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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 1 luglio 2015, n. 27554. Il reato di violenza sessuale, commessa mediante abuso della qualità e dei poteri del pubblico ufficiale, può concorrere formalmente con il reato di concussione, trattandosi di reati che tutelano beni giuridici diversi, posti a salvaguardia di distinti valori costituzionali, rappresentati dal buon andamento della P.A. e della libertà di autodeterminazione della persona nella sfera sessuale. Tuttavia, è necessario, che ricorrano gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 317 cod. pen. ed in particolare la “costrizione” o la “induzione”, elementi che non si identificano nella superiorità, nell’influenza o nell’autorità che il pubblico ufficiale può vantare in ragione della carica ricoperta o della funzione svolta, occorrendo, invece, ai fini dell’integrazione del reato, una costrizione o induzione qualificata, ossia prodotta dal pubblico ufficiale con l’abuso della sua qualità o dei suoi poteri, così che l’azione indebita si caratterizzi per essere l’effetto di tale costrizione o induzione e cioè conseguenza della coazione psicologica esercitata dal pubblico ufficiale mediante l’abuso della sua qualità o dei suoi poteri

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 1 luglio 2015, n. 27554 Ritenuto in fatto La Corte di Appello di Milano, con sentenza di 10/12/2013, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, resa in data 5/12/2012, con la quale G.M. era stato condannato per varie ipotesi di violenza sessuale e concussione a lui...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 23 marzo 2015, n. 12520. Il delitto di concussione, di cui all'art. 317 cod. pen. nel testo modificato dalla l. n. 190 del 2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno "contra ius" da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall'art. 319 quater cod. pen. introdotto dalla medesima l. n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest'ultimo non si risolva in un'induzione in errore), di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 23 marzo 2015, n. 12520 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10.12.2014 il Tribunale di Cagliari – a seguito di appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. proposto dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale – in riforma della ordinanza cautelare emessa dal G.I.P. del...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 10 febbraio 2015, n. 6056. La condotta concussiva è pur sempre costituita, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita. La minaccia evocata dal concetto di costrizione è modalità della condotta tipica della concussione ed è estranea alla induzione indebita il criterio discretivo tra il concetto di costrizione e quello di induzione, più che essere affidato alla dicotomia male ingiusto-male giusto, la quale può creare, come si preciserà in seguito, qualche equivoco interpretativo, deve essere ricercato nella dicotomia minaccia-non minaccia, che è l'altro lato della medaglia rispetto alla dicotomia costrizione-induzione, evincibile dal dato normativo le modalità della condotta induttiva, pertanto, non possono che concretizzarsi nella persuasione, nella suggestione, nell'allusione, nel silenzio, nell'inganno anche variamente e opportunamente collegati e combinati tra di loro, purché tali atteggiamenti non si risolvano nella minaccia implicita, da parte del pubblico agente, di un danno antigiuridico, senza alcun vantaggio indebito per l'extraneus. Non v'è dubbio che l'elemento della costrizione sia ontologicamente insopprimibile quale fattore fondante della concussione. L'induzione indebita è reato a concorso necessario tra privato e pubblico ufficiale, ed è principio generale quello per il quale non può essere punito colui il quale abbia tenuto un comportamento sotto pressante minaccia di un male ingiusto. Non v'è induzione quando c'è minaccia. E se la sollecitazione di promesse o benefici indebiti non vale per sé a qualificare come minaccia la prospettazione di conseguenze sfavorevoli conformi a diritto, è chiaro che la conformità alle norme procedurali ed al diritto sostanziale del male minacciato costituisce un presupposto in mancanza del quale il male stesso deve considerarsi ingiusto, e si determina un rapporto concussivo

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 10 febbraio 2015, n. 6056 Ritenuto in fatto 1. È impugnata la sentenza in data 29/10/2012 della Corte d’appello di Torino, di parziale riforma, per quel che rileva nella sede presente, della sentenza pronunciata il 5/07/2011 dal Tribunale di Novara nei confronti di S.D. , riguardo ad una...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 13 novembre 2014, n. 47014. Ove dalle proposte rivolte dai pubblici ufficiali anche le presunte vittime finiscano per ricevere un indebito vantaggio, il fatto dev'essere qualificato non come concussione ma come induzione indebita, in quanto la vittima accetta la proposta del pubblico ufficiale non per evitare un male ingiusto, ma per conseguire un vantaggio indebito

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 13 novembre 2014, n. 47014 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IPPOLITO Francesc – Presidente Dott. FIDELBO G. – rel. Consigliere Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere Dott. APRILE E. – Consigliere Dott....