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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 4 giugno 2015, n. 24011. La confessione da parte del richiedente del fatto oggetto dell’imputazione non integra un requisito della sospensione del procedimento con messa alla prova

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 4 giugno 2015, n. 24011 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BEVERE Antonio – Presidente Dott. DE BERARDINIS Silvana – Consigliere Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere Dott. CAPUTO...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 18 giugno 2015, n. 25756. La circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso è integrata quando – anche in base alla Convenzione di New York del 7 marzo 1966, resa esecutiva in Italia con la legge n. 654 dei 1975 – l’azione si manifesti come consapevole esteriorizzazione, immediatamente percepibile, nel contesto in cui è maturata, avuto anche riguardo al comune sentire, di un sentimento di avversione o di discriminazione fondato sulla razza, l’origine etnica o il colore e cioè di un sentimento immediatamente percepibile come connaturato alla esclusione di condizioni di parità, non essendo comunque necessario che la condotta incriminata sia destinata o, quanto meno, potenzialmente idonea a rendere percepibile all’esterno – e quindi a suscitare – il riprovevole sentimento o, comunque, il pericolo di comportamenti discriminatori o di atti emulatori, anche perché ciò comporterebbe l’irragionevole conseguenza di escludere l’aggravante in questione in tutti i casi in cui l’azione lesiva si svolgesse in assenza di terze persone

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 18 giugno 2015, n. 25756 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 9 novembre 2012 del Tribunale di Cremona, confermata dalla Corte d’appello di Brescia il 19 novembre 2013, M.G. era condannata alla pena di giustizia per il reato di atti persecutori, aggravato dalla finalità di discriminazione...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 27 maggio 2015, n. 22152. Il reato di cui all’art. 660 cod. pen. consiste in qualsiasi condotta oggettivamente idonea a molestare e disturbare terze persone e richiede, sotto il profilo soggettivo, la volontà della condotta e la direzione della volontà verso il fine specifico di interferire inopportunamente nell’altrui sfera di libertà

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 27 maggio 2015, n. 22152 Rilevato in fatto 1. Con sentenza emessa il 18/02/2014 il Tribunale di Milano, procedendo con rito abbreviato, condannava A.V. al pagamento di 300,00 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 660 cod. pen., così riqualificato il fatto originariamente contestato ai sensi...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 6 febbraio 2015, n. 5664. Dal divieto assoluto di avvicinamento e comunicazione alla persona offesa all'”individuazione” precisa dei luoghi cui non deve avvicinarsi: il giudice che applichi a un indagato per stalking la misura cautelare deve specificare quale sia il comportamento da adottare, questo per consentire l'effettività della misura e per meglio tutelare la vittima

  Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 6 febbraio 2015, n. 5664 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DUBOLINO Pietro – Presidente Dott. DE BERARDINIS Silvan – Consigliere Dott. SETTEMBRE A – rel. Consigliere Dott. DE MARZO Giusep –...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 8 gennaio 2015, n. 485. Il reato di cui all'articolo 612 bis c.p. prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali e' idoneo a integrarlo, essendo quindi configurabile quando il comportamento minaccioso o molesto, posto in essere con condotte reiterate, abbia cagionato nella vittima o un grave e perdurante stato di turbamento emotivo ovvero abbia ingenerato un fondato timore per l'incolumita' propria o di un prossimo congiunto o di persona alla medesima legata da relazione affettiva ovvero ancora abbia costretto la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita; bastando, comunque, a integrare la reiterazione quale elemento costitutivo del reato anche due sole condotte di minaccia o di molestia. Ai fini della configurabilita' del delitto di atti persecutori, pertanto, e' sufficiente anche il verificarsi di uno solo degli eventi previsti nell'articolo 612 bis c.p., per cui, anche in presenza di un certificato medico volto a comprovarne la sussistenza, come nel caso in esame, non si ritiene necessario che tali eventi sfocino in una patologia conclamata, che puo' assumere rilevanza solo nell'ipotesi di concorso formale con il delitto di lesioni ex articolo 582 c.p.

  Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 8 gennaio 2015, n. 485 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. OLDI Paolo – Presidente Dott. BRUNO Paolo A. – Consigliere Dott. ZAZA Carlo – Consigliere Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 11 febbraio 2014, n. 6384. Anche le telefonate e gli sms possono integrare il reato di stalking se pongono il destinatario in un perdurante stato di ansia e di paura

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 11 febbraio 2014, n. 6384 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. GRILLO Renato – Consigliere Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere Dott. GAZZARA...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 novembre n. 45648. La reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo, in tale ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’evento di danno, ossia dello stato d’ansia o di paura della presunta persona offesa

  Il testo integrale [1] La reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo, in tale ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’evento di danno, ossia dello stato d’ansia o di paura della presunta persona offesa. Il termine reciprocità non vale, dunque,...