Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 ottobre 2022| n. 29529.
Statuizione di inammissibilità dell’appello per formazione del giudicato interno
In tema di impugnazione, allorché il giudice di appello, dopo aver rilevato l’inammissibilità del gravame, così privandosi della “potestas iudicandi”, abbia comunque esaminato il merito dell’impugnazione, poiché queste ultime argomentazioni restano puramente ipotetiche e virtuali deve ritenersi inammissibile il ricorso in cassazione con il quale si pretenda un sindacato in ordine alla motivazione di merito svolta “ad abundantiam”, senza censurare la statuizione di inammissibilità, atteso che su questa unica “ratio decidendi” giuridicamente rilevante della sentenza impugnata si è formato il giudicato.
Ordinanza|11 ottobre 2022| n. 29529. Statuizione di inammissibilità dell’appello per formazione del giudicato interno
Data udienza 24 marzo 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Contributi previdenziali – Cartelle esattoriali – Statuizione di inammissibilità dell’appello per formazione del giudicato interno – Omessa impugnazione – Inammissibilità del ricorso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere
Dott. GNANI Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14870-2021 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, (gia’ (OMISSIS) S.p.A.), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– controricorrente –
nonche’ contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A. – (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 633/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 20/11/2020 R.G.N. 999/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/03/2022 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 20.11.2020, la Corte d’appello di Milano ha confermato, per quanto rileva in questa sede, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da (OMISSIS) avverso l’estratto di ruolo relativo a cartelle esattoriali e avvisi di addebito emessi in suo danno per omesso pagamento di contributi previdenziali;
che avverso tale pronuncia (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;
che l’INPS e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione hanno resistito con distinti controricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo e il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2702 c.c. e articoli 214 e 215 c.p.c. nonche’ dell’articolo 112 c.p.c., per avere la Corte di merito deciso la causa senza pronunciarsi sull’avvenuto disconoscimento della conformita’ all’originale e dell’autenticita’ delle sottoscrizioni delle relazioni di notifica prodotte in giudizio dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione e nonostante che i convenuti e odierni controricorrenti non avessero successivamente formulato alcuna istanza di verificazione;
che, con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 2944 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che l’istanza di rateazione prodotta in atti costituisse riconoscimento di debito idoneo a interrompere la prescrizione;
che, al riguardo, va premesso che i giudici territoriali, dopo aver dato atto che l’odierno ricorrente, pur indicando a pag. 4 del proprio appello di voler impugnare anche la statuizione di prime cure concernente il difetto d’interesse dell’opposizione volta a far dichiarare la prescrizione dei crediti in assenza di previa istanza di sgravio e di qualsivoglia iniziativa esecutiva da parte dell’ente creditore, non aveva articolato al riguardo alcuno specifico motivo di gravame ne’ aveva formulato apposita domanda nelle conclusioni, hanno ritenuto che la statuizione del primo giudice circa l’inammissibilita’ del ricorso fosse ormai “coperta da giudicato” e che cio’ impedisse “ex se l’accoglimento dell’odierna impugnazione”, aggiungendo che “in ogni caso tutti i motivi di appello (…) sono infondati” (cosi’ la sentenza impugnata, pag. 10);
che, non avendo parte ricorrente formulato alcun motivo di censura avverso la statuizione d’inammissibilita’ per essersi formato il giudicato interno, il ricorso va dichiarato senz’altro inammissibile, atteso che, se e’ vero che le argomentazioni sul merito che il giudice impropriamente abbia inserito in sentenza, subordinatamente ad una statuizione di inammissibilita’ della domanda o di difetto di giurisdizione o competenza, restano meramente ipotetiche e virtuali, al punto che la parte soccombente non ha l’onere ne’ ovviamente l’interesse ad impugnarle (cosi’ Cass. S.U. n. 3840 del 2007), non e’ meno vero che deve considerarsi inammissibile l’impugnazione che pretenda un sindacato in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata, senza invece censurare la statuizione d’inammissibilita’, atteso che sull’unica ratio decidendi giuridicamente rilevante della sentenza impugnata deve ormai ritenersi caduto il giudicato;
che, in tal senso, non puo’ convenirsi con l’assunto di Cass. n. 7995 del 2022, secondo la quale, allorche’ il giudice d’appello abbia rilevato in motivazione l’inammissibilita’ dell’impugnazione e abbia comunque esaminato il merito del gravame, pervenendo nel dispositivo al rigetto dell’impugnazione, la statuizione d’inammissibilita’ si dovrebbe considerare effettuata ad abundantiam e alla stregua di un mero obiter dictum che non ha influito sul dispositivo della decisione, la cui ratio decidendi sarebbe in realta’ rappresentata dal rigetto nel merito del gravame;
che, al riguardo, non possono non ribadirsi le ragioni enunciate da Cass. S.U. n. 3840 del 2007, cit., circa l’impossibilita’ di valutare allo stesso modo, in termini di efficacia e conseguente suscettibilita’ di passare in giudicato, ogni subordinata ratio decidendi che sia stata svolta nella motivazione della sentenza, dovendosi invece distinguere il caso in cui la motivazione ulteriore sia volta a sorreggere con piu’ argomenti (anche su piani gradati) la decisione di un medesimo aspetto della domanda (ovvero di una eccezione) dalla ipotesi in cui la motivazione ad abundantiam attiene a domande o eccezioni il cui esame e’ precluso al giudice proprio in ragione della natura della questione di rito decisa principaliter;
che a non diverse conclusioni puo’ indurre la circostanza che il dispositivo sia formulato in termini di rigetto e non di inammissibilita’, essendo consolidato il principio di diritto secondo cui l’interpretazione del giudicato, sia esso interno o esterno, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione (cosi’ da ult. Cass. n. 19252 del 2018);
che, dovendo pertanto riaffermarsi che la declaratoria di inammissibilita’ (della domanda o del gravame) definisce e chiude il giudizio, per modo che le ulteriori considerazioni di merito che siano state svolte nella sentenza, provenendo da un giudice che si e’ gia’ spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della fattispecie controversa, non possono attingere al rango di autonoma (o addirittura esclusiva) ratio decidendi della decisione, l’odierno ricorso, che non ha impugnato l’unica statuizione giuridicamente rilevante della sentenza impugnata, va – come anzidetto dichiarato inammissibile per essere ormai quella statuizione coperta da giudicato;
che le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore delle parti controricorrenti;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, che si liquidano in Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per compensi, per ciascuna delle parti controricorrenti, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge per il controricorrente INPS e spese prenotate a debito per la controricorrente Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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