.
La clausola di esclusione contenuta nell’articolo 346 bis c.p., esige infatti che in concreto non sia ravvisabile il delitto di corruzione e neppure un’ipotesi di concorso.
La circostanza che l’accertamento in fatto nel suddetto procedimento fosse stato limitato alla sola attivita’ di mediazione di (OMISSIS) in favore di (OMISSIS), tralasciando di esaminare la posizione di (OMISSIS), era questione che non giustificava la rivisitazione del dato oggettivo favorevole per il ricorrente, rappresentato dalla negata esistenza di accordi di tipo corruttivo conclusi dal coimputato (OMISSIS), in concerto con (OMISSIS) e (OMISSIS), per lo sblocco dei suddetti crediti.
E’ appena il caso di rilevare che nel procedimento principale e’ stata definitivamente accertata (capo 17) la corruzione ex articolo 318 c.p., di (OMISSIS), dirigente di (OMISSIS), ad opera di (OMISSIS) e (OMISSIS) con riferimento al recupero dei crediti delle cooperative verso tale societa’ – vicenda che i giudici di quel processo non hanno collegato (ne’ tantomeno la sentenza impugnata) ai fatti in esame e che non ha visto il coinvolgimento del ricorrente e di (OMISSIS).
Quanto premesso rende quindi fondate le censure del ricorrente con riferimento alla ritenuta responsabilita’ per tali vicende a titolo di corruzione.
3.2. Va quindi verificato se i fatti accertati a carico del ricorrente nel presente procedimento siano qualificabili, come per gli altri coimputati, alla stregua dell’articolo 346 bis c.p..
E’ appena il caso di evidenziare che nel caso di specie la qualificazione giuridica diversa dei fatti rispetto a quella attribuita in sede di merito non costituisce atto a sorpresa, in pregiudizio del diritto di difesa, ma era gia’ contenuta nel capo di imputazione sub 1) e, quindi, il contraddittorio gia’ risulta esservi stato, essendo stato il ricorrente ab initio in grado di effettuare rilievi e di interloquire sul punto, tanto da prospettare la stessa difesa in entrambi i giudizi di impugnazione la derubricazione dei fatti alla stregua del reato di traffico di influenze.
4. Con riferimento allo sblocco dei crediti delle cooperative da parte della societa’ (OMISSIS), e’ opportuno preliminarmente chiarire quali siano i tratti distintivi della “mediazione illecita” verso il pubblico agente a cui fa riferimento l’articolo 346 bis c.p..
4.1. Il legislatore ha inteso punire con l’articolo 346 bis c.p., in via preventiva e anticipata il fenomeno della corruzione, sottoponendo a sanzione penale tutte quelle condotte, in precedenza irrilevanti, prodromiche rispetto ai reati di corruzione, consistenti in accordi aventi ad oggetto le illecite influenze su un pubblico agente che uno dei contraenti (il trafficante) promette di esercitare in favore dell’altro (il privato interessato all’atto) dietro compenso (per se’ o altri o per remunerare il pubblico agente).
La lettura della norma consente di individuare il nucleo dell’antigiuridicita’ della condotta penalmente sanzionata non nel mero sfruttamento (vero o vantato) di relazioni con il pubblico agente (che costituisce piuttosto il mezzo attraverso il quale il soggetto agente riesce ad ottenere dal privato la dazione indebita, anche solo come promessa), bensi’ in tutte quelle forme di intermediazione che abbiano come finalita’ “l’influenza illecita” sulla attivita’ della pubblica amministrazione.
Infatti, la norma pone sullo stesso piano (anche sanzionatorio) la intermediazione finalizzata alla corruzione del pubblico agente e la mediazione “illecita”, cosi’ chiarendo che anche per questa ultima forma di traffico l’antigiuridicita’ della condotta debba postarsi necessariamente sull’elemento finalistico.
In definitiva, le parti devono avere di mira un’interferenza illecita, resa possibile grazie allo sfruttamento di relazioni con il pubblico agente.
La norma peraltro non chiarisce quale sia la influenza illecita che deve tipizzare la mediazione e non e’ possibile, allo stato della normativa vigente, far riferimento ai presupposti e alle procedure di una mediazione legittima con la pubblica amministrazione (la c.d. lobbying), attualmente non ancora regolamentata.
Il contenuto indeterminato della norma rischia di attrarre nella sfera penale, a discapito del principio di legalita’, le piu’ svariate forme di relazioni con la pubblica amministrazione, connotate anche solo da opacita’ o scarsa trasparenza, ovvero quel “sottobosco” di contatti informali o di aderenze difficilmente catalogabili in termini oggettivi e spesso neppure patologici, quanto all’interesse perseguito.
E’ necessario quindi ancorare la fattispecie ad un elemento certo che connoti tipizzandola la mediazione illecita e che costituisca una guida sicura per gli operatori e per l’interprete della norma.
A tal fine il Collegio ritiene che l’unica lettura della norma che soddisfi il principio di legalita’ sia quella che fa leva sulla particolare finalita’ perseguita attraverso la mediazione: la mediazione e’ illecita quando e’ finalizzata alla commissione di un “fatto di reato” idoneo a produrre vantaggi per il privato committente.
4.2. Fatta questa premessa, va evidenziato che la sentenza impugnata ha accertato una forte pressione di (OMISSIS) (e di (OMISSIS)) su (OMISSIS) affinche’ questi si attivasse sul Sindaco (OMISSIS), ritenuto l’unico in grado di far ottenere ad (OMISSIS) i finanziamenti comunali e consentire poi che (OMISSIS) (societa’ il cui carattere pubblicistico non e’ in contestazione) effettuasse il pagamento prioritario dei debiti verso le suddette cooperative.
Questo pressing porto’ ad incontri e contatti diretti di (OMISSIS) (e anche di (OMISSIS)) con (OMISSIS), che avevano visto la partecipazione anche di (OMISSIS), volti ad ottenere un intervento del Sindaco di intercessione per la rapida e preferenziale definizione delle pretese creditorie delle cooperative, che venne remunerato tra l’altro anche con la somma versata per la cena elettorale del 19 aprile 2013.
Come rilevato dalla difesa, il ricorrente, quale pubblico ufficiale destinatario della mediazione illecita di (OMISSIS), non poteva concorrere nel medesimo reato.
Tuttavia, la Corte di appello ha accertato che a questa attivita’ di intermediazione che vedeva come venditore di influenze il (OMISSIS) (volta a far ottenere a (OMISSIS) l’incontro con il Sindaco) era seguita un’ulteriore analoga attivita’ che vedeva questa volta impegnati (OMISSIS) e il ricorrente nella ricerca in favore di (OMISSIS), dietro il pagamento o la promessa di un corrispettivo, di una soluzione immediata e definitiva per lo sblocco dei pagamenti delle sue cooperative da parte dei competenti pubblici uffici.
4.3. Cosi’ ricostruita la condotta ascrivibile al ricorrente, il Collegio ritiene che la stessa sia qualificabile ai sensi dell’articolo 346 bis c.p., in quanto sono presenti tutti gli elementi che contraddistinguono la fattispecie penale del traffico di influenze illecite, anche tenendo conto a favore dell’imputato del tempus commissi delicti (corrispondente alla originaria formulazione della norma) e della lex mitior (rispetto alla riforma del 2019 che ha novellato la disposizione, anche a seguito dell’abrogazione dell’articolo 346 c.p.).
L’attivita’ di mediazione onerosa, oggetto dell’accordo intercorso tra (OMISSIS) e il ricorrente, si e’ caratterizzata infatti dalla illecita finalita’ di far ottenere alle cooperative di (OMISSIS) un trattamento di favore per i pagamenti dei crediti pregressi, in violazione della normativa che disciplina la materia del pagamento dei debiti della p.a. (normativa espressamente richiamata a pag. 57 della sentenza di primo grado).
Poiche’ l’articolo 346-bis c.p. criminalizza soltanto la finalita’ illecita dell’accordo, e’ irrilevante stabilire se effettivamente i pagamenti effettuati dai pubblici agenti siano stati commessi in violazione di regole specifiche di condotta.
La difesa, che pur ha sollecitato una riqualificazione del fatto, si e’ limitata a contestare l’inefficacia dei solleciti provenienti dal Sindaco sulle procedure di pagamento e a sostenere come l’istruttoria dibattimentale avesse dimostrato la regolarita’ delle stesse.
Non sono pertanto oggetto di specifica censura le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito sulla finalita’ illecita della mediazione, ovvero che essa mirava a realizzare, nell’interesse del gruppo (OMISSIS), il compimento da parte di pubblici agenti di atti contrari ai doveri di ufficio (in ragione della violazione della normativa sopra richiamata), ovvero la realizzazione di condotte qualificabili oggettivamente come fatti di abuso di ufficio (articolo 323 c.p.).
4.4. Va osservato inoltre che nel caso in esame siamo in presenza dell’ipotesi aggravata prevista dall’articolo 346 bis c.p., comma 3, della “mediazione qualificata” ovvero del traffico influenze illecite che vede protagonista, come trafficante, un pubblico agente.
E’ appena il caso di aggiungere al riguardo che il carattere illecito della mediazione c.d. onerosa realizzata dal ricorrente discende, ancor prima e indipendentemente dal risultato illecito che le parti intendevano perseguire, dalla vendita da parte di un pubblico ufficiale della sua influenza su altri pubblici agenti.
In tale evenienza la stessa mediazione (farsi promettere o ricevere denaro in cambio della propria interferenza) costituisce per il pubblico ufficiale un atto contrario ai doveri di ufficio e quindi sufficiente a costituire il disvalore apprezzabile penalmente tutelato dalla norma.
Deve trattarsi naturalmente di condotta non punibile a titolo di corruzione (ipotesi nella specie esclusa per quanto sopra indicato) ovvero non deve concretare l’uso di poteri funzionali connessi alla qualifica soggettiva dell’agente.
Si e’ infatti affermato che non ricorre il delitto di corruzione passiva se l’intervento del pubblico ufficiale in esecuzione dell’accordo con il privato non comporti l’attivazione di poteri istituzionali propri del suo ufficio o non sia in qualche maniera a questi ricollegabile, e invece sia destinato a incidere nella sfera di attribuzioni di pubblici ufficiali terzi rispetto ai quali il soggetto agente e’ assolutamente carente di potere funzionale (Sez. 6, n. 23355 del 26/02/2016, Rv. 267060; Sez. 6, n. 38762 del 08/03/2012, Rv. 253371; Sez. VI, 4 maggio 2006, n. 33435).
Il “mediatore qualificato” quindi nell’ipotesi di traffico di influenze illecite aggravato deve agire al di fuori delle sue funzioni e, quindi, come extraneus.
5. Relativamente alla vicenda dei pagamenti di (OMISSIS), la ricostruzione in fatto del processo principale era stata nel senso che (OMISSIS) aveva accettato una rilevante remunerazione per influenzare in favore di (OMISSIS) le decisioni dei dirigenti di (OMISSIS). Nel presente processo e’ stato accertato un intervento del ricorrente al medesimo fine, anch’esso remunerato da (OMISSIS) con un versamento di danaro a suo favore.
I fatti in esame contestati all’imputato, pertanto, in via generale e con le precisazioni che saranno esposte in seguito, rientrano anch’essi nel fuoco della fattispecie di cui all’articolo 346 bis c.p..
Anche in tal caso, come per le vicende esaminate nel paragrafo che precede, la influenza sulle decisioni di (OMISSIS) avuta di mira dalle parti era quella di far ottenere al gruppo (OMISSIS) un trattamento di favore, in violazione della normativa sui pagamenti della pubblica amministrazione, e quindi implicante la commissione di fatti di abuso di ufficio. Si e’ trattata inoltre di mediazione onerosa realizzata dal pubblico ufficiale.
Non fa velo a tale conclusione la circostanza che le condotte ascritte al ricorrente con riferimento a tale vicenda siano antecedenti alla introduzione del reato di cui all’articolo 346 bis c.p..
E’ stata infatti piu’ volte affermata, con riferimento alla punibilita’ del soggetto mediatore, la continuita’ normativa tra la suddetta fattispecie e quella di cui all’articolo 346 c.p., di millantato credito (tra le tante, Sez. 1, n. 23877 del 05/05/2021, Rv. 281614), ancorche’ quest’ultima abbia una portata piu’ limitata quanto al soggetto pubblico nei cui confronti e’ offerta la mediazione. Tale aspetto non e’ stato oggetto di contestazione da parte della difesa in questa sede ed e’ stato in ogni caso definito per la societa’ (OMISSIS) dalla sentenza della Corte di cassazione n. 18125 del 2020 (i soggetti di (OMISSIS) verso i quali era stata offerta la mediazione illecita di (OMISSIS) rivestivano in ogni caso la qualifica di pubblici impiegati).
6. Cosi’ chiarita la corretta qualificazione giuridica dei fatti accertati dalla sentenza impugnata con riferimento al capo 1), possono essere esaminati i restanti motivi proposti dalla difesa.
7. Preliminarmente deve constatarsi che, una volta riqualificate le vicende relative allo sblocco dei crediti delle cooperative di (OMISSIS) nel reato di traffico di influenze illecite, la sentenza impugnata, a differenza di quella emessa nel procedimento principale, non offre alcun elemento di certezza in ordine alla sussistenza, con riferimento alla posizione del ricorrente, di un unico reato “permanente” di traffico di influenze, che ricomprenda tanto la mediazione illecita per i crediti verso (OMISSIS) che quella per i crediti verso (OMISSIS).
Se da un lato e’ emersa in questo procedimento la generica e permanente disponibilita’ dei privati a ricercare e retribuire economicamente l’intervento di mediazione illecita del ricorrente, dall’altro non vi sono elementi per ravvisare la medesima permanente disponibilita’ da parte di quest’ultimo ad intercedere all’occorrenza per interessi del privato sull’attivita’ della p.a. (tenuto conto viepiu’ della incidenza della assoluzione del ricorrente per la gara n. 18/11 e del distacco temporale di circa un anno tra le due vicende aventi ad oggetto lo sblocco dei crediti).
Esaminate le vicende in esame sotto questa prospettiva, deve constatarsi che il reato avente ad oggetto la mediazione per lo sblocco dei crediti delle cooperative nei confronti di (OMISSIS) e’ oramai prescritto.
Sulla base di quanto accertato in sede di merito, l’ultimo segmento della condotta illecita in esame risale al 31 dicembre 2011 e deve ritenersi quindi oramai ampiamente maturato il periodo massimo di prescrizione, anche considerando i periodi di sospensione (257 giorni, di cui 147 in primo grado e 110 in appello, nei quali va computata la sospensione COVID solo fino all’11 maggio 2020, a seguito della sentenza n. 140 del 2021 della Corte costituzionale).
Peraltro, essendo stata confermata nei confronti dell’imputato, con la sentenza oggetto del ricorso, la condanna risarcitoria nei confronti delle parti civili, pronunciata dal primo giudice con riferimento ai fatti in esame, devono essere valutati i motivi di ricorso ai sensi dell’articolo 578 c.p.p..
7.1. Tenuto conto della riqualificazione giuridica dei fatti, va osservato che molte delle questioni sollevate dalla difesa hanno perso di rilevanza e quindi di interesse per il ricorrente, essendo incentrate sulla sussistenza degli elementi tipici della fattispecie della corruzione.
I temi che in definitiva residuano rispetto alla particolare struttura del reato di cui all’articolo 346 c.p., come confluito in quello di traffico di influenze, sono: la conclusione da parte del ricorrente di un accordo avente ad oggetto il suo intervento per lo sblocco dei crediti da parte di (OMISSIS) in favore delle cooperative di (OMISSIS), la causa e la stessa destinazione dei finanziamenti fatti dalle cooperative di (OMISSIS).
I motivi di ricorso proposti al riguardo non sono fondati, in quanto la motivazione della sentenza impugnata e’ pervenuta sui suddetti punti ad un giudizio immune dai vizi denunciati, avendo i giudici di seconda istanza ancorato il proprio convincimento a specifiche e concrete acquisizioni probatorie, puntualmente indicate, ed esaminato adeguatamente le deduzioni difensive. Deduzioni che, a tratti, la difesa ha reiterato nel ricorso non confrontandosi con il ragionamento giustificativo esposto nella sentenza impugnata o valorizzando taluni passaggi argomentativi della sentenza impugnata, privi peraltro di decisivita’ sulla tenuta logica del ragionamento che la sostiene.
7.2. Quello che e’ sufficiente rilevare ai fini del controllo di legittimita’ sono le seguenti sequenze giustificative della sentenza impugnata.
La vicenda in esame si inserisce nel piu’ ampio quadro che ha consentito di accertare, oltre alla mediazione illecita realizzata da (OMISSIS) (gia’ definitivamente accertata nel processo principale), il diretto interessamento del ricorrente alla soluzione del pressante problema delle cooperative facenti capo a (OMISSIS) di rientrare velocemente di tutti i crediti vantati nei confronti di (OMISSIS).
La sentenza di appello (pag. 89) ha posto in evidenza come fosse stato lo stesso ricorrente ad aver ammesso un proprio intervento a favore di (OMISSIS) per lo sblocco di tali pagamenti, se pur giustificandolo – ma senza alcuna allegazione (a tal riguardo generico e’ il riferimento del ricorrente alla frase, estrapolata dalla deposizione di (OMISSIS), per sostenere il vizio di travisamento della prova e comunque la censura non viene a stravolgere la tenuta della motivazione, visto che si cita un’unica altra societa’ oggetto degli interessamenti del ricorrente) come un comportamento tenuto per tutti i soggetti creditori del Comune e delle aziende municipalizzate; e come fosse stata effettivamente accertata una attivita’ di sollecitazione dei pagamenti ad opera del ricorrente nei confronti di (OMISSIS) (pag. 90, dove si riportano le dichiarazioni dell’allora Direttore generale di (OMISSIS), (OMISSIS), che ha riferito di aver ricevuto in due occasioni telefonicamente la richiesta del ricorrente perche’ fossero pagati tali somme ai fornitori facenti capo a (OMISSIS)).
La sentenza di primo grado (pag. 70), a sua volta, aveva ricostruito i contatti per la soluzione di questa questione intervenuti non solo tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ma anche tra il primo e il ricorrente ( (OMISSIS) si rapportava con il ricorrente tramite messaggi telefonici o per mezzo del suo segretario (OMISSIS), considerato da (OMISSIS) il front office del ricorrente attraverso il quale veicolare le istanze per i solleciti dei pagamenti dirette a quest’ultimo).
La Corte di appello ha poi richiamato i versamenti fatti da (OMISSIS) per remunerare la attivita’ di mediazione illecita svolta nel suo interesse, ovvero i tre assegni emessi il 31 dicembre 2011 a favore della Fondazione (OMISSIS).
Che tale remunerazione riguardasse anche l’attivita’ svolta dal ricorrente (oltre che quella di (OMISSIS)) e’ questione che le sentenze di merito hanno concordemente affrontato con ragionamento non censurabile in questa sede.
In sintesi, e’ stato accertato che era stato (OMISSIS) a richiedere a (OMISSIS) una percentuale (il 2%) per la mediazione volta allo sblocco dei crediti; che lo stesso (OMISSIS) aveva come interlocutore per la vicenda anche il ricorrente (se pur attraverso le modalita’ sopra riportate) perche’ si spendesse per ottenere da (OMISSIS) i pagamenti dei suoi crediti; che effettivamente il ricorrente ebbe ad adoperarsi per conto di (OMISSIS) presso (OMISSIS); e che infine il compenso richiesto venne versato nella casse della Fondazione (OMISSIS).
Fondazione che, come ha ampiamente giustificato la Corte di appello, era riconducibile, al di la’ della veste formale apicale in essa assunta, alla persona del ricorrente: era stato lo stesso imputato ad ammettere nel suo esame tale circostanza e presso la sua abitazione era stata rinvenuta documentazione di cene elettorali organizzate dalla Fondazione (tra i finanziatori figurava tra l’altro anche (OMISSIS)); i versamenti alla Fondazione – pur con formali causali relative alle finalita’ dell’ente – erano fatti in coincidenza di cene elettorali del ricorrente ed erano dunque finanziamenti elettorali a suo favore; era l’imputato a sottoscrivere i bilanci della Fondazione ed era, come da lui ammesso in sede di esame, ben a conoscenza del meccanismo di finanziamento delle sue cene (tra l’altro era emerso che era stato in prima persona lo stesso ricorrente a sollecitare la partecipazione alle cene dietro versamento di somme a favore dell’ente); gli altri imputati lo avevano identificato con la Fondazione (ovvero che i versamenti fatti alla Fondazione fossero destinati alle cene elettorali del ricorrente); una volta non confermato come Sindaco, l’ente gli aveva conferito un ben remunerato incarico temporaneo di consulenza di “tipo politico” dal contenuto fumoso (non legato alla sua attivita’ professionale di ingegnere per il quale aveva aperto la partita IVA) per “risarcirlo” delle perdite di entrate e per svolgere attivita’ politica in proprio.
E’ appena il caso di aggiungere che la censura sulla inutilizzabilita’ delle dichiarazioni di (OMISSIS) rese nel procedimento principale da parte della sentenza impugnata e sulla valutazione frazionata di quelle rese nel presente procedimento, oltre ad essere generiche quanto alla loro decisivita’, appaiono in ogni caso non incidenti sulla tenuta complessiva del ragionamento giustificativo.
La Corte di appello ha anche affrontato la tesi difensiva sulla conoscenza da parte del ricorrente della provenienza da (OMISSIS) dei versamenti effettuati alla Fondazione. Con riferimento in particolare alla vicenda dei crediti verso (OMISSIS), e’ sufficiente richi(OMISSIS)re quanto accertato con riferimento alla cooperativa” (OMISSIS)”, che aveva emesso uno dei tre assegni di importo pressoche’ coincidente il 31 dicembre 2011 a favore della Fondazione: era stato lo stesso ricorrente ad ammettere di essere stato a conoscenza che la suddetta cooperativa fosse riferibile a (OMISSIS).
Cosi’ ricostruita la condotta del ricorrente, gia’ sufficiente ad integrare il reato, appare irrilevante affrontare il tema della natura concorsuale del reato (quanto alla confisca, sulla quale si dira’ in seguito, va rilevato che il pagamento del prezzo del reato ha visto come unica destinataria la Fondazione (OMISSIS) e non direttamente (OMISSIS)).
7.3. Dal rigetto dei motivi di ricorso ora esaminati e dall’esame degli atti scrutinabili in questa sede, il Collegio ritiene che non vi siano quindi le condizioni per un proscioglimento piu’ favorevole per il ricorrente, alla stregua dei principi oramai consolidati che richiedono in sede di legittimita’ che le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile e che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu’ al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e che sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita’ di accertamento o di approfondimento (Sez. U. n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti Rv. 244274).
Deve quindi addivenirsi ad una pronuncia di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con riferimento ai fatti esaminati in questo capitolo perche’ il reato e’ estinto per prescrizione, con la conferma delle relative statuizioni civili.
7.4. Quanto alla disposta confisca delle somme di danaro, si impongono le seguenti osservazioni.
La sentenza impugnata ha qualificato tutte le somme confiscate per il capo 1) (complessivamente 298.500 (OMISSIS)o) quali “prezzo del reato” in relazione alle condotte illecite accertate a carico del ricorrente, nonche’ ha precisato che la confisca era da ritenersi “diretta”, trattandosi di danaro, e, solo in caso di impossibilita’ di apprensione della somma, “per equivalente”.
Ebbene, la declaratoria di prescrizione per la vicenda dei pagamenti (OMISSIS) e la diversa qualificazione del fatto non incide sulla confiscabilita’ “diretta” del prezzo del reato (il titolo di reato non consente invece la confisca per equivalente, in ogni caso preclusa dal proscioglimento per prescrizione), in presenza di una precedente pronuncia di condanna e alla conferma dell’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilita’ dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo rimanga (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264434-5).
Pertanto, per effetto della riqualificazione, il punto della confisca del prezzo del reato va annullato con rinvio per delimitare la tipologia di ablazione.
8. Con riferimento all’altra vicenda relativa allo sblocco dei crediti delle cooperative di (OMISSIS) da parte della societa’ (OMISSIS), le censure che residuano da esaminare insistono sui medesimi punti gia’ affrontati al capitolo che precede.
Anche in tal caso, la motivazione resiste ai rilievi difensivi, che a tratti attingono al merito della valutazione del compendio probatorio o ad aspetti non decisivi del ragionamento giustificativo.
8.1. Quanto alla mediazione illecita svolta dal ricorrente in favore del gruppo (OMISSIS), come si e’ anticipato, la sentenza impugnata ha accertato da un lato la mediazione retribuita da (OMISSIS) a (OMISSIS) perche’ il primo fosse messo in contatto con il Sindaco per sbloccare i crediti delle cooperative facenti capo a (OMISSIS) verso (OMISSIS) e dall’altro la mediazione retribuita da (OMISSIS) a (OMISSIS) ed (OMISSIS) per intervenire allo stesso scopo sui competenti uffici comunali e di (OMISSIS).
Quanto al ruolo del ricorrente nella seconda vicenda, la Corte di appello ha illustrato da pag. 60 della sentenza impugnata le evidenze probatorie, che dimostravano i serrati contatti tenuti almeno dal dicembre 2012 da (OMISSIS) con il segretario di (OMISSIS) per ottenere, grazie all’intervento del Sindaco, il versamento della importante somma spettante alle cooperative, stante le resistenze da parte della societa’ (OMISSIS) (“non mi da’ una lira”), che continuava a rappresentare la mancanza di fondi per far fronte al pagamento delle sue spettanze; l’improvviso trasferimento da parte del Comune di (OMISSIS) di fondi verso (OMISSIS) e dopo due giorni il pagamento di una prima tranches in favore delle cooperative di (OMISSIS); l’ulteriore ravvicinato trasferimento di fondi a (OMISSIS) da parte del Comune di (OMISSIS), seguito da serrati contatti ed incontri tra (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), e a seguire ulteriori pagamenti in favore delle cooperative di (OMISSIS) sino a quello del 30 aprile 2013 (ovvero l’ultimo preso in considerazione dalla Corte di appello).
In particolare, la sentenza impugnata ha ricostruito l’incontro serale del 21 gennaio 2013 tra (OMISSIS), (OMISSIS) e il ricorrente avente ad oggetto l’intervento che quest’ultimo avrebbe dovuto fare presso il vertice di (OMISSIS) per il pagamento del debito verso le cooperative di (OMISSIS) (intervento che il ricorrente si era impegnato ad effettuare visto che (OMISSIS) aveva riferito di essere in attesa di avere una risposta “entro 24 ore” da (OMISSIS) di (OMISSIS)) al quale era seguito un riscontro positivo da parte di (OMISSIS) sul via libera allo sblocco dei crediti. Intervento che, come dimostrano le lagnanze di (OMISSIS), il ricorrente non avrebbe effettivamente effettuato su (OMISSIS) (ma cio’ non incide sulla sussistenza del reato), come invece promesso, tanto che (OMISSIS) aveva cercato di effettuare un secondo incontro con il ricorrente tenutosi all’uscita del Campidoglio la sera del 29 gennaio 2013. Anche in tal caso, di li’ a pochi giorni si era verificato il pagamento di un’ulteriore tranche dei crediti in favore delle cooperative di (OMISSIS).
Le captazioni avevano rivelato la prosecuzione almeno sino alla fine dell’aprile 2013 dei contatti tra il ricorrente e (OMISSIS) per risolvere il problema dei pagamenti, ai quali erano seguiti il 27 febbraio 2013 e il 16 e 30 aprile 2013 versamenti da parte di (OMISSIS) alle cooperative di (OMISSIS) per circa 1.400.000 (OMISSIS)o (risultato che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano previsto come “imminente” grazie all’intervento del ricorrente su (OMISSIS), che prima li aveva trattati “a pesci in faccia”): segnatamente, nel febbraio 2013, (OMISSIS) aveva dato atto che (OMISSIS) aveva chi(OMISSIS)to il nuovo vertice di (OMISSIS), (OMISSIS), per sbloccare la situazione creditoria ed in particolare quella della cooperativa “29 giugno”, di aver incontrato (OMISSIS), che grazie all’intervento del ricorrente, si era mostrato accondiscendente alle richieste di pagamento delle cooperative; sempre nel medesimo contesto temporale, (OMISSIS) aveva ricevuto dal ricorrente “la garanzia” dell’imminente sblocco di un’ulteriore e consistente tranche di somme; il 20 aprile 2013 (OMISSIS) aveva riferito dei versamenti in “cene” fatti ad (OMISSIS) e della vicenda di (OMISSIS) in via di soluzione (i pagamenti erano infatti ancora in corso), grazie all’intervento di (OMISSIS), e di come fosse quello il momento di “pagare di piu'”, per la coincidenza delle elezioni comunali.
A cio’ va aggiunto che era stato lo stesso ricorrente ad aver ammesso nel proprio esame di essere intervenuto sui vertici di (OMISSIS) per sollecitare il pagamento dei crediti delle cooperative di (OMISSIS).
La Corte di appello ha poi evidenziato come l’intervento di (OMISSIS) fosse stato remunerato con il versamento di 25.000 (OMISSIS)o per la cena elettorale del 19 aprile 2013. Il collegamento di tale dazione con la mediazione promessa o effettuata dal ricorrente in favore di (OMISSIS) per la vicenda (OMISSIS) e’ un dato che la Corte di appello ha desunto plausibilmente dalle seguenti circostanze: il 9 aprile 2013 (OMISSIS) aveva recl(OMISSIS)to a (OMISSIS) il versamento di una somma per la sua mediazione verso (OMISSIS) (20.000 (OMISSIS)o); (OMISSIS), oltre a prendere contatti il 17 aprile 2013 per incontrare (OMISSIS), aveva effettuato il 17 aprile 2013 due bonifici di 25.000 (OMISSIS)o al mandatario elettorale del ricorrente per la cena elettorale, premunendosi di avvisare nella stessa giornata e subito dopo l’incontro con (OMISSIS) la segreteria di (OMISSIS) che i bonifici per la cena elettorale per il totale di 25.000 (OMISSIS)o erano stati effettuati; lo stesso (OMISSIS) tre giorni dopo il versamento aveva confidato al suo interlocutore in una conversazione captata che i versamenti che lui faceva ai politici di destra era per retribuirli dei favori fatti alle cooperative, tra i quali richi(OMISSIS)va espressamente cene pagate al “Sindaco”, e raccontava di come fosse riuscito tramite (OMISSIS) a sbloccare la vicenda dei pagamenti (OMISSIS).
In definitiva, la sentenza impugnata ha ancorato il proprio convincimento, che non presenta aporie o salti logici, a specifiche e concrete acquisizioni probatorie puntualmente indicate.
Sono da considerare infine non consentite talune censure che denunciano vizi motivazionali: si tratta di rilievi generici quanto al travisamento della prova (perche’ solo labialmente sostenuti o non adeguatamente rappresentati) o volti ad una rilettura alternativa del compendio probatorio.
8.2. I fatti cosi’ ricostruiti, per quanto gia’ anticipato, rientrano nel fuoco della fattispecie di cui all’articolo 346 bis c.p., comma 3, essendo stato accertato che il ricorrente, pubblico ufficiale, sfruttando le relazioni esistenti con gli uffici comunali che dovevano disporre il finanziamento di (OMISSIS) e con i vertici di (OMISSIS) che dovevano provvedere alla liquidazione dei pagamenti in favore delle cooperative di (OMISSIS), era stato remunerato da (OMISSIS) per la sua mediazione illecita con i versamenti sopra indicati.
8.3. Non ha fondamento il rilievo sollevato dal ricorrente, se pur non formalmente, in ordine al perimetro della contestazione, limitato ad avviso della difesa al solo intervento del ricorrente per il trasferimento di fondi dal Comune ad (OMISSIS).
Sin dal primo grado, infatti, era stata ravvisata la responsabilita’ del ricorrente con riferimento non solo a tale segmento della condotta, ma anche a quello relativo al pressing su (OMISSIS) perche’ fossero saldati i crediti delle cooperative.
La contestazione era tale da ricomprendere anche questa parte della condotta, posto, da un lato, che la indicazione delle specifiche condotte illecite era solo esemplificativa della vendita della funzione di Sindaco e, dall’altro, che era stato in ogni caso ascritta all’imputato, in via generale, la “messa a disposizione” delle strutture del suo ufficio a favore di (OMISSIS) e (OMISSIS).
D’altra parte, come ha evidenziato la Corte di appello nel respingere l’eccezione di genericita’ della contestazione, la imputazione cosi’ formulata aveva consentito all’imputato di esercitare il suo diritto di difesa in ordine a tutti gli addebiti ritenuti in sentenza (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051).
8.4. Quanto alle censure difensive sulla antidoverosita’ delle operazioni contabili effettuate in favore di (OMISSIS) e delle cooperative di (OMISSIS) puo’ rinviarsi a quanto gia’ esposto nel paragrafo dedicato alla illiceita’ della mediazione.
8.5. Con riferimento alle censure sul concorso del ricorrente nel reato, la ricostruzione della condotta del ricorrente nei termini che precedono viene a superare le critiche difensive sul ruolo e sull’apporto partecipativo del ricorrente nel reato.
Peraltro, poiche’ il tema del concorso nel reato assume rilievo sulla entita’ della disposta confisca del prezzo del reato (che ha ad oggetto anche somme di danaro versate da (OMISSIS) a (OMISSIS)), e’ opportuno esaminare anche questo tema sottoposto dalla difesa.
La sentenza impugnata, anche alla luce della riqualificazione giuridica dei fatti, appare immune da censure, in quanto il ragionamento giustificativo non presenta manifeste illogicita’ o errori di diritto.
La Corte di appello, lungi dal ricorrere a semplificazioni probatorie o ingiustificate generalizzazioni, ha delineato gli stretti rapporti intercorrenti tra il ricorrente e (OMISSIS), cementati dal rapporto di amicizia (ammesso dallo stesso ricorrente), che avevano costituito il contesto nel quale si era realizzata una loro collaborazione anche nel proporsi o accreditarsi presso (OMISSIS) come coloro che potevano risolvere i suoi problemi o garantire i suoi interessi grazie ad un loro intervento su pubblici agenti.
Quanto alla vicenda (OMISSIS), il processo principale ha definitivamente accertato a carico di (OMISSIS) non solo lo svolgimento da parte di quest’ultimo di un’attivita’ di intermediazione illecita volta a stabilire un contatto tra (OMISSIS) e il Sindaco, ma anche una successiva analoga attivita’ per lo sblocco dei crediti. Nell’accertamento svolto in quella sede era emersa la figura di (OMISSIS) non solo come il destinatario della mediazione promessa a (OMISSIS) da (OMISSIS), ma anche come colui che si stava spendendo con (OMISSIS) per risolvere la vicenda (OMISSIS).
In tale prospettiva, la ricostruzione del fatto ad opera della sentenza impugnata in termini di reato commesso dal ricorrente in concorso con (OMISSIS), quali soggetti mediatori, non si pone in contrasto con il giudicato formatosi per la posizione degli altri coimputati.
La sentenza impugnata ha in particolare evidenziato gli incontri tra (OMISSIS), (OMISSIS) e il ricorrente per affrontare il problema dei crediti delle cooperative verso (OMISSIS), le sollecitazioni fatte da (OMISSIS) al ricorrente in presenza di (OMISSIS) perche’ intervenisse su (OMISSIS) per sbloccare i pagamenti. La Corte di appello ha anche accertato le pretese economiche recl(OMISSIS)te da (OMISSIS) verso (OMISSIS) per aver contribuito (facendo da tramite di (OMISSIS)) allo sblocco dei primi finanziamenti comunali ad (OMISSIS) e per il conseguente pagamento da parte di (OMISSIS) di alcune fatture alle cooperative (circostanza che la Corte di appello ha plausibilmente desunto dal commento fatto da (OMISSIS)’ – a cornetta aperta – alla richiesta di (OMISSIS) della ulteriore somma di 40.000 (OMISSIS)o, nonostante non fosse stato ottenuto all’epoca il promesso sblocco dei pagamenti).
In particolare, dalla sentenza impugnata risulta che (OMISSIS), dopo aver richiesto 40.000 (OMISSIS)o per tale mediazione, aveva ricevuto da (OMISSIS) tale somma il 20 febbraio 2013 (come era emerso dall’annotazione fatta dalla segretaria di (OMISSIS)), ovvero nello stesso giorno in cui quest’ultimo aveva appreso che era stato deliberato da (OMISSIS) il pagamento di una tranche di fatture per le cooperative di (OMISSIS); che il 9 aprile 2013 aveva preteso 20.000 (OMISSIS)o da (OMISSIS) per la mediazione per lo sblocco dei crediti (OMISSIS) e che il 17 aprile successivo, in coincidenza dei saldi di ulteriori fatture nel mese di aprile, dopo che (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano incontrati, quest’ultimo aveva avvisato la segreteria di (OMISSIS) dei bonifici fatti per la cena elettorale per 25.000 (OMISSIS)o e il 28 maggio 2013 aveva riconosciuto, dopo iniziali rimostranze, di dover versare a (OMISSIS) ulteriori 40.000 (OMISSIS)o, incaricando (OMISSIS) per il versamento.
Puo’ concludersi quindi che risulta ragionevolmente motivato dalla sentenza impugnata, alla luce di tale complessivo e convergente corredo probatorio, il carattere concorsuale del reato, risultando esposte in modo coerente le prove che dimostravano la sinergica e consapevole azione del ricorrente e di (OMISSIS) nell’offrire a (OMISSIS) – dietro compenso – un’attivita’ di mediazione, particolarmente qualificata per il ruolo del ricorrente, presso i pubblici agenti.
Anche per i pagamenti la Corte di appello ha offerto un ragionamento privo di vizi logico-giuridici con riferimento all’ipotesi concorsuale e al principio solidaristico, che ne informa la disciplina, secondo cui l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008 Fisia Italimpianti, in motivazione).
Che il ricorrente fosse consapevole del carattere oneroso della mediazione offerta in concorso con (OMISSIS) a (OMISSIS) e’ circostanza che la Corte di appello ha desunto non solo dal pagamento della cena elettorale, per quanto sopra esposto, ma piu’ generale dalle modalita’ con cui la collaborazione tra i due imputati si era realizzata nel tempo, descritte dalla Corte di appello nella sentenza impugnata: un rapporto di assoluta simbiosi, quale emergente dal corredo probatorio.
In particolare, le captazioni avevano rivelato che costoro in piu’ occasioni avevano dimostrato di essere ben informati di argomenti oggetto delle conversazioni avute da (OMISSIS) con l’uno o l’altro, che si erano alternativamente interfaccciati con (OMISSIS), ora contattando il ricorrente direttamente (OMISSIS) (al quale aveva chiesto anche versamenti di somme) ora (OMISSIS) rinviando (OMISSIS) a parlare con il ricorrente; che (OMISSIS) era ritenuto da (OMISSIS) il necessario tramite per entrare “nelle grazie” del Sindaco; che era stato (OMISSIS) a richiedere a (OMISSIS) la somma di 100.000 (OMISSIS)o quale percentuale dei crediti sbloccati da (OMISSIS), versati alla Fondazione (OMISSIS) e quindi, come sopra esposto, ad (OMISSIS); che il ricorrente, quando aveva chiesto direttamente a (OMISSIS) di partecipare ad un evento a pagamento, aveva poi incaricato (OMISSIS) di ricontattare (OMISSIS) per aumentare la cifra versata; che sempre (OMISSIS) si era incontrato con (OMISSIS) e subito dopo aveva avvisato la segreteria di (OMISSIS) per i bonifici fatti per la cena del 19 aprile 2013.
8.6. Il reato cosi’ delineato si e’ protratto nella ricostruzione in fatto dei giudici di merito sino alla data dell’ultimo versamento in contanti a (OMISSIS), collocato in epoca successiva al 28 maggio 2013 (a questa data (OMISSIS) aveva comunque riconosciuto – dopo aver ricevuto le tranches dei pagamenti del 16 e 30 aprile 2013 – di dover corrispondere a (OMISSIS) la somma di 40.000 (OMISSIS)o). La effettiva dazione non e’ oggetto di contestazione, non avendo tra l’altro il ricorrente impugnato in questa sede il punto della confisca, che comprendeva anche tale somma, indicata come versata “in data successiva al 28 maggio 2013” a (OMISSIS) nel capo di imputazione quale prezzo del reato.
E’ appena il caso di precisare che il reato va considerato come unico e permanente, in quanto si e’ in presenza di un unico patto illecito tra le parti che si e’ sviluppato in relazione alle condotte del ricorrente e di (OMISSIS) di offrire – dietro compenso – a (OMISSIS) la loro mediazione presso i competenti pubblici agenti per sbloccare i pagamenti dovuti da (OMISSIS), nonche’ di (OMISSIS) di promettere ed effettuare per tale attivita’ multiple dazioni di danaro nel tempo, che si atteggiano in una progressione criminosa quali momenti consumativi di tale unico reato.
8.7. Cio’ premesso, con riferimento alle vicende in esame, riqualificati i fatti nella fattispecie di cui all’articolo 346 bis c.p., comma 3, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio, restando quindi assorbite dall’annullamento le censure versate nell’ultimo motivo.
Per la confisca, come per la vicenda dello sblocco dei crediti (OMISSIS), si impone, per effetto della riqualificazione, l’annullamento anche del punto della confisca, che va limitata, in ragione del titolo di reato, all’ablazione soltanto diretta del prezzo del reato.
9. Devono essere rigettati infine i motivi di ricorso relativi al capo 2).
9.1. Con una prima argomentazione, la difesa ha contestato la fallacia della ricostruzione dei fatti, denunciando il difetto della prova di un previo accordo tra il ricorrente e (OMISSIS) ai fini dell’illecito finanziamento.
La prospettiva difensiva non puo’ essere accolta.
Come gia’ affermato da questa Corte (Sez. 6, n. 41768 del 22/06/2017, Rv. 271282), pur accedendo all’orientamento, non pacifico, che ritiene che il reato alla L. 2 maggio 1974, n. 195, articolo 7, comma 3, sia una fattispecie plurisoggettiva a concorso necessario, non e’ richiesto dalla norma penale il previo accordo dell’erogatore e del percettore sulla provenienza del finanziamento e sulla mancanza delle condizioni che legittimerebbero lo stesso, ma soltanto la semplice consapevolezza, per la punibilita’ di ciascuno dei correi, dei suddetti dati.
Condizione indispensabile per la configurazione del delitto in esame e’ quindi che chi riceve il finanziamento conosca l’appartenenza del denaro (o del servizio) nonche’ la insussistenza delle due condizioni (difetto di deliberazione dell’operazione da parte dell’organo sociale competente o difetto di regolare iscrizione dell’operazione in bilancio), le quali rendono illecita la contribuzione (Sez. 6, n. 12729 del 17/10/1994, Rv. 199995).
Peraltro, come la stessa giurisprudenza ha precisato (Sez. 6, n. 41768 del 22/06/2017, cit.), ai fini della liceita’ di un finanziamento o contributo a partiti da parte di societa’ non a partecipazione o controllo pubblico, e’ necessario che l’operazione sia stata deliberata dall’organo sociale competente e regolarmente iscritta in bilancio (entrambi i requisiti devono sussistere e conseguentemente a realizzare l’illegittimita’ dell’erogazione e’ sufficiente l’essenza di uno solo) e che rientrano nella fattispecie incriminatrice i finanziamenti indiretti, ovvero quelli mascherati sotto un diverso nomen iuris o erogati per interposta persona.
Nel caso in esame, la Corte di appello ha ritenuto, conformemente al giudice di primo grado, che l’operazione non solo era avvenuta senza il rispetto delle suddette condizioni (difettava la delibera di (OMISSIS)), ma che avesse integrato un finanziamento indiretto.
La sentenza impugnata ha dimostrato adeguatamente e senza vizi rilevabili in questa sede la consapevolezza da parte del ricorrente di ricevere un finanziamento indiretto e quindi illecito.
La Corte di appello ha posto in evidenza le seguenti circostanze: era stato il ricorrente a chiedere a (OMISSIS) l’erogazione estemporanea di 10.000 (OMISSIS)o a sostegno della sua campagna elettorale delle Europee del 2014 da eseguire in tempi strettissimi (incompatibili con una deliberazione da parte dell’ente erogatore); il finanziamento fu eseguito, su indicazione del ricorrente a favore della Fondazione (OMISSIS), con causale falsa (ovvero quale contributo da destinare alle “finalita’ istituzionali” dell’ente, che tuttavia non poteva per norme statutarie finanziare campagne elettorali) e pervenne per il tramite di un soggetto del tutto estraneo ((OMISSIS) di (OMISSIS)), come lo stesso ricorrente era a conoscenza.
I rilievi difensivi sul punto finiscono per attingere il merito della valutazione delle prove e non sono consentiti in questa sede.
9.2. La questione dell’inutilizzabilita’ delle captazioni, formulata la prima volta in sede di legittimita’, e’ rappresentata in termini generici (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416) sia per la mancata allegazione dei dati processuali necessari sia in particolare in ordine alla decisivita’ del vizio (risultando sia le dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di esame sia le prove documentali).
9.3. Le censure avanzate con riferimento alla delibera adottata dalla cooperativa il 24 gennaio 2014 ripropongono un tema che risulta affrontato dalla Corte di appello con motivazione immune da vizi rilevabili in questa sede.
La sentenza impugnata ha infatti adeguatamente spiegato perche’ questa delibera, relativa ad un’erogazione disposta a favore della Fondazione (OMISSIS), non potesse riguardare il finanziamento in esame: si trattava di “ratifica” ex post di una richiesta di contributo gia’ avanzata a far data almeno del 2013 (come si da’ atto nella stessa delibera); il versamento era stato chiesto dal ricorrente a (OMISSIS) solo nel marzo 2014 (dalle captazioni risultava che si trattasse di un “ulteriore” contributo rispetto ad altri gia’ richiesti in precedenza); dalla documentazione sequestrata presso la abitazione del ricorrente nel dicembre 2014 viene dato atto di un finanziamento per la cena del 2014 con un bonifico di Cooperativa (OMISSIS).
Quanto alla mancata iscrizione in bilancio, il ricorrente non si confronta con la giurisprudenza sul punto, sopra richiamata (Sez. 6, n. 5531 del 27/03/1996, Rv. 205012).
10. Conclusivamente, si impongono le seguenti statuizioni precisate in dispositivo.
10.1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con riferimento al reato di corruzione contestato in relazione alla gara n. 18/11 per non aver commesso il fatto.
10.2. Le rimanenti condotte contestate al capo 1) devono essere riqualificate nel diverso reato di traffico di influenze illecite (articolo 346 bis c.p., comma 3), con l’effetto che la sentenza impugnata va annullata, senza rinvio, in relazione alla vicenda dello sblocco dei pagamenti da parte di (OMISSIS) s.p.a., perche’ il reato e’ estinto per prescrizione, confermando le statuizioni civili, e, con rinvio, ad altra sezione della Corte di appello di (OMISSIS) per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio in relazione al residuo reato di cui al capo 1) (tenuto conto dell’epoca del commesso reato) e di quello indicato al capo 2).
10.3. La sentenza impugnata va altresi’ annullata con rinvio anche in relazione alla disposta confisca, per la determinazione dell’oggetto dell’ablazione, tenuto conto della assoluzione per la gara n. 18/11 e della riqualificazione delle restanti condotte.
10.4. Per il resto il ricorso va rigettato e va dichiarata l’irrevocabilita’ della sentenza in relazione alla responsabilita’ del ricorrente per i reati come sopra indicati.
10.5. Va infine disposta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado dalle parti civili, che si liquidano come indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento al reato di corruzione contestato in relazione alla gara 18/11 per non aver commesso il fatto. Qualificate le rimanenti condotte contestate al capo 1) nel diverso reato di traffico di influenze illecite (articolo 346 bis c.p., comma 3), annulla la medesima sentenza, senza rinvio, in relazione alla vicenda dello sblocco dei pagamenti da parte di (OMISSIS) s.p.a., perche’ il reato e’ estinto per prescrizione, confermando le statuizioni civili, e, con rinvio, ad altra sezione della Corte di appello di (OMISSIS) per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio in relazione al residuo reato di cui al capo 1) e di quello indicato al capo 2), nonche’ in relazione alla disposta confisca.
Rigetta nel resto il ricorso.
Condanna (OMISSIS) a rifondere le spese del presente grado di giudizio in favore delle parti civili, che si liquidano per (OMISSIS) s.p.a in (OMISSIS)o 3.510,00, oltre accessori di legge, e per (OMISSIS) in (OMISSIS)o 3.510,00, oltre accessori di legge, nonche’ in favore di (OMISSIS) Onlus, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di appello di (OMISSIS) con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Visto l’articolo 624 c.p.p., dichiara l’irrevocabilita’ della sentenza in relazione alla responsabilita’ del ricorrente per i reati come sopra indicati.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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