In tema di prova dichiarativa

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|3 novembre 2021| n. 39498.

In tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, prescindendo da indici formali quali l’eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, sicchè il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità.

Sentenza|3 novembre 2021| n. 39498. In tema di prova dichiarativa

Data udienza 25 giugno 2021

Integrale

Tag – parola: Truffa e falso ideologico in atto pubblico commesso dal pubblico ufficiale – Prove dichiarative – Valutazione della possibilità o meno di considerare i dichiaranti come soggetti indagabili – Apprezzamento degli elementi di fatto e delle prove – Giudizio di merito – Diniego delle attenuanti generiche – Giudizio negativo sulle personalità degli imputati – Congruità della motivazione – Inammissibilità – prova dichiarativa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – rel. Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/01/2020 della CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CALASELICE BARBARA;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIORDANO LUIGI ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi.
La parte civile ha chiesto l’inammissibilita’ depositando conclusioni scritte e nota spese.
I difensori hanno chiesto l’accoglimento dei ricorsi.

prova dichiarativa

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha riformato la condanna, emessa dal Tribunale di Cosenza in data 15 marzo 2017, nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione ai reati loro ascritti, assolvendo i predetti imputati dal reato di cui al capo 5 (articolo 110 c.p.p., 640, comma 2, n. 1, articolo 61 c.p., n. 7 e 9) perche’ il fatto non sussiste e da quello di cui al capo 13 (articolo 479 c.p., e articolo 61 c.p., n. 2) perche’ il fatto non costituisce reato, nonche’ dichiarando l’estinzione per intervenuta prescrizione in relazione al reato di cui al capo 1 (articoli 110 e 479 c.p., articolo 61 c.p., n. 2).
Quindi, ritenuta la continuazione tra le residue imputazioni di cui ai capi 3 (articolo 110 c.p., articolo 640 c.p., comma 2, n. 1 e articolo 61, n. 7 e 9), 6 (articolo 479 c.p., articolo 61 c.p., n. 2) e 7 (articoli 110 e 479 c.p., articolo 61 c.p., n. 2) in quest’ultimo dichiarato assorbito il reato di cui al capo 8 (articoli 110 e 323 c.p.), la pena complessiva irrogata al (OMISSIS) e’ stata rideterminata in quella di anni uno mesi sette di reclusione, mentre quella irrogata alla (OMISSIS) in quella di anni uno mesi cinque di reclusione, riconoscendo ad entrambi il beneficio della sospensione condizionale della pena, con revoca delle pene accessorie irrogate, conferma della confisca, sino al valore di Euro 60.479,00, riduzione dell’ammontare della provvisionale disposta con conferma, nel resto, dell’impugnata sentenza.

 

prova dichiarativa

1.1. Il primo giudice aveva condannato:
– (OMISSIS) alla pena complessiva di anni quattro mesi sei di reclusione ed Euro mille di multa (irrogando le pene di: anni uno mesi sette di reclusione per i reati di cui ai capi 1 e 3, anni uno mesi quattro di reclusione ed Euro mille di multa per il reato di cui al capo 5, nonche’ per i capi 6, 7 e 8, anni uno mesi sette di reclusione);
– (OMISSIS) alla pena complessiva di anni cinque di reclusione ed Euro mille di multa (irrogando le pene di: anni uno mesi sette di reclusione per i reati di cui ai capi 1 e 3, anni uno mesi quattro di reclusione ed Euro mille di multa per il reato di cui al capo 5, per i capi 6, 7 e 8, anni uno mesi quattro di reclusione, per il capo 13 mesi nove di reclusione, concesse all’imputata le circostanze attenuanti generiche).
Per entrambi, poi, era stata pronunciata condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, con condanna alla provvisionale di Euro 220.421,00 e confisca delle somme e dei beni in sequestro, fino all’ammontare di Euro 110.414,00.
1.2. Si tratta di quattro distinte vicende, ascritte ai ricorrenti nella veste, il primo di Presidente del Consorzio per lo Sviluppo industriale della Provincia di Cosenza, la seconda quale Direttore generale del detto consorzio e Segretario del Comitato direttivo dell’ente, relative:
– alla falsita’ del verbale di assemblea generale dell’ASI, del 27 giugno 2009, che faceva figurare come assunta una delibera di riconoscimento del rimborso forfettario non vagliata dall’organo collegiale permettendo a (OMISSIS) di percepire, per il triennio, emolumenti non dovuti a titolo di rimborso (capi 4, gia’ dichiarato estinto per prescrizione e 5);
– alla falsita’ del verbale del Comitato direttivo dell’ASI del 19 ottobre 2010 che faceva figurare come assunta la delibera di aumento retributivo e proroga del contratto, non vagliata da detto organo collegiale, permettendo alla (OMISSIS) (capi da 1 a 3) di percepire, in un triennio, emolumenti non dovuti a titolo di aumento della retribuzione mensile;

 

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– al rinnovo del decreto presidenziale n. 10 del 10 maggio 2013, falsamente ratificato dal Comitato direttivo nella seduta del 21 giugno 2013, interrotta senza decisione del merito, del contratto di lavoro a tempo determinato che legava la (OMISSIS) al Consorzio, a dispetto del contrario avviso del Comitato direttivo del 6 settembre 2012, nota presidenziale del 28 settembre 2012 (capi 6, 7, 8);
– alla falsita’, ascritta alla (OMISSIS), in relazione all’incarico conferito a (OMISSIS), quale consulente contabile e del lavoro (capo 13 della sentenza di primo grado).
2. Avverso la pronuncia propongono distinti ricorsi, per il tramite dei difensori, entrambi gli imputati.
2.1. (OMISSIS) nei motivi di seguito riassunti, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., denuncia sei vizi.
2.1.1. Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione e travisamento di prove decisive.
I giudici di merito avrebbero valutato la prova dichiarativa, privilegiando la ricostruzione che da questa derivava, senza considerare quella documentale, assistita da funzione cognitiva privilegiata. Si denuncia, infatti, un vulnus dell’indagine, rappresentato dal mancato esame della documentazione contabile, in quanto i fatti attengono ad indennita’ certificate che, invece, secondo i testimoni escussi, sarebbero state mal deliberate.
Si assume che i bilanci dell’ente sono autentici, ne’ ne e’ stata posta in discussione la regolarita’ formale e sostanziale. I documenti due volte all’anno venivano elaborati ed approvati, una volta predisposti dai membri del Comitato direttivo, sulla base dei documenti contabili dell’ente e sulla base degli stessi documenti poi approvati dall’assemblea generale. Per quanto concerne i contestati costi del personale degli organi, si tratta di parti che venivano predisposte e approvate dagli stessi soggetti, successivamente interrogati come testi nel procedimento di primo grado, sulla veridicita’ delle delibere.

 

prova dichiarativa

Si segnala, inoltre, che il verbale del 27 giugno 2011 relativo al bilancio al 31 dicembre 2010, allegato agli atti ed al ricorso, del tutto trascurato dalla Corte di appello, indica l’attivita’ svolta dal collegio dei revisori (che secondo la Difesa la sentenza di appello farebbe passare quale meri “passacarte”), all’esito della quale questi attestavano la conformita’ delle azioni deliberate alla legge ed allo statuto e che queste non erano tali da compromettere il patrimonio sociale.
Infine, si sottolinea che sarebbe stata trascurata del tutto la consulenza tecnica di parte, giunta a conclusioni opposte rispetto a quelle dei revisori denuncianti, nonche’ si lamenta il mancato espletamento di perizia ex officio, a fronte di visioni opposte, le prime, peraltro, sostenute da soggetti che hanno continuato ad espletare la funzione di revisori presso il medesimo consorzio, costituito parte civile nel presente procedimento.
2.1.2. Con il secondo motivo si eccepisce l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni testimoniali sulle quali fonda la condanna, ex articolo 63 c.p.p. e correlato vizio di motivazione, sotto il profilo della illogicita’ manifesta.

 

prova dichiarativa

Si deduce l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni testimoniali provenienti da soggetti “indagabili” per i medesimi reati contestati, nella veste di componenti del comitato direttivo del collegio dei revisori e dell’assemblea generale.
Si tratta, per il ricorrente, di inutilizzabilita’ patologica rispetto alla quale, quindi, non potrebbe considerarsi l’avvenuta acquisizione, con il consenso della Difesa, con riferimento ai verbali di sommarie informazioni testimoniali, rese nella fase delle indagini preliminari. Si sottolinea, poi, che il procedimento aveva preso le mosse dalla denuncia dei revisori che imputavano i fatti denunciati a inadempimenti ed omissioni del direttore generale o del management, riferendo, dunque i fatti riscontrati anche a terzi rispetto al Presidente e direttore generale del Consorzio che sottoscrivevano i verbali redatti. Tanto, anche in relazione alla vicenda relativa all’aumento di stipendio deliberato in favore del direttore generale, rispetto alla quale la seconda denuncia chiedeva di procedere ad “indagarsi sul punto”; sicche’, per la Difesa, andavano considerati indagati tutti i soggetti che avevano partecipato e licenziato la delibera nella seduta del 19 ottobre 2010 in favore del direttore generale, poi escussi come persone informate dei fatti. Anche in relazione ai dichiaranti che la Corte territoriale indica come soggetti a carico dei quali non vi erano indizi di reita’ prima dell’assunzione di informazioni nel corso delle indagini, si deduce che i denuncianti erano proprio coloro che avrebbero potuto rispondere quali responsabili nei cui confronti, dunque, andava attivato il meccanismo di garanzia di cui all’articolo 63 c.p.p..
2.1.3. Con il terzo motivo si denuncia travisamento della prova e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’articolo 110 c.p., articolo 640 c.p., comma 2, (capo 3: Delib. n. 9 del 19 ottobre 2010).

 

prova dichiarativa

Il giudice di secondo grado travisa, secondo la Difesa, il contenuto del Decreto n. 3 del 2011, adottato il 24 giugno 2011, poi ratificato dal Comitato direttivo del Consorzio il 3 agosto 2011 (atti allegati al ricorso in ossequio al requisito dell’autosufficienza). Da tali atti deriva, secondo il ricorrente, che all’indennita’ aggiuntiva, che, in data 19 ottobre 2010, era stata riconosciuta al Direttore generale, era stato attribuito carattere di straordinarieta’ e che questa sarebbe cessata al dicembre 2013 per essere rivalutata.
Il decreto, peraltro, veniva ratificato nella seduta del 3 agosto 2011, immediatamente successiva a quella del 19 dicembre 2010 (alla quale aveva partecipato, come alla prima, anche il medesimo componente del Comitato direttivo, Dott.ssa (OMISSIS)) con verbale non falso, ma autentico tanto che il primo giudice aveva assolto i ricorrenti dal reato di cui al capo 11 dell’originaria imputazione, perche’ il fatto di cui all’articolo 479 c.p. non sussiste, fattispecie che si assume, intrinsecamente, essere collegata a quello sub 3.
Si tratta di seduta alla quale, secondo il ricorrente, avrebbero partecipato tutti i membri del collegio dei revisori dei conti che nulla avrebbero messo in discussione, quanto al contenuto del verbale del 3 agosto 2011.
Diversamente da quanto sostenuto dalla Corte territoriale, nel respingere il relativo motivo di appello, nella seduta del 3 agosto 2011 il Comitato direttivo non si era limitato ad approvare i premi produzione dei dipendenti, ma aveva anche ratificato il decreto presidenziale n. 3 del 2011 che aveva attribuito all’indennita’ aggiuntiva del Direttore generale, stabilita il 19 ottobre 2010, carattere straordinario. Si tratta di decisione che assumerebbe valenza certificativa della Delib. del 19 ottobre 2010 citata. Ne’ la Corte territoriale spiegherebbe, per la Difesa, come mai la previsione di un termine finale per l’indennita’ debba essere considerata un’interpolazione del decreto del mese di ottobre 2010, svolta dal Presidente (OMISSIS), all’insaputa degli altri membri del Comitato direttivo.

 

prova dichiarativa

Si tratta di indennita’ (o premio di risultato, come si vuole qualificare, secondo la Difesa) riconosciuta alla (OMISSIS) per i risultati annuali raggiunti volti al recupero di milioni di Euro a favore dell’ente, dunque del tutto coerente con l’oggetto della seduta (premi personale dipendente) non limitato alla ratifica dei soli premi di produzione dei dipendenti.
Infine, si sostiene che l’acquisizione da parte della (OMISSIS) dell’importo complessivo contestato (Euro 123.900,00) non deriverebbe dalla delibera che si assume falsa, del 19 ottobre 2010, ma dal Decreto n. 3 del 2011 e dal verbale del 3 agosto 2011, con la conseguenza che dovrebbe considerarsi non dovuta la sola indennita’ corrisposta tra il 19 ottobre 2010 ed il successivo atto di ratifica del 3 agosto 2011, di importo senz’altro inferiore.
Tanto, anche ai fini di una diversa quantificazione della provvisionale concessa per tale capo di imputazione.

 

prova dichiarativa

2.1.4. Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’articolo 479 c.p., per il reato di cui al capo 6, per difetto di immutatio veri e vizio di motivazione correlato, nonche’ travisamento di prova decisiva.
Il giudice di merito riferisce di inerzia, da parte dell’ente, durata oltre sei mesi, non avendo il Consorzio intrapreso alcuna iniziativa per verificare la possibilita’ di un nuovo contratto a condizioni meno onerose, nelle more della scadenza del contratto del Direttore generale. L’atto, invece, renderebbe conto dell’assenza di determinazioni da parte dell’ente che, per la Corte territoriale, sarebbe frutto di artificio costruito dal Presidente per ottenere la proroga automatica. Invece, si sottolinea che (OMISSIS), effettivamente, aveva rappresentato la volonta’ dell’ente a settembre 2012, nonche’ ad aprile 2013, quando si prese atto della tacita rinnovazione del contratto non essendo intervenuta, nei termini previsti, alcuna rinegoziazione.
Si evidenzia, peraltro, che due componenti del Comitato direttivo avevano manifestato la volonta’ di “congelare” i contratti in scadenza per verificare la possibilita’ di un risparmio di spesa. Sicche’, sarebbe stato onere di tali proponenti sollecitare il Comitato per la rimodulazione del contratto rilevando che, comunque, dai verbali di sedute elencati a pagg. 28 e sgg., riportati per estratto nel ricorso, il Presidente (OMISSIS) si era allineato alla richiesta di uno dei proponenti, al fine di ridurre le spese.
Da ultimo, si sottolinea che quando il Presidente aveva posto all’attenzione del Comitato la questione relativa al rinnovo tacito dei contratti, la discussione, sul punto, era stata rinviata ad altra data.

 

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2.1.5. Con il quinto motivo si denuncia travisamento della prova e vizio di motivazione in relazione al capo 7 (verbale 21 giugno 2013)
Sarebbe stato omesso ogni esame di otto decreti presidenziali, oggetto delle deliberazioni del verbale del 21 giugno 2013, asseritamente falso nella parte relativa all’attestazione di avvenuta ratifica del decreto n. 10, avente ad oggetto il rinnovo quinquennale dei patti del contratto da Direttore generale dell’ente alla (OMISSIS). Sarebbero state, altresi’, del tutto trascurate le argomentazioni svolte, sul punto, con il gravame, con particolare riferimento all’avvenuta ratifica di altri decreti, uno dei quali riguardanti il teste (OMISSIS) e le attivita’ autorizzate e da compiere quale membro del Comitato direttivo, il quale aveva escluso, in sede di prova testimoniale che, nella seduta del 21 giugno 2013, si fosse proceduto a ratifica di decreti del presidente.
2.1.6. Con il sesto motivo si denuncia vizio di motivazione e vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Si nega il beneficio sulla base del comportamento processuale del ricorrente, ma si fa notare che non e’ stato posto in essere alcun contegno in violazione della lealta’ processuale, avendo (OMISSIS) soltanto esercitato il proprio diritto di difesa, confutando la credibilita’ ed attendibilita’ dei denuncianti. Cio’, peraltro, senza tenere conto delle assoluzioni pronunciate in grado di appello e delle motivazioni, a sostegno delle stesse, quanto al comportamento di presidente e direttore ritenuto, dalla stessa motivazione censurata, corretto e conforme ad esigenze di spending review.
2.2. (OMISSIS), nei motivi di seguito riassunti, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., denuncia sei vizi.
2.2.1. Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione e travisamento di prove decisive, con argomenti comuni e sovrapponibili rispetto a quelli proposti dal coimputato al § 2.1.1., al quale si opera rinvio.

 

prova dichiarativa

2.2.2. Con il secondo motivo si eccepisce l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni testimoniali sulle quali fonda la condanna, ex articolo 63 c.p.p. e correlato vizio di motivazione, sotto il profilo della illogicita’ manifesta.
Si deduce l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni testimoniali provenienti da soggetti “indagabili” per i medesimi reati contestati, nella veste di componenti del Comitato direttivo, del collegio dei revisori e dell’assemblea generale, con argomenti sovrapponibili a quelli indicati al § 2.1.2. cui si opera rinvio.
2.2.3. Con il terzo motivo si denuncia travisamento della prova e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’articolo 110 c.p., articolo 640 c.p., comma 2.
(capo 3: Delib. n. 9 del 19 ottobre 2010).
Il giudice di secondo grado travisa, secondo la Difesa, il contenuto del Decreto n. 3 del 2011, adottato il 24 giugno 2011, poi ratificato dal Comitato direttivo del Consorzio il 3 agosto 2011 (atti allegati al ricorso in ossequio al requisito dell’autosufficienza), con argomenti sovrapponibili a quelli spesi per il coimputato, al § 2.1.3. cui si fa rinvio.
2.2.4. Con il quarto motivo si denuncia travisamento della prova decisiva e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’articolo 479 c.p. contestato al capo 7, relativo alla falsita’ ideologica del verbale della seduta del Comitato direttivo del 21 giugno 2013, svolgendo le medesime argomentazioni di cui al § 2.1.5. al quale si opera rinvio.
2.2.5. Con il quinto motivo si denuncia vizio di motivazione relativamente alla valutazione di documenti e prove testimoniali, sotto il profilo della manifesta illogicita’.
Le prove esaminate avrebbero dovuto condurre a pronuncia assolutoria, quanto meno ai sensi dell’articolo 530 c.p.p..

 

prova dichiarativa

Si contesta (in relazione al par. 5.2.), la compiuta svalutazione del valore indiziario dell’approvazione del Decreto n. 3/2011. Si ritiene, da parte della Corte territoriale che, mancando nel verbale il riferimento alla discussione sull’indennita’ aggiuntiva figurante nel dispositivo, il riconoscimento di quella indennita’ non possa essere fondato sul verbale del mese di ottobre 2010. Si sostiene, invece, che mancando una discussione su alcuni dei punti approvati, il contenuto dell’approvazione debba intendersi riferita comunque a tutto l’oggetto, compreso il suo dispositivo (mancanza del nominativo della (OMISSIS) che compare solo in dispositivo).
Si censura anche la valutazione compiuta relativamente ai testi a carico, con particolare riferimento alle censure mosse con l’atto di appello circa le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ in merito alla testimonianza di (OMISSIS), risultando, in relazione al predetto teste, che la Corte territoriale in sostanza finisce per aderire a mera illazione, trattandosi di addetto al controllo degli atti (la Corte di appello finisce per affermare che (OMISSIS) si “fidava” e, dunque, non leggeva nemmeno i provvedimenti in bacheca). Si contesta, del pari, la valutazione di attendibilita’ della testimonianza della (OMISSIS), che si sostiene mossa da una posizione colpevolista cui si ispira il provvedimento censurato, a danno dell’imputata. A pag. 37 del ricorso, poi, si indicano i passi della motivazione, relativa ai testi a discarico, che, secondo la Difesa, dimostrerebbero la posizione preconcetta della Corte territoriale, ponendo a carico dell’imputata un onere probatorio definito singolare.

 

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2.2.6. Con il sesto motivo si denuncia vizio di motivazione e violazione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Si nega il beneficio sulla base del comportamento processuale ma la ricorrente fa notare che non vi e’ stata violazione del dovere di lealta’ processuale, avendo la (OMISSIS) esercitato il proprio diritto di difendersi, offrendo elementi atti a sconfessare la credibilita’ e attendibilita’ dei denuncianti. Cio’, peraltro, senza tenere conto delle assoluzioni pronunciate in grado di appello e delle motivazioni a sostegno delle stesse, quanto al comportamento di presidente e direttore ritenuto, dalla stessa Corte territoriale, corretto e conforme ad esigenze di spending review.
3. Risulta depositata memoria difensiva, in data 16 ottobre 2020, contenente motivi nuovi nell’interesse di (OMISSIS).
3.1. Con il primo motivo si denuncia erronea applicazione dell’articolo 640 c.p., in relazione al delitto di cui al capo 3, per insussistenza del nesso causale tra la Delib. del 19 ottobre 2010 e l’erogazione dell’aumento di retribuzione del Direttore generale, con omessa motivazione (rispetto al terzo motivo di ricorso).
Gli artifici e raggiri del reato di truffa sono quelli di cui al capo 1, secondo la stessa contestazione, costituiti dal falso ideologico nella delibera attraverso il quale sarebbe stato indotto in errore l’ufficio ragioneria del Consorzio ASI. Dalle sentenze di merito, invece, non risulta alcuna induzione in errore dell’ente erogatore, mai derivata dall’utilizzo o menzione dell’atto falso. Anzi, risulta che l’atto era custodito dalla (OMISSIS) e mai esibito ad alcuno.
Non vi sarebbe, per la ricorrente, motivazione sulla sussistenza del nesso causale, tra condotta fraudolenta e errore, tra l’errore e l’atto di disposizione, nonche’ tra questo e il danno arrecato all’ente ed il profitto per l’autore.

 

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Non vi e’ motivazione, secondo la Difesa, sugli elementi costitutivi del delitto di truffa e sarebbero stati trascurati elementi di prova dai quali deriverebbe la spiegazione delle ragioni per le quali l’aumento e’ stato erogato.
Il Rango avrebbe dato semplicemente esecuzione al deliberato nella riunione del 19 ottobre 2010, senza alcuna induzione in errore o artificio rappresentato dal falso che, dunque, non sussiste.
Si chiede, poi, l’estinzione del reato per prescrizione, posto che il reato si perfeziona in data 3 agosto 2011, con estinzione intervenuta prima della sentenza di secondo grado, incidendo, secondo la ricorrente, la prescrizione, sulla condanna risarcitoria.
3.2. Con il secondo motivo si denuncia erronea applicazione dell’articolo 479 c.p. per insussistenza della qualifica di pubblico ufficiale, nonche’ omessa motivazione, con riferimento al reato di cui al quarto motivo principale.
I reati di falso ideologico riguardano due delibere, del 19 ottobre 2010 e del 21 giugno 2013, attinenti al profilo della retribuzione e ai rapporti con il personale, i quali non hanno natura pubblicistica, in quanto relativi a rapporti di lavoro. Anche in relazione ai Consorzi ASI, per effetto della L. 5 ottobre 1991, n. 317, articolo 36, il rapporto di lavoro con il personale di detti enti e’ assoggettato a regime dei rapporti di diritto privato, ai sensi degli articoli 2023 e 2129 c.c.. La (OMISSIS) aveva, con l’ente, un rapporto di lavoro dipendente, sicche’ non potrebbe ravvisarsi nelle delibere attinenti detto rapporto di lavoro la natura di atto pubblico.
3.3. Con il terzo motivo aggiunto si denuncia travisamento della prova in ordine alla presunta falsita’ delle delibere indicate ai capi 3 e 7.
La falsita’ delle delibere non e’ mai stata dichiarata dai revisori dei conti, ne’ nelle denunce dagli stessi sporte, ne’ nelle sommarie informazioni e nelle deposizioni testimoniali delle quali si riportano stralci. Sicche’ le prove sarebbero state travisate e, comunque, vi sarebbe contraddittoria motivazione in quanto fondata su deposizioni che non contengono alcuna dichiarazione della falsita’ delle medesime delibere. Inoltre, si sottolinea che la previsione di cui all’articolo 63 c.p.p., opera con riferimento alla qualita’ oggettivamente attribuibile al dichiarante al momento in cui questi ha reso le dichiarazioni (richiamando precedente di legittimita’: Sez. 4 n. 46203 del 14.11.2019).
3.4. Con il quarto motivo aggiunto si denuncia omessa, contraddittoria ed illogica motivazione.

 

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La sentenza di appello ha assolto gli imputati dal delitto di cui al capo 5, perche’ il fatto non sussiste. Da tale pronuncia la sentenza avrebbe dovuto trarre la necessita’ di spiegare le ragioni per le quali il (OMISSIS), sottoscrittore delle due delibere indicate ai capi 1 e 7, avrebbe dovuto prestarsi a commettere i falsi contestati, essendo venuta meno la costruzione accusatoria dell’esistenza di un patto di do ut des, di reciproca convenienza, tra (OMISSIS) e (OMISSIS).
4. Il Procuratore generale ha fatto pervenire requisitoria scritta, il Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, ex articolo 23, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza del Decreto Legge 1 aprile 2021, n. 44, articolo 1, con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi.
4.1. La parte civile ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi depositando conclusioni scritte e nota spese.
4.1. (OMISSIS) ha fatto pervenire articolata memoria di replica alla requisitoria e i difensori di entrambi gli imputati hanno fatto pervenire conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono manifestamente infondati o, comunque, devolvono censure non consentite in sede di legittimita’.
1. Il primo motivo di entrambi i ricorsi principali, e’ inammissibile.
Con la censura, in sostanza, si lamenta vizio di travisamento della prova per omissione, relativamente alla prova documentale, con riferimento ai bilanci dell’ente approvati dall’assemblea generale e alla documentazione contabile posta a base di questi, nonche’ al verbale del 27 giugno 2011 relativo al bilancio al 31 dicembre 2010, attestante, secondo la Difesa, la conformita’ delle azioni deliberate alla legge ed allo statuto e che queste non erano tali da compromettere il patrimonio sociale.
Si tratta di vizio non ammissibile. Conformemente all’indirizzo di questa Suprema Corte (ex multis, Sez. 4, n. 35963 del 3/12/2020, Rv. 280155; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 2, n. 47035 del 3710/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438) nel caso di cd. doppia conforme, il vizio di omessa valutazione di una prova indicata come decisiva, puo’ essere dedotto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), solo nel caso in cui si rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato e’ stato per la prima volta introdotto, come oggetto di valutazione, nella motivazione del provvedimento di secondo grado.
Ne’ puo’ incidere, su tale natura della pronuncia adottata, l’intervenuta assoluzione in grado di appello, concernente altro capo di imputazione (capo 5), come dedotto dalla difesa dalla (OMISSIS) anche nella memoria di replica fatta pervenire a mezzo p.e.c. Residua, invero, per i restanti reati, per i quali e’ stata confermata la condanna, una conforme affermazione di responsabilita’ in entrambi i gradi di giudizio. Sul punto, va richiamato il condivisibile principio, affermato da questa Corte nella sua piu’ autorevole composizione, cui il Collegio intende attenersi, secondo il quale la sentenza di condanna che riguardi piu’ reati ascritti allo stesso imputato, e’ idealmente scindibile, in ragione di ogni capo di imputazione, in altrettante autonome statuizioni di condanna, con la conseguenza che, sebbene i diversi capi siano contenuti in un unico documento-sentenza, ognuno di essi conserva la propria individualita’ ad ogni effetto giuridico (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268965).

 

prova dichiarativa

Inoltre, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo, specificamente indicati dal ricorrente, e’ ravvisabile solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la decisiva forza dimostrativa del dato probatorio, fermi restando il limite del devolutum e l’intangibilita’ della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774). Detta decisivita’ non si rinviene, nella specie, analizzando il complessivo ragionamento, non manifestamente illogico, dei giudici di merito.
La Corte territoriale, con ragionamento coerente e logico, ha indicato le conclusioni cui e’ giunta in relazione al decreto presidenziale del 2011 n. 3, indicando congrue ragioni per le quali non poteva ritenersi che l’atto avesse ad oggetto l’incremento di retribuzione del Direttore generale, precisando anche perche’ dovesse essere considerata univoca la volonta’ del Comitato direttivo, nel senso che i contratti in atto non andassero prorogati tacitamente.
Peraltro, la censura viene sollevata anche rispetto al mancato esame della consulenza tecnica di parte, genericamente indicato, rispetto alla necessaria decisivita’ della prova che si assume trascurata, nonche’ in ordine al mancato espletamento di perizia d’ufficio.
Su tale ultimo punto, si osserva che e’ pacifico l’orientamento secondo il quale spetta al giudice di merito la valutazione delle risultanze processuali per apprezzare, con giudizio insindacabile in sede di legittimita’ se sorretto da adeguata motivazione, la meritevolezza di una richiesta di perizia. Si tratta, dunque, di accertamento di fatto, che non puo’ essere devoluto in sede di legittimita’ (Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena, Rv. 254226; Sez. 4, n. 20593 del 12/04/2005, Rv. 232096, nel caso dei precedenti citati di tipo tossicologico e psichiatrico). Peraltro, detta motivazione puo’ ricavarsi, implicitamente, dall’istruttoria svolta nel corso del primo grado di giudizio, reputata esauriente ed in base alla quale la Corte territoriale ha ritenuto di poter decidere, senza disporre integrazioni ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., Tanto, considerato che la perizia (Sez. 6, n. 43526 del 3/10/2012, Ritorto, Rv. 253707) non rientra nella categoria della “prova decisiva” (ed il relativo provvedimento di diniego non e’ sanzionabile ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, e’ insindacabile in cassazione).
1.1. Il secondo motivo di entrambi i ricorsi e’ inammissibile in quanto genericamente formulato.

 

prova dichiarativa

Va, preliminarmente, rilevato che la Corte d’appello, nel reputare utilizzabili le dichiarazioni rese dai testimoni escussi di cui le difese eccepiscono l’inutilizzabilita’ perche’ provenienti da soggetti “indagabili” per i medesimi reati contestati, giunge a conclusione corretta, anche se la motivazione va precisata.
Va rilevato, in punto di diritto, che in tema di prova dichiarativa, allorche’ venga in rilievo la qualita’ del dichiarante, secondo un primo orientamento di questa Corte (Sez. n. 29357 del 22/03/2019, Rv. 276856; Sez. 5, n. 24300 del 19/03/2015, Rv. 263908) il divieto di utilizzazione nei confronti di terzi di dichiarazioni rese da persona che avrebbe dovuto essere sentito in qualita’ di indagato, non attiene alle dichiarazioni rese al giudice da soggetto che mai abbia assunto la qualita’ di imputato o di persona sottoposta ad indagini, considerato che, a differenza del Pubblico ministero, il giudice non puo’ attribuire ad alcuno, di propria iniziativa, la qualita’ di imputato o di persona sottoposta ad indagini, dovendo solo verificare che essa non sia gia’ stata formalmente assunta, sussistendo, in tal caso, l’incompatibilita’ con l’ufficio di testimone. Pertanto, il riferimento alla posizione sostanziale del dichiarante non esaurisce la verifica dei presupposti di applicabilita’ dell’articolo 63 c.p.p., ma si estende alla necessita’ della successiva formale instaurazione del procedimento a suo carico.
Secondo altro indirizzo, assunto da questa Corte anche nella sua piu’ autorevole composizione, cui il Collegio intende dare continuita’, il giudice e’, invece, chiamato a verificare, in termini sostanziali, la posizione del predetto dichiarante, prescindendo da indici formali, come l’intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, considerando l’attribuibilita’ allo stesso della qualita’ di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, sicche’ il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimita’ (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584; Sez. 6, n. 25425 del 04/03/2020, Rv. 279606; Sez. 4, n. 46203 del 19/09/2019, Rv. 27794).

 

prova dichiarativa

Nel caso di specie, comunque, l’accertamento di fatto, svolto dalla Corte territoriale, sorretto da motivazione congrua e non manifestamente illogica, dunque non censurabile in questa sede, ha dato conto delle ragioni per le quali, al di la’ della veste formale, pacificamente mai assunta dai denuncianti, i testimoni esaminati, ivi compresi i denuncianti, non fossero soggetti da reputarsi “indagabili”, al momento delle deposizioni rese, per il reato di falso, truffa o abuso d’ufficio, considerato anche che la denuncia dei revisori, che ha dato origine al procedimento, non ipotizzava violazioni relative alle decisioni adottate, ma in relazione alla loro autenticita’ (come correttamente osservato, nella requisitoria scritta, del Procuratore generale), falsita’ ideologica di cui i testimoni dell’accusa sono stati vittime rispetto a quanto riportato in delibera (cfr. pag. 24 della pronuncia di appello).
A fronte della motivazione offerta, che resiste anche al vaglio preteso dall’illustrato, piu’ sostanziale, indirizzo della giurisprudenza di questa Corte di legittimita’, la censura formulata non e’ specifica, dunque inammissibile, posto che i testimoni esaminati vengono genericamente indicati come “indagabili” e non e’ illustrata, specificamente, la ragione per ciascuno di essi, per la quale questi avrebbero dovuto assumere detta veste, alla data della rispettiva deposizione.
Per la Difesa, infatti, sono indicati come “indagabili”, in generale, tutti i soggetti che avevano partecipato alla seduta del 19 ottobre 2010, licenziando la delibera risultata favorevole al Direttore generale, tra i quali andrebbero compresi anche i dichiaranti poi escussi come persone informate dei fatti. Per la Difesa, avrebbero detta qualita’, invero, indistintamente, tutti i componenti del Comitato (cfr. pag. 6 della memoria difensiva di replica di (OMISSIS)), del collegio dei revisori o dell’assemblea, avendo partecipato all’assunzione di atti di cui si contesta la falsita’, senza giungere a distinguere rispetto a coloro i cui verbali di dichiarazioni sono stati acquisiti su accordo delle parti, ipotizzando una generale ed insanabile inutilizzabilita’ patologica. Ne’ si illustra, specificamente, l’incidenza dell’eventuale eliminazione di ciascun elemento probatorio, ai fini della cd. prova di resistenza, in quanto, come affermato dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimita’, condiviso dal Collegio, gli elementi di prova eventualmente acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (ex plurimis, Sez. 3, n. 3207 del 2/10/2014, Rv. 262011).
1.2. Il terzo motivo di entrambi i ricorsi e’ inammissibile.
Anche tale censura di travisamento della prova e vizio di motivazione (quanto al delitto di cui all’articolo 110 c.p., articolo 640 c.p., comma 2, contestato al capo 3: Delib. n. 9 del 19 ottobre 2010) e’ inammissibile, trattandosi di cd. doppia conforme affermazione di responsabilita’.

 

prova dichiarativa

Il giudice di secondo grado, a parere della Difesa, non avrebbe colto il dato di fatto, secondo cui il contenuto del decreto n. 3 del 2011, adottato nella seduta del 24 giugno 2011 (avente ad oggetto “premi al personale dipendente”), sarebbe stato ratificato dal Comitato direttivo del Consorzio il 3 agosto 2011.
In sostanza, la critica, contenuta in entrambi i ricorsi principali, formalmente devolve una censura ammissibile, ma invita la Corte di legittimita’ alla inammissibile (ri) lettura degli atti, con particolare riferimento al contenuto della deliberazione assunta nella seduta del 3 agosto 2011, sollecitando la diversa conclusione secondo cui il Comitato direttivo, in quella sede, non si era limitato ad approvare i premi produzione dei dipendenti, ma aveva anche ratificato il decreto presidenziale n. 3 del 2011, che aveva attribuito all’indennita’ aggiuntiva del Direttore generale, stabilita il 19 ottobre 2010 con la delibera n. 9 incriminata, carattere straordinario. Cosi’ riconoscendo alla (OMISSIS), un premio cd. di risultato, collegato ai lusinghieri risultati annuali raggiunti, in coerenza con l’ordine del giorno della seduta (denominato “premi personale dipendente”, ma non limitato, per i ricorrenti, alla ratifica dei soli premi di produzione dei dipendenti).
Sul punto, si rileva che l’esito del giudizio di responsabilita’ fondato, come nel caso in esame, su motivazione non manifestamente illogica ne’ contraddittoria, non puo’ essere invalidato da prospettazioni alternative, che si risolvano in una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di diversi parametri di ricostruzione e di valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dai giudici di merito, perche’ indicati come piu’ plausibili, o perche’ assertivamente dotati di una migliore capacita’ probatoria (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena, Rv. 254226; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148).
Del resto, la lettura del provvedimento censurato evidenzia come il verbale del 3 agosto 2011 sia descritto come atto autonomo rispetto al precedente verbale del mese di giugno, che, comunque, secondo le deposizioni convergenti dei testimoni, di proroga del contratto da parte del Comitato ed aumento degli emolumenti del 15% non si era parlato e che quest’ultimo non era inserito nell’ordine del giorno, concludendo per la falsita’ dell’integrazione dell’ordine del giorno medesimo, in merito a tali punti, con ragionamento privo di illogicita’ manifesta.
Infine, inammissibile appare la censura, diretta a quantificare diversamente l’ammontare della provvisionale concessa, in relazione a questo capo di imputazione, rispetto all’importo contestato di Euro 123.900,00.

 

prova dichiarativa

Si rileva che, rispetto all’entita’ del danno provocato e all’ammontare della provvisionale e’ inibito in questa sede ogni esame, dovendosi pacificamente ritenere che la determinazione della somma assegnata e’ riservata insindacabilmente al giudice di merito che, peraltro, non ha l’obbligo di espressa motivazione quando l’importo rientri nell’ambito del danno prevedibile (Sez. 4, n. 20318 del 10/01/2017, Mazzella, Rv. 269882). Ne’ potrebbe essere diversamente, atteso che la liquidazione delle somme dovute a titolo di provvisionale costituisce il frutto di una valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimita’, non essendo necessaria la prova dell’ammontare del danno subito dalla parte civile, occorrendo unicamente il raggiungimento della certezza della sua sussistenza sino all’ammontare della somma liquidata.
1.3. Il quarto motivo dei ricorsi principali e’ inammissibile, per quanto concerne il denunciato vizio di travisamento della prova, richiamando sul punto le argomentazioni svolte al § 1.
Con riferimento alla dedotta carenza di immutatio veri in relazione al reato di cui all’articolo 479 c.p. (capo 6), si osserva che la censura risulta versata in fatto e, comunque, reiterativa di identico motivo di appello, cui la Corte territoriale ha risposto con ragionamento immune da censure e logico (nel senso che la sostanziale riproposizione dei motivi di appello conduce all’aspecificita’ del ricorso, a norma dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c): Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo non mass.; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 9/02/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22/02/2002, Palma, Rv. 221693).
I ricorsi non si confrontano, adeguatamente, con la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui rende conto del contenuto della seduta del 6 settembre 2012, in cui i componenti del comitato direttivo avevano manifestato l’espressa volonta’ dell’ente di non prorogare i contratti con i collaboratori, consulenti e dirigenti interni in scadenza, come quello della (OMISSIS). La prospettata inerzia, poi, durata oltre sei mesi stante la carenza di iniziative da parte del Consorzio sulla possibilita’ di nuovi contratti a condizioni meno onerose, non e’ circostanza che conduce univocamente a condividere la versione difensiva. I giudici di merito, anzi, indicano la constatazione di detta inerzia, come artificio per giustificare la proroga, in favore della (OMISSIS), sulla base di un ragionamento non manifestamente illogico. Sul punto, la Corte territoriale ha valorizzato la proposta, estemporanea, proveniente da parte di due componenti del Comitato direttivo, di “congelare” i contratti in scadenza per verificare la possibilita’ di un risparmio di spesa. Si e’ poi, sottolineata la piena consapevolezza del (OMISSIS) della determinazione, chiara e netta dell’ente, assunta il 6 settembre 2012, di non far operare la proroga automatica dei contratti, tanto che ne aveva dato attuazione, anche attraverso la comunicazione della decisione alla (OMISSIS), a mezzo missiva. Si sottolinea, inoltre, l’assenza di iniziative del (OMISSIS) dirette a rinegoziare le condizioni con la (OMISSIS), seguita dalla disposta proroga, nella seduta del 22 aprile 2013, ove, con inversione di rotta, viene chiarito un diverso ambito di operativita’, dal punto di vista soggettivo, della determinazione (da applicare a dirigenti “poco presenti”), nonche’ dal Decreto del 10 maggio 2013, n. 10 che prende atto della proroga automatica.

 

prova dichiarativa

La rivalutazione delle circostanze di fatto descritte nel provvedimento censurato, nel senso proposto anche nella memoria di replica della (OMISSIS) (cfr. foll. 8 e 9), con riferimento all’inerzia dell’organo dell’ente preposto alla nomina del Direttore generale, pretenderebbe la rilettura ed il riesame delle fonti di prova, gia’ esaminate in sede di merito, con operazione non consentita a questa Corte.
1.4. Il quinto motivo del ricorso (OMISSIS) e’ manifestamente infondato e, comunque, inammissibile in quanto versato in fatto, proponendo una lettura alternativa rispetto a quella lineare e non manifestamente illogica offerta dalla Corte d’appello, in ordine al capo 7 (verbale 21 giugno 2013).
La circostanza dell’omesso esame di otto decreti presidenziali oggetto delle deliberazioni del verbale del 21 giugno 2013, non e’ illustrata nella sua decisivita’ ai fini di una diversa, piu’ favorevole, conclusione per l’imputato.

 

prova dichiarativa

La Corte d’appello, infatti, ha indicato, con motivazione ampia, completa e logica, le circostanze reputate determinanti ai fini della ritenuta assenza di ratifica, per la delibera n. 10 incriminata (cfr. pag. 56 e sgg. della sentenza), valorizzando anche operazioni successive alla seduta del 6 novembre 2013, quando il Comitato dei revisori si era mostrato assolutamente all’oscuro dell’intervenuta proroga del contratto alla (OMISSIS) e delle condizioni alle quali questa era avvenuto, proprio in quanto considerato non soggetto a proroga, sulla scorta del contenuto della chiara delibera del 6 settembre 2012.
1.4.1. Il quinto motivo del ricorso principale di (OMISSIS) e’ inammissibile.
Formalmente la censura denuncia un vizio ammissibile in sede di legittimita’, in quanto contesta la manifesta illogicita’ della motivazione, nella parte dedicata alla valutazione delle prove a carico. In sostanza, si sollecita la rilettura di elementi di prova, onde sostenere la tesi difensiva secondo cui queste sarebbero conducenti all’assoluzione, quanto meno ai sensi dell’articolo 530 c.p.p..
Nella prima parte, la censura si presenta versata in fatto e tendente a ricostruire, diversamente, il contenuto dell’approvazione del Decreto n. 3 del 2011.
Nella seconda parte, il motivo si sofferma sul giudizio di attendibilita’ dei testi a carico compiuto dai giudici di merito, riportando anche stralci delle dichiarazioni testimoniali e, in tale punto, si devolvono censure inammissibili. Si tratta, infatti, di motivo che pretende la rilettura di fonti di prova gia’ debitamente vagliate, anche in relazione al giudizio di attendibilita’ dei testimoni svolto in sede di merito. Invero, tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., non rientrano, quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l’indagine sull’attendibilita’ dei testimoni e parti lese, salvo il controllo estrinseco della congruita’ e logicita’ della motivazione.
1.5. Il sesto motivo di entrambi i ricorsi e’ inammissibile.

 

prova dichiarativa

Il diniego del beneficio delle circostanze attenuanti generiche non fonda soltanto sul comportamento processuale degli indagati, oggetto di condivisibile censura proposta con entrambi gli atti di impugnazione, tenuto conto dell’inviolabile diritto al silenzio dell’imputato. Ed invero, il diniego delle circostanze attenuanti generiche secondo la condivisibile critica difensiva, non puo’ fondarsi, esclusivamente, sulla valutazione negativa della mancanza di collaborazione da parte dell’imputato, quando questa costituisca espressione di scelte difensive non valutabili, in quanto riconducibili all’esercizio del diritto di difesa (Sez. 5, n. 32422 del 24/09/2020, Barzaghi, Rv. 279778 Sez. 3, n. 3396 del 23/11/2016, dep. 2017, Caliendo, Rv. 268927 Sez. 6, n. 44630 del 17/10/2013, Faga, Rv. 256963).
Nella specie, tuttavia, il diniego fonda anche sulla valutazione della non occasionalita’ delle condotte, sul movente di arricchimento personale, sulla scarsa considerazione della natura pubblica dell’ente, argomenti che denotano un giudizio negativo sulla personalita’ dei ricorrenti, non attinti da alcuna critica con l’impugnazione.
Il provvedimento censurato appare, dunque, collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimita’, che ha piu’ volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non e’ necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (ex multis, Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, Banic, Rv. 256172).
2. I motivi aggiunti, tempestivamente depositati nell’interesse di (OMISSIS) sono inammissibili.
2.1. Il primo motivo e’ inammissibile.

 

prova dichiarativa

Non si ravvisa nei completi e convergenti provvedimenti di merito, le cui motivazioni si integrano per confluire in un unico percorso giustificativo (Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 259929; Sez. 2, n. 30838 del 19/03/2013, Autieri, 257056; Sez. 5, n. 3751 del 15/02/2000, Re Carlo, Rv. 215722), carenza motivazionale in relazione al reato di truffa di cui all’articolo 640 c.p. quanto al delitto di cui al capo 3.
In ogni caso, si osserva che il rilevo, nella prospettiva con la quale e’ posto nel motivo aggiunto, risulta inedito, rispetto all’incontestata sintesi dei motivi di appello che viene riportata a pag. 11 del provvedimento impugnato.
Con riferimento all’invocata estinzione del reato, per intervenuta prescrizione, si osserva che la condotta contestata, indicata dalla ricorrente come perfezionata in data 3 agosto 2011, attiene ad una truffa consumata per un arco temporale di tre anni, tenuto conto che l’aumento del 15% avrebbe operato sino al 31 dicembre 2013.
Sicche’, la prospettazione difensiva appare priva di fondamento. Invero, tenuto conto di tale momento come quello di perfezionamento del reato, il termine di anni sette e mesi sei, derivante dal combinato disposto di cui agli articoli 157 e 160 c.p., essendo intervenuta nei termini una pluralita’ di cause interruttive del corso della prescrizione (sentenza di primo grado del 15 marzo 2017) scade, senza considerare le sospensioni del corso della prescrizione comunque maturate nel procedimento di merito, il 30 giugno 2021, quindi dopo la sentenza di secondo grado.

 

prova dichiarativa

2.2. Il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
I reati di falso ideologico attengono a verbali di sedute e delibere del Comitato direttivo, del 19 ottobre 2010 e del 21 giugno 2013, relativi al profilo della retribuzione e alla durata dei rapporti con l’ente, come dedotto con la memoria di replica della ricorrente.
Tuttavia, cio’ che viene in rilievo ai fini della corretta qualificazione della condotta, come falso ideologico in atto pubblico commesso dal pubblico ufficiale, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimita’, e’ la qualifica soggettiva rivestita dai soggetti che la compiono e la circostanza che questi non agiscano come privato, ma nella veste pubblica di cui hanno la titolarita’.
Ed invero, ai fini del delitto di cui all’articolo 479 c.p., e’ atto pubblico ogni documento redatto dal pubblico ufficiale per uno scopo inerente alla sua funzione, dotato, nel suo intrinseco contenuto, della capacita’ rappresentativa dell’attivita’ svolta o percepita (Sez. 5, n. 11747 del 19/10/1992, Borea, Rv. 192586). La nozione di atto pubblico, infatti, comprende indubbiamente un’ampia estensione tipologica, includendovi anche gli atti comunque non previsti tassativamente dalla legge.
Essenziali, pero’, rimangono i presupposti – tutti rinvenibili nel caso di specie – della provenienza dell’atto da un pubblico ufficiale, della formazione dell’atto per uno scopo inerente alle funzioni svolte dal predetto e del contributo fornito dall’atto ad un procedimento della pubblica amministrazione (Sez. 5, n. 3552 del 09/02/1999, Andronico, Rv. 213363; Sez. 5, n. 9702 del 05/12/2008, dep. 2009, Paolino, Rv. 242770; Sez. 5, n. 43737 del 27/09/2012, Della Zeta, Rv. 254520).

 

prova dichiarativa

Orbene, raffrontando con tale nozione gli atti rispetto ai quali viene, nel caso al vaglio, contestato il reato di falso ideologico, e’ agevole rilevare negli stessi la sussistenza dei requisiti dell’inerenza all’esercizio di una pubblica funzione e del contributo alla formazione del procedimento della pubblica amministrazione.
Nella specie, gli agenti rivestivano la carica di presidente del consiglio di amministrazione (il (OMISSIS)) e direttore generale (la (OMISSIS)) del Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Cosenza, ente avente natura pubblicistica, in quanto istituito da enti territoriali sulla base di leggi regionali, operando per la promozione dello sviluppo industriale di determinate aree, nel perseguimento di finalita’ di interesse generale (cfr. Sez. 6, n. 36496 del 30/09/2020, Rv. 280295; Sez. 6, n. 15723 del 06/02/2013, Rv. 256006, precedenti citati anche nella requisitoria scritta del Procuratore generale).
Inoltre, gli atti compiuti, di cui si contesta la falsita’ ideologica, sono verbali di sedute del Comitato direttivo dell’organo indicato, nonche’ delibere, inerenti l’attivita’ dell’ente, promananti da un procedimento, di natura amministrativa, espressione della volonta’ di un organo collegiale dell’ente medesimo, di natura pubblicistica.

 

prova dichiarativa

2.3. Il terzo motivo aggiunto e’ manifestamente infondato e, comunque, reiterativo di censure gia’ devolute con i motivi principali, quanto al dedotto travisamento della prova testimoniale ed all’inutilizzabilita’ di questa per violazione dell’articolo 63 c.p.p..
Non puo’, invero, farsi discendere l’assenza di prova della falsita’ degli atti assunti, ex articolo 479 c.p. dall’omessa indicazione, in tal senso, da parte degli organi interni al Consorzio deputati al controllo. Tanto a fronte di una motivazione congrua, logica e completa, offerta dalla Corte d’appello circa la ritenuta falsita’ degli atti pubblici.
2.4.11 quarto motivo aggiunto e’ inammissibile in quanto invita al riesame, in fatto, non consentito alla Corte di legittimita’, dell’incidenza della pronunciata assoluzione per il capo 5 della rubrica, rispetto alla conferma dell’affermazione di responsabilita’, pronunciata dalla Corte territoriale, relativamente ai capi 1 e 7, con particolare riferimento al movente dei falsi contestati.
3. All’inammissibilita’ dei ricorsi, consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000e’ valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo, tenuto conto dei motivi devoluti.
3.1. Va disposta la condanna alle spese sostenute dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo, in base alla nota spese prodotta unitamente alle conclusioni.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, nonche’ in solido alla rifusione delle spese sostenute per il presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 3800,00, oltre accessori di legge.

 

prova dichiarativa

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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